Giorgio Chiosso, Anna Maria Poggi, Giorgio Vittadini (a cura di)
Viaggio nelle character skills
DOI: 10.1401/9788815366962/c6
Pensiamo in particolare a una maggiore autonomia legata alle risorse professionali ed economiche, all’ambiente di apprendimento e al curriculum. Sappiamo che un’autonomia su questi aspetti innesta processi di innovazione e miglioramento con ottimi risultati nell’offerta formativa e negli apprendimenti; così è stato, con una certa analogia, nelle esperienze delle charter school nel sistema scolastico degli Stati Uniti, che godono di un sistema particolare di autonomia, e nelle esperienze delle academies del Regno Unito, che usufruiscono di finanziamento pubblico, ma con autonomia su risorse economiche, professionali, programmi
{p. 144}e organizzazione scolastica. Anche in Italia abbiamo delle scuole con statuti speciali (dunque è possibile), ma operano in situazioni particolari e sono in un numero talmente ridotto che non permettono nessuna lettura di impatto [32]
.
Il d.p.r. 275/1999, all’art. 11, riporta che l’autonomia modificata nasce anche dalla proposta del Servizio nazionale per la qualità dell’istruzione. Oggi il Sistema nazionale di valutazione (SNV), corrispondente al Servizio nazionale per la qualità dell’istruzione, segnala due situazioni che sono bloccate dalla mancanza reale di autonomia: le scuole innovative (che necessitano di maggiori margini per l’innovazione) e le scuole in contesti territoriali problematici (in cui nessuno vuole investire). Nel primo caso abbiamo un problema di freno all’innovazione e nel secondo un problema di pari opportunità, ma in tutti e due i casi il miglioramento è una forzatura delle regole esistenti. Eppure la stessa legge 107/2015, all’art. 1, comma 1, prevede un rafforzamento dell’autonomia delle istituzioni scolastiche anche al fine di «contrastare le diseguaglianze socioculturali e territoriali, per prevenire e recuperare l’abbandono e la dispersione scolastica».
Inoltre, qualunque ampliamento dell’autonomia pretende un potenziamento del SNV a garanzia della qualità del servizio e dei risultati conseguiti, in particolare degli esiti degli studenti [33]
. Se alla maggior autonomia delle scuole non corrisponde un solido SNV con poteri di indirizzo, monitoraggio, controllo, valutazione e rendicontazione dei risultati, il rischio della frammentazione e della mancanza degli standard comuni a garanzia della qualità del servizio è inevitabile. Fra l’altro lo stesso Regolamento sull’autonomia, già nel 1999, riportava che il Ministro «definisce [...] gli standard relativi alla qualità del servizio» [34]
.{p. 145}

7. Verso la rilevazione delle «non cognitive skills»

In questi ultimi anni abbiamo assistito a una globalizzazione delle valutazioni e in particolare dei risultati ottenuti dagli studenti nei sistemi formativi ed educativi dei diversi paesi. Al riguardo basterà citare la pubblicazione degli indicatori OECD in Education at a Glance [35]
e i primi risultati comparati sulle competenze degli studenti in OECD-PISA [36]
. In sostanza ogni paese oggi si confronta su indicatori comuni e, per quanto riguarda gli studenti, sui risultati conseguiti in lingua madre, matematica e scienze con dati standardizzati. Siccome il processo di comparazione determina un rating, con una classificazione dei paesi in senso top/down, è facile comprendere l’interesse al miglioramento delle singole posizioni nella graduatoria internazionale, con effetti di mobilitazione sulle competenze analizzate che, in questo modo, divengono prioritarie.
A rinforzare questo approccio abbiamo anche test specifici nei diversi paesi che, in buona parte, puntano sulle stesse competenze. Così avviene anche in Italia con le prove standardizzate svolte a livello censuario dall’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione (INVALSI).
Ora l’OECD ha annunciato una campagna per la rilevazione delle competenze socioemotive [37]
che, come possiamo facilmente immaginare, avrà un forte impatto sull’opinione pubblica e inevitabilmente (in modo palese o latente) sui sistemi formativi ed educativi dei diversi paesi. Il rischio è un effetto «globalizzazione» determinato dalla diffusione {p. 146}progressiva di un pensiero che si presenterà come forte e condizionerà le scelte dei paesi in cui le politiche scolastiche sono deboli.
In particolare, in questo momento in cui il tema delle competenze è molto enfatizzato, qualunque sollecitazione esterna, soprattutto se di misurazione e comparazione, diviene il punto di riferimento. In questo modo, le rilevazioni attraverso test standardizzati a livello internazionale semplificano passaggi molto complessi in quanto spostano l’attenzione sui risultati attesi e lasciano nella black box [38]
i processi che hanno determinato i risultati. Per processi intendiamo come si sono conseguiti i risultati, con particolare attenzione alla didattica, alla didassi e agli stessi ambienti e strumenti di apprendimento. Questi aspetti assumono un livello di complessità maggiore quando, come abbiamo visto in precedenza, passano dalle buone intenzionalità del singolo docente ai docenti che compongono il consiglio di classe, alla comunità professionale di docenti che compongono il collegio dei docenti e alla, ancor più complessa e articolata, comunità educante. In parallelo alle dimensioni professionali immaginiamoci le dimensioni progettuali che integrano i singoli processi di insegnamento-apprendimento, all’interno della classe o delle sue diverse «articolazioni», con le unità di apprendimento, gli obiettivi di apprendimento, i traguardi per le competenze, il curricolo per competenze, con il curricolo verticale per competenze, il curricolo di istituto all’interno del Piano triennale dell’offerta formativa.
In sintesi, quando le persone interne alle organizzazioni si trovano dinanzi a situazioni per loro troppo complesse, che non riescono a comprendere e governare, ricercano inevitabilmente delle semplificazioni. Puntare ai risultati senza governare i processi che li determinano è una semplificazione molto diffusa.{p. 147}
Per quanto ci riguarda, il rischio è che le rilevazioni delle competenze, e in particolare delle NCS, non siano promosse dai processi di insegnamento-apprendimento ma da altre variabili, fra cui la più rilevante, come abbiamo riportato tra le nuove consapevolezze, è l’ambiente socioeconomico e familiare di appartenenza degli studenti. Dentro questa logica è facile comprendere che, se la scuola non governa la propria progettualità e non consegue i risultati, vien meno alla sua missione: «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana» [39]
.

