Tutela e valorizzazione del paesaggio nella transizione
DOI: 10.1401/9788815413352/c15
Rita Boccardo I paesaggi agrari. Sfide di integrazione nelle politiche
Notizie Autori
Rita Boccardo è architetto, dopo anni di libera professione, dal 2002 lavora presso la
Regione del Veneto, occupandosi di valutazione di impatto ambientale fino al
2009; si trasferisce poi alla Direzione Agroambiente per dedicarsi al governo
del territorio agricolo (edilizia, urbanistica, paesaggio, architettura rurale
tradizionale, ecc.), rivestendo a partire dal 2019 l’incarico di EQ
"Edificabilità nelle aree rurali". Dal 2013 è componente dell’Osservatorio
nazionale dei paesaggi rurali storici, delle pratiche agricole e conoscenze
tradizionali, istituito presso il MASAF.
Abstract
La pianificazione paesaggistica regionale, ancora in corso di definizione,
trova fondamento in un concetto di paesaggio idealmente rappresentabile come un
insieme, quello del cosiddetto "Paesaggio con la p maiuscola", di cui troviamo
riferimento nella Convenzione europea del paesaggio (CEP) del 2000 e nella parte III
del Codice dei beni culturali e del paesaggio. Nella Regione del Veneto, le prime
proposte che vanno nella direzione di riconoscere al paesaggio agrario il suo valore
storico si rintracciano già nel PTRC del 1992 (agrocenturiato), poi in quello
adottato nel 2009 fino al piano approvato nel 2020 (paesaggi agrari storici,
paesaggi terrazzati). Troviamo evidenza dei valori del patrimonio culturale
dell’agricoltura, ad esempio, in particolari siti del patrimonio UNESCO nazionale,
assai noti presso l’opinione pubblica e divenuti già importanti mete culturali del
turismo sia nazionale che internazionale. È innegabile che l’architettura rurale
risulti una componente sostanziale del paesaggio nel quale si inserisce ed è
altrettanto innegabile che la Regione del Veneto possieda un consistente e diffuso
patrimonio di architettura rurale che riveste un importante valore tipologico e
storico-testimoniale. Il paesaggio rurale della contemporaneità, che presenta
connotazioni ovviamente diverse da quello storico preso finora in considerazione,
risulta pur sempre espressione dei valori della società e della cultura del nostro
tempo. Nell’ambito del PSR 2014-2020 furono previsti (anche se mai attuati) piani
colturali, con durata quinquennale, proprio con finalità paesaggistiche.
Il contributo che segue muove
sostanzialmente dalle esperienze maturate nell’ambito della UO Agroambiente nell’ultimo
decennio, esperienze volte principalmente ad integrare il tema del paesaggio agrario in due
importanti aree di competenza della Regione del Veneto: anzitutto, quella dell’agricoltura,
della politica agricola comune e della programmazione di sviluppo rurale; poi, in stretta
collaborazione con le strutture regionali competenti in materia, quella del governo del
territorio, ed in particolare della pianificazione territoriale, paesaggistica e
urbanistica, focalizzata al territorio agricolo.
Gli argomenti trattati in seguito
emergono, infatti, da un costante impegno degli uffici regionali di mantenere attiva
l’attenzione sul paesaggio agrario nell’ambito della definizione dei vari strumenti di
programmazione o di pianificazione, dei provvedimenti normativi, dei lavori degli
osservatori tematici e dei tavoli tecnici.
La sfida intrapresa è quella di far
attribuire autonomia concettuale al paesaggio agrario, di vederne riconosciuto l’interesse
storico-tradizionale, nonché il valore storico-testimoniale delle sue singole componenti ed
elementi costitutivi, di riuscire a valorizzarne il ruolo in seno ad ambiti regionali di
particolare pregio culturale.
1. Il paesaggio agrario
La pianificazione paesaggistica
regionale, ancora in corso di definizione, trova fondamento in un concetto di paesaggio
idealmente rappresentabile come un insieme, quello del cosiddetto «Paesaggio con la p
maiuscola», di cui troviamo riferimento nella Convenzione europea del
pae¶{p. 278}saggio (CEP) del 2000 e nella parte III del Codice
dei beni culturali e del paesaggio (art. 131 del d.lgs. 42/2004 e
s.m.i.). In questo insieme ideale, è possibile individuare almeno due sottoinsiemi non
necessariamente disgiunti tra loro: quello dei «beni paesaggistici», ovvero aree
giuridicamente definite e perimetrate (art. 134, del Codice) e quello dei «paesaggi con
la p minuscola», cioè quei luoghi percepiti esistenti e vissuti dalla popolazione.
