Alessandro Sicora, Silvia Fargion (a cura di)
Costruzioni di genitorialità su terreni incerti
DOI: 10.1401/9788815411365/c4
In quasi tutte le interviste con genitori in situazione di precarietà economica emerge la necessità di sacrificare sé stessi come persone per riuscire a fare i genitori; in assenza di risorse adeguate a soddisfare i bisogni fondamentali dei membri della famiglia, si antepongono i bisogni dei bambini [Sanfelici 2022],
{p. 121}si è disposti a tutto. In numerose interviste emerge il sacrificio di sé come persona, ad esempio in risposta a una domanda sulle possibili conseguenze delle difficoltà economiche sulla figlia, una mamma risponde:
Io mi privo di tutto per lei e lei ha tutto, non le manca niente. È più a me che manca, perché lei è comunque una bambina serenissima, anche settimana scorsa ho fatto il colloquio con il doposcuola dove va tramite i servizi e ha detto che la bambina va benissimo a scuola, è una bambina felice e serena, ma sono io che mi privo di tutto per lei… cioè manca proprio tutto a me (…) io come donna mi sono completamente annullata.
È comune all’esperienza genitoriale che l’arrivo di un figlio rappresenti un elemento di rottura rispetto alla fase di vita che ha preceduto questo momento, che mette in discussione alcuni equilibri e chiede di costruirne di nuovi. I genitori intervistati sembrano esprimere inoltre una forte adesione ai modelli di genitorialità intensiva. Ad esempio, le narrazioni sono ricche di episodi tratti dalla quotidianità in cui la propria vita di genitore è raccontata attraverso la forte, a volte estrema, centratura nei confronti dei figli, come espresso da una mamma:
Perché quando ci sono loro io sono loro mi annullo, mi sono sempre annullata.
Il proprio essere genitori è rappresentato come un’esperienza totalizzante e molto impegnativa da sostenere, che quasi sembra non lasciare spazio ad altro. Afferma una mamma in situazione di alta conflittualità:
dovevi seguire per la scuola, poi dopo badare alla casa. Ma soprattutto la scuola, le responsabilità… poi li devi portare in palestra, al catechismo, le solite cose che si fanno per i bimbi piccoli, il mangiare. Quindi ero sovraccaricata in quel senso, come mamma, come donna, io per un periodo della mia vita proprio facevo la mamma a tempo pieno.
Molti genitori che hanno vissuto una migrazione forzata raccontano il sacrificio di sé come investimento per il futuro dei figli. Questo viene ricondotto a numerose scelte legate alla crescita dei figli, a partire dalla scelta di emigrare, che può facilitare la costruzione di nuove opportunità, alla dedizione quasi completa che soprattutto le donne dichiarano nei confronti dei figli, come afferma una mamma:
(…) penso che quando cresceranno avrò tutto il tempo per me perché adesso il tempo è solo per loro, loro che hanno cambiato tutto della mia vita. Andiamo al centro commerciale per comprare delle cose per noi, ma quando usciamo ho comprato tutte le cose per loro, per me non ho comprato niente.
Il rapporto con la scuola è molto presente nelle interviste con i genitori, per l’importanza che le viene assegnata nella crescita dei figli sia sul piano {p. 122}socioaffettivo che in relazione agli apprendimenti. La scuola rappresenta l’investimento principale per garantire un futuro positivo ai figli, come afferma una mamma che ha vissuto una migrazione forzata:
Il mio obiettivo è quello di crescere i miei figli e garantirgli un futuro migliore attraverso un percorso di studio. Questa è la mia priorità. Ho lasciato il mio paese per la guerra e dopo questa instabilità vorrei pensare solo a questo.
Il ruolo che i genitori assegnano alla scuola ha molti punti di contatto con l’ideologia del determinismo genitoriale, questa infatti è vista come cruciale nel determinare il futuro dei bambini e il successo scolastico è considerato una responsabilità dei genitori, soprattutto delle madri. La scuola sembra fornire una cartina di tornasole sulla quale calibrare la percezione della propria adeguatezza ed efficacia in quanto genitori [Fargion et al. 2021]. In questa dinamica, il supporto ai figli nello svolgimento dei compiti a casa viene caricato di forti aspettative di successo e, a volte, viene assunto come responsabilità diretta della madre. Afferma una mamma in situazione di alta conflittualità:
Allora controllargli i compiti, sperare che scrivessero tutti i compiti perché se poi magari non erano completi e poi il giorno dopo… soprattutto il secondo andava a scuola con i compiti non completi, poi venivo chiamata, sì perché mi chiamavano! Era un po’ sulle nostre, anche sulle spalle nostre dei genitori.
