Diritto e valori
DOI: 10.1401/9788815413499/c6
Ma vi è un altro aspetto della trasformazione qualitativa dell’autonomia privata, determinata dalla programmazione, il quale in certo senso rappresenta la contropartita del primo. La programmazione è un metodo di ricerca razionale dei fini rispetto ai quali si caratterizza lo Stato sociale contemporaneo, mediante l’applicazione delle moderne tecniche di previsione e di calcolo nel campo socio-economico. Utilizzando tali tecniche essa elabora i fini sociali, individuati come prioritari dalla decisione politica di base, in obiettivi o traguardi quantitativi, fra i quali opera una distribuzione delle risorse disponibili. Questo carattere quantitativo conferisce ai fini sociali, cui è costituzionalmente vincolata la libertà di iniziativa privata, il massimo di certezza, e corrispondentemente elimina dal calcolo di convenienza dell’impresa privata l’incognita costituita, in un’economia non programmata, dal futuro atteggiamento dei pubblici poteri. Si coglie così un’altra funzione del programma: quella di predeterminare, per un arco di tempo di una certa ampiezza, la misura dell’intervento pubblico nell’economia, oltre che gli strumenti di tale intervento. Sotto tale aspetto la programmazione è potuta apparire come un fattore di incremento dell’autonomia dell’impresa privata, nel senso che «il piano, come ordine, dà forza alle varie autonomie proprio in quanto impone loro un terreno di esplicazione più sicuro»
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Tuttavia non si deve perdere di vista il fatto che questa maggiore sicurezza del terreno di esplicazione assegnatole è pagata dall’impresa privata in termini di condizionamenti di fatto e di diritto delle sue scelte, e quindi di assunzione di responsabilità per lo sviluppo economico secondo le direttive impartite dal programma. Il problema giuridico di fondo resta perciò quello dell’analisi degli strumenti di indirizzo e di controllo dell’attività economica privata per valutarne la legittimità costituzionale sia in relazione ai vari tipi, sia in relazione alle modalità concrete del loro impiego da parte dell’autorità pubblica; valutazione che dovrà essere estesa anche alla loro azione combinata e agli effetti complessivi che essa è idonea a produrre. Particolarmente grave si presenta il problema con riguardo alle misure sanzionatone di tipo sostitutivo, la cui possibilità è stata prospettata non solo nel senso di un intervento dell’operatore economico pubblico (sia un’impresa pubblica già esistente oppure una nuova impresa costituita ad hoc) nei settori dove si registri una carenza o un rallentamento dell’iniziativa privata, la quale non sfrutti le convenienze create dal piano, ma altresì nel senso di una sostituzione nella gestione della stessa impresa inosservante delle direttive del piano e delle prescrizioni date, in sede esecutiva, dalla pubblica amministrazione
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, fermo che tali prescrizioni non possono in nessun caso concretarsi in pro¶{p. 173}grammi parziali di tipo microeconomico, cioè nell’imposizione all’impresa privata di determinati obiettivi imprenditoriali, qualitativi o quantitativi, o di determinate politiche incompatibili con lo scopo di redditività istituzionalmente proprio dell’impresa privata, o infine di determinati criteri organizzativi
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7. Programmazione e autonomia negoziale.
Per approfondire il discorso sulle garanzie costituzionali delle sfere soggettive private nei rapporti con l’attività pubblica di programmazione occorre abbandonare la nozione generica di autonomia privata alla quale si è fatto fin qui riferimento, intesa come libertà di scelta, e perciò come l’equivalente formale dell’iniziativa economica privata in quanto riconosciuta libera. L’articolazione della garanzia costituzionale non può essere colta compiutamente se non analizzando gli istituti giuridici concreti in cui l’autonomia privata si manifesta, cioè il complesso dei diritti di libertà destinati ad assicurare l’esplicazione dei valori individuali della persona umana, il diritto di proprietà destinato ad assicurare la libera disponibilità dei beni, e infine l’autonomia negoziale in senso tecnico, intesa come potere di autoregolamento degli interessi privati, e quindi come fonte di qualificazione giuridica dei rapporti cui l’atto di autonomia detta regola.
