Viaggio nelle character skills
DOI: 10.1401/9788815366962/c8
Si tratta di contenuti così
eterogenei che pur tratti dalla Costituzione (si pensi solo alla tutela del patrimonio
culturale e ambientale che trova radice nell’art. 9 o all’educazione alla legalità di
cui trattano molteplici norme e via dicendo), possono non tanto paradossalmente condurre
a smarrire il significato complessivo della Costituzione quale norma fondamentale per la
formazione del cittadino che ruota intorno al nesso diritti-doveri e al significato che
questi assumono quali caratteri storici del concetto stesso di cittadinanza (e su cui si
tornerà più avanti)
[6]
.
¶{p. 195}
Né è dato desumere elementi diversi
dalle Linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica, ai
sensi dell’art. 3 della legge 20 agosto 2019, n. 92
[7]
.
Anche in esse, infatti, il rilievo
correttamente accordato alla Costituzione, quale fondamento dell’educazione civica, si
stempera e viene reso a mano a mano esile nella delineazione del contenuto così
concepito:
La conoscenza, la riflessione sui significati, la pratica quotidiana del dettato costituzionale rappresentano il primo e fondamentale aspetto da trattare. Esso contiene e pervade tutte le altre tematiche, poiché le leggi ordinarie, i regolamenti, le disposizioni organizzative, i comportamenti quotidiani delle organizzazioni e delle persone devono sempre trovare coerenza con la Costituzione, che rappresenta il fondamento della convivenza e del patto sociale del nostro paese. Collegati alla Costituzione sono i temi relativi alla conoscenza dell’ordinamento dello Stato, delle Regioni, degli Enti territoriali, delle Autonomie Locali e delle Organizzazioni internazionali e sovranazionali, prime tra tutte l’idea e lo sviluppo storico dell’Unione europea e delle Nazioni Unite. Anche i concetti di legalità, di rispetto delle leggi e delle regole comuni in tutti gli ambienti di convivenza (ad es. il codice della strada, i regolamenti scolastici, dei circoli ricreativi, delle Associazioni...) rientrano in questo primo nucleo concettuale, così come la conoscenza dell’Inno e della Bandiera nazionale.¶{p. 196}
Alla conoscenza della Costituzione,
del diritto nazionale e internazionale, si aggiungono poi altri due settori: lo sviluppo
sostenibile, educazione ambientale, conoscenza e tutela del patrimonio e del territorio,
e ancora la cittadinanza digitale
[8]
.
A parte l’assoluta incongruenza tra
i contenuti sopra riportati (che normalmente confluirebbero in una trentina di corsi
universitari da 60 ore ciascuno) e le ore annualmente disponibili dalle scuole (33 ore
all’anno), viene da chiedersi, ad esempio, a cosa serva ricondurre tutte quelle
discipline alla Costituzione; e ancora a cosa serva affiancare alla conoscenza della
Costituzione, le materie ambientali e l’educazione digitale. Soprattutto con riguardo a
quest’ultima, davvero cruciale soprattutto nella scuola, sarebbe stato forse più
opportuno immaginare percorsi diversi di integrazione dei curricoli, piuttosto che
appiccicarla artificialmente all’educazione civica
[9]
.
È evidente, inoltre, che così
concepiti questi contenuti, e rapportati all’esiguo numero di ore a disposizione, non
potranno che tradursi nella trasmissione (assai faticosa, soprattutto per gli studenti)
di competenze su un po’ di ¶{p. 197}tutto. Considerazione confermata dal
fatto che il decreto non ha accolto il rilievo espresso dal Consiglio superiore della
Pubblica Istruzione che, in fase di parere, aveva segnalato l’opportunità
dell’introduzione del giudizio descrittivo in tutti i gradi e tipologie di scuole, con
il conseguente superamento del voto in decimi, ritenuto poco plausibile data la
trasversalità dell’insegnamento dell’educazione civica. Con il senno del poi, non aver
accolto quel rilievo rivela l’intenzione del legislatore di concepire l’educazione
civica quale materia (anzi somma di materie), al pari delle altre.
Insomma, così come delineata nei
testi normativi sopra analizzati, l’educazione civica potrebbe risolversi nella mera
trasmissione di competenze che non necessariamente potrebbero conseguire l’obiettivo,
ben delineato, invece, nei documenti internazionali di educazione alla cittadinanza
globale come NCS.
