La valutazione dell'esperienza duale nell'istruzione e formazione professionale
DOI: 10.1401/9788815371225/c1
Il secondo aspetto, complementare al
precedente, richiama la relazione col territorio, la valorizzazione delle reti di
¶{p. 26}rapporti già instaurati con il sistema produttivo locale e le
famiglie. L’introduzione del duale rafforza l’intensità e la continuità della
reciprocità degli enti di IeFP verso imprese e famiglie (7 casi su 20), raccogliendone
bisogni e istanze.
[...] veniva sempre la richiesta di aumentare il tempo di permanenza dei ragazzi in azienda, ma soprattutto di creare una condizione in cui i ragazzi potessero stare in parte in azienda, in parte a scuola; quindi, sempre di più che ci fosse un rapporto duale tra impresa e azienda, in modo da poter rivedere costantemente le competenze che i ragazzi devono acquisire (SA1).
Sotto questo profilo, la
sperimentazione duale fluidifica le relazioni e le comunicazioni fra IeFP e impresa,
contaminandole vicendevolmente e realizzando un circuito virtuoso fra competenze
professionali da formare e esigenze delle imprese. In questo modo, configurando un
sistema che si rimodella progressivamente in modo plastico.
A questi due motivi prevalenti e che
accomunano la maggior parte degli interpellati vanno aggiunte altre dimensioni che
l’introduzione del duale ha avuto la capacità e ha creato l’opportunità di mettere a
frutto.
La possibilità di ottenere risorse
economiche da dedicare a questa esperienza di alternanza, per un suo sviluppo ulteriore.
Così facendo, si è realizzata una razionalizzazione e implementazione di attività che
già erano in corso, aumentandole.
In alcuni casi, si è generata
l’occasione di realizzare confronti con i modelli più avanzati del duale in ambito
europeo, facendoli diventare ipotesi di riferimento e avvicinando l’esperienza italiana
a quella continentale. Anche attivando esperienze di tirocinio in ambito UE per gli
studenti italiani.
Attraverso progetti Erasmus dedicati agli allievi, ma soprattutto ai docenti, il tutor formativo insieme ad altri insegnanti hanno avuto la possibilità di viaggiare (Paesi Bassi e Germania) e di osservare e valutare i sistemi duali di altri paesi nord-europei. E quindi poter applicare anche in Italia procedure mai applicate prima (ad es. libretto personale di registrazione delle attività formative ovvero una modalità di registrazione delle attività e di valutazione e autovalutazione) (NL2).¶{p. 27}
Infine, ma non per importanza, va
sottolineato come in alcune realtà siano state le istituzioni regionali a giocare un
ruolo decisivo nel sospingere e sostenere gli enti di IeFP ad adottare il duale nei loro
percorsi formativi. E forse non è un caso che ciò sia avvenuto dove le realtà di piccola
impresa e dei distretti industriali siano particolarmente presenti (come in Veneto,
Friuli Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige). Oppure nel Mezzogiorno (Puglia e Sicilia)
dove la spinta a una crescita economica del territorio, per un verso, e l’opportunità di
canalizzare le risorse verso enti che fattivamente realizzano percorsi di formazione
adeguati, dall’altro, hanno rappresentato i motivi principali dell’implementazione del
duale.
La regione ci ha indirizzato avendo [il nostro ente] organizzazione, struttura, tutto quello che serve per poterlo fare. A differenza degli altri enti «pirati» che non hanno nulla, non hanno struttura, e l’organizzazione la creano dopo che hanno ottenuto i finanziamenti [...] È stato più un indirizzo regionale, per cui la scelta è stata sostanzialmente obbligata (SS1).
Ma la decisione di avviare la
sperimentazione duale e le idee da cui è nata all’interno degli enti di IeFP deriva
prevalentemente da una riflessione del corpo docente o da suggestioni e sollecitazioni
da imprese, famiglie o istituzioni? Possiamo raccogliere le risposte dei testimoni
privilegiati attorno a due ambiti preminenti.