Il momento più delicato di questa ulteriore fase della problematica si puntualizza sotto il profilo dei rapporti tra programmazione e autonomia negoziale
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. Il problema ¶{p. 174}non è solo di individuazione del tipo di garanzia costituzionale da cui è assistita l’autonomia negoziale, che anzi dal presente punto di vista ha mediocre importanza sapere se essa sia oggetto di una garanzia diretta e globale oppure di una garanzia solo indiretta, riflessa da quella che assiste altri istituti ai quali l’autonomia negoziale è strettamente connessa, quali il diritto di proprietà e la libertà di iniziativa economica privata
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. Il problema è soprattutto quello, squisitamente tecnico-giuridico, di individuare i tipi di rilevanza giuridica della programmazione rispetto agli atti di autonomia negoziale. Ed esso si presenta con tutte le complicazioni derivanti dalle incertezze che travagliano la teoria del negozio giuridico, e del contratto in particolare.
Autonomia negoziale e libertà di iniziativa economica non sono due aspetti complementari del medesimo fenomeno, la prima non è esattamente l’equivalente giuridico dell’altra. L’autonomia negoziale qualifica un singolo atto, la libertà di iniziativa economica qualifica invece un’attività giuridicamente rilevante nel suo complesso, la quale si snoda in una serie concatenata di atti e di operazioni orientati a un risultato finale unitario, alcuni di natura materiale, altri di natura giuridica, e fra questi anche atti di autonomia negoziale. «Poiché l’autonomia contrattuale in materia economica è strumentale rispetto all’iniziativa economica, ogni limite posto alla prima si risolve in un limite della seconda, ed è legittimo, perciò, solo se preordinato al raggiungimento degli scopi previsti dalla Costituzione»
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. Al contrario, non ogni vincolo imposto ¶{p. 175}all’iniziativa economica dalla legge o da un atto amministrativo costituisce un limite in senso tecnico dell’autonomia contrattuale per sé considerata. Si devono distinguere accuratamente i limiti di fronte ai quali l’atto di autonomia negoziale assume rilievo soltanto come atto di iniziativa economica, partecipe degli indirizzi programmatici che investono globalmente l’attività economica in cui l’atto si inserisce, dai limiti di fronte ai quali l’atto di autonomia negoziale assume rilievo come tale, ossia limiti che non esprimono semplicemente una direttiva economica, ma in funzione di tale direttiva elaborano norme specifiche di condizionamento o di integrazione eteronoma del regolamento negoziale
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. Solo in questo secondo caso si avranno le sanzioni tipiche dei limiti dell’autonomia negoziale, cioè o l’invalidità del negozio e quindi l’inidoneità di esso a produrre effetti sul piano giuridico, oppure la conservazione dell’atto con la sostituzione automatica della norma legale a quella parte del contenuto dell’atto che ne sia difforme. Nel primo caso, invece, il contrasto dell’atto negoziale con l’indirizzo programmatico cui è vincolata l’attività economica dell’imprenditore comporterà sanzioni di tipo diverso da quelle ricollegate all’autonomia negoziale, cioè conseguenze di svantaggio che si producono proprio sul presupposto della validità del regolamento negoziale così come è stato predisposto dalle parti. In questa misura la programmazione, mentre crea tipicamente un attrito con la libertà di iniziativa economica, non incide invece, almeno immediatamente, sull’autonomia negoziale. Non è corretta la tendenza, che riceve impulso dalla concezione ancora diffusa della causa del contratto come funzione economico-sociale, a tradurre le direttive della programmazione in principi di ordine pubblico, e quindi in criteri di valutazione dell’atto sotto il profilo dell’illiceità della causa
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. E si deve pure escludere ¶{p. 176}che possano essere attribuiti al giudice poteri di integrazione del contratto al fine di renderlo meglio rispondente agli obiettivi generali del programma; tanto meno potrà essere attribuito alla pubblica amministrazione il potere di ordinare alle parti modificazioni del regolamento contrattuale ritenute necessarie o opportune al medesimo fine. Per questa via, certo costituzionalmente preclusa, l’autonomia negoziale perderebbe il significato che le è proprio, cioè di principio per cui la volontà privata, entro lo spazio assegnatole dall’ordinamento, è per se stessa criterio di qualificazione giuridica, e si trasformerebbe in mera discrezionalità tecnica per l’attuazione del piano al livello delle singole imprese sotto il controllo della pubblica autorità.
