Viaggio nelle character skills
DOI: 10.1401/9788815366962/c4
Capitolo quarto
Neuroscienze e non cognitive
skillsdi Mauro Ceroni
Notizie Autori
Mauro Ceroni Si dedica alla Clinica neurologica e dal 1986 al 1990 è negli Usa agli NIH
di Bethesda come neurobiologo sperimentale, contribuendo alla scoperta della
natura dei prioni (mucca pazza). È autore di oltre 150 articoli su riviste
internazionali, primario del Dipartimento di Neurologia Generale dell’Istituto
Neurologico Nazionale Mondino, professore associato di Neurologia
nell’Università di Pavia. È coautore del volume “La coscienza. Contributi per
specialisti e non specialisti tra neuroscienze, filosofia e neurologia”
(2013).
Abstract
Le neuroscienze avanzano la pretesa di essere l’unico modo oggettivo e certo di
indagare le funzioni cerebrali e dunque le capacità umane. È sicuramente vero che
tutte le funzioni superiori dell’uomo si attuano solo attraverso l’attivazione di
circuiti cerebrali. La letteratura offre una sola pubblicazione in cui si è cercato
di applicare la risonanza magnetica funzionale, in particolare l’analisi della
connettività cerebrale nello stato di riposo, allo studio di 2 NCS, in particolare
la grinta e la credenza nella crescita dell’assetto mentale. Le due abilità studiate
mostrano assetti di connettività nello stato di riposo distinti fra di loro e i
valori dei questionari per la determinazione delle due abilità correlano con le
connettività delle due aree scelte, lo striato ventrale e quello dorsale. Siamo
veramente ai primi passi dell’applicazione di metodologie oggettive di analisi
cerebrale alle NCS e dunque ad un livello di ricerca e studio senza possibili
attuali ricadute applicative. Ma è importante sottolineare che nessuna tecnica di
indagine cerebrale potrà mai cogliere esaurientemente il soggetto e ciò che lo
riguarda strettamente come le NCS.
1. Introduzione
Le neuroscienze hanno la pretesa di
applicare le proprie tecniche di indagini a tutti gli aspetti dell’esperienza umana, a
tutte le manifestazioni della personalità umana. Da dove nasce una pretesa così
smisurata?
Esse rappresentano uno sviluppo
delle scienze medico-biologiche. La comprensione della struttura e delle funzioni del
corpo umano si è sviluppata per oltre 2 secoli, a partire dal 1762 quando venne
introdotto il metodo anatomo-clinico, attraverso lo studio delle malattie umane. È
infatti più semplice arrivare a conoscere le funzioni fisiologiche normali del corpo
umano mediante quelle che appaiono degli esperimenti che la natura opera che sono le
malattie. Le lesioni che si producono in una determinata malattia evidenziano per
contrasto con la condizione di normalità la funzione colpita dalla malattia.
Così, ad esempio, la coscienza è
stata studiata per un secolo attraverso le patologie che la alteravano o l’abolivano.
Sono state scoperte le strutture del sistema nervoso centrale che sostengono lo stato di
vigilanza, sono state evidenziate le cause che producono confusione mentale con tutta la
gamma delle sue manifestazioni, si sono precisati i correlati elettrofisiologici del
sonno e anche dei sogni che facciamo, si è scoperto che la coscienza è compromessa solo
da cause organiche e mai da patologie psichiche. Ovviamente tutte queste scoperte hanno
sottolineato e precisato sempre meglio che tutte le funzioni superiori dell’uomo
dipendono strettamente dal cervello: non esiste singolo atto o pensiero o desiderio o
sensazione che non implichi una attivazione di neuroni del nostro cervello. Tecniche di
infissione di elettrodi ¶{p. 90}in animali da esperimento hanno
ampiamente documentato questo per stimoli di ogni genere.
Negli anni Novanta sono state messe
a punto una serie di tecniche non invasive che ci consentono di esplorare anche il
cervello umano quando il soggetto viene sottoposto a stimolazioni qualsivoglia, attua
azioni motorie, contenuti di pensiero, reagisce a condizioni che lo emozionano.
