Giorgio Chiosso, Anna Maria Poggi, Giorgio Vittadini (a cura di)
Viaggio nelle character skills
DOI: 10.1401/9788815366962/c7
Se la scuola accoglie di più, ma certifica titoli che non corrispondono a quanto previsto dalle Indicazioni nazionali, si appanna anche la sua capacità di consolidare le SES. È probabile che gli allievi ricompresi nella dispersione implicita abbiano frequentato la scuola in modo sostanzialmente passivo, rinunciatario, in fondo all’aula, magari senza creare disturbo alla regolarità delle lezioni, quasi in un patto in cui, a fronte di una frequenza silenziosa che non disturba, anche gli insegnanti hanno preferito «lasciar perdere» e certificare la promozione, un percorso che lascia un segno profondo, marcato da momenti di frustrazione e di svilimento non solo per quanto riguarda le competenze disciplinari ma anche da un degrado delle competenze trasversali, delle SES. Non è {p. 177}questa la sede per affrontare il tema del perché, soprattutto in certe aree del paese, ma anche nelle città industriali, alcune scuole siano segnate da alte percentuali di dispersi impliciti, in un processo complesso che evidenzia un sistema di opportunità disuguali e scarso «valore aggiunto» [39]
in esito alla frequenza dei loro corsi. Vale invece la pena approfondire le vie che di più hanno marcato in modo positivo i percorsi di consolidamento delle competenze socioemotive, sia quelle più utili per il lavoro, sia quelle più utili per il successo scolastico formale, ma anche per l’effettivo consolidamento delle competenze disciplinari.
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Fig. 4. La dispersione scolastica implicita. Valori percentuali.
Fig. 4. La dispersione scolastica implicita. Valori percentuali.
Fonte: INVALSI 2019.

4. Cooperazione tra scuola e lavoro

Abbiamo visto più sopra quanto il non possesso delle SES sia reputato dalle imprese come uno dei principali ostacoli per la transizione al lavoro. Resta da capire se è un’opinione che i giovani condividono e se le SES ritenute rilevanti siano le stesse per ambedue le due parti.
Un’interessante indagine condotta su un campione rappresentativo di giovani volta ad approfondire il ruolo della complementarità tra azione della scuola e dei percorsi di alternanza scuola-lavoro per sviluppare un’ampia gamma di competenze trasversali ci restituisce in modo evidente come la consapevolezza della rilevanza delle SES sia molto forte anche tra gli studenti 18enni, sia per la crescita personale, sia per il lavoro [40]
. Evidenzia altresì, tuttavia, che la scuola, per i ragazzi intervistati, rimane sistematicamente inadeguata rispetto a quanto richiesto nel mondo del lavoro: nella loro percezione la scuola da sola non basta per formare adeguate competenze trasversali in grado di migliorare l’occupabilità. La figura 5 [41]
mostra la graduatoria delle competenze sulla base della percezione dei giovani rispetto alla loro utilità (per un ragazzo di 18 anni) per trovare lavoro, le confronta con la percezione di quanto esse siano state formate nel percorso scolastico e di quanto l’alternanza potrebbe essere utile allo stesso fine.
