Re(l)-azioni
Ricostruire la comunità rurale
Come si può "fare territorio" e costruire nuove reti di relazione nelle aree segnate dal declino demografico, dalla contrazione delle attività economiche tradizionali, dalla convivenza tra industria dal forte impatto ambientale e attività agricola? Queste aree oggi vedono l’arrivo di nuove popolazioni – migranti, proprietari di seconde
case, neo-agricoli e neo-rurali – molto diverse per occupazioni,
progetti di vita, senso del luogo, tanto da comunicare con difficoltà
e stentare a dar vita a dimensioni comunitarie. L’obiettivo di questo
volume è individuare modalità, istituzionali e non, per creare un
network sociale, culturale e produttivo che da un lato conservi la
dimensione demografica ed economica e dall’altro possa continuare
a garantire la cura del paesaggio e della sua specificità culturale
come risorsa, recuperando vecchi e nuovi modi di interazione tra gli esseri umani e il loro contesto ambientale.
Volume pubblicato con il contributo dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale, nell’ambito del Progetto di eccellenza 2018-2022
I CAPITOLI
DOI | 10.1401/9788815410795/p1
Introduzione
Nonostante in Italia quasi il 70% dei comuni abbia meno di 5.000 abitanti, per una superficie pari al 50% del territorio nazionale, la questione delle aree a bassa densità di popolazione e a bassa domanda di servizi (ANCI, 2019) non ha suscitato, per lungo tempo, una grande attenzione nel nostro Paese. La politica, pur se sollecitata per anni da alcune proposte di legge (come quella lanciata da Ermete Realacci) [1] , ha risposto in modo diretto solamente con la Strategia nazionale per le aree interne (SNAI), promossa, nel 2013, dall’Agenzia per la coesione territoriale e da Fabrizio Barca, che allora occupava il ministero con lo stesso nome. Analogamente, le scienze geografiche, sociologiche o urbanistiche non hanno mai rivolto, in Italia, un interesse verso gli spazi rurali analogo a quello catalizzato dai fenomeni urbani. Al contrario, nel contesto anglofono, forse a causa del clima politico esacerbato dai tagli nei servizi e dal continuo contrarsi della spesa pubblica, il tema...
Pagine | 7 - 20
DOI | 10.1401/9788815410795/c1
Capitolo primo
Risignificare la ruralità? Discorsi e progetti turistici del GAL Sicani
Il mondo rurale è un oggetto geografico difficile da definire: una «messy and slippery idea that eludes easy definition and demarcation» [Woods 2011, 1]. Per molto tempo rurale e urbano sono stati pensati per differenza secondo un’immaginazione binaria e oppositiva. Ad esempio, è nota la lettura di Raymond Williams [1973] che analizzava the country and the city come tópoi della letteratura inglese costruiti in relazione ai rapporti di produzione e alle ideologie delle classi egemoni. Tuttavia, in un mondo riconfigurato da flussi e traiettorie di globalizzazione, le rappresentazioni che oppongono città e campagna come dimensioni diverse e alternative non sono più aderenti: piuttosto, ha senso parlare di un continuum di forme insediative ibride in cui saltano dicotomie e distinzioni nette. Non più riconducibile all’idillio bucolico o al mondo stabile e chiuso definito dalla presenza rassicurante del campanile di Marcellinara [De Martino 2012], il rurale oggi ospita usi e tradizioni...
Pagine | 23 - 40
DOI | 10.1401/9788815410795/c2
Capitolo secondo
Territorializzazione e turismo nelle aree extraurbane. Il caso della Valle di Susa
Lungi dall’essere la semplice sede sulla quale avvengono flussi (di persone, merci, capitali, servizi ecc.), il territorio viene oggi studiato quale ambito geografico che risulta specificatamente dalla continua composizione, scomposizione e ricomposizione delle relazioni di rete. Nelle aree extraurbane, in particolare negli ultimi decenni, i flussi legati al turismo si sono posti fra le azioni umane che più hanno territorializzato – o, meglio, riterritorializzato – lo spazio rurale. La presente ricerca considera il patto di sistema «Valle di Susa. Tesori di arte e cultura alpina» che, quale rete di attori e stakeholders locali, si propone di superare la forte dicotomia fra l’alta Valle e la bassa Valle attraverso una promo-commercializzazione turistica unitaria. Dati quantitativi e interviste a testimoni privilegiati confermano che tale iniziativa costituisce una best practice per una territorializzazione responsabile, sostenibile e inclusiva dell’intera Valle. Dinanzi alla...
