Luigi Mengoni
Diritto e valori
DOI: 10.1401/9788815413499/c9
In tal modo, senza abbandonare la teoria della rappresentanza, il nostro giurista riesce a identificare una sanzione giuridica del contratto collettivo alternativa all’efficacia automatica, certo assai meno energica perché di natura obbligatoria [40]
, ma la sola consentita dall’ordinamento positivo del suo tempo, e comunque sufficiente per qualificare il contratto collettivo come contratto in senso tecnico.
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Qui si ferma il suo contributo. Egli non è pervenuto a qualificare ulteriormente il contratto come fonte di responsabilità delle associazioni sindacali stipulanti in quanto tali, destinata a garantire l’effettività e la stabilità del regolamento collettivo per il periodo pattuito, cioè come fonte sia dell’obbligo (positivo) di ciascuna associazione di usare il proprio potere collettivo per ottenere dagli associati l’osservanza del regolamento, sia dell’obbligo (negativo) di non usare tale potere contro la parte avversa per costringerla a modificare il regolamento prima della scadenza: obblighi teorizzati da Sinzheimer [41]
, rispettivamente col nome di «dovere d’influsso» e di «dovere di pace», nel quadro di una nuova concezione opposta alla teoria della rappresentanza.

4. Gli ostacoli al compimento della costruzione giuridica del contratto collettivo frapposti dalla concezione atomistica delle associazioni non riconosciute.

Nella costruzione del giurista italiano rimane priva di rilievo giuridico un’altra funzione caratteristica del contratto collettivo: il quale non è soltanto un metodo per stabilire norme generali e astratte ordinate alla disciplina dei rapporti individuali di lavoro, ma è anche un metodo per regolare l’uso del potere sociale dei gruppi organizzati [42]
. Di tale funzione Messina si dimostra consapevole là dove riconosce concettualmente implicito nel contratto collettivo «l’intento pratico delle parti di dare col concordato una certa stabilità alle condizioni di lavoro» [43]
, e quindi, da parte dei lavoratori organizzati, un impegno di tregua nell’azione di lotta per la modificazione progressiva in loro favore degli equilibri contrattuali. Ma il completamento della qualificazione giuridica del contratto sotto questo aspetto era ostacolato anzitutto dalla teoria allora dominante {p. 258}delle associazioni non riconosciute, alla stregua della quale le associazioni sindacali, in quanto spoglie di personalità giuridica, erano ritenute prive di autonoma soggettività, e perciò sfornite di propria capacità di diritti e di obblighi. Forse è eccessivo dire che «l’insegnamento del Messina ha gradualmente educato i giuristi ad abituarsi all’idea che può essere titolare di un rapporto giuridico obbligatorio anche un soggetto collettivo non personificato» [44]
. L’ammirazione dovuta a questo giurista non deve spingerci a trovare nei suoi scritti anche quello che non c’è. In assenza di un’espressa disposizione di legge, alle associazioni non riconosciute egli negava l’applicabilità del metodo collegiale (che è un criterio organizzativo necessario, se non sufficiente, per qualificare una collettività come autonomo soggetto giuridico), traendone la conseguenza, d’accordo qui con Ascoli, che un concordato di tariffe stipulato in base a una delibera interna presa a maggioranza non vincolava i soci dissenzienti [45]
. E, per venire al punto in questione, egli scriveva: «è poi oltremodo avventato lo sperare che dal diritto vigente possa svolgersi il principio della responsabilità collettiva delle associazioni contraenti il concordato» [46]
.