I dati segnalano come i percorsi di alternanza scuola-lavoro, siano visti dai giovani come strumento potenzialmente fruttuoso per colmare almeno parzialmente il divario rilevante tra le competenze trasversali fornite dalla scuola e il livello che i giovani ritengono necessario per garantirsi l’occupabilità. Un’esperienza utile per il rafforzamento del percorso della transizione e quindi anche per la riduzione {p. 179}{p. 180}del flusso nella condizione di Neet. Molte delle SES valutate dagli studenti come più utili per il lavoro sono le stesse che ad esempio le ricerche Excelsior [42]
ci riportano come prioritarie per le imprese, l’abilità di lavoro di gruppo, la flessibilità e l’adattamento, la capacità di avere relazioni positive con gli altri, il lavoro in autonomia, la capacità di prendere decisioni, le abilità comunicative e di risoluzione dei problemi. È interessante tuttavia sottolineare come tra le competenze ritenute dai giovani relativamente meno utili per la crescita personale e per trovare un’occupazione, si segnalino «avere un sogno da realizzare», la «capacità di comprendere le emozioni e gli stati d’animo degli altri», «la capacità di sostenere le proprie idee senza cedere alle pressioni dei pari» e «l’abilità di essere leader». Un insieme di competenze che, ad esempio, le ricerche di Manpower e Adecco citate in precedenza, pongono in particolare evidenza. Soprattutto la leadership, la tolleranza agli stress, sostenere le proprie idee senza cedere alle pressioni degli altri e la visione positiva della vita sono temi su cui le idee dei giovani e delle imprese non sembrano coincidere e per i quali si ritiene in ogni caso che sia l’esperienza scolastica, sia i percorsi di alternanza siano relativamente poco capaci di produrre effetti di accrescimento delle abilità.
Fig. 5. L’utilità delle SES per il lavoro, le competenze fornite dalla scuola e l’aspettativa sull’abilità dell’alternanza di svilupparle: un quadro d’insieme.
Fig. 5. L’utilità delle SES per il lavoro, le competenze fornite dalla scuola e l’aspettativa sull’abilità dell’alternanza di svilupparle: un quadro d’insieme.
Fonte: D. Marziana, S. Poy, A. Rosina e E. Sironi, Alternanza scuola-lavoro e sviluppo delle soft skills, cit., p. 196.
L’alternanza resa obbligatoria nel 2015, dalla legge della «buona scuola», è stata il cantiere più importante per la riflessione e la messa in pratica di azioni sul tema delle SES. Come spesso capita l’esperienza è stata solo due anni dopo interrotta dal nuovo governo che ha ridotto in modo significativo la sua incidenza nei percorsi scolastici. Con la legge di Bilancio 2019 essa è stata sostituita dai PCTO (Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento) che, pur nella contraddittorietà del segnale generale di riduzione della rilevanza della relazione con il mondo delle imprese, fanno tuttavia entrare a pieno titolo nella normativa della scuola le «competenze trasversali». Esse sono d’altra parte formalmente presenti, oltreché nelle Raccomandazioni del Consiglio europeo relative alle competenze {p. 181}chiave per l’apprendimento permanente, nel curriculum dello studente (d.m. 88, 6 agosto 2020) da allegare al diploma di maturità che rende esplicite anche le competenze «formali e informali» acquisite ai fini di un migliore orientamento verso il mondo del lavoro, nell’introduzione dell’educazione civica (33 ore trasversali su Costituzione, sviluppo sostenibile, cittadinanza digitale), divenuta curricolare dall’a.s. 2020-21 nel primo e nel secondo ciclo (con voto specifico in pagella), nel Quadro nazionale delle qualificazioni rilasciate nell’ambito del Sistema nazionale di certificazione delle competenze, nelle Linee guida nazionali per l’orientamento.
Una lunga sequenza di norme che fatica a diventare cultura condivisa e quotidiana della realtà scolastica, anche perché l’approccio alla cultura dell’orientamento resta a indirizzi e linee di comportamento ancorate alle specificità professionali e meno a una prospettiva culturale unitaria di crescita della persona, di competenze culturali, trasversali e anche valoriali. Una crescita che difficilmente avviene esclusivamente attraverso l’apprendimento formale in aula, di più grazie all’acquisizione di un abito mentale composto da «abitudini», stili di comportamento e valori che si acquisiscono in attività concrete, «si diventa costruttori di un organismo virtuoso costruendo» [43]
.
