L'educazione socio-emotiva
DOI: 10.1401/9788815370327/c3
Le osservazioni hanno inoltre
consegnato un altro elemento interessante: la competenza capacità a
cooperare risulta essere particolarmente utile nelle occasioni di
stress. È infatti in queste situazioni che la cooperazione
diventa palesemente una risorsa. Le situazioni di stress osservate in aula riguardano
principalmente tre ambiti: stress da prestazione, stress da carico emotivo
extrascolastico, stress da conflitto con i pari. Nel primo caso i bambini sperimentano
una situazione ansiogena di fronte a compiti in classe e verifiche, sia perché temono il
giudizio delle insegnanti (espresso non tanto nel voto ma nella valutazione positiva o
negativa dell’insegnante, cui deriva l’apprezzamento o la critica verso il proprio
lavoro e il metodo di studio adottato), sia dei genitori (che pur non essendo
particolarmente esigenti e presenti nella vita scolastica dei figli hanno comunque
aspettative). La cooperazione con i pari, in termini di aiuto reciproco nello studio
(talora anche previsto in aula in modo esplicito con affiancamenti) e confronto nel
metodo riduce lo stress dei bambini e li pone in condizioni ottimali per affrontare
test, interrogazioni e verifiche. Le situazioni di stress da carico emotivo sono
riconducibili al profilo delle famiglie: fratrie affollate e sovraccarico di cura sugli
adulti (le madri in particolare), con processi di delega ai figli maggiori rispetto ai
minori (e nella classe osservata non sono rari i casi in cui
¶{p. 113}i
bambini siano gravati da compiti di cura e responsabilità familiari); ma anche fragilità
economica da cui esitano gravi conseguenze per i nuclei (perdita della casa, intervento
dei Servizi, trasferimento in comunità alloggio) e anche per i bambini che mostrano in
alcuni casi anche segni di regresso sia cognitivo, sia relazionale rispetto all’età e
rispetto alla situazione antecedente all’evento spiazzante della biografia familiare. I
bambini condividono il loro vissuto esperienziale con i pari e con le insegnanti, in
quanto considerano la classe l’unico luogo rassicurante e non soggetto a mutamenti
improvvisi. Infine, le situazioni di stress da conflitto tra pari: esse sono state rare
all’interno della classe, proprio in ragione dell’elevata coesione del gruppo. Ma quando
esse si sono verificate (in un’occasione durante l’attività sportiva tra squadre
contrapposte; in un secondo caso in un’interazione in classe tra compagni, durante un
laboratorio che simulava il confronto tra pari su un tema specifico), la propensione
alla cooperazione ha neutralizzato o fortemente ridotto lo stress individuale.
La cooperazione favorisce anche la
creatività. I bambini della classe presentano una spiccata
fantasia e creatività, indotte dalla limitata disponibilità di beni materiali e oggetti
in dotazione. I giochi sono inventati, creati, costruiti con oggetti qualsiasi, di uso
comune in classe. Anche negli apprendimenti i bambini usano, incoraggiati in questo
dalle insegnanti, piccoli stratagemmi per la memorizzazione, inventano il proprio modo
di imparare, fanno frequentemente ricorso alle associazioni di idee in modo fantasioso,
sanno trasferire nozioni e concetti da un ambito disciplinare all’altro. Prediligono
apprendimenti mediante ragionamento e riflessione critica (altra compound
skill) e sono stati socializzati a questo stile di insegnamento e
conseguentemente di apprendimento. Dunque l’approccio standardizzato cede il passo a un
approccio creativo e fantasioso, di volta in volta diverso e imprevedibile ma comunque
rispondente a un obiettivo educativo. E la creatività dei bambini trova la sua migliore
espressione nelle occasioni di cooperazione tra pari: è in queste situazioni che
emergono le buone idee, con apprezzamento reciproco e rafforzamento dei legami dentro il
gruppo.¶{p. 114}
Infine la
socievolezza: i bambini della classe sono estroversi, sereni,
accoglienti verso gli estranei, curiosi. Intrattengono buone relazioni tra loro e anche
con i bambini di altre classi. È ottimo il rapporto con le insegnanti, i bambini ne
hanno rispetto e provano affetto nei loro riguardi, si sentono compresi, sostenuti e
protetti. Ma rispettano anche il ruolo dell’insegnante, la sua autorevolezza e
competenza. La socievolezza si osserva sia in aula sia fuori dall’aula. In aula i
bambini mostrano di avere una buona capacità di interazione con i compagni, senza
interferenze di carattere, genere, origine etnica. Le insegnanti spostano spesso i
bambini di posto all’interno della classe, alternano disposizioni dei banchi a coppie e
con altre configurazioni spaziali. Gli spostamenti generano iniziale apprensione ma non
si traducono in particolari stress e il tempo di adattamento alla nuova configurazione è
rapido. Per lo più si tratta di rimostranze dovute al bisogno di adattamento che
scaturisce dal cambio di vicino di banco che spesso è l’amico/a del cuore. Con i vicini
di banco o con i compagni con cui si divide un’isola di lavoro i rapporti sono
mediamente sereni e cooperativi. Anche nei momenti di intervallo i bambini evidenziano
una propensione alla socievolezza con gruppi di gioco preferenziali ma senza difficoltà
a mutarne la composizione. Sono anche inclusivi nei confronti dei compagni con maggiore
difficoltà e utilizzano la creatività per favorire la partecipazione di tutti.