È ammissibile, e in effetti probabile, che la programmazione introduca ulteriori limitazioni dell’autonomia contrattuale, incrementando il fenomeno dei contratti regolamentati mediante clausole legali operanti con la tecnica dell’inserzione automatica, il fenomeno dei contratti soggetti ad autorizzazione amministrativa, e anche – si pensi alla legge antimonopolistica – il fenomeno dei contratti vietati. Ma tutte queste limitazioni, destinate a coordinare l’autonomia contrattuale con l’interesse sociale, non ne alterano la struttura, bensì o le sottraggono certi schemi di esplicazione, o assoggettano l’atto di autonomia a un preventivo controllo sociale il cui esito positivo, espresso nell’autorizzazione amministrativa, costituisce un requisito di validità del contratto, oppure restringono la rilevanza giuridica dell’atto come fonte del regolamento posto in essere dalle parti, corrispondentemente allargando la portata della concorrente fonte di disciplina eteronoma.
Note
[45] Momigliano-Forte, La strumentazione democratica della programmazione, in «Tempi Moderni» 1962, n. 11, p. 173. Nella letteratura giuridica cfr. Santoro-Passarelli, Norma giuridica e autonomia dei privati, in Saggi di dir. civ., vol. I, Napoli, 1961, pp. 229 s.; V. Bachelet, Legge, attività amministrativa e programmazione economica, in «Giur. cost.», 1961, p. 925. V. pure Corte cost. 24 giugno 1961, n. 35, ivi, 1961, pp. 629 ss., spec. pp. 652 ss., dove, ai fini della definizione del contenuto della riserva di legge sancita nell’art. 41, comma 3°, si afferma: «Ogni programmazione deve essere stabilita, con le relative norme legislative, prima della sua concreta attuazione, affinché non soltanto le autorità pubbliche, ma altresì i singoli operatori sappiano quali sono le finalità politiche, sociali ed economiche die si vogliono raggiungere, si rilevino i mezzi stabiliti per il raggiungimento dei fini, si distinguano le sfere di attività dei poteri pubblici e quelle dei privati operatori, e questi siano così messi in grado di determinare i limiti e la estensione della loro libertà nei rispetti delle iniziative economiche che possano prendere».
[46] Capaccioli, Strumenti giuridici di formazione e di attuazione dei piani, in Studi in memoria di Zanobini, vol. I, Milano, 1965, pp. 274 ss.; Predieri, Considerazioni su piani di sviluppo e piani territorali, in «Diritto dell’economia», 1961, pp. 1150 ss.
[47] Guarino, in Piano economico e impresa pubblica, a cura di Archibugi e Lombardini, Torino, 1963, pp. 48, 63, 342.
[48] Ma si profila tutta una serie di altri problemi di cui non è qui possibile una trattazione approfondita, e nemmeno un’elencazione esauriente. Per esempio, non pare dubbio che tra le libertà individuali collegate alla libertà di iniziativa economica privata vi sia il diritto dell’imprenditore a una sfera di riservatezza, che la pubblica autorità deve rispettare astenendosi dal divulgare notizie attinenti ai piani aziendali di cui venga a conoscenza attraverso procedure di comunicazione obbligatoria di tali piani agli organi preposti all’elaborazione del programma nazionale. Ancora a titolo di esempio, deve essere garantita la parità di trattamento delle imprese private rispetto alle imprese pubbliche nell’accesso al mercato finanziario. Il sistema di controllo dell’emissione dei valori mobiliari in via di assoggettamento ad autorizzazione delle emissioni superiori a un certo montante, oggi previsto esclusivamente allo scopo di proporzionare l’emissione alla capacità di assorbimento del mercato, cioè a scopo di tutela del risparmio, nel sistema della programmazione assume la funzione di regolare la ripartizione globale dei flussi monetari tra le varie destinazioni in conformità delle linee di sviluppo del programma.
[49] Cfr. sul punto Giorgianni, Le norme sull’affitto con canone in cereali. Controllo di costituzionalità o di «ragionevolezza» delle norme speciali, in «Giur. cost.», 1962, pp. 92 ss.; Serrani, Brevi note in tema di libertà contrattuale e principi costituzionali, ivi, 1965, pp. 294 ss.
[50] Corte cost. 23 aprile 1965, n. 30, «Giur. cost.», 1965, p. 298.
[51] Uno spunto in G. B. Ferri, L’ordine pubblico economico, in «Riv. dir. comm.», 1963, I, p. 470.
[52] Cfr. G. Ferri, Programmazione e autonomia individuale, in «Diritto dell’economia», 1966, pp. 18 ss.; Barcellona, Il problema del controllo della libertà contrattuale, in «Annali Univ. Catania», 1965, pp. 40 ss. (estr.).