Giulia Guglielmini, Federico Batini (a cura di)
Orientarsi nell'orientamento
DOI: 10.1401/9788815411648/c5
Le «attività di accompagnamento e di consulenza orientativa» consistono in esperienze non curricolari, al di fuori delle discipline, e sono volte a rispondere a bisogni specifici di singoli o di gruppi (p. 5) [6]
. L’accompagnamento dei docenti si concretizza in azioni volte ad aiutare i ragazzi a conoscere sé stessi, gli sbocchi professionali e a costruire il loro progetto di vita. Le competenze orientative di base vengono definite come: saperi di base, abilità cognitive, logiche e metodologiche, ma anche abilità trasversali, comunicative e metacognitive, metaemozionali (ovvero life skills) e competenze chiave di cittadinanza. Vengono poi citate (al posto delle competenze orientative specifiche delle Linee guida 2009), le Career Management Skills definite come strategie per raccogliere, analizzare, sintetizzare e organizzare autonomamente informazioni in materia di istruzione e lavoro. Tali competenze si possono conseguire attraverso l’incremento delle relazioni con il mondo del lavoro, lo sviluppo di esperienze imprenditoriali all’interno
{p. 127}della realtà scolastica, la creazione di laboratori specifici di Career Management Skills e la condivisione di modelli di certificazione di competenze. Si rileva dunque un maggior accento sul mondo del lavoro.

3.4. Le «Linee guida per l’orientamento» del 22 dicembre 2022: l’integrazione stabile nel curricolo

Con le Linee guida per l’orientamento del 22 dicembre 2022 entra in vigore la riforma che non solo ribadisce il ruolo orientativo della scuola, ma stabilisce l’obbligatorietà delle attività di orientamento all’interno della scuola con ore curricolari (30 ore in terza, in quarta e in quinta) ed eventualmente anche extracurricolari (30 ore curricolari o extra nel biennio). In queste linee guida il processo avviato negli anni Novanta con la valorizzazione del ruolo specifico dell’insegnante nell’orientamento, della necessità di formazione specifica, si sostanzia in un’azione di sistema, che prevede anche una formazione massiccia degli insegnanti-tutor in questo processo: «l’orientamento diviene priorità strategica della formazione, nell’anno di prova e in servizio, dei docenti di tutti i gradi di istruzione». Tali linee guida prevedono inoltre l’utilizzo del portfolio per l’orientamento (già citato nelle Linee guida 2009), nella forma dell’e-portfolio, che consentirebbe di raccogliere, a partire dal consiglio orientativo della scuola secondaria di primo grado, il curriculum degli studenti nel corso della scuola secondaria di secondo grado [Magni 2023]. L’istituzione di specifici moduli orientativi non dovrebbe però abbandonare il lavoro avviato dagli anni Novanta relativo alla didattica orientativa, come istanza che impregna tutto il curricolo scolastico e attraversa trasversalmente le diverse discipline, in un processo costante che accompagna l’apprendimento e la crescita delle persone. Risulta urgente, dunque, accompagnare la riforma con azioni di rinforzo della didattica orientativa, che diano alla scuola la regìa del processo, in un percorso sistematico e coerente, affinché non diventino moduli «colonizzati» da iniziative esterne, frammentate e slegate dalle attività scolastiche, o patrimonio di un unico docente «tutor».{p. 128}

