Giorgio Chiosso, Anna Maria Poggi, Giorgio Vittadini (a cura di)
Viaggio nelle character skills
DOI: 10.1401/9788815366962/c10
Come si può vedere la sperimentazione del modello «kit scuola + processi» è di fatto la modalità di coinvolgimento più elevata, che è stata selezionata, come già anticipato, da 6 scuole, mentre 6 hanno scelto l’approfondimento tematico e 2 il potenziamento di progetti e attività esistenti.
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Tab. 4. Sintesi delle macroattività di progetto nei tre anni e dei soggetti coinvolti
Anno di progetto
Raccolta dati a livello studente
Scuole coinvolte
Docenti coinvolti
Studenti coinvolti
Trattamenti/sperimentazione di pratiche didattiche
2017-18
Sì, alla fine dell’anno scolastico
26 Istituti comprensivi
2.100 (terzo anno scuola secondaria di primo grado)
Endogeni, creati e proposti dalle scuole
2018-19
Sì, con campione di controllo
16 Istituti comprensivi
150
571 in T1
222 in T2 (terzo anno scuola secondaria di primo grado)
Esogeni, modello «kit+processi» proposto dal progetto
2019-20
Sì, solo a inizio anno•
8 Istituti comprensivi
50
470 in T1 (scuola primaria e scuola secondaria di primo grado)
Esogeni, modello «kit+processi» proposto dal progetto•
 
 
 
 
 
 
Anche grazie ai dati in tabella 4 è possibile descrivere l’organizzazione di ogni singolo anno scolastico per quanto riguarda le attività di progetto. Se, come è già stato detto, il primo anno ha visto unicamente attività in back office e di raccolta dati, il secondo e in parte il terzo anno, hanno visto la sperimentazione con le scuole del modello proposto nel progetto. Il coinvolgimento è stato massivo: più della metà delle scuole del Trentino è stata coinvolta, almeno 200 docenti hanno partecipato, e più di 3.100 studenti sono stati intercettati dalle attività del progetto. Come si può vedere la fascia d’età d’elezione è stata quella dell’anno conclusivo della scuola secondaria di primo grado, anche se nel terzo anno ci sono state aperture anche verso la scuola primaria.
Dal secondo anno in poi, l’organizzazione delle attività è stata questa: 1) raccolta dati a livello studente in autunno; 2) realizzazione dei seminari tematici tra l’autunno e l’inverno; 3) supporto ai docenti e sperimentazione tra l’inverno e la primavera; 4) raccolta dati finale in primavera. Questo è ciò che ha caratterizzato il secondo anno, e solo in parte il terzo, che si è interrotto purtroppo a causa dello stop delle attività in classe dovuto al Covid-19.
Ogni scuola, e dunque ogni docente o gruppo di docenti per scuola, ha avuto a disposizione dopo ciascun seminario da un minimo di uno a un massimo di tre incontri per discutere dei dati e per la progettazione assistita delle attività in classe. Le attività realizzate in parte sono basate sulle proposte presenti nelle guide operative, e in parte sono creazioni ad hoc dei singoli docenti, basate comunque sulle strategie generali proposte.

2.4. La risposta delle scuole al «lockdown» da Covid-19 attraverso la didattica a distanza: alcuni esempi dal terzo anno di progetto

