Francesca Biondi Dal Monte, Simone Frega (a cura di)
Contrastare la dispersione scolastica
DOI: 10.1401/9788815413369/c1

Capitolo primo La dispersione scolastica e le politiche di contrasto a livello sovranazionale
di Raffaella Biagioli, professoressa associata di Pedagogia generale e sociale presso l’Università degli Studi di Firenze

Abstract
Il capitolo è dedicato all’introduzione della dispersione scolastica, spiegata come fenomeno sociale polimorfo, dovuto a una serie di fattori che provocano la mancata, incompleta o irregolare fruizione dei servizi di istruzione da parte dei giovani in età scolare. L’abbandono della scuola è affrontato nel capitolo sia nella sua dimensione personale sia in quella relazionale ed è descritto attraverso i dati degli enti che si occupano di istruzione a livello sia nazionale sia sovranazionale, dando particolare rilievo agli obiettivi dell’Agenda 2030 stilati dalla Commissione europea e in generale alla storia delle politiche di contrasto all’abbandono della scuola in Europa.

1. La dispersione scolastica tra dimensione personale e relazionale

Dispersione scolastica e povertà educative rappresentano oggi due aspetti critici che investono il mondo della scuola. Nello specifico la perdita per strada di futuri cittadini non è solo un problema per la scuola secondaria di secondo grado, laddove il fenomeno si manifesta esplicitamente, ma riguarda anche, e soprattutto, quegli anni di passaggi, cambiamenti e transizioni. Un’azione efficace di prevenzione della dispersione richiede interventi su più livelli e, se per un lungo periodo ci si è quasi «arresi» a una sorta di predestinazione sociale della dispersione, negli ultimi anni, anche sulla scorta di esperienze di altri paesi, si è di nuovo posta attenzione alla centralità del ruolo dei docenti e delle didattiche, o meglio, delle modalità di insegnamento-apprendimento [1]
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La dispersione scolastica è un fenomeno complesso e multifattoriale, polimorfo, che investe l’intero sistema scolastico e formativo e comprende aspetti differenti non identificabili con l’abbandono scolastico, ma con una serie di fattori che determinano la mancata, incompleta e irregolare fruizione dei servizi di istruzione da parte dei giovani in età scolare e che include tutto ciò che si perde – temporaneamente o stabilmente – nel corso del processo di apprendimento [2]
. Tra questi fattori vi sono il basso rendimento scolastico; la {p. 24}ripetenza; l’interruzione temporanea per motivi vari o il ritiro da scuola per determinati periodi, seguiti poi dalla ripresa degli studi; le assenze frequenti e ripetute e l’abbandono, che comporta l’interruzione, per lo più definitiva, dei corsi di istruzione. In una prospettiva complessa, basata sull’intreccio tra compiti di apprendimento e compiti evolutivi, è possibile che l’adolescente senta la scuola come lontana e inutile rispetto al proprio percorso interno, piuttosto che funzionale alla sua realizzazione, e percepisca gli adulti/insegnanti come assenti o non disponibili, invece che come risorse preposte ad attivare il suo potenziale [3]
