Viaggio nelle character skills
DOI: 10.1401/9788815366962/c3
In ordine di crescente autonomia,
troviamo: introiezione, identificazione e integrazione
[36]
. Nell’introiezione, l’autostima contingente regola la motivazione ad agire
[37]
, quindi, un’azione può essere eseguita perché il suo
risultato è rilevante per {p. 81}il proprio sentimento di autostima, ma il
locus percepito di causalità è, come nella regolazione esterna,
ancora esterno, dal momento che il comportamento non è vissuto come completamente
autoindotto. Quindi, nell’identificazione, un individuo si è identificato, come
suggerisce il nome, con l’importanza di un comportamento e, quindi, lo ha accettato come
suo proprio fino a un certo grado, portando quindi ad un maggiore sentimento di
autonomia. Infine, non meno importante, l’integrazione significa creare una coerenza tra
sé stessi, i propri valori e i bisogni esistenti. Di conseguenza, più una persona
interiorizza le cause di un comportamento, più i comportamenti precedentemente
estrinsecamente motivati, diventano autodeterminati. Un comportamento intrinsecamente
motivato viene eseguito esclusivamente per il godimento e la soddisfazione di sé stessi
senza tener conto delle potenziali conseguenze che ne derivano
[38]
. Quindi, la motivazione intrinseca è autodeterminata e il suo
locus di causalità percepito è interno
[39]
. Per fare un esempio in ambito scolastico, se da studente voglio impegnarmi
in compiti per apprendere l’uso della punteggiatura, sicuramente se ricevo molte
(troppe) indicazioni dall’esterno e feedback su come procede il
mio apprendimento senza un processo di
¶{p. 82}identificazione e integrazione, allora le mie
prospettive di miglioramento saranno completamente ancorate a ciò che fanno e dicono i
miei insegnanti. Se invece vengo stimolato a sperimentare nuove soluzioni (o meglio,
ancora non conosciute da me), che si rivelano di successo e mi gratificano, allora sarò
portato a motivarmi in maniera autonoma, senza necessariamente avere un riconoscimento
dall’esterno.
Dimensione
generale |
Descrizione |
Regolazione
esterna |
La persona studia perché è
obbligata a farlo, o per ricevere un premio o un riconoscimento (un
«bel voto») |
Regolazione
introiettata |
La persona studia perché ha paura
di deludere i propri genitori |
Regolazione
identificata |
La persona studia perché pensa che
sia importante per il proprio futuro |
Motivazione
intrinseca |
La persona studia per il piacere
di farlo |
5. Capitale psicologico come risorsa psicosociale per potenziare gli effetti della personalità sulla motivazione per fronteggiare situazioni di emergenza
5.1. L’effetto «fionda» del capitale psicologico tra personalità e motivazione quotidiana degli studenti
Luthans e Youssef-Morgan
[40]
hanno identificato all’interno del cosiddetto trait-state
continuum la collocazione delle tre tipologie di competenze non
cognitive descritte in questo capitolo. I tratti di personalità, in quanto tali,
sono sicuramente più vicini alla stabilità, la motivazione è riconducibile alla
tipica situazione di stato temporaneo, mentre il capitale psicologico trova una
collocazione intermedia tra le due. Tale collocazione «intermedia» ci fa pensare al
ruolo strategico, per gli studenti, che il capitale psicologico come competenza non
cognitiva può avere nel modulare gli effetti delle caratteristiche di personalità da
una parte, e nell’influenzare direttamente gli assetti motivazionali dall’altra.
Focalizzando l’attenzione sul
capitale psicologico, una serie di ricerche, soprattutto in ambito organizzativo,
hanno cercato di identificare gli antecedenti di tale competenza non cognitiva. Ad
esempio, Avey
[41]
ha identificato le caratteristiche individuali (come i tratti di
personalità) tra i predittori principali del capitale
psicologico, insieme alle caratteristiche ¶{p. 83}del contesto in cui i soggetti operano
(un’organizzazione di lavoro per gli adulti, oppure una classe per gli studenti) e
alle caratteristiche del compito svolto (l’attività lavorativa per gli adulti, le
attività di apprendimento per gli studenti). Tra le caratteristiche del contesto
risulta decisamente importante il clima percepito dai soggetti
[42]
, quindi il livello di supporto che può arrivare dai pari (ad es. i
compagni di classe per gli studenti), oppure da ruoli diversi (ad es. i docenti,
oppure i dirigenti scolastici). Il clima in classe e a scuola può dunque creare le
condizioni necessarie, insieme ai tratti di personalità, per il suo sviluppo
fungendo da risorsa che permette agli studenti, ad esempio, di riprendersi
rapidamente di fronte a imprevisti o a battute d’arresto e dando loro maggiori
probabilità di generare diversi percorsi per raggiungere gli obiettivi di
apprendimento.