Il progetto è iniziato due anni prima della crisi causata dalla diffusione del Covid-19 in tutte le parti della nostra società, tra cui l’istruzione. Di fatto si tratta di uno «stress test» del sistema educativo micidiale: tutte le scuole in tutti i {p. 275}paesi del mondo hanno chiuso gli spazi fisici, ma non hanno interrotto le attività didattiche, portando a nuove modalità di insegnamento docenti che hanno sempre fatto lezioni in presenza, tra le mura delle classi, e a nuove modalità di apprendimento gli studenti che nella migliore delle ipotesi a casa hanno sempre e solo svolto i compiti, non l’intero pacchetto di proposte educative.
La crisi coinvolge direttamente il tema delle competenze non cognitive, perché dopo anni di «allenamento» ad esempio alla resilienza (una delle competenze non cognitive considerate nel progetto), è arrivata l’ora di mettere in atto ciò che è stato appreso per comprendere meglio la situazione, fronteggiarla, superarla per poter tornare alla normalità senza gravi conseguenze, dal punto di vista cognitivo, emotivo e sociale (considerando le attività scolastiche). Una serie di Report internazionali [22]
sugli effetti del Covid-19 nei sistemi educativi ribadiscono la necessità di intervento anche e soprattutto sulle competenze emotive e sociali, visto il rischio di «perdita» di tali competenze che non è molto diverso dal rischio di perdita di competenze da un punto di vista cognitivo. Studi realizzati in passato dopo momenti di crisi di vario tipo (pandemie, terremoti, ...), in cui l’attività didattica delle scuole è stata bloccata o trasformata in didattica a distanza, hanno identificato in circa il 10% il ritardo medio di uno studente all’interno di tali periodi di crisi [23]
, rispetto allo sviluppo medio di un anno scolastico, considerando l’unità di misura più utilizzata per indicare, nella ricerca educativa, gli scostamenti da una situazione media (ad es. il livello degli apprendimenti degli studenti in situazioni normali), cioè la cosiddetta «deviazione standard». Se consideriamo che lo sviluppo degli apprendimenti all’interno di un anno scolastico è in genere quantificato come circa metà di una deviazione standard, un quinto di un anno scolastico (circa due mesi nel nostro sistema educativo) è il ritardo di default {p. 276}che spetta a ciascuno studente nelle abilità di base (leggere e scrivere e abilità matematiche) in periodi di lockdown, se non vengono messe in atto (prima, durante e dopo) azioni di contenimento.
Il progetto trentino non ha proposto esplicitamente delle attività in didattica a distanza durante il periodo di lockdown, ma ha messo a disposizione le sue risorse per il supporto ai docenti nella realizzazione di attività sulle competenze non cognitive mediate dalle nuove tecnologie. La parte di supporto ai docenti dunque è stata realizzata in alcuni casi attraverso videoconferenze, o semplici scambi di e-mail. In alcuni casi, i docenti hanno realizzato in autonomia, all’interno della propria scuola, dei progetti di fronteggiamento dei rischi legati alle competenze emotive e sociali dei propri studenti.
Un primo esempio [24]
di un Istituto comprensivo di una valle trentina riguarda il capitale psicologico e nello specifico lo sviluppo dell’ottimismo, per fronteggiare la situazione complessa di presenza/assenza da scuola, e le spesso precarie interazioni con i propri compagni attraverso la didattica a distanza. L’attività si basa sulla strategia proposta «Semplici gesti quotidiani e scambi comunicativi», e si intitola «Laboratorio di aiuto reciproco Help Lab!», rivolta soprattutto alle classi prime della scuola secondaria di primo grado. L’attività prevede la scrittura da parte di tutti gli studenti di una classe di eventuali pensieri negativi presenti durante il periodo di lockdown. I pensieri, anonimizzati, vengono poi raccolti dal docente in un’unica cartella condivisa, e durante una video lezione si chiede agli studenti di scegliere un pensiero scritto da un altro compagno, di rifletterci bene su, e di provare a scrivere un possibile suggerimento o consiglio per poterlo aiutare nell’affrontare le difficoltà espresse. L’attività è interessante perché affronta una dimensione di scottante attualità (il tono umorale nel periodo di lockdown), considerando le esperienze pregresse degli studenti, la loro metacognizione sui propri stati, e il supporto {p. 277}reciproco, attraverso il feedback, per superare i problemi in maniera collaborativa. La ripetizione di questa routine (ad es. settimanalmente) può facilitare la transizione tra il focus sul fare (aiuto gli altri che non si sentono bene) e il focus sull’essere (mi sento in grado di affrontare positivamente le avversità), attraverso le conoscenze (i problemi a scuola, e le soluzioni per affrontarli).
Un secondo esempio [25]
arriva sempre da un altro Istituto comprensivo di una valle trentina e riguarda il tema della resilienza applicato a un’intera comunità, in forma di analogia rispetto alla situazione attuale, cioè la comunità ebraica in Trentino dal 1400 ad oggi. Si tratta di un’attività proposta nell’ambito dell’insegnamento di storia e ha lo scopo di far identificare agli studenti, attraverso un lavoro in piccoli gruppi mediato dalle nuove tecnologie (video lezioni, e-mail, lavoro in gruppo virtuale supportato dal docente) le pratiche di resilienza che la comunità ebraica trentina ha sviluppato nel corso dei secoli per fronteggiare le continue persecuzioni e i rischi della marginalità legate a queste. Nell’ottica dello sviluppo delle competenze non cognitive si tratta delle conoscenze legate alla resilienza. Il docente, attraverso un lavoro di circa un mese, guida gli studenti nel raccogliere evidenze e tassonomie sui comportamenti adottati dalla comunità per garantirsi una sopravvivenza nel tempo (ad es. rinforzare i legami di supporto al proprio interno, dotarsi di attività professionali differenti per garantire un accesso alle risorse economiche, avere un ruolo positivo all’interno della società con attività filantropiche e di supporto civile, ecc.). Si tratta del cosiddetto «fare» nello sviluppo delle competenze non cognitive, verso cui gli studenti sono stati spinti per riflettere sulla situazione attuale: quali di queste strategie possono essere utilizzate e adattate per affrontare le attuali sfide poste dal Covid-19? Il progetto si conclude con la pianificazione di attività, riconducibili all’educazione civica e alla cittadinanza, da parte degli studenti, su come organizzare un eventuale ritorno alla didattica a distanza
{p. 278}nel prossimo anno scolastico, in modo tale da non compromettere le capacità di resilienza della comunità di studenti e delle proprie famiglie.
Note
[22] C. Gewertz, Dos and Don’ts when Choosing Social-Emotional Learning Curricula, cit.
[23] S. Burgess e H.H. Sievertsen, Schools, Skills, and Learning: The Impact of COVID-19 on Education, Vox CEPR Policy Portal, 2020.
[24] L’attività è stata proposta dalle prof.sse Norma Gasperetti e Isabella Matteotti dell’IC Alta Val di Sole.
[25] L’attività è stata proposta dal prof. Giovanni Casadoro dell’IC Fondo-Revò.