Contrastare la dispersione scolastica
DOI: 10.1401/9788815413369/c16
Capitolo sedicesimo
Il metodo Portofranco: nell’aiuto scolastico accompagnare il bisogno umano dei giovani
di Alberto Bonfanti (insegnante di Storia e Filosofia nella scuola secondaria di secondo grado e presidente di Portofranco) e Gianni Mereghetti (già docente di Storia e Filosofia nella scuola secondaria di secondo grado, volontario presso Portofranco Abbiategrasso (MI))
Abstract
Il capitolo è dedicato al progetto dell’Associazione Portofranco- metodo
Portofranco -, nato da don Giorgio Pontiggia, che si propone di considerare ragazze
e ragazzi in tutta la loro umanità e vede il problema dello studio solo come la
punta di un iceberg sotto la quale si celano altre difficoltà. Il capitolo evidenzia
i risultati del progetto, mettendo in luce l’efficacia dell’attività anche grazie
alle testimonianze dei ragazzi e delle ragazze che vi partecipano. Si descrive in
conclusione l’attività dell’Associazione Portofranco.
1. Il progetto
Il progetto dell’Associazione Portofranco è nato dalla passione educativa di don Giorgio Pontiggia che anche di fronte all’iniziativa ministeriale di affrontare con i corsi di recupero le carenze scolastiche, si è domandato assieme ad alcuni amici insegnanti impegnati nell’educazione dei giovani quale fosse il bisogno di fronte a cui ci si trovava. Non era solo il bisogno di avere dei corsi in cui gli si insegnasse nuovamente ciò che non avevano capito in classe, ma l’esigenza di un rapporto in cui venisse presa sul serio tutta la loro umanità. La sfida che don Giorgio Pontiggia aveva posto in quegli anni non era solo di fare qualcosa per far recuperare le insufficienze scolastiche ma di assumere il bisogno umano di ragazze e ragazzi in difficoltà scolastiche e di accompagnarlo per condividere con loro la vita aperti a tutto ciò che potesse accadere in quel cammino.
La parola gratuità fu da subito il fattore fondamentale dell’opera che si voleva iniziare: la condivisione di un bisogno reale non è una questione istituzionale ma nasce da una mossa gratuita, fatta da adulti che stando al bisogno dei giovani e dedicandosi con tutto loro stessi, potessero imparare qualcosa per la loro vita. Così dalla tensione a condividere un bisogno reale in modo gratuito nacque Portofranco e già nei primi passi di quest’opera si capì che il problema dello studio era la punta di un iceberg molto vasto: «perché un ragazzo o una ragazza fa fatica nello studio?» ci si chiedeva; e aiutandoli nelle diverse discipline ¶{p. 262}si scopriva che la debolezza riguardava la vita. Un ragazzo o una ragazza per rimpegnarsi nello studio aveva bisogno di uno sguardo, aveva bisogno di essere valorizzato, aveva bisogno di sentire di valere, aveva bisogno che avesse senso lo studio, avesse senso la vita.
Così Portofranco da luogo in cui si condivideva il bisogno dello studio è diventato un luogo in cui si è condivisa e si condivide la vita: oggi è questa la sfida che si assume Portofranco, la domanda di un senso del vivere e dello studio, e lo può fare con il metodo di una compagnia concreta, fatta di passi uno dopo l’altro in cui vibra un abbraccio umano.
1.1. Il rapporto collaborativo con le istituzioni scolastiche
Nel suo percorso dal 2000 a oggi Portofranco ha sempre più trovato spazi per un rapporto positivo e costruttivo con le scuole, un rapporto in cui si sono trovate forme di collaborazione per il bene di studenti e studentesse.
