Elena dell'Agnese, Daniel Delatin Rodrigues (a cura di)
Re(l)-azioni
DOI: 10.1401/9788815410795/c9

Capitolo nono Fra Facebook e Whatsapp, social network per costruire comunità
di Gian Luigi Corinto

Notizie Autori
Gian Luigi Corinto è professore associato di Geografia, docente di Geografia del turismo, Geografia e marketing agroalimentare e Destination Marketing nei Corsi di turismo dell’Università di Macerata. Tra i temi della sua ricerca vi sono lo sviluppo locale, del paesaggio, del turismo e della sostenibilità. È attualmente Editor della rivista «International Journal of Anthropology».

1. Introduzione: tema, focus della ricerca, piano del lavoro

Questo lavoro tratta di come i social network sites (o social media) Facebook e WhatsApp contribuiscano alla costruzione di reti sociali [Ellison e Boyd 2013; Wellman 2001] e di come abbiano un radicamento territoriale. L’attenzione è focalizzata sulla regione geografica denominata Versilia, localizzata nella Toscana settentrionale, scelta perché sotto lo stesso toponimo convivono un’area a forte sviluppo turistico, quella costiera, e una interna, caratterizzata da crescente spopolamento per esodo residenziale e abbandono produttivo. Un’indagine sull’uso di strumenti digitali di comunicazione può esaudire le domande su come i social media contribuiscano a produrre forme diverse di territorio tramite la diffusione di narrazioni e auto-rappresentazioni specifiche.
Se il territorio è mediatore di relazioni, anche lo specifico habitat digitale costituito dai social media è parte integrante dello spazio nel quale le persone sviluppano conversazioni, dibattiti e confronti su temi materiali e simbolici relativi al proprio territorio [Relph 2007]. Usualmente questo spazio digitale è agitato da emozioni e contraddizioni che producono immaginari alternativi di spazio e nuove forme di costruzione e appropriazione territoriale. Il riconoscimento di un habitat digitale immerso in un territorio può aiutare a comprendere come i cittadini tentino di praticare nuove forme di partecipazione sociale con valenza spaziale. L’uso quotidiano e routinario di tecnologie di comunicazione digitale produce nuove spazialità pur in presenza (e probabilmente a causa) di sfiducia e disillusione verso le istituzioni di ogni livello e i tradizionali canali di mediazione comunicativa.{p. 216}
Ogni forma di comunicazione comporta il coinvolgimento sociale nel processo di produzione di significato collettivo da parte di attori che hanno una percezione del reale comunque peculiare/idiosincratica, e quindi soggettiva sia nell’interazione faccia-a-faccia che in quelle mediate. Il significato prodotto con l’interazione digitale ha origine decentralizzata e dispersa, con effetti che trascendono le classi sociali e l’asimmetria di potere, in quanto la pratica si realizza tra individui separati o gruppi sociali e istituzioni pubbliche. L’insieme di queste narrazioni ha effetto sulla produzione di senso del luogo, è parte essenziale del processo di insediamento, pur se spesso origina linguaggio di odio/esclusione, incentiva anche nuove forme di partecipazione, collaborazione e negoziazione, di raggruppamento e ri-aggruppamento tra persone, producendo nuovo territorio e nuovi significati simbolici all’abitare un luogo [Appadurai 2013; Heidegger 1951].
Per trattare il tema sopra indicato, il resto del lavoro è articolato nel modo seguente. Il paragrafo 2 descrive i caratteri della Versilia prospiciente il Mar Tirreno e di quella interna; il paragrafo 3 è dedicato alla teoria di riferimento, al metodo e alla procedura di acquisizione dei dati relativamente a due tematiche: l’embeddedness delle azioni economiche nel tessuto sociale e i social media come strumento di narrazione e auto-rappresentazione situate; il paragrafo 4 riporta i risultati dell’indagine svolta e i commenti critici; il paragrafo 5 indica i limiti e i possibili sviluppi della ricerca svolta.

