La valutazione dell'esperienza duale nell'istruzione e formazione professionale
DOI: 10.1401/9788815371225/c1
In più ci sono anche i soggetti sociali: le norme non le cambi se non c’è la parte datoriale e sindacale. Esse, per come le ho viste io, sono abbastanza diffidenti in quanto credono che il lavoro sia sfruttamento: «prima la scuola e poi il lavoro» (NT1).¶{p. 81}
Ma non ci sono solo le associazioni
di categoria o le organizzazioni dei lavoratori a intervenire nel processo. Un ruolo
chiave lo svolgono soprattutto le micro e piccole imprese, i consulenti del lavoro e i
commercialisti, cui le imprese si rivolgono per la gestione degli aspetti normativi. Più
spesso, siamo di fronte a una scarsa conoscenza della normativa e, di conseguenza, a
porre ostacoli o sconsigliare le imprese da intraprendere la collaborazione con gli
enti.
Istituzione di un organo specifico che sia di supporto ai consulenti di lavoro delle aziende che intendono aderire al progetto (NL1).Creare una conoscenza diffusa che passa attraverso quelli che sono gli interlocutori delle aziende, mi riferisco in particolar modo a studi di consulenti del lavoro e commercialisti (NF1).
Un’altra opzione indicata da alcuni
è più di carattere normativo e riguarda tanto lo sviluppo e il rafforzamento
dell’alternanza scuola-lavoro, in particolare presso la fascia d’età 16-18 anni.
[...] È la fascia più abbandonata a se stessa [...]. Provare a studiare e a mettere in pratica un sistema che li porti in un’alternanza, che non sia apprendistato, ma che vada nella direzione dell’apprendistato (NL3).
Ma anche nei confronti dei
giovani-adulti una parte dei quali non di rado oggi si trovano in una condizione di
marginalità sul mercato.
L’apprendistato, aumentando però anche la fascia di età coinvolta, perché l’apprendistato lo puoi fare fino a una certa età. Io allargherei questa opportunità anche a 30, 32 anni, tanto i disoccupati sono tutti fino a quell’età. Poi anche spostare la fascia di età per dare la possibilità alle aziende di avere incentivi (SS1).
Sullo sfondo, però, resta un tema
cruciale. Esiste una pluralità di esperienze di formazione professionale, ma che non
costituiscono (ancora) un sistema a livello nazionale, manca un’organicità. Ciò dipende
dalle singole storie degli enti, dalla ¶{p. 82}collocazione territoriale
e dalle condizioni socioeconomiche delle realtà in cui sono inseriti, dal funzionamento
delle istituzioni regionali. Insomma, c’è un mix di elementi che, lungo la storia, ha
portato a costruire una realtà educativa a «geometria variabile». Una prima soluzione
potrebbe essere quella di mettere a disposizione di tutti gli enti il patrimonio di
elaborazione progettuale e formativa del duale, in modo tale da costruire una prima
piattaforma condivisa utile per far crescere gli enti in una logica di sistema? Come
abbiamo già potuto rilevare, anche in questo caso esistono già realtà regionali,
segnatamente nel Nord del paese, dove una simile prassi ha già iniziato a fare breccia e
si sono costruite delle occasioni e momenti di condivisione.
La regione ha una piattaforma dove si vanno a inserire e registrare le attività di inserimento delle aziende. C’è questo sistema informativo che tiene traccia di tutti i contratti di lavoro, di tutte le esperienze formative e lavorative dei ragazzi. Potrebbe essere sicuramente utile avere qualcosa a livello nazionale (NP1).Le relazioni ed esperienze tra enti esistono già, ci sono dei tavoli nei quali partecipano non solo i direttori, ma anche i coordinatori, e condividono le buone pratiche a livello regionale all’interno di più tavoli ed escono sempre fuori spunti che possono essere utilizzati dai vari enti e anche fra centri. Condividere su piattaforme uniche queste esperienze potrebbe essere sicuramente molto importante (NV2).
Molti fra gli interpellati
sottolineano come sarebbe auspicabile che fra gli enti si potesse implementare la
comunicazione, lo scambio di esperienze, anche fra le istituzioni regionali e i
funzionari, così da poter diffondere le buone pratiche amministrative.
Potrebbe essere molto interessante favorire uno scambio di esperienze. Tra l’altro penso che questa cosa sia molto importante tra le regioni, proprio a livello istituzionale: far conoscere le esperienze [...] in fase iniziale si potrebbe fare anche favorendo incontri e seminari semplici, in cui ci si raccontano le esperienze (SM1).¶{p. 83}
Al di là degli aspetti strutturali
che rendono gli enti di IeFP una sommatoria di lodevoli esperienze educative e
formative, ma non un sistema, sembrano rinviare ad altre dimensioni radicate nelle
prospettive culturali, sulle quali converrebbe avviare una riflessione approfondita. In
primo luogo, sulla stessa concezione di formazione professionale. Come abbiamo già
sottolineato in precedenza, relativamente ai servizi per il lavoro accessori
all’inserimento lavorativo, anche sull’attuale visione generale della formazione
professionale non sembra esserci un’idea omogenea.