Nei confronti degli estranei i
bambini mostrano di possedere buone competenze sociali e relazionali. In particolare
conoscono e rispettano il rituale dell’interazione proprio della loro età e delle
situazioni che sperimentano, si comportano in modo appropriato. In presenza di soggetti
esterni alla classe e alla scuola (gli esperti dei laboratori, i ricercatori, i docenti
supplenti, ecc.) i bambini sanno modulare in modo appropriato la socievolezza, lungo una
scala che spazia dalla confidenza all’estraneità. Prediligono una socialità di gruppo,
ossia il contatto con gli «altri» avviene preferenzialmente attraverso l’intero gruppo
classe o micro-gruppi.¶{p. 115}
6. Le competenze degli insegnanti
Nella classe sottoposta a
osservazione sono presenti due insegnanti, che si suddividono le discipline. Non è
presente l’insegnante di sostegno. È presente una giovanissima insegnante neolaureata
che svolge la funzione di «completamento» rispetto a una delle due insegnanti di ruolo
che svolge anche un incarico di collaborazione accademica. Alcune caratteristiche delle
insegnanti e relative al loro coinvolgimento nella ricerca (attivo per una; subito per
l’altra) sono già state illustrate nelle pagine che precedono. In questo paragrafo
entriamo nel merito delle competenze socio-emotive delle insegnanti.
L’osservazione partecipante in
aula si è articolata, nell’interazione con le insegnanti, in tre fasi successive: un
primo momento di ambientazione, un secondo momento di apertura, un ultimo momento di
normalizzazione. Possiamo riassumere le tre fasi nel modo seguente: la classe per come
dovrebbe essere, la classe per come potrebbe essere, la classe per come è nella realtà.
Nella prima fase infatti
l’ingresso della ricercatrice nel contesto classe ha attivato schemi di azione
protettivi da parte delle insegnanti, non tanto verso i bambini, quanto verso se stesse
e l’immagine sociale che avrebbero potuto consegnare a un osservatore esterno al
contesto classe. In questa fase le insegnanti si sono presentate in modo molto diverso:
una è entrata immediatamente in empatia e ha manifestato collaborazione e sincero
interesse per l’indagine, dalla quale peraltro non si sentiva minacciata nel proprio
ruolo professionale; l’altra invece ha attuato strategie di fuga e meccanismi difensivi,
nonché sistematici diversivi per distogliere l’attenzione della ricercatrice da sé.
Questa reazione ha evidenziato fin da subito una frattura esistente all’interno della
coppia docente anche se la relazione educativa tra insegnanti e alunni sembrava
funzionare comunque bene. Questa fase di avvio può essere classificata come «la
dimensione ideale della classe», che riassume in sé tutti gli aspetti positivi della
classe, tacendo le criticità, camuffando le difficoltà. Da parte dell’insegnante
maggiormente collabo¶{p. 116}rativa non si sono peraltro attivate azioni
di offuscamento della realtà e nemmeno di abbellimento. La sicurezza del proprio ruolo
professionale e il possesso di alcune competenze socio-emotive, come si evidenzierà
oltre, non hanno richiesto una «ridefinizione della situazione». Viceversa, per l’altra
insegnante, l’interazione con la ricercatrice ha assunto da subito un tratto
«artificiale», quasi una recita di un ruolo all’interno di un palcoscenico, a voler
dimostrare e confermare il proprio valore di insegnante.