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La decisione di abbandonare la scuola potrà essere causata da una preparazione inadeguata, che porta lo studente ad accumulare un insuccesso dopo l’altro; una generale difficoltà a dare senso all’esperienza scolastica nell’ambito della specifica fase di crescita in cui ci si trova; l’impossibilità di sentire che a scuola c’è spazio per le proprie idiosincratiche caratteristiche, non necessariamente coincidenti con quelle che la performance scolastica richiede; la difficoltà a valorizzare la scuola come mezzo per raggiungere il futuro desiderato. Entrano in gioco, in quest’ultima valutazione, il contesto socioeconomico da cui si proviene, i percorsi formativi dei propri genitori, inevitabilmente usati come antecedente e aspettativa con cui confrontarsi, i messaggi «sociali» circa le funzioni e il valore della scuola per avere in futuro un lavoro, un buon posto nella società, un reddito accettabile. Possiamo affermare, conseguentemente, che l’abbandono possa essere l’esito finale di un processo innescato dall’insuccesso scolastico che conduce al graduale ritiro dalla partecipazione.
La dispersione scolastica interessa tutti i paesi dell’Unione europea e assume oggi un ruolo di rilevanza fondamentale nel panorama formativo internazionale. A partire dal 2000 il Consiglio europeo si è impegnato a promuovere un potenziamento della qualità dei sistemi formativi, quale motore {p. 25}di una crescita dell’intero settore economico europeo. Sono state affrontate problematiche legate all’insuccesso scolastico e alla dispersione, con l’obiettivo di innalzare i livelli di partecipazione alle attività di lifelong learning.
Tra gli obiettivi individuati dalla Commissione europea sin dal 2008, da raggiungere entro il 2010 nell’ambito della Strategia di Lisbona, apparivano proprio la riduzione della percentuale di abbandoni scolastici almeno del 10% e il raggiungimento del target dell’85% di ventiduenni che abbiano completato il ciclo di istruzione secondaria superiore. Le problematiche che investono il contesto scolastico sono frutto di molteplici cause, fattori concatenati che diventano concausa del fenomeno stesso, riflettono diversi gradi di gravità e possono implicare il soggetto, così come il contesto di riferimento (ambiente sociale, familiare, scolastico). Nonostante questo suo carattere di trasversalità, si inizia a insediare l’idea che l’abbandono scolastico ponga le radici direttamente nel soggetto e nella sua storia, sia insito nelle esperienze personali di insuccesso scolastico che sfocerebbero, in seguito, nelle forme di abbandono. Esse possono manifestarsi in modo più o meno evidente e riflettono condizioni generate da diversi sentimenti: si tratta di mettere in luce quei segnali che precedono la dispersione vera e propria e analizzare il contesto entro il quale si manifestano. Questa visione costituisce un cambio di prospettiva e di rotta molto importante poiché fa emergere tutto quell’intreccio fatto di manifestazioni palesi e sommerse che contraddistinguono la condizione di disagio. Questa è una visione fortemente contestualizzata del fenomeno e di tutti i problemi a essa correlati che non possono mai dipendere da un’unica ed esclusiva causa. Perciò risulta determinante la sinergia tra una serie di variabili indipendenti, a partire dal comportamento dello studente, passando per il rendimento scolastico, lo stato psicologico, l’ambiente familiare, che possono comportare il rischio di lasciare gli studi incompleti [4]
.{p. 26}