Osservando le ricognizioni
cartografiche degli ambiti paesaggistici, nel documento per la valenza paesaggistica del
piano territoriale regionale di coordinamento del Veneto (PTRC 2020), è possibile
cogliere come, tra i «paesaggi con la p minuscola», i paesaggi agrari assumano un ruolo
da protagonista nel territorio regionale; giocoforza per la loro complessiva estensione
(la superficie agricola utilizzata ammonta a circa il 70% della superficie territoriale
regionale), ma anche perché presentano, pur così antropici e produttivi, un carattere
fortemente identitario.
Se si vuole cedere alla tentazione di
definirli, non si può che prendere a prestito la nota definizione di Emilio Sereni, che
nel 1961 descrisse il paesaggio agrario come «quella forma che l’uomo, nel corso ed ai
fini delle sue attività produttive agricole, coscientemente e sistematicamente imprime
al paesaggio naturale».
Proviamo allora a pensare
all’agricoltore, sia come produttore che come custode del paesaggio, che nel trasformare
le risorse naturali dell’ambiente in beni economici ha, nel contempo, prodotto un
articolato sistema di valori. In questo sistema valoriale, oggi più che un tempo, è
possibile osservare la coesistenza di valori di diversa natura: i valori economici e
sociali convivono non solo con i valori ambientali ed ecologici, ma anche con i valori
estetici, storici e culturali.
Ma torniamo all’agricoltore che, in
quanto «uomo», è «animale paesaggista», ovvero riesce a conferire senso, a dare un
significato altro a ciò che vede. Attraverso un’elaborata esperienza cognitiva riesce,
quindi, a trasformare le forme fisiche dell’ambiente in immagini correlate a quel
sistema di valori appena considerato.¶{p. 279}
Questo approccio percettivista al
paesaggio prevale, ad esempio, quando quest’ultimo diviene oggetto dell’arte (specie
nella pittura o nella letteratura), ma è anche parte integrante della definizione stessa
di paesaggio proposta dalla CEP, quando specifica che questo «designa una determinata
parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni».
Ricordiamo poi che la medesima
Convenzione, all’art. 5, chiede di integrare il paesaggio anche nelle politiche di
settore, quindi anche in quelle agricole.
Va senza dubbio riconosciuto che il
Programma di sviluppo rurale (PSR) del Veneto, soprattutto nelle ultime edizioni, ha
sostenuto, tramite le misure agro-climatico-ambientali, la messa a dimora e il
mantenimento di infrastrutture verdi (siepi, filari, fasce tampone, boschetti), nonché
la conservazione del sistema dei prati e pascoli, favorendo così la biodiversità, il
paesaggio e l’identità dei luoghi. Tuttavia, nei PSR, secondo una concezione d’impronta
anglosassone, il paesaggio agrario viene considerato in base ad un approccio perlopiù
geografico, come somma degli elementi naturaliformi presenti in agricoltura, e non
invece come insieme di habitat o di luoghi, rispettivamente densi di relazioni
funzionali e di valori.
L’approccio ecologico al paesaggio
generato dalle attività agricole pone invece l’attenzione sul mosaico degli usi agricoli
del suolo, degli habitat agricoli e seminaturali, quindi sull’agroecosistema.
Nell’agroecosistema, il paesaggio
può comunque presentare caratteri di storicità, in quanto possono essere presenti
(ancora in buone condizioni o in forma di relitti) componenti ed elementi con
dimostrabile permanenza storica, con valore identitario dei luoghi, con valore
testimoniale di saperi, di pratiche e tradizioni del passato.
Ad esempio, nell’ambito della
predisposizione del piano pilota dell’ambito paesaggistico relativo all’«Arco Costiero e
Delta del Po» (DGR 699 del 14 maggio 2019), sono stati individuati, a fini conoscitivi,
le principali componenti ed elementi per caratterizzare l’interesse storico,
testimoniale o tradizionale del paesaggio rurale. ¶{p. 280}
Tra le componenti vanno almeno
considerati: i sistemi d’insediamento (graticolato romano, centuriazione, bonifiche
antiche e recenti, ecc.), l’orditura viabilistica (strade vicinali, interpoderali,
capezzagne, ecc.), la rete idraulica maggiore e minore (fossi, scoline) e relativi
manufatti (idrovore, chiaviche, porte vinciane, ecc.), gli insediamenti rurali (borghi,
corti, colmelli, contrade, ecc.), le architetture rurali (ville e barchesse, casoni,
corti, boarie, case coloniche, tabià, baite, malghe, casere, ecc.) con i relativi
manufatti complementari e accessori (aie, muri di recinzione e cancelli, fontane, pozzi,
abbeveratoi, torri colombaie, barchi, pergole, forni, capitelli religiosi, ecc.).
