Viaggio nelle character skills
DOI: 10.1401/9788815366962/c10
Come si può vedere la
sperimentazione del modello «kit scuola + processi» è di fatto la modalità di
coinvolgimento più elevata, che è stata selezionata, come già anticipato, da 6
scuole, mentre 6 hanno scelto l’approfondimento tematico e 2 il potenziamento di
progetti e attività esistenti.
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Anno
di progetto |
Raccolta dati a livello studente |
Scuole coinvolte |
Docenti coinvolti |
Studenti coinvolti |
Trattamenti/sperimentazione di pratiche
didattiche |
2017-18 |
Sì, alla fine
dell’anno scolastico |
26 Istituti
comprensivi |
– |
2.100 (terzo
anno scuola secondaria di primo grado) |
Endogeni,
creati e proposti dalle scuole |
2018-19 |
Sì, con
campione di controllo |
16 Istituti
comprensivi |
150 |
571 in T1
222 in T2 (terzo anno scuola secondaria di
primo grado) |
Esogeni,
modello «kit+processi» proposto dal progetto |
2019-20 |
Sì, solo a
inizio anno• |
8 Istituti
comprensivi |
50 |
470 in T1
(scuola primaria e scuola secondaria di primo
grado) |
Esogeni,
modello «kit+processi» proposto dal progetto• |
Anche grazie ai dati in
tabella 4 è possibile descrivere l’organizzazione di ogni singolo anno scolastico
per quanto riguarda le attività di progetto. Se, come è già stato detto, il primo
anno ha visto unicamente attività in back office e di raccolta
dati, il secondo e in parte il terzo anno, hanno visto la sperimentazione con le
scuole del modello proposto nel progetto. Il coinvolgimento è stato massivo: più
della metà delle scuole del Trentino è stata coinvolta, almeno 200 docenti hanno
partecipato, e più di 3.100 studenti sono stati intercettati dalle attività del
progetto. Come si può vedere la fascia d’età d’elezione è stata quella dell’anno
conclusivo della scuola secondaria di primo grado, anche se nel terzo anno ci sono
state aperture anche verso la scuola primaria.
Dal secondo anno in poi,
l’organizzazione delle attività è stata questa: 1) raccolta dati a livello studente
in autunno; 2) realizzazione dei seminari tematici tra l’autunno e l’inverno; 3)
supporto ai docenti e sperimentazione tra l’inverno e la primavera; 4) raccolta dati
finale in primavera. Questo è ciò che ha caratterizzato il secondo anno, e solo in
parte il terzo, che si è interrotto purtroppo a causa dello stop delle attività in
classe dovuto al Covid-19.
Ogni scuola, e dunque ogni
docente o gruppo di docenti per scuola, ha avuto a disposizione dopo ciascun
seminario da un minimo di uno a un massimo di tre incontri per discutere dei dati e
per la progettazione assistita delle attività in classe. Le attività realizzate in
parte sono basate sulle proposte presenti nelle guide operative, e in parte sono
creazioni ad hoc dei singoli docenti, basate comunque sulle
strategie generali proposte.
2.4. La risposta delle scuole al «lockdown» da Covid-19 attraverso la didattica a distanza: alcuni esempi dal terzo anno di progetto
Il progetto è iniziato due
anni prima della crisi causata dalla diffusione del Covid-19 in tutte le parti della
nostra società, tra cui l’istruzione. Di fatto si tratta di uno «stress test» del
sistema educativo micidiale: tutte le scuole in tutti i
¶{p. 275}paesi del mondo hanno chiuso gli spazi fisici, ma non hanno
interrotto le attività didattiche, portando a nuove modalità di insegnamento docenti
che hanno sempre fatto lezioni in presenza, tra le mura delle classi, e a nuove
modalità di apprendimento gli studenti che nella migliore delle ipotesi a casa hanno
sempre e solo svolto i compiti, non l’intero pacchetto di proposte educative.
La crisi coinvolge
direttamente il tema delle competenze non cognitive, perché dopo anni di
«allenamento» ad esempio alla resilienza (una delle competenze non cognitive
considerate nel progetto), è arrivata l’ora di mettere in atto ciò che è stato
appreso per comprendere meglio la situazione, fronteggiarla, superarla per poter
tornare alla normalità senza gravi conseguenze, dal punto di vista cognitivo,
emotivo e sociale (considerando le attività scolastiche). Una serie di Report internazionali
[22]
sugli effetti del Covid-19 nei sistemi educativi ribadiscono la
necessità di intervento anche e soprattutto sulle competenze emotive e sociali,
visto il rischio di «perdita» di tali competenze che non è molto diverso dal rischio
di perdita di competenze da un punto di vista cognitivo. Studi realizzati in passato
dopo momenti di crisi di vario tipo (pandemie, terremoti, ...), in cui l’attività
didattica delle scuole è stata bloccata o trasformata in didattica a distanza, hanno
identificato in circa il 10% il ritardo medio di uno studente all’interno di tali
periodi di crisi
[23]
, rispetto allo sviluppo medio di un anno scolastico, considerando
l’unità di misura più utilizzata per indicare, nella ricerca educativa, gli
scostamenti da una situazione media (ad es. il livello degli apprendimenti degli
studenti in situazioni normali), cioè la cosiddetta «deviazione standard». Se
consideriamo che lo sviluppo degli apprendimenti all’interno di un anno scolastico è
in genere quantificato come circa metà di una deviazione standard, un quinto di un
anno scolastico (circa due mesi nel nostro sistema educativo) è il ritardo di
default ¶{p. 276}che spetta a ciascuno studente nelle abilità di
base (leggere e scrivere e abilità matematiche) in periodi di
lockdown, se non vengono messe in atto (prima, durante e
dopo) azioni di contenimento.