4. Una proposta interpretativa: incentrare l’educazione civica sui contenuti del concetto di cittadinanza
Proprio per queste ragioni occorre
prendere in considerazione altre opzioni interpretative che indirizzino i testi
normativi verso soluzioni più aderenti all’impostazione che emerge a livello internazionale
[10]
, e che vede nell’educazione civica la fonte strutturante «comportamenti»,
modi diversi di pensare e di concepire sé stessi e sé stessi in relazione agli altri.
Per far ciò è dal concetto di
cittadinanza che occorre prendere le mosse, nel senso fatto proprio dal
costituzionalismo moderno.¶{p. 198}
In questo, infatti, «due sono gli
elementi fondamentali cui fare riferimento: vi è una dimensione verticale che lega
l’individuo allo Stato attraverso un rapporto di soggezione [...] e una orizzontale che
fa del cittadino il membro di una comunità politica»
[11]
. «Soggezione» e «partecipazione» sono in sostanza, i due elementi
costitutivi della cittadinanza, universalmente riconosciuti.
Va precisato, per la verità, che le
due dimensioni, anche storicamente, hanno assunto rilevanza diversa: sino alle
Rivoluzioni moderne (quella americana e quella francese), quella verticale, della
soggezione, veniva sicuramente considerata prevalente, con la conseguenza che il
rapporto tra potere e cittadino era di «sudditanza», e non di cittadinanza. Nelle
moderne democrazie costituzionali è venuto meno il vincolo di sudditanza ma è rimasto
centrale il vincolo di soggezione del cittadino allo Stato, la cui punta estrema è data
dalla potestà punitiva dello stesso e dalla possibilità per questo di imporre
coercitivamente la propria volontà, anche attraverso la privazione della libertà
personale.
Dopo le due Rivoluzioni, tutti gli
ordinamenti democratici occidentali hanno iniziato a dare sempre maggiore spessore e
importanza alla dimensione «orizzontale» della cittadinanza, che si concretizza nella
«partecipazione», intesa giuridicamente come appartenenza a una medesima comunità
politica, da cui scaturiscono diritti e doveri.
L’acquisizione di diritti e
l’accettazione di doveri costituiscono il nucleo duro della cittadinanza: cittadino è
non solo chi è riconosciuto tale dallo Stato, ma soprattutto chi si sente legato alla
comunità dei cittadini da vincoli relazionali. È quanto afferma la nostra Costituzione
nell’art. 2: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia
come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede
l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale».
Nell’architettura di questa norma, dunque, il destinatario dei diritti inviolabili e dei
doveri inderogabili di ¶{p. 199}solidarietà è la persona e le due
posizioni soggettive ad esso attribuite altro non sono che le modalità del suo
rapportarsi alle comunità sociali (famiglia, gruppi politici e religiosi, ecc.) e alla
comunità politica di cui è parte.
La Corte costituzionale ha fissato
in maniera mirabile il contenuto della cittadinanza orizzontale quando con la sentenza
n. 172 del 1999 (con cui veniva dichiarata infondata la questione di legittimità
concernente la sottoposizione degli apolidi alla leva obbligatoria) ha affermato che
anche gli apolidi (che tecnicamente non hanno alcuna cittadinanza) quando iniziano a
risiedere stabilmente su di un territorio iniziano ad appartenere ad una comunità di
diritti che
ben può giustificare la sottoposizione a doveri funzionali alla sua difesa. Tale comunità di diritti e di doveri, più ampia e comprensiva di quella fondata sul criterio della cittadinanza in senso stretto, accoglie e accomuna tutti coloro che, quasi come in una seconda cittadinanza, ricevono diritti e restituiscono doveri, secondo quanto risulta dall’art. 2 della Costituzione.
In sintesi è la solidarietà la
profonda relazione che lega gli uomini tra loro e che fonda una società non meramente
contrattuale e legata da soli vincoli utilitaristici. Tale componente giustamente è
stata definita quale «componente emozionale e simbolica», che «rimanda alla molteplicità
dei legami che tengono insieme una collettività, agli impegni assunti reciprocamente dai
suoi componenti prima ed oltre che nei confronti di un’autorità superiore, agli impegni
assunti non in cambio di, ma in quanto parti di qualcosa»
[12]
.