Tra gli elementi si possono invece
annoverare: le trame di appoderamento (campi chiusi, campi aperti, colture promiscue,
ecc.), le sistemazioni idraulico agrarie tipiche della pianura (cavini, sistemazioni a
gombine, larga alla ferrarese, mazzuolatura, ecc.), della collina (girapoggio,
cavalcapoggio, rittochino, terrazzamenti, ecc.) e di montagna (lunettamenti, ecc.), gli
ordinamenti colturali tradizionali (seminativo arborato vitato, vigneti, uliveti, orti,
risaie con comprovata permanenza storica, ecc.), nonché gli elementi puntuali residui
(filari di vite maritata con tutori vivi, filari di gelsi, fossi con capitozze alte e
basse, siepi e alberi confinari, filari alberati lungo strade poderali e confini di
proprietà, alberi sacri, ecc.).
2. Paesaggi rurali storici
Nella Regione del Veneto, le prime
proposte che vanno nella direzione di riconoscere al paesaggio agrario il suo valore
storico si rintracciano già nel PTRC del 1992 (agrocenturiato), poi in quello adottato
nel 2009 fino al piano approvato nel 2020 (paesaggi agrari storici, paesaggi
terrazzati).
Ad ogni buon conto, nel 2010, è
sorta a livello nazionale un’importante iniziativa dedicata alla ricognizione dei
paesaggi rurali storici ancora rinvenibili nelle varie regioni italiane, ovvero la
pubblicazione dell’Atlante nazionale ¶{p. 281}dei paesaggi rurali
storici curato Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali (MiPAAF), nel
quale sono stati individuati a titolo meramente ricognitivo, per la Regione del Veneto,
7 paesaggi agricoli di pregio: Tenuta agricola Ca’ Tron, Feudo dei Conti di Collato,
Bosco da remi del Cansiglio, Colline tra Tarzo e Valdobbiadene, Palù del Quartiere del
Piave, Altopiano del Tretto, Vigneti di Fonzaso.
Va rilevato che comunque il PTRC
2009, oltre a questi 7, ne aveva individuati ulteriori 3: Prati del Borso del Grappa,
Prati del Comelico, Altopiano di Livinallongo.
Nel 2012, nasce presso il MiPAAF
l’Osservatorio nazionale del paesaggio rurale, delle pratiche agricole e conoscenze
tradizionali (art. 1 del DM 17070/2012). Tale osservatorio persegue principalmente lo
scopo di catalogare i paesaggi rurali tradizionali e di interesse storico, per
promuoverne una conservazione attiva, in quanto «porzioni di territorio rurale che pur
continuando il loro percorso evolutivo conservano evidenti testimonianze della loro
origine e della loro storia, mantenendo un ruolo nella società e nell’economia» (art. 2,
lett. a del DM).
Al 2022, i paesaggi rurali
riconosciuti storici, formalmente iscritti al Registro nazionale dei paesaggi rurali
storici (art. 4 del DM 17070/2012), ammontano a 27, assieme a tre pratiche agricole
tradizionali, e vengono interessate almeno 12 regioni d’Italia.
Per quanto riguarda il Veneto,
risultano ad oggi iscritti 4 paesaggi rurali con interesse d’interesse
storico-tradizionale: tre vitivinicoli ed uno agro-silvo-pastorale, più una pratica
agricola tradizionale con indubbio valore paesaggistico.
Più in dettaglio, nel 2016, le prime
iscrizioni in assoluto al Registro nazionale hanno riguardato proprio due paesaggi
vitivinicoli veneti, già famosi per i vini tipici e di qualità che producono, ma anche
per la promozione dei territori che li supportano: uno è il paesaggio delle
Colline di Conegliano e Valdobbiadene: paesaggio del Prosecco
superiore e l’altro è il paesaggio delle Colline vitate del
Soave.
Queste due iscrizioni, tuttavia,
sono state solo la base iniziale dopo la quale i consorzi di tutela dei vini che le
¶{p. 282}hanno promosse hanno ottenuto ulteriori designazioni, forse più
note presso l’opinione pubblica.