4. I capisaldi della didattica orientativa

La didattica orientativa nasce dalla consapevolezza che
la scuola può assumere un ruolo strategico se tiene presente che l’orientamento non è delegabile ad un’unica disciplina, ma è trasversale e che il risultato dell’orientamento non si consegue per caso, ma attraverso una programmazione mirata ed esplicita. Per questo occorre introdurre profonde modificazioni nella didattica disciplinare. I dati, le informazioni, le conoscenze delle discipline hanno bisogno di essere inseriti in un contesto «orientato» verso lo sviluppo di competenze [Biagioli 2003, 98].
In Italia oggi il termine «didattica orientativa» è molto diffuso nelle scuole, benché non ci sia nella pratica un accordo sostanziale rispetto a traguardi, metodi e strumenti per realizzarla. Il rischio è che si faccia corrispondere a una «buona didattica», motivante, capace di stimolare l’apprendimento per competenze (sia hard che soft), laboratoriale ed esperienziale. Si tratta invece di una didattica specificatamente mirata allo sviluppo di competenze orientative. Sintetizziamo di seguito gli aspetti essenziali e ancora attuali [Batini 2015; Batini e Giusti 2007; Marostica 2008; 2019].
  1. La didattica orientativa riguarda tutti i cicli scolastici in verticale, dalla scuola dell’infanzia fino alla secondaria di secondo grado, con traguardi progressivi, relativi alla conoscenza di sé e del mondo esterno.
  2. Stimola in modo specifico la riflessione su di sé, sul futuro, sui propri progetti, sulle proprie competenze.
  3. Richiede una preliminare analisi epistemica disciplinare volta ad individuare i nuclei fondanti della disciplina, la connessione con la realtà e con le competenze chiave di cittadinanza, perché possa costituire un contributo concreto alla formazione della «persona» o al progetto di vita di ciascuno.
  4. Il modello didattico in cui si inquadra oggi, è quello dell’apprendimento per competenze, centrato sulla mobilitazione delle conoscenze (puntuali e processuali), delle abilità e della metacognizione per la risoluzione di problemi {p. 129}reali. Utilizza metodologie volte al coinvolgimento attivo degli studenti (secondo il modello student centred), come la didattica laboratoriale, il coinvolgimento in attività di problem solving di gruppo, il cooperative learning, il peer tutoring, la didattica per ricerca…
  5. È interdisciplinare. Richiede l’attivazione delle diverse discipline per il conseguimento di traguardi rilevanti, nella logica della UDA (Unità Didattica di Apprendimento), il cui punto di partenza è abitualmente uno snodo significativo nel processo di sviluppo della persona e/o una situazione connessa alla vita dei bambini/ragazzi coinvolti.
  6. Prevede un processo riflessivo che dà significato all’esperienza e consente a ciascuno di «utilizzarla» per conoscere qualcosa di nuovo su di sé e sull’ambiente in cui vive.
  7. Valorizza la valutazione formativa o formatrice, prevedendo feedback costanti del docente sul processo oltre che sul prodotto, in relazione anche all’acquisizione di specifiche soft skills (ad es. decision making, problem solving, capacità di pianificazione e organizzazione…). Valorizza, con l’uso di appositi strumenti, l’autovalutazione (così da stimolare l’acquisizione di consapevolezza rispetto al proprio apprendimento, alle proprie risorse personali, alle proprie difficoltà…) e il peer-assessment (sempre con l’uso di criteri prestabiliti di valutazione).