2. I caratteri della Versilia turistica e di quella rurale

La regione geografica di riferimento per questo studio è storicamente denominata Versilia, area che oggi comprende i comuni di Camaiore, Forte dei Marmi, Massarosa, Pietrasanta, Seravezza, Stazzema e Viareggio in provincia di Lucca.
La sua immagine di destinazione balneare per clientela medio-alta, composta, dall’Ottocento a oggi, prima da aristocratici, poi da intellettuali e artisti di ogni genere, infine da clienti italiani e stranieri di estrazione varia, fa ombra {p. 217}alle altre attività presenti nel territorio. L’area gode di una ben precisa notorietà, sostenuta narrativamente da romanzi di successo, come per esempio il notissimo Vestivamo alla marinara, scritto nel 1975 da Susanna Agnelli, nonché per essere scenario di molti film nei quali il mare è sempre protagonista [Guidi 2006]. Dalla costa, rivolgendo lo sguardo verso nord-est, è però ben visibile il profilo del paesaggio montagnoso delle Alpi Apuane, belle e pericolose, zona di estrazione del marmo di Carrara noto nel mondo da secoli. Solamente la parte costiera della Versilia è un resort balneare, il resto del territorio di ogni comune è localizzato in zone collinari e montane, nelle quali le attività turistiche sono meno diffuse. La particolare conformazione orografica e la storia delle comunità hanno prodotto una divisione tra Alta Versilia e Bassa Versilia, tra costa e aree interne, culturalmente molto avvertita dai residenti. In area collinare e montana residenti e attività si vanno rarefacendo, mentre lungo la costa l’industria turistica si è irrobustita talmente da caratterizzare economia, società e paesaggio. Località come Forte dei Marmi, Pietrasanta, Lido di Camaiore e Viareggio sono rinomate come destinazioni turistiche di particolare distinzione; meno noti sono i comuni di Camaiore, Massarosa e i due comuni della Versilia cosiddetta storica, Stazzema e Seravezza, nei cui territori, ampiamente forestati, sono tuttora attive diverse cave di marmo, mentre il turismo è marginale. Le due zone, separate storicamente e culturalmente, sono però integrate dal pendolarismo dei residenti in montagna con le aree di pianura, luogo di elezione del mercato del lavoro, ma anche dei principali servizi, come scuola, ospedali, attività sportive, ricreative e di ritrovo. In appendice sono riportate le tabelle che mostrano chiaramente le differenze tra le due zone in termini di residenti, superficie, densità di popolazione, altitudine (tab. 9.3) e in termini di numero di contribuenti e reddito imponibile per comune (tab. 9.4).
Il PIT – piano di indirizzo territoriale – della Regione Toscana riunisce in un unico ambito paesaggistico l’intera Versilia, prendendo spunto dalle reciproche visuali panoramiche tra Alta e Bassa Versilia, constatando che lo sguardo può abbracciare un unico «quadro naturale» che {p. 218}va dal mare alle Alpi Apuane. Anzi, la reciprocità visiva degli orizzonti è assunta come «valore durevole», a meno di zone parzialmente degradate per edificazioni effettuate anche dopo l’imposizione di vincoli specifici (si veda quanto riportato nella tab. 9.1).
Tab. 9.1. Elementi di valore e di degrado dell’ambito paesaggistico Versilia secondo il PIT della Regione Toscana
Piano di indirizzo territoriale con valenza di piano paesaggistico della Regione Toscana – Ambito n. 21 Versilia, Provincia di Lucca. Territori appartenenti ai Comuni: Camaiore, Forte dei Marmi, Massarosa, Pietrasanta, Seravezza, Stazzema, Viareggio
Sezione 4 – Beni paesaggistici soggetti a tutela ai sensi del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 136
B) Identificazione dei rischi e dei valori e valutazione della loro permanenza
B1) Elementi rilevati alla data di istituzione del vincolo e valutazione della loro permanenza ad oggi
Elementi di valore
Permanenza dei valori – Elementi di degrado
Visuali panoramiche («da» e «verso»)
Quadro naturale che va dal mare alle vette superbe delle Alpi Apuane
Permanenza del valore delle visuali dal mare al sistema montuoso e viceversa; parziale saturazione del quadro paesaggistico a causa delle edificazioni operate posteriormente alla data del vincolo. Valore del profilo dello skyline costiero e verso l’entroterra
 
