Viaggio nelle character skills
DOI: 10.1401/9788815366962/c10
• Per la parte di Pratica,
che, di fatto, inizia già nella seconda parte dei seminari, i docenti hanno a
disposizione un supporto dello staff di ricerca per preparare e realizzare la
sperimentazione in classe di ciò che è stato presentato nella fase di Input. Dopo i
seminari, dunque, i docenti
¶{p. 268}possono richiedere uno o più
incontri per condividere ciò che è emerso dai dati del questionario studente, e
dalla loro applicazione delle rubriche di valutazione formativa alla classe, e
soprattutto, secondo questi dati, per progettare e pianificare l’applicazione delle
pratiche didattiche in classe. Dopo due o tre incontri di supporto i docenti
iniziano a sperimentare in classe, e possono contare, se lo ritengono opportuno,
anche su strumenti ulteriori di supporto, come l’osservazione in classe dello staff
di ricerca o di altri colleghi, per preparare la terza fase del modello, cioè la
Riflessione.
• Per la parte di Riflessione,
che dovrebbe servire per potenziare il transfer delle competenze professionali dei
docenti dai seminari alle classi, i processi proposti sono due: l’osservazione in
classe con successivo feedback (opzione quasi mai scelta dai partecipanti durante il
progetto); il feedback successivo alla sperimentazione in classe, durante ulteriori
incontri di progettazione assistita (opzione prevalente). In questa seconda opzione
il feedback si basa sui resoconti dei docenti, sul materiale didattico prodotto, e
sugli eventuali esiti (prove di valutazione, osservazione strutturata in classe del
docente, ecc.). Lo staff di ricerca a supporto degli insegnanti agisce in questo
caso in modalità di coaching cognitivo
[19]
con i docenti, nelle classiche tre fasi sovrapponibili con le fasi di
Input, di Pratica e di Riflessione. Attraverso una serie di tecniche di ascolto, di
questioning, e di motivazione, i docenti vengono portati
verso un livello di maggiore consapevolezza e autonomia nella gestione della
didattica delle competenze non cognitive, soprattutto in quei casi in cui non solo
il tema, ma neanche le pratiche didattiche ad esso collegate, erano presenti
nell’esperienza professionale dei docenti.
Il ciclo di
Input-Practice-Reflection viene ripetuto almeno tre volte,
per quanti sono i seminari proposti in un anno di progetto.
Lo sviluppo delle competenze
non cognitive degli studenti è rappresentato dal secondo processo principale
proposto ¶{p. 269}all’interno del progetto, cioè le strategie di apprendimento
[20]
. Come abbiamo già anticipato nel paragrafo precedente, le strategie e le
attività si situano su due livelli diversi per quanto riguarda l’applicazione delle
pratiche di sviluppo delle competenze non cognitive in classe: le strategie hanno la
funzione di inquadramento generale e di attivazione, sono come la struttura nascosta
e il processo fondamentale che guida da un punto di vista didattico l’attività
effettivamente svolta con gli studenti; le attività si basano sulle strategie e
rappresentano ciò che accade in classe, dal punto di vista dell’organizzazione degli
ambienti di apprendimento, della sequenza delle azioni proposte, dei tempi previsti,
delle modalità di gestione della classe, di valutazione, ecc.
Le strategie dunque, si basano
su un robusto retroterra teorico sulle modalità di apprendimento degli studenti.
All’interno del progetto trentino, tali modalità di apprendimento si ispirano al
lavoro di Bransford, Brown e Cocking
[21]
sul come le persone, e quindi gli studenti, apprendono nel corso della
loro esperienza scolastica e di vita: e cioè l’importanza delle conoscenze e delle
credenze pregresse, la qualità delle conoscenze in loro possesso, l’importanza della
meta-cognizione e del feedback, l’importanza della socializzazione
dell’apprendimento e dell’approccio cooperativo. Da questo punto di vista le
strategie di apprendimento guidano l’attività del docente nella realizzazione delle
attività, perché consentono loro di essere flessibili, consapevoli di ciò che fanno
in classe, dinamici nel collegare più contenuti disciplinari.
Le strategie sono state
identificate (si veda anche in questo caso il paragrafo precedente), in congruenza
con le competenze non cognitive che intendono sviluppare. Ad esempio le strategie
presenti nella guida operativa su carattere e personalità «Autovalutazione e
feedback formativi» e «Valutazione tra pari e routine di correzione», sono
¶{p. 270}state sviluppate pensando proprio alla congruenza tra le
caratteristiche di un comportamento coscienzioso «competente», e i processi
attivabili per arrivare a stabilizzare tale comportamento, considerando gli elementi
generali del processo di apprendimento degli studenti: il feedback si basa su
performance precedenti (ad es. una prova di lettura e comprensione del testo), sulla
qualità di tali performance (ad es. sul ridotto numero di errori in tale prova),
sulla consapevolezza degli strumenti cognitivi e non cognitivi utilizzati per
affrontare la prova (ad es. le strategie di lettura degli studenti per ridurre le
distrazioni e aumentare la concentrazione, oppure le strategie motivazionali
adottate per ridurre l’ansia da prestazione e realizzare la prova entro i tempi
stabiliti dal docente), e sulla condivisione con i propri compagni (ad es. spiegando
agli altri i propri errori commessi, oppure dando suggerimenti ai compagni su come
migliorare nella qualità del lavoro svolto). Soprattutto nel caso del capitale
psicologico e in parte della motivazione (si veda tab. 2), le strategie fungono da
veri e propri attivatori di processo, dando alle attività proposte un senso maggiore
e una migliore riconoscibilità per gli studenti (è il tema dell’intenzionalità e
delle attività esplicite introdotto all’inizio del capitolo). Ad esempio la
strategia proposta per il capitale psicologico «Semplici gesti quotidiani e scambi
comunicativi» è inquadrabile in maniera più efficace all’interno dello sviluppo di
una mentalità generale, di vita quotidiana, dello studente, che può venire
realizzata nella realtà della classe attraverso attività anche semplici, come quelle
proposte (ad es. la lettera di gratitudine, o i saluti positivi, che centrano
nell’espressione verbale e scritta, cioè lasciare in un’urna all’ingresso della
classe, e discutere successivamente con il docente, messaggi connotati da positività
nei confronti dell’esperienza di vita in classe e fuori dalla classe).