Non basta un singolo insegnante, ci vogliono tempi lunghi, «allenamenti» in contesti diversi, il confronto con «maestri» in contesti scolastici, ma anche in altre realtà. Le imprese preferiscono i soggetti che hanno avuto la possibilità di rafforzare le SES anche in esperienze particolari, in alcuni casi collaterali a quelle scolastiche e universitarie, in altri legate ad attività in contesti totalmente altri. Le imprese registrano maggiori livelli di presidio in termini di competenze trasversali in chi ha affrontato esperienze di studio sfidanti all’estero, al di fuori della zona di home confort, grazie alla fruizione di una borsa Erasmus e/o uno stage all’estero, così come tra quanti hanno praticato attività in contesti associativi e/o sportivi, così come tra chi nel corso dei suoi studi {p. 182}ha già avuto occasione di effettuare esperienze di lavoro. Il problema è tuttavia che sono soprattutto i giovani con istruzione più elevata a esporsi maggiormente a esperienze formative informali (servizio civile, esperienze all’estero, ecc.), utili per rafforzare le preziose competenze trasversali che completano e si integrano con quelle disciplinari.
L’educabilità delle SES, l’autoefficacia, i sentimenti di empowerment, la fiducia in sé stessi e la sicurezza di sé, si possono sviluppare anche in percorsi di apprendimento sociale. I giovani osservano gli altri che considerano modelli di riferimento per alcune competenze e, attraverso l’imitazione, gradualmente diventano più fiduciosi nelle proprie capacità. Le SES sono affinate anche attraverso l’esperienza, perché sono comportamenti appresi e consolidati soprattutto attraverso la dimensione emotiva ed esperienziale. Nei luoghi di lavoro prevale la cooperazione rispetto all’impegno esclusivamente individuale, mentre a scuola nella didattica tradizionale prevale la trasmissione. La competenza acquista significato nella comprensione dell’intero processo in cui il lavoro specifico si colloca. A scuola, come nel lavoro e nei contesti sociali, i giovani vivono in un contesto di «parcellizzazione complessa», fatto di micro informazioni, di bombardamento di informazioni, che poi però si fa fatica a riconnettere, a ricomporre in un quadro coerente [44]
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Il consolidamento delle SES richiede un ecosistema educativo, una comunità educante, perché un solo soggetto (la scuola, il volontariato sociale, la famiglia, le imprese, la parrocchia, l’associazionismo...) non può essere in grado di realizzare una simile progettualità. Sono i territori e le aziende che possono creare le condizioni adatte, spazio e opportunità ai giovani, per avere i percorsi più solidi di sviluppo, perché anche i Neet emergano dall’inattività e, soprattutto, perché il flusso nella loro condizione possa trovare la possibilità di inaridirsi. Tanto più nell’attuale situazione caratterizzata da grande incertezza per le dinamiche dello sviluppo economico in cui i giovani si trovano
{p. 183}stretti tra senso di incertezza e percorsi con una maggiore libertà di scelta che facilitano la reversibilità delle scelte, comportamenti più esplorativi con appartenenze a comunità valoriali dall’identità non ben definite [45]
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Note
[39] A. Martini (a cura di), L’effetto scuola (valore aggiunto) nelle prove INVALSI 2018. L’effetto scuola nelle istituzioni scolastiche del I e II ciclo d’istruzione, Roma, INVALSI, 2019.
[40] A. Rosina (coordinatore), Giovani e soft skill tra scuola e lavoro, Indagine promossa da McDonald’s Italia insieme all’Osservatorio Giovani dell’Istituto Giuseppe Toniolo, ottobre 2016, https://www.rapportogiovani.it//new/wp-content/uploads/2016/11/Giovani-e-Soft-Skill-tra-scuola-e-lavoro.pdf. Cfr. anche D. Marziana, S. Poy, A. Rosina e E. Sironi, Alternanza scuola-lavoro e sviluppo delle soft skills, cit., p. 196.
[41] Ibidem.
[42] Unioncamere Excelsior, Le competenze che valgono un lavoro, cit.
[43] M. Pellerey, Soft skill e orientamento professionale, cit.
[44] D. Marini, Fuori classe. Dal movimento operaio ai lavoratori imprenditivi della Quarta rivoluzione industriale, Bologna, Il Mulino, 2018.
[45] G. Lazzarini, L. Bollani, F.S. Rota e M. Santagati (a cura di), From Neet to Need, cit., p. 29.