Siamo nel punto in cui
l’introduzione e lo sviluppo di neuroimmagini funzionali sempre più sofisticate, delle
tecniche di magneto-elettroencefalografia ad alta densità, delle tecniche radio
nucleari, dei potenziali evocati evento relati, dell’interfacciamento cervello/computer
permetterà finalmente la comprensione completa della coscienza. Almeno così sembra a
molti.
Così si esprime Dan Lloyd
nell’articolo dal significativo titolo Functional MRI and the Study of Human
Consciousness (fMRI e lo studio della coscienza umana): «Per secoli lo
studio della coscienza è stato, nel migliore dei casi, indiretto, speculativo e metaforico»
[1]
.
Gli sviluppi funzionali delle
indagini morfologiche tramite risonanza magnetica rappresentano attualmente le indagini
di maggiore dettaglio e più dimostrative nell’esplorazione funzionale del sistema
nervoso centrale, perché i risultati vengono mostrati come immagini del cervello dove
vengono indicate con colori le aree che si attivano per un determinato compito e anche i
laici possono apprezzare i risultati.
Eppure, queste immagini sono
ricostruzioni numeriche dopo molti calcoli, semplificazioni, correzioni; sono a tutti
gli effetti immagini virtuali.
2. Gli apporti della risonanza magnetica funzionale allo studio delle funzioni umane superiori
La risonanza magnetica funzionale
offre una modalità di indagine di quanto accade nel cervello umano durante un
¶{p. 91}compito percettivo, motorio, ideativo, immaginativo e così via,
come quelli che continuamente compiamo nella nostra vita quotidiana, quelli di cui è
fatta la nostra esperienza banale quotidiana.
2.1. Che cos’è la risonanza magnetica funzionale?
La risonanza magnetica
funzionale, o fMRI (Functional Magnetic Resonance Imaging), è
una tecnica di imaging biomedico che consiste nell’uso
dell’imaging a risonanza magnetica per valutare la
funzionalità di un organo o un apparato, in maniera
complementare all’imaging morfologico. Questa tecnica è in
grado di visualizzare la risposta emodinamica (cambiamenti nel contenuto di ossigeno
del parenchima e dei capillari) correlata all’attività neuronale del cervello.
L’emoglobina è diamagnetica
(indifferente a un campo magnetico) quando ossigenata, ma paramagnetica (attratta da
un campo magnetico, analogamente al ferro) quando non ossigenata. Questi differenti
segnali possono essere rilevati usando un’appropriata sequenza di impulsi RMN, ad
esempio il segnale differenziale Blood Oxygenation Level
Dependent (BOLD) (segnale dipendente dal livello di ossigenazione del
sangue). Una minore intensità del BOLD deriva da un aumento della concentrazione di
emoglobina non ossigenata e viceversa. Mediante analisi con scanner per
imaging a risonanza magnetica, è possibile stimare le
variazioni del BOLD, che possono risultare di segno positivo o negativo in funzione
delle variazioni relative dell’estrazione di ossigeno nella regione cerebrale
studiata.
È noto che, dato l’elevato
metabolismo del tessuto nervoso cerebrale, esistono meccanismi fini e potenti di
regolazione dell’apporto ematico loco-regionale: l’attivazione cerebrale regionale
non determina solo maggior estrazione di O2 dal sangue, ma induce netto incremento
del flusso ematico regionale. Pertanto, questa tecnica è in grado di misurare in
qualche modo le variazioni regionali del flusso sanguigno, che sono a loro volta
espressione del grado di attivazione neuronale di
quell’area.¶{p. 92}
La misura del segnale BOLD
viene ottenuta in un determinato volume di tessuto cerebrale le cui dimensioni
determinano la capacità risolutiva della metodica. Tale volume viene chiamato
voxel, dipende dalla forza del campo magnetico e dallo
spessore delle fette esaminate ed è compreso tra 0,5 e 4-5
mm3. I voxel più grossi
comprendono milioni di neuroni.