Le strategie di apprendimento,
dunque, si realizzano attraverso le attività didattiche. Ciò che caratterizza le
attività è la combinazione tra contenuti disciplinari e consegne date agli studenti
(cioè le singole operazioni da svolgere per la realizzazione di uno o più compiti),
l’articolazione in fasi con l’eventuale definizione dei tempi, la loro adattabilità
a ¶{p. 271}tutte le discipline coinvolte nel percorso di studi dello
studente. In sintesi un insieme di attività basate su strategie di apprendimento
possono creare un vero e proprio curricolo, che può intercettare l’esperienza di un
anno scolastico, oppure, in maniera verticale, lo sviluppo all’interno di interi
cicli di istruzione. Un aspetto enfatizzato all’interno delle linee guida proposte
ai docenti è la necessità di nominare le attività per renderle non solo esplicite e
evidenti (quindi quasi dei contenuti disciplinari), ma anche comprensibili e
relativamente importanti per gli studenti. Ad esempio l’attività sviluppata per la
coscienziosità «Errori per imparare» rimanda immediatamente ai due processi
fondamentali su cui si basa lo sviluppo di maggiore coscienziosità negli studenti:
imparare meglio e in maniera più efficace, ma soprattutto imparare dagli errori che,
inevitabilmente, commettiamo nella nostra quotidianità.
2.3. L’applicazione del modello nel secondo e terzo anno di progetto: una sintesi delle attività
Il kit scuola e i processi
collegati, come abbiamo visto, sono stati pensati per poter dare un effetto
aggiuntivo, maggiormente organizzato e esplicito, alle attività già svolte in
maniera ordinaria dalle scuole per lo sviluppo delle competenze non cognitive dei
propri studenti. L’applicazione di tale «modello» nel secondo e terzo anno di
progetto è stata progressiva, e in parte si è adattata considerando le contingenze
anche istituzionali che hanno supportato il progetto stesso. Il primo anno di
progetto, che si è concentrato sulla prima raccolta dati a livello studente e
sull’analisi delle pratiche e dei progetti delle scuole, ha coinvolto 26 Istituti
comprensivi nella Provincia di Trento. Il secondo anno, che ha visto l’introduzione
e la sperimentazione del modello di sviluppo (kit più processi) ha visto il
coinvolgimento di 16 Istituti comprensivi, per circa 150 docenti in prevalenza di
scuola secondaria di primo grado. Di questi 16, in 6 è stato possibile realizzare
l’applicazione del modello, con l’opportunità però di avere a disposizione, per la
raccol¶{p. 272}ta dati, un gruppo di classi in cui è stato
effettivamente applicato, e un altro gruppo di classi in cui non c’è stata questa
applicazione. Bisogna far presente che l’attribuzione alle due tipologie («trattati»
vs. «non trattati») non è l’esito di una randomizzazione,
ma di un’autoselezione da parte delle scuole. Nel terzo anno di progetto, che
purtroppo è stato letteralmente investito dall’emergenza legata al Covid-19 in
Trentino, come nel resto d’Italia, è stato possibile realizzare unicamente un ciclo
di Input-Practice-Reflection con circa 50 docenti provenienti
da 12 scuole, ma non è stato possibile realizzare completamente la sperimentazione
in classe. Al di là delle questioni strettamente esogene sulla realizzazione del
progetto (ad es. il lockdown da Covid-19), è importante
sottolineare come un progetto complesso come quello trentino necessiti di un forte
allineamento in tutti i livelli istituzionali: e dunque il supporto nella parte
politico-amministrativa (assessorato), nell’infrastruttura tecnica (Dipartimento
Istruzione), nelle scuole, e all’interno delle singole scuole nei dipartimenti e/o
nei consigli di classe. Senza tale allineamento, un tema come quello delle
competenze non cognitive rischia di essere relegato nelle nicchie delle
sperimentazioni, e di non diventare, dunque, azione di sistema.
Al termine del primo anno, per
facilitare il coinvolgimento delle scuole, il progetto ha proposto quattro livelli
diversi di partecipazione e coinvolgimento:
• coinvolgimento basso:
potenziamento di progetti e attività esistenti nella scuola;
• coinvolgimento medio-basso:
implementazione di idee e progetti di altre scuole;
• coinvolgimento medio-alto:
approfondimento tematico sui temi di progetto (le competenze non cognitive);
• coinvolgimento alto:
sperimentazione di pratiche didattiche quotidiane.
Come si può vedere la
sperimentazione del modello «kit scuola + processi» è di fatto la modalità di
coinvolgimento più elevata, che è stata selezionata, come già anticipato, da 6
scuole, mentre 6 hanno scelto l’approfondimento tematico e 2 il potenziamento di
progetti e attività esistenti.
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Note
[19] R. Garmston, C. Linder e J. Whitaker, Reflections on Cognitive Coaching, in «Educational Leadership», 51, 2, 1993, pp. 57-61.
[20] M. Gentile, La formazione in servizio, un modello a due livelli, cit., pp. 233-252.
[21] J.D. Bransford, A.L. Brown e R.R. Cocking (a cura di), How People Learn: Brain, Mind, Experience, and School, Washington, DC, National Academy Press, 1999.