Con due precisazioni. La prima è che
le infinite discussioni che si sviluppano intorno ai titoli di acquisizione della
cittadinanza devono tenere conto del fatto che non si può «svendere» la cittadinanza
data la sua pregnanza storica di fattore costitutivo della società. Ciò vale sia per chi
è già cittadino e che nella dimensione orizzontale deve trovare
¶{p. 200}la vera legittimazione di appartenenza alla comunità; e vale
allo stesso modo per chi la pretende/richiede, che deve essere consapevole che essa è
sia acquisizione di diritti che disponibilità all’assunzione di doveri.
Note
[6] Per un’approfondita riflessione sul senso della conoscenza della Costituzione nella scuola vedi, tra gli altri, A. Pugiotto, La Costituzione tra i banchi di scuola, in Id. (a cura di), Per una consapevole cultura costituzionale. Lezioni magistrali, Napoli, Jovene, 2013, pp. 1 ss.
[7] Il decreto in questione si compone di sei articoli: art. 1 (Linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica), art. 2 (Prima attuazione delle Linee guida), art. 3 (Valutazione periodica e finale), art. 4 (Misure di formazione, di accompagnamento e monitoraggio), art. 5 (Disposizioni per le Regioni a Statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano), art. 6 (Clausola di invarianza finanziaria). Parte integrante del decreto, secondo quanto stabilito dall’art. 1 del medesimo, sono tre allegati: il più corposo è l’all. A, contenente le Linee guida in senso stretto, cui si affiancano l’all. B (Integrazioni al Profilo delle competenze al termine del primo ciclo di istruzione riferite all’insegnamento trasversale dell’educazione civica) e l’all. C (Integrazioni al Profilo educativo, culturale e professionale dello studente a conclusione del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e di formazione, riferite all’insegnamento trasversale dell’educazione civica).
[8] Di cui, nuovamente, la descrizione contenutistica è quantomeno impressionante. L’art. 5 della legge stabilisce che l’insegnamento preveda «almeno» la seguente serie di abilità e conoscenze digitali essenziali: l’analisi, il confronto e la valutazione critica della credibilità e dell’affidabilità di fonti, informazioni e contenuti (lett. a); l’interazione attraverso varie tecnologie digitali e l’individuazione dei mezzi e delle forme di comunicazione digitali appropriati (lett. b); l’informazione e la partecipazione al dibattito pubblico attraverso l’utilizzo di servizi digitali e la ricerca di opportunità di crescita e di cittadinanza partecipativa (lett. c); la conoscenza delle norme comportamentali da osservare nell’ambito delle tecnologie digitali (lett. d); la creazione, la gestione e la tutela dell’identità digitale, l’utilizzo e la condivisione di informazioni personali identificabili proteggendo sé stessi e gli altri (lett. e); la conoscenza dei profili connessi con la riservatezza (lett. f); la protezione dai rischi per la salute e il benessere psico-fisico, la consapevolezza dei riflessi delle tecnologie digitali sull’inclusione sociale, con particolare attenzione ai comportamenti di bullismo e cyberbullismo (lett. g).
[9] Sul punto vedi M. Nisticò e P. Passaglia (a cura di), L’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione ai tempi del web 2.0, Atti del Seminario di Pisa, Palazzo dei Dodici, 22 novembre 2013, Pisa, 2014.
[10] Sui diversi significati vedi almeno, W. Kymlicka e W. Norman, Return of the Citizen. A Survey of a Recent Work Citizenship Theory, in «Ethics», 104, 2, 1994, pp. 352 ss.; J. Carens, Culture, Citizenship and Community. A Contestual Exploration of Justice as Evenhandedness, New York, Oxford University Press, 1996; L. Bosniak, Universal Citizenship and the Probleme of Alienage, in «Northwestern University Law Review», 94, 2000, pp. 963 ss.
[11] E. Grosso, Una nuova disciplina della cittadinanza italiana, in «Giurisprudenza italiana», 1992, p. 323.
[12] G. Bascherini, I doveri costituzionali degli immigrati, in R. Balduzzi, M. Cavino, E. Grosso e J. Luther (a cura di), I doveri costituzionali: la prospettiva del giudice delle leggi, Torino, Giappichelli, 2007, p. 93.