Matelda Reho, Filippo Magni (a cura di)
Tutela e valorizzazione del paesaggio nella transizione
DOI: 10.1401/9788815413352/c15

Rita Boccardo I paesaggi agrari. Sfide di integrazione nelle politiche

Notizie Autori
Rita Boccardo è architetto, dopo anni di libera professione, dal 2002 lavora presso la Regione del Veneto, occupandosi di valutazione di impatto ambientale fino al 2009; si trasferisce poi alla Direzione Agroambiente per dedicarsi al governo del territorio agricolo (edilizia, urbanistica, paesaggio, architettura rurale tradizionale, ecc.), rivestendo a partire dal 2019 l’incarico di EQ "Edificabilità nelle aree rurali". Dal 2013 è componente dell’Osservatorio nazionale dei paesaggi rurali storici, delle pratiche agricole e conoscenze tradizionali, istituito presso il MASAF.
Abstract
La pianificazione paesaggistica regionale, ancora in corso di definizione, trova fondamento in un concetto di paesaggio idealmente rappresentabile come un insieme, quello del cosiddetto "Paesaggio con la p maiuscola", di cui troviamo riferimento nella Convenzione europea del paesaggio (CEP) del 2000 e nella parte III del Codice dei beni culturali e del paesaggio. Nella Regione del Veneto, le prime proposte che vanno nella direzione di riconoscere al paesaggio agrario il suo valore storico si rintracciano già nel PTRC del 1992 (agrocenturiato), poi in quello adottato nel 2009 fino al piano approvato nel 2020 (paesaggi agrari storici, paesaggi terrazzati). Troviamo evidenza dei valori del patrimonio culturale dell’agricoltura, ad esempio, in particolari siti del patrimonio UNESCO nazionale, assai noti presso l’opinione pubblica e divenuti già importanti mete culturali del turismo sia nazionale che internazionale. È innegabile che l’architettura rurale risulti una componente sostanziale del paesaggio nel quale si inserisce ed è altrettanto innegabile che la Regione del Veneto possieda un consistente e diffuso patrimonio di architettura rurale che riveste un importante valore tipologico e storico-testimoniale. Il paesaggio rurale della contemporaneità, che presenta connotazioni ovviamente diverse da quello storico preso finora in considerazione, risulta pur sempre espressione dei valori della società e della cultura del nostro tempo. Nell’ambito del PSR 2014-2020 furono previsti (anche se mai attuati) piani colturali, con durata quinquennale, proprio con finalità paesaggistiche.
Il contributo che segue muove sostanzialmente dalle esperienze maturate nell’ambito della UO Agroambiente nell’ultimo decennio, esperienze volte principalmente ad integrare il tema del paesaggio agrario in due importanti aree di competenza della Regione del Veneto: anzitutto, quella dell’agricoltura, della politica agricola comune e della programmazione di sviluppo rurale; poi, in stretta collaborazione con le strutture regionali competenti in materia, quella del governo del territorio, ed in particolare della pianificazione territoriale, paesaggistica e urbanistica, focalizzata al territorio agricolo.
Gli argomenti trattati in seguito emergono, infatti, da un costante impegno degli uffici regionali di mantenere attiva l’attenzione sul paesaggio agrario nell’ambito della definizione dei vari strumenti di programmazione o di pianificazione, dei provvedimenti normativi, dei lavori degli osservatori tematici e dei tavoli tecnici.
La sfida intrapresa è quella di far attribuire autonomia concettuale al paesaggio agrario, di vederne riconosciuto l’interesse storico-tradizionale, nonché il valore storico-testimoniale delle sue singole componenti ed elementi costitutivi, di riuscire a valorizzarne il ruolo in seno ad ambiti regionali di particolare pregio culturale.