I genitori si percepiscono come responsabili delle opportunità che i figli possono sperimentare, al fine di garantire opportunità nel futuro. In quest’ottica, ogni momento della giornata può essere funzionale a questo scopo. Questo deve inoltre avvenire nelle adeguate tappe di sviluppo, come afferma una mamma:
Chiedo semplicemente il diritto di poter seguire i miei bambini, perché ne hanno bisogno, perché si stanno formando, stanno acquisendo un metodo, che se non lo fanno alle elementari o alle medie, poi è più difficile.
È soprattutto nei momenti di criticità o di fragilità che le pressioni a offrire tutte le opportunità possibili sembrano diventare ancora più forti. Ad esempio, questo papà LGBT racconta di quando al figlio è stata diagnosticata una malattia rara. Questo ha portato a sperimentare numerose strade e attività, che rispondessero anche alle indicazioni che i diversi professionisti proponevano. Elenca quindi tutte queste attività dichiarando tuttavia che non sapendo quale fosse quella giusta, aveva ritenuto meglio provarle tutte:
(…) non siamo quelli come i figli dei fiori che credono nell’omeopatia per tutto, in modo particolare quando c’è in gioco la vita di tuo figlio, però abbiamo detto che sono tutte cose che male non fanno, lui è comunque contento.{p. 123}
Un’altra dimensione significativa in relazione a come i genitori si posizionano nei confronti dell’intensive parenting riguarda l’essere presenti e il poter garantire ai figli un tempo di qualità. Ad esempio, un papà LGBT afferma:
ho imparato ad esserci. Prima ero preso da me, capito?! Quindi io e Ferdinando, io e Ferdinando, adesso ho imparato ad esserci per loro… quindi io e Ferdinando veniamo, non dopo, non esiste il prima e il dopo, è naturale, è normale che loro sono il centro di tutta la nostra vita… quindi per loro è importante esserci.
Emerge tutta la fatica di confrontarsi con una diffusa retorica sul tempo propria della genitorialità intensiva. Questa oscilla tra il dogma che i genitori si dovrebbero dedicare totalmente ai figli, e quello della loro capacità di dedicare del tempo di qualità [Faircloth, Hoffman e Layne 2013]. Ad esempio, i genitori in situazione di alta conflittualità raccontano come tenere il passo con entrambi gli standard richieda spesso grandi sforzi [Mauri e Fargion 2022]: non sempre è possibile essere presenti nei momenti importanti della vita dei figli e il tempo che vivono con loro è caratterizzato dalle forti tensioni legate ai lunghissimi e spesso estenuanti processi separativi che possono durare anni. Soprattutto i genitori si scontrano con l’idea diffusa della genitorialità intensiva che il genitore deve essere presente e curare tutti gli aspetti della vita dei figli, ma anche la qualità del tempo rappresenta una sfida, questo soprattutto, ma non solo, quando i genitori si trovano a comprimere la propria genitorialità in un tempo ridotto, in cui vorrebbero garantire una relazione e situazione quasi perfetta, come espresso da un papà:
(…) la più grande difficoltà era proprio arrivare il venerdì sera in questa situazione in cui io orfano, quindi solo, gestisci due figli, senza nonno e con gli ex suoceri che si sono chiusi… gestisciti questi due figli, dal mangiare alla cena, accudiscili che siano in un ambiente ad hoc, che abbiano tutto. Cerca di dare il massimo in queste 48 ore. Psicologicamente è una cosa (…), non sono situazioni semplici.
Tuttavia, quello dell’intensive parenting sembra essere maggiormente un linguaggio utilizzato dalla classe media e non utilizzato in questi termini dai genitori in situazioni di precarietà. L’esserci sempre per i figli emerge raramente, se non nel dovere delle madri di dedicarsi alla cura. Emerge tuttavia l’importanza del tempo speso con i bambini, nelle situazioni dove la precarietà non è gravissima. In alcune interviste dove per il genitore (molto spesso madri single) si impone il trade off lavoro o non sopravvivo, o non dedico il tempo di cura necessario ai miei figli, emergono letture diverse. Queste sono spesso condizionate dalle effettive possibilità di scelta (ad esempio dalla presenza di reti familiari, servizi di supporto, ecc.). Il tema del tempo emerge, ma non un tempo impiegato per migliorare la performance genitoriale, come nella retorica della genitorialità intensiva, ma nell’affannosa ricerca di risorse per la sopravvivenza. {p. 124}

5.2. Posizionarsi in un processo di autenticità e legittimazione

In tutte le interviste, anche se per ragioni di natura diversa, emerge la percezione dei genitori di vivere la contraddizione tra l’autenticità nella relazione e la protezione da aspetti complessi e dolorosi della situazione che si sta vivendo. Un papà transgender racconta così le preoccupazioni e le tensioni legate alla condivisione con i figli della fase di transizione:
E però appunto la psicologa mi aveva dato questa indicazione: «Non dire niente finché loro non te lo chiedono, cioè non anticiparli con delle informazioni che loro non ti hanno chiesto» (…). A me questa cosa faceva preoccupare perché mi sembrava appunto di nascondere la cosa alle uniche persone di cui mi interessava… quindi mi sentivo malissimo però aspettavo, aspettavo…
I genitori percepiscono di sentire il compito di proteggere i figli dalla dura situazione che stanno vivendo, anche a costo di negare la realtà che si vive ogni giorno. Questo richiede il compromesso di assumersi il peso, spesso in solitaria, della narrazione che si sceglie di condividere con i propri figli, chiedendo a sé stessi un ulteriore sacrificio. Ad esempio, una mamma in situazione di povertà afferma:
io consiglio prima di tutto di non far capire niente ai bambini quando si attraversano queste situazioni, di far finta di niente con i bambini. I problemi ci sono, però far finta di niente e sperare sempre che domani sia un giorno migliore… solo così si può andare avanti, perché se no ti metti che piangi tutte le giornate, perché non cambia niente.