Pagine | 45 - 59
DOI | 10.1401/9788815410795/c3
Capitolo terzo
«C’era due volte» la narrazione: una lettura rodariana delle comunità progettanti lungo le Alpi
I modelli di sviluppo, socioculturali, produttivi e del lavoro, unitamente ai sistemi di welfare tradizionali hanno vissuto negli ultimi decenni una crisi generalizzata; crisi che ha interessato i Paesi in via di sviluppo così come anche le economie dei Paesi industrializzati, resa più acuta dagli effetti dell’evento pandemico. Sono le zone rurali e le aree ritenute «marginali» – nell’ambito di una logica di sviluppo socioeconomico centralizzante e nel contempo escludente – quelle colpite in maniera maggiore [Storti 2016; Carrosio 2019]. Usato come sinonimo di agricolo, o anche di ritardo, il concetto di «rurale» è stato identificato mediante altri approcci che ne hanno eletto la dimensione interstiziale a fianco di quella microcollettiva o sostenibile [INSOR 1992]. Ne sono derivate definizioni che, nel tempo e nello spazio, alcuni studi e ricerche hanno sconfessato o limitato in quanto non ritenute adatte a descrivere la complessità che i «mondi rurali» portano con sé, legata alla...
Pagine | 61 - 80
DOI | 10.1401/9788815410795/c4
Capitolo quarto
Comunità, senso del luogo ed empatia. Le buone pratiche di Lis Aganis, Ecomuseo delle Dolomiti friulane
L’obiettivo di questo capitolo è riflettere su come gli ecomusei rafforzino il senso del luogo lavorando con le comunità e attivando l’empatia. La capacità degli ecomusei di lavorare sul senso del luogo è da lungo tempo oggetto della letteratura, si pensi al libro di Davis del 1999: Ecomuseums. A Sense of Place, dove l’autore esplorava i modi in cui gli ecomusei rafforzano i legami tra luoghi e comunità. In questo testo ci si propone di fare un piccolo approfondimento che mira a evidenziare quanto l’empatia possa agevolmente rafforzare il senso del luogo delle comunità. Al fine di poter argomentare questa ipotesi e raggiungere l’obiettivo definito, il testo è organizzato come segue. Il paragrafo 2 è dedicato alla metodologia, in particolare alla descrizione della ricerca sul campo al Lis Aganis Ecomuseo delle Dolomiti friulane [1] (Friuli-Venezia Giulia), considerato esempio di buone pratiche per sviluppare il senso del luogo nella comunità locale. Il paragrafo 3 è dedicato a una...
Pagine | 83 - 101
DOI | 10.1401/9788815410795/c5
Capitolo quinto
Coltivare il senso di luogo nella scuola primaria. Un percorso tra ricerca e pratica didattica nell’Abruzzo montano
Le rappresentazioni che investono il territorio al di fuori dei maggiori centri urbani tendono, nel senso comune, a essere polarizzate su poche e semplici immagini, come la montagna, il borgo o la campagna, che rischiano di schiacciare la grande diversità di queste aree dentro stereotipi ai quali conformarsi. Guardate da vicino, anche le aree più marginali sono ricche di modi di abitare complessi e radicati nell’ambiente locale, che gli abitanti stessi rischiano di dimenticare. Un modo diverso di fare scuola può essere una delle strade per riconoscere il valore della diversità di queste realtà, a patto di stimolare lo sguardo critico dei discenti e di coltivare una conoscenza profonda del contesto. Obiettivo del presente contributo è quindi evidenziare il ruolo che la scuola può assumere nella costruzione del legame tra persone e luoghi, promuovendo pratiche educative che coinvolgono l’esperienza diretta di bambine e bambini nella scoperta e rappresentazione del territorio. Nelle...
Pagine | 103 - 124
DOI | 10.1401/9788815410795/c6
Capitolo sesto
L’agricoltura sociale come strumento di sviluppo. Il Monferrato come caso di studio
Nella seconda metà del secolo scorso, con un’accentuata accelerazione negli anni del boom economico, l’attenzione del settore agricolo è stata incentrata sull’aumento di produttività delle coltivazioni e degli allevamenti secondo modelli organizzativi che possono essere definiti di tipo industriale e finalizzati alla produzione di commodities. Nel contempo, in Italia, il settore agricolo ha visto ridotta la propria importanza nel contesto economico e sociale: la percentuale degli occupati nel settore è passata dal 43% degli anni Cinquanta del secolo scorso all’attuale 3%; il contributo del settore al prodotto interno lordo (PIL) è drasticamente sceso dal 28% del 1950 all’attuale 2%; il numero di aziende si è fortemente ridotto passando da oltre 4 milioni dei primi anni Sessanta del Novecento agli attuali 1,3 milioni; infine, la superficie agricola utilizzata (SAU), nello stesso periodo, è calata del 33% comportando un aumento della SAU media aziendale (11,1 ha) comunque inferiore...