Il progetto trentino non ha
proposto esplicitamente delle attività in didattica a distanza durante il periodo di
lockdown, ma ha messo a disposizione le sue risorse per il
supporto ai docenti nella realizzazione di attività sulle competenze non cognitive
mediate dalle nuove tecnologie. La parte di supporto ai docenti dunque è stata
realizzata in alcuni casi attraverso videoconferenze, o semplici scambi di e-mail.
In alcuni casi, i docenti hanno realizzato in autonomia, all’interno della propria
scuola, dei progetti di fronteggiamento dei rischi legati alle competenze emotive e
sociali dei propri studenti.
Un primo esempio
[24]
di un Istituto comprensivo di una valle trentina riguarda il capitale
psicologico e nello specifico lo sviluppo dell’ottimismo, per fronteggiare la
situazione complessa di presenza/assenza da scuola, e le spesso precarie interazioni
con i propri compagni attraverso la didattica a distanza. L’attività si basa sulla
strategia proposta «Semplici gesti quotidiani e scambi comunicativi», e si intitola
«Laboratorio di aiuto reciproco Help Lab!», rivolta soprattutto alle classi prime
della scuola secondaria di primo grado. L’attività prevede la scrittura da parte di
tutti gli studenti di una classe di eventuali pensieri negativi presenti durante il
periodo di lockdown. I pensieri, anonimizzati, vengono poi
raccolti dal docente in un’unica cartella condivisa, e durante una video lezione si
chiede agli studenti di scegliere un pensiero scritto da un altro compagno, di
rifletterci bene su, e di provare a scrivere un possibile suggerimento o consiglio
per poterlo aiutare nell’affrontare le difficoltà espresse. L’attività è
interessante perché affronta una dimensione di scottante attualità (il tono umorale
nel periodo di lockdown), considerando le esperienze pregresse
degli studenti, la loro metacognizione sui propri stati, e il supporto
¶{p. 277}reciproco, attraverso il feedback, per superare i problemi
in maniera collaborativa. La ripetizione di questa routine (ad es. settimanalmente)
può facilitare la transizione tra il focus sul fare (aiuto gli altri che non si
sentono bene) e il focus sull’essere (mi sento in grado di affrontare positivamente
le avversità), attraverso le conoscenze (i problemi a scuola, e le soluzioni per
affrontarli).
Un secondo esempio
[25]
arriva sempre da un altro Istituto comprensivo di una valle trentina e
riguarda il tema della resilienza applicato a un’intera comunità, in forma di
analogia rispetto alla situazione attuale, cioè la comunità ebraica in Trentino dal
1400 ad oggi. Si tratta di un’attività proposta nell’ambito dell’insegnamento di
storia e ha lo scopo di far identificare agli studenti, attraverso un lavoro in
piccoli gruppi mediato dalle nuove tecnologie (video lezioni, e-mail, lavoro in
gruppo virtuale supportato dal docente) le pratiche di resilienza che la comunità
ebraica trentina ha sviluppato nel corso dei secoli per fronteggiare le continue
persecuzioni e i rischi della marginalità legate a queste. Nell’ottica dello
sviluppo delle competenze non cognitive si tratta delle conoscenze legate alla
resilienza. Il docente, attraverso un lavoro di circa un mese, guida gli studenti
nel raccogliere evidenze e tassonomie sui comportamenti adottati dalla comunità per
garantirsi una sopravvivenza nel tempo (ad es. rinforzare i legami di supporto al
proprio interno, dotarsi di attività professionali differenti per garantire un
accesso alle risorse economiche, avere un ruolo positivo all’interno della società
con attività filantropiche e di supporto civile, ecc.). Si tratta del cosiddetto
«fare» nello sviluppo delle competenze non cognitive, verso cui gli studenti sono
stati spinti per riflettere sulla situazione attuale: quali di queste strategie
possono essere utilizzate e adattate per affrontare le attuali sfide poste dal
Covid-19? Il progetto si conclude con la pianificazione di attività, riconducibili
all’educazione civica e alla cittadinanza, da parte degli studenti, su come
organizzare un eventuale ritorno alla didattica a distanza
¶{p. 278}nel prossimo anno scolastico, in modo tale da non
compromettere le capacità di resilienza della comunità di studenti e delle proprie
famiglie.
Note
[22] C. Gewertz, Dos and Don’ts when Choosing Social-Emotional Learning Curricula, cit.
[23] S. Burgess e H.H. Sievertsen, Schools, Skills, and Learning: The Impact of COVID-19 on Education, Vox CEPR Policy Portal, 2020.
[24] L’attività è stata proposta dalle prof.sse Norma Gasperetti e Isabella Matteotti dell’IC Alta Val di Sole.
[25] L’attività è stata proposta dal prof. Giovanni Casadoro dell’IC Fondo-Revò.