 
 
Fonte: Elaborazione da Regione Toscana [s.d.], documenti PIT, https://tinyurl.com/2r2v4dw3.
All’interno di questa unità macro-panoramica insistono paesaggi e ambienti urbanizzati e rurali molto diversi. Ai fini del presente contributo, per termini come urbano e rurale appare necessario dare qualche definizione di grana più fine. Al di là delle definizioni basate sulla densità di popolazione [Eurostat 2018], una regione geografica è rurale se chi ci abita o soggiorna percepisce di vivere in campagna, cioè fuori da una città, ovvero se al suo interno sono rilevabili relazioni sociali particolari, a lungo studiate dai geografi come da sociologi ed economisti agrari. Specialmente tra questi ultimi, fino agli anni Sessanta, era certamente accettata una visione rigidamente duale tra rurale e urbano:{p. 219}
Era definito «urbano» l’insediamento in grandi centri nei quali [...] la popolazione attiva era non agricola, mentre era definito «rurale» l’insediamento in case sparse o in nuclei o piccoli centri nei quali la popolazione attiva era o agricola o comunque legata al modo di vita tipico di coloro che erano agricoli [Giorgi 1977, 31].
Il modo di vivere degli attivi in agricoltura era rurale, cioè modellato sulla cultura e sulle relazioni sociali proprie della vita in campagna. Erano coloro che operavano nei fondi agricoli, coltivando la terra e allevando animali, come imprenditori e lavoratori, che determinavano l’atmosfera rurale respirata anche da chi non era direttamente coinvolto in agricoltura ma viveva in campagna. Era quindi possibile ipotizzare che il capitale umano che si formava in ambiante rurale fosse diverso da quello formatosi in ambiente urbano. Anche se l’imprenditore agricolo mirava a produrre profitti, era possibile ritenere che rinunciasse alla parità con quelli extra-agricoli perché rinunciava «a un maggior reddito monetario per soddisfare altri suoi desideri o sentimenti [...] così che la comunità nel suo insieme raggiunge un livello di soddisfazione dei bisogni minore di quelli espressi monetariamente, ma può ottenere vantaggi di diversa natura» [Serpieri 1946, 34-35].
Per evoluzione interna ed esterna al settore, soprattutto per il mutato orientamento della politica agricola comune, progressivamente virante in politica di sviluppo rurale, le aree rurali sono andate incontro a modifiche socioeconomiche notevoli. La novità sostanziale consiste nel radicale cambiamento dello status giuridico dell’impresa agricola [Costato 2012], oggi autorizzata a svolgere attività prima ritenute non pertinenti all’agricoltura, come ospitalità, ristorazione, didattica agricola e ambientale, attività di recupero sociale e sanitario [Corinto 2013; Torres e Momsen 2011]. Le aree rurali sono diventate meno agricole, meno agrarie nel senso produttivistico, ma più attente alla protezione di ambiente e salute di addetti e consumatori. In effetti la situazione delle aree rurali si potrebbe definire post-agricola e post-produttiva [Almstedt et al. 2014], correndo ancora il rischio di imporre un’interpretazione troppo rigida della
{p. 220}realtà. Tale rigidità impedisce di comprendere se la missione produttiva dell’agricoltura sia venuta meno, e quindi sia post qualcosa, o essa sia stata invece capace di produrre consapevolmente esternalità ambientali e culturali che, se da un lato concorrono alla formazione dei prezzi di vendita dei prodotti agricoli, da un altro consentono alla società e alle attività extra-agricole di esistere. In tal senso appare riduttivo parlare di agricoltura post-agricola e post-produttiva, in quanto, anche se non in tutte le aree geografiche, il settore ha cercato – e spesso trovato – vitali formule produttive adattate al mutamento del contesto socioeconomico [Corinto e Musotti 2014].