Quello prevalente è sicuramente
quello «esterno» (14 casi su 20) che si compone, a sua volta, delle seguenti
declinazioni:
– istanze delle imprese: diventa
essenziale, per una maggiore aderenza della formazione alle richieste del mercato del
lavoro, avvicinarsi al mondo delle imprese. Un avvicinamento fatto di affiancamento, di
partnership non subalterna, ma costruendo congiuntamente i percorsi formativi. In alcuni
casi portando anche gli imprenditori in cattedra. Ciò risponde alla necessità di
consentire, in particolare ai giovani più fragili, una collocazione adeguata all’interno
del mondo del lavoro e, più in generale, alla riuscita personale e sociale delle giovani
generazioni. Il rapporto col territorio, ¶{p. 28}tuttavia, non si ferma
alle relazioni con le imprese. Poiché è sempre necessario avviare progettualità di
sistema, alcuni enti hanno sviluppato relazioni progettuali con assistenti sociali,
educatori, commercialisti, consulenti del lavoro. In alcuni casi, anche con
organizzazioni di categoria. In altri termini, la costruzione di reti di relazione
spazia in un raggio più ampio rispetto all’esclusiva realtà imprenditoriale;
– sollecitazione delle istituzioni:
anche le relazioni con le istituzioni regionali costituiscono un fattore che ha spinto a
intraprendere percorsi innovativi sotto il profilo della formazione, benché ciò
costituisca un patrimonio condiviso soprattutto dalle realtà regionali del Nord Italia;
– rapporto con le famiglie: più o
meno tutti gli enti interpellati citano le famiglie dei/delle giovani studenti/esse come
un soggetto centrale con cui confrontarsi e stabilire un contratto formativo positivo
per gli/le alluni/e, benché evidenziato in modo esplicito da pochi fra gli interpellati.
La seconda dimensione, meno
evidenziata, è quella «interna» (6 casi su 20) ovvero del corpo docente. Non mancano i
casi in cui l’innovazione abbia preso le mosse dagli stessi docenti e formatori degli
enti di IeFP, sollecitati dalle relazioni col sistema produttivo, anzi è in virtù di
queste che si è sviluppato un circuito virtuoso fra enti di formazione e imprese. Grazie
alla riflessione di alcuni gruppi di docenti, si sono individuate strade nuove che
potessero differenziare e caratterizzare gli enti di IeFP, rispetto agli istituti
professionali, individuandone le peculiarità da mettere in luce agli occhi delle giovani
generazioni e delle loro famiglie. Di qui, anche la prospettiva di aprirsi alle
esperienze e ai confronti con altri sistemi europei per trarre indicazioni utili e
innovative.
Ma la sensazione prevalente è che
l’introduzione della sperimentazione abbia incontrato qualche resistenza almeno
iniziale, com’è plausibile che avvenga in tutte le organizzazioni in cui sono introdotti
cambiamenti, anche meno radicali della sperimentazione duale.
[...] da un lato, il corpo docente ha bisogno di interfacciarsi con il mondo delle aziende. È un bisogno che c’è ma che non ¶{p. 29}è sempre sentito (un docente rischia a volte di essere autoreferenziale, questo è il problema che a volte porta al mancato aggiornamento di un docente. Ma il mondo, non solo il mondo del lavoro, sta cambiando: stiamo introducendo l’Industria 4.0, tutto un altro modo di lavorare). Al contempo, le aziende, a volte per avere anche maggior prospettiva sugli investimenti che andranno a fare, hanno bisogno di interfacciarsi con il «materiale umano» che un giorno entrerà in azienda da loro (NE1).I docenti hanno inizialmente subito questa sperimentazione, quindi l’input è stato prevalentemente esterno, da una proposta regionale e dalla possibilità di ottenere finanziamenti (NV1).