Nel corso degli anni il capitale
psicologico è stato studiato in relazione a diversi esiti, per cercare di
comprendere quali possano essere le sue ricadute sui soggetti. Si tratta anche in
questo caso di studi di ambito organizzativo, che è necessario ancora, non essendoci
una letteratura consistente sull’applicazione di questo costrutto in contesti
educativi, adattare alla realtà degli studenti. I possibili esiti del capitale
psicologico sono riconducibili a: atteggiamenti positivi, comportamenti positivi,
benessere e migliori performance di apprendimento. Per quanto riguarda gli
atteggiamenti positivi, si sono riscontrati frequentemente degli effetti positivi
nei livelli di engagement (coinvolgimento) nelle attività
svolte, ad esempio lavorative
[43]
, che evidenziano l’assetto motivazionale positivo e autonomo del singolo
soggetto in termini di vigore (forza e energia investite per un compito), dedizione
(costanza e perseveranza per portare a termine il compito) e
coinvolgimento mentale nel lavoro. Per un/a ¶{p. 84}discente questo significa che la propria
motivazione quotidiana allo studio e all’apprendimento non dipende solo, ad esempio,
dai suoi livelli di coscienziosità o di apertura mentale, ma anche dalla modulazione
che una o più delle quattro componenti del capitale psicologico (ottimismo, oppure
autoefficacia percepita) possono dare ai tratti di personalità, per influenzare (e
si spera potenziare) la motivazione da investire in attività scolastiche, per
raggiungere alti livelli di performance (voti più alti, competenze più evolute,
successo formativo, ecc.).
Si potrebbe parlare, dunque, di
una sorta di «effetto fionda»
[44]
del capitale psicologico tra personalità e motivazione che, nello
sviluppo delle competenze non cognitive nell’età scolare dovrebbe essere preso in
considerazione, non solo per comprendere meglio la dinamica di sviluppo di tali
competenze, ma anche per organizzare al meglio le attività educative e di
apprendimento.
5.2. Competenze non cognitive nella gestione delle emergenze sociali: il caso del Covid-19
L’attuale emergenza non solo
sanitaria, ma anche sociale e educativa è legata alla diffusione del Covid-19 e agli
impatti sul sistema scolastico nazionale. Con il lockdown
iniziato a marzo 2020, le scuole hanno interrotto la propria attività in presenza
per delegare completamente alla didattica a distanza il raggiungimento degli
obiettivi di apprendimento. Gli impatti di tale chiusura e rimodulazione didattica
non sono ancora chiari, ma le ipotesi di impatto negativo sugli apprendimenti e
sullo sviluppo delle competenze vengono avanzate da molti, soprattutto nel contesto
statunitense, che è in grado di basarsi su una tradizione di studi sugli effetti di
lockdown applicati in passato ad esempio per catastrofi
naturali (terremoti, eventi climatici estremi come i
cicloni, ¶{p. 85}ecc.). Tali studi delineano uno scenario di learning
loss che può arrivare ad annullare l’effetto che tradizionalmente ha
un intero anno scolastico
[45]
. In questo processo negativo di learning loss, non
solo le competenze cognitive vengono coinvolte (lettura e comprensione di un testo,
abilità matematiche ad esempio), ma anche quelle non cognitive e socioemotive
[46]
. Il concetto di resilienza è tornato ad essere attuale, considerando gli
individui (studenti, famiglie, docenti), ma anche i contesti nei quali gli individui
agiscono.
Pensiamo alle situazioni
peggiori: status socioeconomico basso, carriere scolastiche altalenanti, livello di
competenze non cognitive basso. Come potranno questi studenti fronteggiare le sfide
epocali di questi mesi di lockdown? Come potremo evitare a
livello di sistema che questi studenti non si «perdano» in questi mesi, e non
riescano più in futuro ad avere una aderenza e attiva partecipazione alle attività
scolastiche? Come potremo evitare che una potenziale emersione di rischio di
drop out non si realizzi, a livello iniziale, proprio in
questi momenti? Ci sono almeno quattro punti principali, basati sulle evidenze in
letteratura, che dovrebbero essere presi in considerazione per comprendere meglio le
competenze non cognitive e il ruolo che possono avere nel successo formativo degli studenti
[47]
.
1) Non si può pensare alle
competenze non cognitive, in maniera isolata: ormai sappiamo che esistono dei
cluster di competenze che si potenziano a vicenda, ad
esempio la resilienza all’interno del capitale psicologico, il capitale psicologico
all’interno delle competenze non cognitive con tratti di personalità e motivazione,
se seguiamo il modello presentato in questo capitolo. Lo studente che riesce ad
affrontare gli impatti negativi del lockdown e della
didattica a distanza non ha solo una forte motivazione allo
studio, ¶{p. 86}ma ha anche, molto probabilmente, una base di personalità solida, frutto
anche delle esperienze educative in classe, e un capitale psicologico che è stato
stimolato anche e soprattutto da queste esperienze con i propri compagni e docenti.