Il primo ostacolo a questo svolgimento era costituito, secondo il suo pensiero, dalla mancanza di riconoscimento delle associazioni stipulanti, come dimostra il progetto per il regolamento legislativo dei concordati di tariffe elaborato in seno al Consiglio superiore del lavoro, di cui fu il relatore. Mentre rifiutava la proposta della relazione Murialdi di «ritenere collegati indissociabilmente il riconoscimento delle associazioni professionali e la stipulazione di contratti collettivi» [47]
, il progetto limitava però alle associazioni registrate l’effetto della responsabilità delle associazioni stipulanti per le violazioni collettive dei con{p. 259}cordati compiute dagli associati [48]
. Ma l’apprestamento di un sistema di riconoscimento delle associazioni professionali era una condizione necessaria, non anche sufficiente: «occorre affermarla specificamente tale responsabilità, e non credere, come fa la Relazione (scil. del consigliere Murialdi) [49]
, che dall’intervento di un’associazione registrata nella stipulazione delle tariffe essa discenda senz’altro insieme al suo diritto d’azione a tutela del concordato» [50]
. La ragione di questa ulteriore condizione non è spiegata, ma è facilmente identificabile nel principio della rappresentanza, alla stregua del quale erano determinati i destinatari degli effetti obbligatori del contratto, e quindi le parti in senso sostanziale del contratto medesimo. Anche se il contratto fosse stato stipulato da associazioni riconosciute (registrate), occorreva pur sempre un’espressa disposizione di legge che derogasse al principio che esclude ogni responsabilità contrattuale a carico del rappresentante [51]
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In questo contesto deve essere intesa la valutazione del contratto collettivo sotto il profilo funzionale, espressa dal Messina alla stregua dell’ordinamento vigente, così come da lui interpretato: «il centro di gravità del contratto collettivo sta nel dare norma per una serie illimitata di futuri contratti di lavoro. Esso ha di mira le divergenze attuali tra imprenditori ed operai, ed anche la rimozione attuale di esse; ma non si preoccupa del mantenimento della pace» [52]
. Con siffatta valutazione, ripresa da una recente corrente dottrinale in termini identici, ma con un significato completamente stravolto [53]
, egli voleva dire che il vincolo reciproco, nascente dal contratto, investiva solo i datori di lavoro e i lavoratori rappresentati dalle associazioni stipulanti, mentre nessun impegno giuridicamente sanzionato sorgeva per le associazioni stesse. Più tardi, in polemica con la relazione Murialdi – che sollecitava la preferenza del legislatore per altri modelli di regolamento collettivo dei rapporti di lavoro, negando al concordato di tariffa natura di vero contratto perché la sua forza obbligatoria avrebbe un limite naturale rispettivamente nella serrata e nello sciopero [54]
–, Messina ribadì che il contratto collettivo era giuridicamente vincolante per entrambe le parti già secondo il diritto costituito, e che «lo sciopero, organizzato per ottenere diverse condizioni di lavoro, durante il vigore delle tariffe, (configurava) un illecito recesso unilaterale dalla stipulazione collettiva» [55]
. Ma l’illecito non era per lui configurabile se non da parte dei lavoratori partecipanti allo sciopero, non anche da parte dell’associazione stipulante che avesse promosso o approvato lo sciopero oppure non avesse interposto la sua autorità per impedirlo o farlo cessare.
Perciò egli riconosceva realisticamente che il contratto collettivo non era, allo stato della legislazione, uno strumento idoneo a mantenere la pace: «dal lato dei lavora{p. 261}tori il rispetto dei patti collettivi è rimesso al loro arbitrio. L’inosservanza non li impegna poiché manca ad essi un patrimonio che possa essere sottoposto ad esecuzione» [56]
. Onde il problema del concordato di tariffa non poteva essere «se non quello di garantire l’effettiva osservanza delle obbligazioni che già ora ne discendono», mediante un intervento legislativo che costituisse responsabili per il rispetto dei patti le associazioni sindacali stipulanti.

5. Insufficienza della teoria della rappresentanza.

L’indisponibilità di tutti gli strumenti giuridici necessari per completare la costruzione del contratto collettivo sarà un motivo di preoccupazione costante per la dottrina precorporativa, ripetutamente denunciato anche da Barassi [57]
. Tanto più che essa impediva, in definitiva, di svolgere coerentemente la premessa che inquadrava tipologicamente il contratto collettivo nella categoria dei contratti di scambio [58]
. Nei contratti sinallagmatici le promesse reciproche delle parti devono avere un contenuto diverso, che altrimenti non di contratto di scambio si tratterebbe, bensì di un accordo in cui le parti non sarebbero portatrici di interessi opposti, ma soltanto di valutazioni contrapposte di un unico interesse, l’interesse collettivo dei lavoratori [59]
. Posto invece che si tratta di contratto con obbligazioni corrispettive, la promessa di conformare i contratti individuali di lavoro alle condizioni fissate nel contratto collettivo ha senso soltanto da parte dei datori di lavoro, mentre una simile promessa è priva di significato pratico da parte dei lavoratori nel caso di contratto di impresa, e ne ha uno debolissimo nel caso di contratto stipulato con una associazione di imprenditori. Nel secondo caso l’impegno
{p. 262}assunto dai lavoratori verso il gruppo avversario di non accettare assunzioni individuali a condizioni inferiori alle tariffe aggiunge praticamente ben poco alla tutela dell’interesse degli imprenditori a limitare fra di loro la concorrenza, presidiato dalla responsabilità di ciascun associato verso gli altri.