Come sottolineato in precedenza, il
duale si innesta in un percorso di sperimentazione già avviato all’interno delle realtà
di formazione interpellate. Tali innovazioni hanno trovato un humus
favorevole e dato una spinta propulsiva all’avvio di nuovi percorsi nella formazione
all’insegna del duale. Rispetto agli ambiti individuati, secondo l’opinione dei
testimoni privilegiati, ad avere avuto il peso maggiore risultano essere soprattutto il
rapporto con le imprese e, in seconda battuta, la spinta e il sostegno proveniente alle
istituzioni regionali. Quindi, in definitiva, la propulsione a realizzare innovazioni ha
avuto origine soprattutto su pressioni provenienti dall’ambiente esterno degli enti di
IeFP, piuttosto che dall’interno. Benché abbia trovato, negli enti, un terreno fertile e
pronto ad accogliere le sollecitazioni.
3. L’esperienza duale: esplorare oltre i «confini» per «ricomporre» i saperi
L’esperienza duale introduce un
elemento dirompente nella tradizione formativa: il superamento della separatezza fra il
momento dell’apprendimento teorico e quello pratico, la ricongiunzione fra la dimensione
intellettuale e quella manuale. A pensarci bene, opera una ricomposizione dei saperi che
è analoga a quella originaria: da bambini l’apprendimento avviene mediante il «fare», il
toccare e giocare con gli oggetti, attraverso pratiche di azione. Conosciamo – e ci
sviluppiamo – facendo. È successivamente, e in particolare ¶{p. 30}nel
nostro sistema formativo, che avviene progressivamente una scissione fra il sapere
pratico e quello teorico.
In altri termini, si può sostenere
che il duale opera una vera e propria immersione (e fusione) della formazione nel lavoro
e viceversa. Al punto che gli stessi termini come «duale» e «alternanza» non rendono
appieno il processo in corso: l’uno termine e l’altro, infatti, prevedono semanticamente
l’unione di due momenti distinti, mentre in questo caso abbiamo un oltrepassare il
confine usuale in un’ottica di integrazione e reciprocità continua.
Un primo confine che viene
rivisitato è quello dei «luoghi» in cui la formazione non si realizza più in «classe» in
modo esclusivo, ma anche l’impresa assume una connotazione «educativo-formativa».
[...] [l’esperienza] parte dall’idea di portare il lavoro all’interno della struttura scolastica attraverso un’attività di alternanza già durante il percorso formativo, in modo che i ragazzi abbiano la possibilità di essere inseriti in una situazione sì protetta ma di totale confronto con l’esterno (DP1).La scuola non è più scuola, ma un luogo di formazione e i rapporti che si instaurano tra allievi e docenti è totalmente stravolto, quando la sperimentazione avviene all’interno della scuola; lo stesso capita quando ci si sposta in azienda, non è più uno stage, ma un vero e proprio lavoro (NT1).La scuola deve necessariamente collaborare in maniera corresponsabile con le aziende, che non diventano più dei luoghi ospitanti gli stagisti come avviene nei percorsi triennali, ma diventano corresponsabili del percorso di formazione dei ragazzi con progettazione degli obiettivi formativi da raggiungere con piena responsabilità formativa (CL1).
Al punto che gli stessi termini
«scuola» e «impresa» dovrebbero essere riformulati perché non identificano più le
medesime funzioni e caratteristiche operative, non spiegano più che cosa si fa
realmente. E questo aspetto, non secondario, si può riflettere anche nel fatto che
quando si propone un «corso di formazione» a un soggetto – giovane o adulto che sia –
con un’esperienza scolastica pregressa negativa,
¶{p. 31}lo porta a
rifuggire un’esperienza formativa tradizionale. Presentare l’esperienza di formazione
con un altro nome o con una locuzione di maggiore appeal ridurrebbe la propensione a
rifuggire occasioni di rientri in percorsi educativi.
Note