2. Le strategie di contrasto

Dalle elaborazioni del Ministero dell’Istruzione, relative agli anni scolastici 2015-2016 e 2016-2017, siamo in grado di vedere gli abbandoni (e i rientri) che si verificano nel passaggio dell’anno – sia all’interno dello stesso ordine di scuola, sia nel passaggio tra cicli – oltre a quelli che avvengono nel corso dell’anno scolastico, studiati nei precedenti Focus [5]
. Per spiegare questo nuovo approccio gli esperti del MIUR ricorrono alla metafora dei tasselli che, uniti insieme, vanno a comporre il puzzle degli alunni usciti precocemente dal sistema scolastico nazionale [6]
. Sempre secondo questa anagrafe si considerano 23.000 alunni a rischio dispersione ogni anno nella scuola media. Secondo il MIUR [7]
(2011), nella scuola media abbandona il 3,3% dei bambini di origine straniera contro lo 0,6% degli alunni di origine italiana. Possiamo affermare che non è più soltanto rilevante «quanto» si impara ma anche «come» si impara, e infatti, secondo i dati PISA 2015, in Italia un alunno su quattro non raggiunge le competenze minime in almeno una delle tre discipline ritenute fondamentali dall’OCSE [8]
per l’esercizio del diritto di cittadinanza. Osservando la relazione tra lo status socioeconomico degli studenti e il rendimento nelle prove di Matematica in PISA 2022 [9]
è emerso che in Italia circa il 13% della variabilità del punteggio è spiegato dalla condizione di provenienza degli studenti. Questo dato è in linea con la media dei paesi OCSE (15%). Si tratta di fatto {p. 27}di allievi «implicitamente dispersi». Incrociando poi i dati sull’abbandono con quelli relativi ai livelli socioeconomici delle famiglie, si coglie anche come la scuola italiana non sia più un ascensore sociale. Non a caso, secondo OCSE 2020, l’Italia si caratterizza come uno dei paesi a più bassa mobilità educativa in Europa [10]
.
L’Italia è uno dei paesi europei dove il fenomeno dell’abbandono scolastico è più frequente e dove i giovani tra i 18 e i 24 anni con la sola licenza media sono il 13,5% del totale, dato superato solo da Spagna e Malta. Una media nazionale che nasconde un divario molto ampio nella diffusione del fenomeno. Per garantire che ogni paese membro metta in atto la Strategia europea 2020 – si legge nel documento dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza del 2022 – la Commissione europea ha proposto che gli obiettivi siano tradotti in percorsi nazionali e che ogni anno gli Stati membri presentino un proprio Programma nazionale di riforme che fissi i traguardi e individui un livello a medio termine per ciascun obiettivo [11]
. Da aggiungere che le disuguaglianze nei percorsi scolastici degli alunni stranieri sono molteplici. Se tra gli alunni di cittadinanza italiana è l’11,3% ad abbandonare gli studi precocemente, tra quelli di cittadinanza straniera la quota sale al 36,5% [12]
. Il precoce abbandono scolastico ha conseguenze anche sulla formazione di quella sacca di popolazione minorile e giovanile, numerosa soprattutto nel Sud Italia, costituita dai NEET [13]
.
Nell’ambito di uno studio preliminare finalizzato alla conduzione di una systematic review sul tema della disper
{p. 28}sione scolastica in Italia e in Europa, a partire dagli anni Duemila, è emersa la presenza di una vasta letteratura in merito che risulta diversificata tra documenti pubblicati da istituzioni nazionali ed europee, e studi accademici disciplinari riconducibili a studiosi in ambito psicologico, pedagogico e sociologico e transdisciplinari [14]
. Si è così constatata l’esistenza di molteplici ricerche empiriche condotte nei vari contesti europei che forniscono una mole di dati molto significativi per ricostruire l’evoluzione del fenomeno nel tempo e nello spazio geografico europeo.
Note
[1] Istat, Rapporto SDGs 2022. Informazioni statistiche per l’Agenda 2030 in Italia, Roma, 2022.
[2] E. Besozzi, Società, cultura, educazione. Teorie, contesti e processi, Roma, Carocci, 2017.
[3] D. Biondo, R. Patalano e C. Rotondo (a cura di), Psicoanalisi a scuola. Valutare e prevenire la dispersione scolastica, Roma, Vecchiarelli, 2022, pp. 48-49.
[4] M. Colombo, Dispersione scolastica e politiche per il successo formativo. Dalla ricerca sugli early school leaver alle proposte di innovazione, Trento, Erickson, 2010.
[5] Il riferimento è ai Focus elaborati dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, relativi ai Principali dati della scuola, elaborati all’avvio di ogni anno scolastico. Per i dati relativi agli aa.ss. 2019-2020, 2020-2021, 2021-2022, si veda Ministero dell’Istruzione e del Merito, Ufficio di Statistica, La dispersione scolastica, 2023.
[6] Save the Children Italia, Atlante dell’infanzia a rischio. Lettera alla scuola, pubblicazioni Save the Children, Istituto della Enciclopedia Italiana, https://s3.savethechildren.it uploads, 2017.
[7] MIUR, La scuola in cifre 2009-2010, Roma, 2017.
[8] OCSE, Strategia per le competenze dell’OCSE Italia 2017. Sintesi del Rapporto, https/www.oecd.org., 2022.
[9] Invalsiopen, I risultati di OCSE PISA 2022, https://www.invalsiopen.it, News.
[10] AGIA – Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, La dispersione scolastica in Italia: un’analisi multifattoriale. Documento di studio e di proposta, Roma, 2022.
[11] AGIA – Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza (Gruppo di lavoro sulla Dispersione scolastica, Consulta delle Associazioni e delle Organizzazioni), Documento del gruppo di lavoro, Roma, 2015.
[12] Openpolis, I minori stranieri nelle scuole italiane, tra disuguaglianze e diritto all’inclusione, 2020, www.openpolis.it.
[13] NEET (Not in Education, Employment or Training) è un indicatore atto a individuare la quota di popolazione di età compresa tra i 15 e i 29 anni che non è né occupata né inserita in un percorso di istruzione o di formazione.
[14] R. Biagioli, M. Baldini e M.G. Proli, La dispersione scolastica come fenomeno endemico. Ricerca sullo stato dell’arte, in «Formazione & Insegnamento», 2022, pp. 91-102.