Quindi, anche e soprattutto in questi periodi di emergenza, la soluzione ideale, da
un punto di vista educativo, è avere un approccio globale alle competenze non
cognitive.
2) Le competenze non cognitive
possono essere considerate contemporaneamente sia delle risorse individuali (e
dunque «performative», che servono per raggiungere degli obiettivi, per i nostri
studenti, a scuola e nelle attività di apprendimento), con evidenti correlati
neuropsicologici, sia anche sociali e relazionali (la classe per lo studente, o il
gruppo di pari al di fuori della scuola), e istituzionali (la scuola, le reti di
scuole, tutti gli altri soggetti che possono contribuire al loro sviluppo nei
singoli studenti, e che rendono, di fatto, resiliente un intero territorio). Le
competenze non cognitive non si sviluppano dunque nel vuoto sociale, ma sono
fortemente influenzate e ancorate ai contesti, soprattutto considerando i livelli di
clima psicologico che tali contesti riescono ad esprimere. Durante il
lockdown i contesti vengono messi a rischio, e necessitano
di un ulteriore investimento in termini di «presenza sociale» da parte di docenti e
studenti. È per questo che una dinamica come il clima di classe dovrebbe essere
considerata anche e soprattutto nelle situazioni in cui la classe, nelle sue
componenti fisiche e comportamentali, viene messa in discussione, come nell’attuale
scenario di riapertura delle scuole dovuto al Covid-19.
3) Le competenze non cognitive,
in quanto tali, sono educabili e potenziabili soprattutto durante l’esperienza
scolastica dei ragazzi. Oggi noi sappiamo che rendendole esplicite all’interno del
percorso di apprendimento degli studenti, le probabilità che tali dimensioni si
sviluppino nella direzione auspicata da parte dello studente e del proprio docente
aumentano in maniera esponenziale. Se non si definisce in maniera esplicita per gli
studenti cosa sono le competenze non cognitive e a cosa
servono nelle attività
¶{p. 87}in classe e nella vita quotidiana, gli studenti non sapranno
mai di essere, ad esempio, coscienziosi, aperti mentalmente, gradevoli, resilienti,
ottimisti, ecc., e soprattutto non esprimeranno pienamente il proprio potenziale
resiliente nell’affrontare le situazioni di emergenza, come l’attuale emergenza
Covid-19 nel sistema scolastico.
Note
[36] Ibidem; E. Deci e R.M. Ryan, The «What» and «Why» of Goal Pursuits: Human Needs and the Self-Determination of Behavior, cit., pp. 227-268.
[37] E. Deci e R.M. Ryan, The «What» and «Why» of Goal Pursuits: Human Needs and the Self-Determination of Behavior, cit., pp. 227-268.
[38] M. Gagné e E.L. Deci, Self-Determination Theory and Work Motivation, cit., pp. 331-362.
[39] E. Deci e R.M. Ryan, The «What» and «Why» of Goal Pursuits: Human Needs and the Self-Determination of Behavior, cit., pp. 227-268.
[40] F. Luthans e C.M. Youssef-Morgan, Psychological Capital: An Evidence-Based Positive Approach, cit., pp. 339-366.
[41] J.B. Avey, The Left Side of Psychological Capital: New Evidence on the Antecedents of PsyCap, in «Journal of Leadership & Organizational Studies», 23, 2, 2014, pp. 141-149.
[42] F. Luthans, J.B. Avey e J.L. Patera, Experimental Analysis of a Web-Based Training Intervention to Develop Positive Psychological Capital, cit., pp. 209-221.
[43] G. Alessandri, C. Consiglio, F. Luthans e L. Borgogni, Testing a Dynamic Model of the Impact of Psychological Capital on Work Engagement and Job Performance, in «Career Development International», 23, 1, 2018, pp. 33-47.
[44] F. Pisanu, Apprendere la resilienza. Il contributo della scuola e della comunità educante nello sviluppo della resilienza dei giovani, in «Giovani e Comunità locali», 3, 1, 2020, pp. 44-56.
[45] S. Burgess e H.H. Sievertsen, Schools, Skills, and Learning: The Impact of COVID-19 on Education, Vox CEPR Policy Portal, 2020.
[46] C. Gewertz, Dos and Don’ts when Choosing Social-Emotional Learning Curricula, in «Education Week», published online, May 2020.
[47] F. Pisanu, Apprendere la resilienza. Il contributo della scuola e della comunità educante nello sviluppo della resilienza dei giovani, cit, pp. 44-56.