8. Il «carattere» della scuola [40]

Le varie ricerche che cercano di definire, promuovere e rilevare le NCS nascono dalla consapevolezza, sempre più diffusa, che in buona parte il futuro dei nostri studenti e in definitiva del nostro paese dipenderà anche dal loro sviluppo. Lo stesso discorso può essere riportato alla valutazione della scuola. Infatti, negli ultimi anni abbiamo assistito al diffondersi di una pluralità di indicatori con dati comparati a livello provinciale, regionale e nazionale, mentre abbiamo la richiesta, sempre più diffusa, di andare oltre gli standard per avvicinarci maggiormente al singolo contesto e alle diverse scelte formative ed educative. In definitiva anche le organizzazioni rivendicano il proprio «carattere», in alcuni casi una storia, una vocazione, un carisma, comunque un progetto e un’identità.
L’identità culturale e progettuale [41]
non è data, non è un punto di partenza e nemmeno di arrivo, non è prefigurabile e nemmeno determinabile a priori, in quanto non abbiamo un cammino prestabilito e uguale per tutti, ma solo {p. 148}camminando si apre il cammino [42]
verso la propria identità. Per facilitare questo percorso dobbiamo avere un metodo e degli strumenti. Senza di essi, per paradosso, dovremmo abdicare alla possibilità di comprendere e rappresentare la scuola nella sua «realtà». Se così fosse nessuna condivisione e nessun cammino sarebbe possibile. Al contrario, un metodo ci permette di ridurre la complessità scolastica e di avere alcuni punti di riferimento da condividere.
Il metodo connota un procedimento: «la descrizione particolareggiata dei passi da compiere per raggiungere un certo scopo» [43]
. Strumenti come il Rapporto di autovalutazione, il Piano di miglioramento, il Piano triennale dell’offerta formativa e la Rendicontazione sociale [44]
permettono un’analisi del contesto, la pianificazione del miglioramento, la progettazione dell’offerta formativa, la rendicontazione dei risultati. La definizione della sequenza logica fra i documenti riporta al metodo di lavoro da seguire. In particolare, si pone l’attenzione sulla necessità di: saper analizzare; saper pianificare; saper organizzare; saper rendicontare. Intendiamo evidenziare che il «cammino» che rafforza l’identità necessita comunque di alcuni «passaggi» fondamentali e ineludibili per una organizzazione come la scuola. Questi passaggi sono normativamente definiti con strumenti comuni di riferimento, ma di fatto sono dei contenitori vuoti all’interno di una sterile sequenza se la scuola non li riempie di contenuti che «caratterizzano la sua identità». Infatti gli strumenti definiscono un metodo di lavoro che facilita la condivisione dei contenuti ma non li determina. La stessa scelta di lavorare sulle NCS, che prefigura l’integrazione fra la dimensione formativa ed educativa nei processi di insegnamento ed apprendimento, è una decisione didattica della scuola che, se condivisa e partecipata, coalizza la comunità professionale intorno a un obiettivo, ca
{p. 149}ratterizza l’ambiente di apprendimento e ristruttura la propria identità.
Note
[32] Le scuole sperimentali in Italia sono tre: Città Pestalozzi di Firenze, Rinascita di Milano, Don Milani di Genova.
[33] D. Previtali, Il Sistema Nazionale di Valutazione, Torino, Utet, 2018.
[34] D.p.r. 275/1999, art. 8, comma 1, lett. f).
[35] Education at a Glance è la pubblicazione annuale che dal 1992 fornisce una panoramica sui sistemi di istruzione (struttura, finanziamenti e performance) dei paesi membri dell’OECD e di altri paesi partner dell’organizzazione.
[36] Programme for International Student Assessment, meglio noto con l’acronimo PISA, è un’indagine internazionale promossa dall’OECD nata con lo scopo di valutare con periodicità triennale il livello di istruzione dei principali paesi industrializzati. L’indagine riguarda i quindicenni.
[37] Si veda A.M. Maccarini, Le «character skills» nel processo di socializzazione, pp. 43-65 del presente volume.
[38] «Una possibilità consiste nell’ipotizzare che i processi interni di un sistema non siano osservabili e che, perciò, ci si deve limitare all’osservazione delle regolarità esterne. Questa versione ha assunto il nome di black box», N. Luhmann, Organizzazione e decisione, cit., p. 23.
[39] Costituzione italiana, art. 3.
[40] Lo stesso Heckman preferisce palare di character skills. Se vi sono delle competenze che fanno il carattere della persona è possibile pensare a delle competenze che fanno il carattere della scuola?
[41] D.p.r. 275/1999, art. 3, comma 1, Piano dell’offerta formativa.
[42] Cfr. Viandante, non c’è cammino, di A. Machado in Campos de Castilla, del 1912, sezione Proverbios y cantares.
[43] P. Watzlawick, in J.H. Wekland e R. Fisch, Change, cit., p. 25.
[44] Si veda M. Logozzo, D. Previtali e M.T. Stancarone, La rendicontazione sociale nella scuola, Napoli-Torino, Tecnodid-Utet, 2019.