Luigi Mengoni
Diritto e valori
DOI: 10.1401/9788815413499/c11
Una morale che voglia innestarsi realmente nella vita pratica certo non può ridursi all’imperativo utilitaristico, ma non può evitare di assumere una colorazione di utilitarismo: deve essere anche una morale dei mezzi [44]
. La filosofia morale e certi settori del pensiero giuridico devono abbandonare il distacco (che talvolta è insofferenza) nei confronti della scienza economica ed elaborare principi e regole di condotta coerenti con l’esigenza di economicità di gestione delle imprese e con le indicazioni derivanti dal calcolo dei costi e dei benefici [45]
. L’orientamento tradizionale, che dà rilievo esclusivo ai problemi della
distribuzione, deve cedere il posto a un pensiero morale e giuridico più organico, che sappia confrontarsi con le questioni dell’efficienza produttiva e determinare un giusto rapporto tra equità ed efficienza, cioè tra i valori extra-economici, in cui si esprimono le istanze ultime dell’uomo, e la razionalità organizzativa della produzione [46]
.
D’altra parte, è mutato il quadro di riferimento della giustizia distributiva. Il riferimento non è più alle necessità predeterminate dalla natura, ma alle esigenze create dalla cultura e potenzialmente illimitate [47]
, alle quali è funzionale la crescita economica. In questo quadro sorge per primo il problema di realizzare un giusto equilibrio tra accumulazione per il reinvestimento nella produzione e quota del prodotto sociale destinata alla distribuzione, programmando l’una e l’altra secondo una scala di preferenze razionalmente e moralmente accettabile. Viene pure in luce un aspetto finora abbastanza trascurato della giustizia distributiva, ma del quale occorre acquistare una precisa consapevolezza: la distribuzione della ricchezza nell’arco di più generazioni [48]
. Il documento programmatico presentato dal governo al parlamento ammonisce che «il rapporto capitale/prodotto va riducendosi e va spostando l’onere dell’accumulazione sulle generazioni future».
Sono appena le prime battute di una riflessione che deve ancora percorrere un lungo cammino. Ma bastano per dimostrare che la nostra cultura deve meglio prepararsi a fronteggiare la sfida della società industriale. Dobbiamo raccogliere la lezione di Maritain, il quale aveva compreso che il destino della civiltà occidentale dipende dalla capacità delle due culture, la cultura umanistica e la cultura industriale fondata sull’innovazione tecnologica, di integrarsi reciprocamente in un nuovo «umanesimo economico» [49]
.
Note
[44] N. Hartmann, Etica, I (Fenomenologia dei costumi), Napoli, 1969, p. 124.
[45] Cfr. Trimarchi, Il giurista nella società industriale, in «Riv. dir. civ.», 1980, n. 1, p. 45 ss.
[46] Cfr. Bell, The Cultural Contradictions, cit., pp. 269 ss.
[47] Ibidem, pp. 22, 223 ss.
[48] Arrow, Le dimensioni dello svantaggio, in «Biblioteca della libertà», 1977, n. 65/66, p. 287.
[49] Maritain, Réflexions, cit., p. 120.