L’Atlante delle competenze sta cercando di normare e sviluppare in maniera omogenea sul piano nazionale quelle che sono le competenze. Parallelamente si può immaginare che alcuni passi sulle modalità di erogazione possano essere interiorizzati da tutti, ma non è facile. Ci sono molte diversità, anche sulla concezione del ruolo della formazione professionale, ci sono situazioni diverse (NF1).Dovrebbe essere la risultanza di un mix di miglioramento procedurale-burocratico e comunicativo, però mi sembra che siamo molto indietro rispetto a questi obiettivi [...]. La trasferibilità dei progetti non è così automatica, perché c’è un sistema eterogeneo. Io non sono favorevole a lasciare la formazione professionale alle regioni, mi sarebbe piaciuto che questa materia fosse accentrata, come quella della scuola al Miur (CT1).La piattaforma può essere interessante, anche se in questo momento di piattaforme siamo pieni fin sui capelli, non ce la facciamo più. Però, mi dispiace dirlo: noi non siamo un sistema. Noi siamo delle azioni sporadiche dettate dalla buona volontà di qualcuno in un momento. Per cui, finché non diventeremo un sistema, non ne vale nemmeno la pena di lavorare su questo [...]. Più che di una piattaforma, parlerei dell’esigenza di una comunità di formatori che fanno questa attività. L’idea della comunità mi piace molto. La piattaforma è un po’ sterile. Poi sensibilizzare la politica, perché la politica non capisce l’importanza di questo (SC1).
È palpabile, nelle testimonianze
sopra riportate, l’autopercezione di parecchi enti della forte articolazione degli enti
di IeFP sul piano nazionale e dell’assenza di una logica ¶{p. 84}di
sistema, implicitamente invocata. Al punto che, per un verso, si auspicherebbe una regia
nazionale. E, dall’altro, la necessità che si creasse non semplicemente un ulteriore
strumento di scambio (piattaforma), quanto piuttosto una vera e propria «comunità di
pratiche» con cui discutere, confrontare e condividere la stessa visione di formazione.
In questo modo, cercando anche di aiutare gli enti a uscire da una logica dell’attività
realizzata nel «giorno-per-giorno», nel riuscire a traguardare l’orizzonte di azione nel
medio periodo così da migliorare la capacità progettuale.
Siamo talmente legati ai singoli problemi che facciamo fatica a dare uno sguardo più in là, complessivo (CM1).
Ma, soprattutto, di abbandonare la
logica dell’esclusività e della gelosia delle proprie attività che porta a non volersi
aprire al confronto con altre esperienze formative.
Qualche struttura ha anche resistenza a condividere, perché ognuno poi pensa di avere tutto un patrimonio che è meglio tenerlo (NL3).Intanto bisogna vedere se c’è una volontà di farlo, perché in questo settore siamo molto egoisti, quindi difficilmente raccontiamo quello che facciamo (SS1).
La questione, quindi, non risiede
solo o tanto negli strumenti utili a costruire una maggiore sistematicità delle pratiche
formative. Che costituiscono la condizione necessaria, ma non sufficiente. Perché,
prim’ancora, è necessaria la consapevolezza della logica sottesa al «fare sistema»,
nella cultura e nella propensione alla condivisione. L’esperienza recente della pandemia
e delle difficoltà sociali ed economiche dovrebbe avere accresciuto la consapevolezza
che «nessuno si salva da solo». E che, in questo senso, mettersi assieme, condividere e
cooperare, in una parola «fare sistema» deve diventare un bene
strategico.¶{p. 85}
7. Nota metodologica
La ricerca, promossa dalla
Fondazione per la Scuola in collaborazione con Forma (Associazione nazionale enti di
formazione professionale), è stata realizzata dalla divisione Research&Analysis di
Community. La progettazione della ricerca e la predisposizione degli strumenti di
rilevazione sono di Daniele Marini, condivisa a più riprese con il gruppo di lavoro
istituito presso la Fondazione per la Scuola e composto da: Ludovico Albert, Barbara
Banchero, Luigi Bobba, Nicola Crepax, Rosalba Fasolo, Diego Fea, Claudia Mandrile, Marco
Muzzarelli, Enrica Pejrolo, Michelangelo Penna, Cristiana Poggio, Marzia Sica, Paola
Vacchina e Vittoria Valvassori.
La necessità di approfondire la
conoscenza dell’esperienza duale in Italia ha portato a scegliere lo strumento
dell’intervista semi-strutturata come mezzo di rilevazione e analisi utile a tale scopo.
La ricerca si è svolta in due tappe. Nella prima sono stati interpellati quattro enti di
formazione che avessero avviato negli anni precedenti la sperimentazione duale, per
realizzare un primo test. Sono state selezionate quattro realtà del Nord del paese fra
Piemonte, Lombardia e Veneto. La seconda fase, dopo una verifica degli esiti della prima
fase di test, ha visto coinvolti 20 responsabili di IeFP quali testimoni privilegiati,
diffusi su tutto il territorio nazionale.
Per effettuare le interviste sono
stati incaricati intervistatori qualificati e appositamente formati. I colloqui sono
stati realizzati tramite video-call (obbligate dalle misure di restrizione sociale
generate dalla pandemia), videoregistrati, successivamente riportati in appositi
protocolli per l’analisi del contenuto. Per la stesura del rapporto finale sono state
analizzate le trascrizioni letterali delle stesse.
Trattandosi di una ricerca
qualitativa e, quindi, a carattere esplorativo, l’analisi del contenuto delle interviste
non permette di realizzare statistiche rappresentative, quanto piuttosto di rilevare e
mettere in evidenza le tematiche emergenti, indicative di realtà e fenomeni interessanti
per l’oggetto di studio.
Le interviste di test sono state
realizzate fra il 4 e il 30
¶{p. 86}aprile 2020, mentre quelle della
ricerca nazionale nel periodo 20 novembre-29 dicembre 2020, e sono state condotte da
Edoardo Cian, Diego Fea, Giulia Marini, Silvia Marini, Elena Zennaro.
Note