5. I traguardi della didattica orientativa oggi: le competenze di cittadinanza

La didattica orientativa, che per statuto dovrebbe puntare ai traguardi di apprendimento previsti dalle singole discipline ed enumerati nei profili in uscita dei diversi gradi e ordini di scuola, deve anche contribuire in modo intenzionale allo sviluppo di competenze orientative, ovvero – secondo la definizione di Pombeni e Guglielmi [2000, 26] – «l’insieme di caratteristiche, abilità, atteggiamenti e motivazioni personali necessari per fronteggiare efficacemente compiti orientativi specifici (ad es. scelta scolastica, la ricerca del lavoro, il ricollocamento, ecc.), possono essere disponibili al {p. 130}soggetto in maniera autonoma o possono essere sviluppate attraverso azioni specifiche». Entrato quindi nel dibattito e nella riflessione teorica sull’orientamento [si veda ad es. Marostica 2011], il costrutto di competenza orientativa entra ufficialmente nella scuola pubblica italiana grazie alle Linee guida in materia di orientamento lungo tutto l’arco della vita (c.m. 43/2009), dove si legge che gli interventi educativi tendono a favorire:
  1. la maturazione di un metodo (uno stile, una cultura, un insieme di atteggiamenti, ecc.) centrato sull’approccio dell’autorientamento;
  2. lo sviluppo di competenze orientative, non immediatamente finalizzate alla gestione di compiti orientativi concreti, ma funzionali ad acquisire una capacità di attivazione critica nei confronti dei problemi, di canalizzazione delle energie rispetto ad obiettivi, di responsabilizzazione verso gli impegni, ecc.
Ancora sulla scorta delle riflessioni di Maria Luisa Pombeni [2001], il concetto viene poi ulteriormente approfondito da Speranzina Ferraro, coordinatrice del Forum Nazionale Orientamento e curatrice di un imponente volume della collana «Studi e documenti degli Annali della Pubblica Istruzione» [Ferraro 2011], e poi, soprattutto, nelle Linee guida nazionali per l’orientamento permanente del 2014, dove si giunge, come si è detto, a una distinzione più netta tra «competenze orientative di base», da sviluppare attraverso «l’orientamento formativo o didattica orientativa/orientante», e «competenze di monitoraggio/gestione del percorso individuale», da sviluppare con «attività di accompagnamento e di consulenza orientativa» che sono rivolte a gruppi o individui «in risposta a bisogni orientativi specifici».
Attraverso le didattiche disciplinari, quindi, la scuola dovrebbe contribuire allo sviluppo delle competenze orientative di base, che, si legge nella circolare ministeriale 29/2012, «corrispondono alle competenze chiave di cittadinanza», mentre viene affidato ad ulteriori «interventi intenzionali gestiti da professionalità competenti», si legge ancora nella circolare, lo sviluppo di «competenze orientative specifiche», che esulano dai compiti e dagli scopi {p. 131}della didattica orientativa e che possono essere individuate nel seguente elenco:
  • saper analizzare le proprie risorse in termini di interessi e attitudini ma anche di saperi e competenze;
  • saper esaminare con realismo le opportunità e le risorse a disposizione ma anche vincoli e condizionamenti che regolano la società e il mondo del lavoro;
  • mettere in relazione opportunità e vincoli in modo da trarne indicazioni per scegliere;
  • assumere decisioni e perseguire gli obiettivi;
  • progettare il proprio futuro e declinarne lo sviluppo;
  • attuare i progetti delineati e decisi;
  • monitorare e valutare le azioni realizzate e lo sviluppo del progetto in termini di criticità e forza e di aggiustamenti necessari.
Questo, invece, è l’elenco delle competenze chiave di cittadinanza così come sono declinate nell’allegato 2 del d.m. 22 agosto 2007, n. 139 e nel relativo Modello di certificazione dei saperi e delle competenze acquisite dagli studenti al termine dell’obbligo di istruzione (d.m. 9/2010):
  • imparare ad imparare;
  • progettare;
  • comunicare;
  • collaborare e partecipare;
  • agire in modo autonomo e responsabile;
  • risolvere problemi;
  • individuare collegamenti e relazioni;
  • acquisire e interpretare l’informazione.
Trattandosi tra l’altro di traguardi comuni a tutto il primo ciclo e a tutti i diversi ordini del primo biennio del secondo grado, licei, tecnici e professionali, questo set di competenze può essere ancora oggi un valido punto di riferimento per la progettazione di interventi di didattica orientativa dalla scuola dell’infanzia fino alla conclusione dell’obbligo o, anche, fino al termine del secondo ciclo, in modo da garantire una qualche omogeneità agli interventi sul territorio nazionale e, anche, per tentare di dare un senso – nella concretezza delle pratiche didattiche e valutative – a un percorso di istruzione ancora troppo
{p. 132}frammentato, nonostante i tanti appelli alla continuità e alla verticalità dei curricoli.