Uno degli ambiti in cui maggiormente si è operato è quello dell’insegnamento della lingua italiana: i molti ragazzi e ragazze stranieri che sono arrivati in questo periodo hanno richiesto interventi specifici nell’apprendimento della lingua italiana. Questo intervento di Portofranco è stato molto importante dal punto di vista dell’inclusione, in quanto la lingua è un dato fondamentale per poter avviare un inserimento positivo di ragazzi e ragazze dentro l’ambiente scolastico e di vita italiano. Così Portofranco si è reso disponibile in diverse realtà locali a realizzare interventi specifici di insegnamento della lingua: sia nei confronti dei ragazzi e delle ragazze arabi o di quelli provenienti dall’Africa sia nei confronti di quelli provenienti dall’Ucraina. Portofranco ha utilizzato molte energie per dare a questi studenti e studentesse le condizioni per poter muoversi autonomamente nei contesti sociali italiani, per capire ciò che si dice in classe e per poter studiare in lingua italiana. Questo intervento nell’insegnamento della lingua italiana è un segno della vitalità di quest’opera che mantiene la sua originalità ma sa viverla dentro le sfide educative di ogni periodo storico.¶{p. 263}
2. I risultati. L’efficacia dell’attività svolta da Portofranco e le testimonianze dei ragazzi e delle ragazze che vi partecipano
Il segno dell’efficacia del metodo di Portofranco sono le tante storie di ragazzi e ragazze che sono rinati dall’incontro con i volontari dell’associazione. Come molti studenti e studentesse dicono, a Portofranco hanno trovato uno sguardo e una casa: si sono sentiti guardati con un’attenzione e una profondità uniche e hanno incontrato un luogo finalmente di rapporti veri in cui poter dire sé stessi e ricevere tanto per la propria vita.
E questa condivisione nasce da un’amicizia reale e operativa tra coloro che offrono gratuitamente il loro tempo a Portofranco: i ragazzi scoprono di avere una casa in cui sono accolti da adulti che si stimano, che sono amici tra loro e in forza di questa amicizia sono lieti di dedicare parte del loro tempo per stare con loro in modo libero e gratuito. Ha ragione papa Francesco quando afferma che «per educare un bambino occorre un villaggio».
Significativa da questo punto di vista la storia di una ragazza, Manar, che ha incontrato la realtà di Portofranco Milano. Un volontario, Mario, ha raccontato la sua storia che testimonia come Portofranco sia un luogo in cui una persona può ritrovare sé stessa grazie agli incontri che fa:
Ora è sposata – racconta Mario – ha messo su casa e ha un bambino. Ha appena superato l’esame di maturità, ottenendo il diploma tanto desiderato. Mentre sosteneva gli scritti, la mamma le teneva il bimbo in un’aula offerta apposta dalla scuola. Poi gli orali, a cui avrei tanto desiderato andare, ma no, purtroppo, perché so che lei si vergogna. A Portofranco è arrivata nel 2019, dopo aver frequentato le scuole medie in Egitto. Ricordo ancora quanta fatica facesse a rispondere alle domande del questionario di iscrizione, perché l’italiano, allora, lo conosceva proprio poco. Non comprendeva le domande, non conosceva le parole. Noi, preoccupati, le dicemmo allora che poteva seguire le lezioni di italiano per stranieri soltanto e lei pativa, mordeva il freno, perché avrebbe desiderato studiare matematica e tutto il resto, da subito. Le bastarono quattro mesi, per migliorare la conoscenza ¶{p. 264}della lingua, e allora le togliemmo «il blocco» delle materie. Lei felice. E cominciò a macinare ore di lezione, senza mollare mai, soprattutto durante il periodo del Covid, quando Portofranco, come tutto il mondo, dovette chiudere le porte e l’attività in presenza. Che fatica organizzare le lezioni online! Ricordo il giorno in cui le telefonai per dirle che Portofranco avrebbe riaperto i battenti, finalmente, dopo la chiusura della pandemia: era il mese di giugno del 2020. Lei felice, come quando, fermandosi nel corridoio, mi ha detto tante volte che Portofranco è la sua seconda casa. Ricordo anche un giorno di settembre del 2020, alla riapertura delle iscrizioni. Lei arrivò al colloquio accompagnata