Per i genitori in situazione di alta conflittualità questa contraddizione si esprime rispetto a ciò che si ritiene di potere o non poter comunicare ai figli rispetto al conflitto o all’altro genitore, ma anche nella scelta stessa di separarsi, come afferma una mamma:
Questo [l’ex marito] mi diceva sempre: «Tu non sei una brava mamma, tu non li ami, perché se tu li avessi amati probabilmente…». Non lo so, probabilmente ho amato più me stessa in quel momento ma non so. Non ce l’ho fatta. Non ce l’ho fatta e devo dire che forse ho trovato i miei… Il mio modo per andare avanti per sopravvivere.
Il tema dell’autenticità ritorna in maniera molto forte nelle interviste, con tonalità diverse in base alle specifiche situazioni di incertezza che i genitori stanno vivendo.
Inoltre, alcuni genitori esprimono la paura di perdere il controllo nella relazione con i figli e l’impossibilità di agire secondo quanto si pensa. Questo a volte corrisponde a vivere regole definite dall’esterno, come si descrive un papà in situazione di alta conflittualità:{p. 125}
Un papà con due bei figlioli. E con una vita molto frenetica cercando di far stare tutto al meglio. In questa cornice che ho, a volte imposta, a volte ho poco spazio per libera interpretazione, o per dipingere in maniera sincera quello che vorrei, sono più schiacciato da quello che può essere un decreto di un giudice o da quella che è la routine non voluta e non scelta da me.
Ma anche l’assenza di possibilità economiche è raccontata dai genitori come un aspetto che rende molto complesso il proprio ruolo genitoriale, per le opportunità e i bisogni essenziali che non si riescono a garantire ai figli, ma anche per i vissuti emotivi con i quali ci si deve confrontare:
La vivi come tale [umiliazione]. (…) Faccio i video colloqui, perché adesso si fa così, si fanno i video colloqui (ride), faccio quel che posso, però se questo lavoro non arriva alla fine (…) quando ti trovi a chiedere aiuto agli altri per i bisogni dei tuoi figli, che sono necessari, ti senti un pochettino come… non è un’umiliazione, perché purtroppo ci siamo tutti dentro, purtroppo questo periodo è difficile, però la vivi come tale… per un genitore non poter soddisfare i bisogni primari dei figli è una cosa che pesa molto.
Anche alla luce di questi vissuti complessi, emerge l’importanza di sentirsi maggiormente legittimati nel proprio ruolo genitoriale. Questo papà in situazione di alta conflittualità esprime l’importanza che, di fronte al tentativo di escluderlo dalle scelte riguardanti i figli, le insegnanti abbiano difeso il suo ruolo:
In quel caso, ad esempio, è intervenuta la maestra, la pediatra prima, la maestra dell’asilo ora, la quale non solo ha preso la bambina e gli ha spiegato «questo è il tuo papà e se viene a prenderti tu devi essere felice», ma ha anche redarguito in presenza la mamma, per qualcosa che non andava fatto.
Nel caso dei genitori LGBT è centrale nelle narrazioni il proprio riconoscimento da un punto di vista legale:
Ma per me sicuramente la nostra serenità per poterci dare poi al 200%, perché al 100% già ci diamo, è mettere la parola fine e avere sulla trascrizione entrambi i nomi.
Ma più in generale i genitori intervistati hanno condiviso l’importanza di vivere in un sistema che legittimi il proprio ruolo, come afferma un altro papà:
Le criticità sono che non puoi stare mai rilassato, nel senso che non è che lo iscrivi a un asilo qualunque. Noi siamo andati a vedere tutti gli asili. Oltre ovviamente a volere un asilo bello, attento e così, devi anche trovare delle persone con cui devi trovare un feeling anche da un punto di vista politico perché altrimenti ti trovi in una situazione in cui non è ben accetto e questo con l’età è sempre di più, perché ho delle care amiche che hanno i bimbi di 8-9 anni e sempre di più questi bambini vengono tra virgolette tutelati.
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