Note
[40] Lo stesso Messina, ibidem, p. 44, non si faceva illusioni. L’inadeguatezza della sanzione meramente obbligatoria rispetto alla funzione sociale del contratto collettivo è sottolineata dalla definzione del contratto collettivo nell’ordinamento precorporativo come «contratto collettivo improprio», proposta da Carnelutti, Teoria del regolamento collettivo, cit., pp. 53 s.
[41] Sinzheimer, op. cit., vol. II, pp. 147 s.
[42] Concetto, questo, ben diverso da quello di Galizia, Il contratto collettivo di lavoro, Napoli, 1907, p. 76, che vedeva nel contratto un mezzo per cui «alla lotta di classe va sempre più sostituendosi, per spontaneo consenso delle parti, la cooperazione di classe».
[43] Messina, Concordati di tariffe, cit., p. 45 (v. anche p. 39).
[44] Così Romagnoli, Le associazioni sindacali nel processo, p. 22.
[45] Messina, Concordati di tariffe, pp. 47 s. Contra Barassi, Contratto di lavoro1, cit., vol. II, pp. 103 s., 114.
[46] Messina, I «contratti collettivi», cit., p. 72.
[47] Messina, Per il regolamento legislativo, in Atti, cit., p. 5.
[48] Tale responsabilità, regolata nei punti X e XII-XIV, è giustificata dal relatore (p. 14) come «onere correlativo alla posizione privilegiata che la legge dovrebbe dare alle associazioni registrate». Si noti che, secondo il progetto, la responsabilità (in termini di pagamento di una penale) dell’associazione registrata per le violazioni collettive dei concordati perpetrate dai soci non era fondata su un «dovere di influsso», ma era collegata al solo fatto oggettivo della violazione collettiva, indipendentemente dal presupposto che l’associazione avesse omesso l’esperimento dei mezzi a sua disposizione contro i membri violatori delle tariffe (v. il commento al punto XII, in Atti, cit., pp. 16 s.). Il progetto aggiungeva che «l’associazione avrà regresso per il pagamento di tale penalità contro gli associati contravventori, se essa non abbia preordinata la violazione collettiva». Con questa riserva finale era sanzionato specificamente il «dovere di pace».
[49] Murialdi, Sulla personalità giuridica delle associazioni professionali e sui contratti collettivi di lavoro, in Atti, cit., p. 37.
[50] Messina, I contratti collettivi di lavoro e la personalità giuridica delle associazioni professionali, cit., p. 62.
[51] In sostanza, questa prospettiva non è molto distante da quella che nella dottrina tedesca, a cominciare da Sinzheimer, op. cit., vol. I, pp. 63, 68 s., è chiamata «kombinierte Theorie» o «Kombinationstheorie» (cfr. Kaskel, Arbeitsrecht3, Berlin, 1928, p. 22), secondo la quale le associazioni professionali stipulano il contratto collettivo in nome proprio e in pari tempo in nome dei loro associati. Ma il Messina riteneva che la combinazione in unico atto di dichiarazione in nome proprio e di una dichiarazione in nome altrui non fosse possibile se non sulla base di una esplicita disposizione di legge.
[52] Messina, op. ult. cit., p. 73.
[53] V. più avanti, paragrafo 11.
[54] Atti, cit., pp. 37 s.
[55] Messina, op. ult. cit., p. 68.
[56] Per il regolamento legislativo, in Atti, cit., p. 4.
[57] Contratto di lavoro1, vol. II, pp. 76, 116, 279, nota 3.
[58] Cfr. Messina, Concordati di tariffe, cit., pp. 36 s.; Per il regolamento legislativo, in Atti, cit., p. 7; Barassi, Contratto di lavoro2, vol. II, pp. 131, 281.
[59] Cfr. Ascarelli, Sul contratto collettivo di lavoro, in «Arch. giur.», 1928, ora in Studi in tema di contratti, Milano, 1952, p. 112, nota 37.