dalla mamma e dalla sorellina, con tre regali dall’Egitto: la cuspide di una piramide dorata, un’autentica sfinge di plastica, un tipico portafoglio egiziano. I regali si trovano ancora sulla mia scrivania! A maggio del 2020 si è sposata e una rappresentanza di Portofranco, ricevuto l’onore dell’invito, ha partecipato alle sue nozze. A un volontario di Portofranco, il suo insegnante preferito, aveva chiesto di farle da testimone. Ricordo ancora la festa, in un piccolo cortile dietro Palazzo Reale, a Milano. E i grandi sorrisi dei suoi parenti, e le leccornie egiziane offerte a ripetizione e la commozione sua e nostra. E ricordo pure, appena dopo il matrimonio, quando Manar, così si chiama, mi si avvicina e mi chiede se... le prenoto qualche ora di matematica! E rammento anche, e siamo giunti al mese di settembre del 2022, quando mi ha telefonato: «Posso anticipare il giorno del colloquio, per favore? Non resisto ad aspettare!». Quest’anno è stata dura, non ha più potuto, a un certo punto, per le ovvie ragioni di una mamma, frequentare Portofranco come faceva prima e, anche a scuola, ha fatto tante assenze. Agli esami di maturità non le hanno riconosciuto il voto che sperava e che sicuramente meritava. Lei era dispiaciuta e contenta nello stesso tempo, io arrabbiato nero. Ma come si fa? Le ho detto che Portofranco le aveva dato 100! Motivazioni? Tutto il grande desiderio che ha mosso la sua storia e che ha contagiato anche noi.
In questi anni risulta sempre più evidente come le realtà di Portofranco abbiano assunto anche la sfida che oggi va sotto il nome di inclusione e che sa accogliere i ragazzi e le ragazze di origine straniera per quello che sono, non per quello che si vorrebbe che fossero.
Portofranco sta dando il suo contributo originale a questa sfida e lo sta facendo attraverso un cammino paziente in cui ¶{p. 265}da una parte si educano studenti e studentesse a cogliere i fattori portanti del contesto in cui si trovano a vivere e ad acquisire metodi e contenuti di conoscenza che sono della civiltà occidentale ma dall’altra parte a Portofranco questi ragazzi e ragazze sono aiutati a dare il loro contributo, a essere protagonisti della vita scolastica e di quella sociale comunicando la loro tradizione e la ricchezza della loro identità. A Portofranco si vede in atto una reciprocità, è per questo che la parola inclusione non è la moda del momento ma viene realizzata in un rapporto generativo tra tradizione, identità – ogni identità – e il presente in cui viviamo oggi con la sua cultura e le sue caratteristiche.
A Portofranco inclusione vuol quindi dire libertà e reciprocità, cioè un’esperienza in cui ognuno può imparare qualcosa per sé e nello stesso tempo in cui la propria storia e la propria tradizione può portare qualcosa di positivo per tutti.
3. Informazioni sull’ente. L’Associazione Portofranco: un aiuto ad affrontare l’impegno scolastico
Portofranco oggi è una realtà presente in Italia: vi sono 55 centri che operano da Milano, dove è nato nel 2000, attraversando tutta la penisola fino ad arrivare in Sicilia. La sua mission consiste nell’essere un luogo gratuito in cui studenti e studentesse della scuola superiore sono accompagnati ad affrontare il loro impegno scolastico. Sono 1.724 i volontari che prestano la loro opera nelle diverse realtà di Portofranco e 5.000 i ragazzi e le ragazze che ogni anno chiedono di essere aiutati e iniziano un percorso che li porta a ritrovare un metodo di studio e ad affrontare le loro difficoltà, molte volte con successo, altre volte le carenze rimangono e si cercano altre strade. Le ore che annualmente le realtà di Portofranco impegnano gratuitamente sono 68.484 per il lavoro di aiuto ad personam, oltre a cui vi sono circa 40.000 ore che le diverse realtà impegnano nello studio individuale e di gruppo: questo testimonia un lavoro
Note
[1] La costanza e la vitalità delle attività svolte sono state riconosciute anche dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, quando ha deciso di attribuire il premio di «Ufficiale al Merito della Repubblica Italiana» il 31 marzo 2023 al presidente di Portofranco.