Nella seconda fase è iniziata la
costruzione della relazione fiduciaria con la ricercatrice: si è lentamente compreso, da
parte di entrambe le docenti, che l’obiettivo della ricerca non era la valutazione delle
insegnanti ma l’osservazione delle interazioni e delle pratiche educative. L’interazione
in aula ha iniziato a lasciar intravedere le caratteristiche reali della classe e della
relazione tra docenti. Una parte della resistenza di una delle docenti non è scomparsa,
ma si è mantenuta in forma attenuata; anche la seconda insegnante accetta l’osservazione
in compresenza ma si sottrae a quella durante le lezioni in cui è unica insegnante di
classe. Possiamo ipotizzare che la relazione fiduciaria con questa insegnante avrebbe
avuto bisogno di un tempo più lungo e di occasioni ripetute di prossimità con la
ricercatrice. I reiterati tentativi di aggancio e di costruzione di una relazione
significativa e non meramente formale hanno prodotto solo in parte il risultato sperato.
Si ritiene comunque che l’obiettivo conoscitivo sia stato ugualmente raggiunto e che
anzi questa frattura nella coppia docente abbia costituito un risultato di ricerca di
interesse.
Nell’ultima fase è emerso in modo
chiaro il tipo di relazione tra docenti e le peculiarità individuali: un comune piano
educativo, realizzato con metodi diversi, ma comunque rivolto all’inclusione, alla
motivazione, allo sviluppo di un metodo di studio tra i bambini; un approccio didattico
condiviso, declinato diversamente per le discipline di competenza ma con forti
interdipendenze tra parti di programma; un sistema di valutazione concordato e
accuratamente modulato sulle caratteristiche dei bambini e quindi molto più complesso e
ricco rispetto alla sola espressione di un voto. Ne consegue
¶{p. 117}che le docenti agiscono in modo cooperativo, si rinforzano a
vicenda nel messaggio educativo, mostrano una coerenza nella gestione della classe e
negli interventi didattici.
Entrando ora nel merito delle
competenze delle insegnanti, coerentemente con quanto evidenziato poc’anzi,
organizzazione e cooperazione costituiscono quelle maggiormente
sviluppate nel team docente. L’organizzazione prende forma sia nelle ore individuali in
aula sia nella compresenza, sia nella scelta dei laboratori e delle altre esperienze
formative. Le due docenti concordano programmi, durante le spiegazioni di una disciplina
rimandano alle altre, costruiscono nel corso dell’anno un «piano didattico» che supera
ampiamente il curriculum. In ragione del profilo degli alunni, di
origine sociale umile e con una percentuale elevata di stranieri nel gruppo classe, le
insegnanti costruiscono una sorta di «piano didattico personalizzato di classe», in cui
convergono le lezioni frontali, le uscite, i laboratori, i lavori di gruppo. I bambini,
a cui le famiglie possono concedere pochi stimoli culturali (per ragioni economiche, di
tempo, culturali a loro volta), necessitano di esperienze anche esterne alla scuola. Le
insegnanti si prodigano per cogliere ogni opportunità del territorio: visite museali,
laboratori in biblioteca e convenzioni per il prestito dei libri, gite. Il requisito
indispensabile affinché tali attività siano incluse nell’offerta formativa è che esse
siano gratuite, onde consentirne la fruizione da parte di tutti gli alunni.
L’organizzazione è anche il tratto
distintivo della vita in aula: le attività didattiche sono calendarizzate e
perfettamente rispettate; vi sono interventi didattici talora differenziati in base a
capacità e competenze raggiunte dai bambini (a tal fine le insegnanti spesso dividono la
classe in due gruppi durante le loro ore di compresenza, per consentire il
consolidamento di alcune parti di programma per alcuni ed evitare l’eccessivo ritardo da
parte di altri attraverso interventi di riallineamento); i bambini vengono educati al
rispetto delle regole, vigenti sia in aula, sia nella scuola, sia fuori dalla scuola (si
alza la mano per parlare, si sta in fila per bagno e mensa, si sta composti nel banco,
si sta ordinati e attenti quando si è per strada, ecc.); il gruppo classe è organizzato
secondo una rigorosa divisione di
¶{p. 118}compiti assegnati su base
mensile, come già indicato nelle pagine precedenti. L’organizzazione all’interno della
classe è ampiamente indipendente dall’organizzazione dell’istituto ed è del tutto ideata
e gestita dalle insegnanti.
Note