La corretta relazione tra
segnali neurali, metabolismo cerebrale e flusso sanguigno regionale rilevato dal
BOLD è ancora oggetto di ricerca ed è importante ricordare che i parametri misurati
con tecnica fMRI sono solo indirettamente e in modo complesso correlati con
l’attivazione neuronale regionale. Inoltre, il volume di tessuto cerebrale che viene
studiato contiene milioni di neuroni o loro assoni, che vengono indagati come
un’unità funzionale, mentre la complessità circuitale di quel volume tissutale è
enorme.
L’fMRI è stata oggetto di molte
critiche sia teoriche sia circa le modalità di applicazione e di interpretazione dei
risultati. Occorre pertanto ricordare con chiarezza che ciò che si va a misurare
sono variazioni di flusso ematico regionale e di estrazione dell’ossigeno da parte
del tessuto solo indirettamente correlate all’attività neuronale, molto più
variegata e complessa; che ciò che si rileva in modo alquanto indiretto è e resta un
correlato elettrofisiologico e metabolico della particolare attività umana in esame
in quel particolare soggetto, in quel determinato momento e in quel particolare
setting sperimentale o comunque situazionale. Arguire come
fanno molti che quanto rileviamo è la causa efficiente dell’attività umana in studio
è pura speculazione determinata da un’idea preconcetta circa il soggetto umano.
2.2. fMRI e connettività funzionale nello stato di riposo
Gli studi con fMRI sono stati
dedicati soprattutto, specie nella fase iniziale, a delineare quali aree cerebrali
corticali e sottocorticali si attivassero quando il soggetto in esame compiva e
ripeteva una determinata azione, formulava un certo contenuto di pensiero, riceveva
un determinato ¶{p. 93}stimolo attraverso uno o più canali
sensoriali. Si sono così potute confermare le localizzazioni di funzioni cerebrali
che la neurologia aveva determinato con lo studio delle varie patologie e lesioni
cerebrali ed estendere l’applicazione a una miriade di azioni/pensieri/percezioni.
Nella maggior parte dei casi le aree coinvolte sono numerose e variegate e con
discreta variabilità interindividuale.
Si sono poi delineate le
condizioni cerebrali come appaiono all’esame fMRI quando il soggetto è in una
condizione di riposo, di minima stimolazione. Tale condizione è ben nota dagli studi
con elettroencefalografia (EEG) ed è diventata una delle condizioni più importante
in cui viene esaminato un tracciato elettroencefalografico richiesto per motivi
clinici: si studia, infatti, la frequenza dei ritmi cerebrali sulle regioni
posteriori in tale condizione di minimo stimolo con occhi chiusi e successivamente
si esamina la reazione di arresto del ritmo posteriore all’apertura degli occhi.
Analogamente agli studi con EEG
si è pertanto potuto delineare la cosiddetta connettività cerebrale funzionale nello
stato di riposo, come rilevata dalla fMRI. Diverse tecniche sono usate per studiare
i parametri che caratterizzano la connettività funzionale nello stato di riposo, ma
non abbiamo qui lo spazio per analizzarle. Rimandiamo per un’analisi di esse
all’articolo Resting-state Brain Networks: Literature Review and Clinical
Applications di C. Rosazza e L. Minati
[2]
.
Riprendiamo, dopo questa
carrellata un poco tecnica, ma necessaria per comprendere i risultati di questi
studi, la domanda iniziale posta nell’introduzione: «Le neuroscienze hanno la
pretesa di applicare le proprie tecniche di indagini a tutti gli aspetti
dell’esperienza umana, a tutte le manifestazioni della personalità umana. Da dove
nasce una pretesa così smisurata?». La fMRI si pone come una tecnica che è in grado
di offrire misure di parametri oggettivi correlati con le funzioni cerebrali, cioè
si pone come una misura oggettiva, idealmente che prescinde dalla soggettività. Fino
¶{p. 94}ad ora ci si era comunque affidati a resoconti dei soggetti,
come tali non oggettivi e quindi non affidabili. Per la prima volta, sembrano
sostenere le neuroscienze, abbiamo una conoscenza oggettiva delle funzioni
cerebrali.