Pagine | 127 - 150
DOI | 10.1401/9788815410795/c7
Capitolo settimo
Neo-rurali e neo-contadini in Val Maira
Il presente capitolo si propone di prendere in considerazione le nuove forme di relazione con il territorio rese possibili da scelte di vita innovative che vedono singoli, coppie e famiglie prediligere come luoghi di residenza quei territori rurali – montani nel caso del presente lavoro – inquadrabili come «margini» alla luce delle diverse forme di deprivazione e rarefazione (demografica, socioeconomica, culturale ecc.). Scelte di vita di soggetti che in letteratura vengono riconosciuti con il termine di «neo-rurali» alla luce della scelta di residenza in contesti di campagna e montagna, ma non direttamente in ragione dell’attività lavorativa praticata. Neo-rurali risultano così anche coloro che pur risiedendo in tali contesti territoriali continuano ad avere occupazioni in altri settori produttivi non direttamente legati al rurale (impiegati nel secondario e nei servizi, creativi, artisti ecc.). Coloro che scelgono di intraprendere attività (e instaurare relazioni) direttamente...
Pagine | 153 - 184
DOI | 10.1401/9788815410795/c8
Capitolo ottavo
Conflitti socioambientali, comitati, comunità
Nelle aree interne italiane e, in particolare, nelle aree periferiche e ultraperiferiche è presente la maggior parte del patrimonio ambientale d’Italia, con alta densità di biodiversità ed elevata qualità degli habitat [Carrosio e de Renzis 2021]. Tuttavia, anche nelle aree rurali dotate di grandi potenzialità «paesaggistiche», il paesaggio risulta talora «violentato» da un passato di industrializzazione che oggi lascia «vuoti» imponenti, capannoni coperti di amianto e vecchi stabilimenti abbandonati. Il caso che verrà analizzato in questo capitolo si riferisce a una di queste circostanze: un vecchio impianto produttivo non più in attività collocato nel quadro di un’area attualmente designata come Patrimonio dell’Umanità Unesco, la proposta di rifunzionalizzazione, con il rischio di ulteriori danni al paesaggio e all’ambiente, la mobilitazione di una parte della popolazione, la gestione del conflitto. In questo capitolo, ci focalizziamo su quei casi in cui la creazione di un network...
Pagine | 191 - 211
DOI | 10.1401/9788815410795/c9
Capitolo nono
Fra Facebook e Whatsapp, social network per costruire comunità
Questo lavoro tratta di come i social network sites (o social media) Facebook e WhatsApp contribuiscano alla costruzione di reti sociali [Ellison e Boyd 2013; Wellman 2001] e di come abbiano un radicamento territoriale. L’attenzione è focalizzata sulla regione geografica denominata Versilia, localizzata nella Toscana settentrionale, scelta perché sotto lo stesso toponimo convivono un’area a forte sviluppo turistico, quella costiera, e una interna, caratterizzata da crescente spopolamento per esodo residenziale e abbandono produttivo. Un’indagine sull’uso di strumenti digitali di comunicazione può esaudire le domande su come i social media contribuiscano a produrre forme diverse di territorio tramite la diffusione di narrazioni e auto-rappresentazioni specifiche. Se il territorio è mediatore di relazioni, anche lo specifico habitat digitale costituito dai social media è parte integrante dello spazio nel quale le persone sviluppano conversazioni, dibattiti e confronti su temi materiali...
Pagine | 215 - 234
DOI | 10.1401/9788815410795/c10
Capitolo decimo
Reti digitali, flussi di innovazione e nuove geografie dell’abitare: come (e se) la campagna diventa smart
Per anni sono state le città, milieux innovateurs per antonomasia, a fungere da «contenitori» ideali di processi di infrastrutturazione tecnologica e innovazione digitale ascrivibili al paradigma teorico-operativo della smartness [Kitchin 2014]. La stessa etichetta di Smart City – assurta a marchio mediatico ubiquitario mobilitato nelle politiche e nelle strategie di branding territoriali alle latitudini più disparate – incorpora il concetto di «urbanità» come assunto imprescindibile. Ne consegue che la maggior parte della letteratura scientifica sulla smartness riveli un evidente bias urbano-centrico, focalizzandosi sulle interrelazioni tra processi di organizzazione territoriali e relazioni osmotiche tra utenti/cittadini, spazi urbani, reti digitali informazionali che avvengono nelle e per le città, sia in un’ottica intrisa di tecno-entusiasmo, sia, più recentemente, da una prospettiva critica che ne illumina le contraddizioni e le implicazioni controverse. I territori rurali sono...
Pagine | 239 - 259