1. Il paesaggio agrario

La pianificazione paesaggistica regionale, ancora in corso di definizione, trova fondamento in un concetto di paesaggio idealmente rappresentabile come un insieme, quello del cosiddetto «Paesaggio con la p maiuscola», di cui troviamo riferimento nella Convenzione europea del pae{p. 278}saggio (CEP) del 2000 e nella parte III del Codice dei beni culturali e del paesaggio (art. 131 del d.lgs. 42/2004 e s.m.i.). In questo insieme ideale, è possibile individuare almeno due sottoinsiemi non necessariamente disgiunti tra loro: quello dei «beni paesaggistici», ovvero aree giuridicamente definite e perimetrate (art. 134, del Codice) e quello dei «paesaggi con la p minuscola», cioè quei luoghi percepiti esistenti e vissuti dalla popolazione.
Osservando le ricognizioni cartografiche degli ambiti paesaggistici, nel documento per la valenza paesaggistica del piano territoriale regionale di coordinamento del Veneto (PTRC 2020), è possibile cogliere come, tra i «paesaggi con la p minuscola», i paesaggi agrari assumano un ruolo da protagonista nel territorio regionale; giocoforza per la loro complessiva estensione (la superficie agricola utilizzata ammonta a circa il 70% della superficie territoriale regionale), ma anche perché presentano, pur così antropici e produttivi, un carattere fortemente identitario.
Se si vuole cedere alla tentazione di definirli, non si può che prendere a prestito la nota definizione di Emilio Sereni, che nel 1961 descrisse il paesaggio agrario come «quella forma che l’uomo, nel corso ed ai fini delle sue attività produttive agricole, coscientemente e sistematicamente imprime al paesaggio naturale».
Proviamo allora a pensare all’agricoltore, sia come produttore che come custode del paesaggio, che nel trasformare le risorse naturali dell’ambiente in beni economici ha, nel contempo, prodotto un articolato sistema di valori. In questo sistema valoriale, oggi più che un tempo, è possibile osservare la coesistenza di valori di diversa natura: i valori economici e sociali convivono non solo con i valori ambientali ed ecologici, ma anche con i valori estetici, storici e culturali.
Ma torniamo all’agricoltore che, in quanto «uomo», è «animale paesaggista», ovvero riesce a conferire senso, a dare un significato altro a ciò che vede. Attraverso un’elaborata esperienza cognitiva riesce, quindi, a trasformare le forme fisiche dell’ambiente in immagini correlate a quel sistema di valori appena considerato.{p. 279}
Questo approccio percettivista al paesaggio prevale, ad esempio, quando quest’ultimo diviene oggetto dell’arte (specie nella pittura o nella letteratura), ma è anche parte integrante della definizione stessa di paesaggio proposta dalla CEP, quando specifica che questo «designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni».
Ricordiamo poi che la medesima Convenzione, all’art. 5, chiede di integrare il paesaggio anche nelle politiche di settore, quindi anche in quelle agricole.
Va senza dubbio riconosciuto che il Programma di sviluppo rurale (PSR) del Veneto, soprattutto nelle ultime edizioni, ha sostenuto, tramite le misure agro-climatico-ambientali, la messa a dimora e il mantenimento di infrastrutture verdi (siepi, filari, fasce tampone, boschetti), nonché la conservazione del sistema dei prati e pascoli, favorendo così la biodiversità, il paesaggio e l’identità dei luoghi. Tuttavia, nei PSR, secondo una concezione d’impronta anglosassone, il paesaggio agrario viene considerato in base ad un approccio perlopiù geografico, come somma degli elementi naturaliformi presenti in agricoltura, e non invece come insieme di habitat o di luoghi, rispettivamente densi di relazioni funzionali e di valori.
L’approccio ecologico al paesaggio generato dalle attività agricole pone invece l’attenzione sul mosaico degli usi agricoli del suolo, degli habitat agricoli e seminaturali, quindi sull’agroecosistema.
Nell’agroecosistema, il paesaggio può comunque presentare caratteri di storicità, in quanto possono essere presenti (ancora in buone condizioni o in forma di relitti) componenti ed elementi con dimostrabile permanenza storica, con valore identitario dei luoghi, con valore testimoniale di saperi, di pratiche e tradizioni del passato.
Ad esempio, nell’ambito della predisposizione del piano pilota dell’ambito paesaggistico relativo all’«Arco Costiero e Delta del Po» (DGR 699 del 14 maggio 2019), sono stati individuati, a fini conoscitivi, le principali componenti ed elementi per caratterizzare l’interesse storico, testimoniale o tradizionale del paesaggio rurale. {p. 280}
Tra le componenti vanno almeno considerati: i sistemi d’insediamento (graticolato romano, centuriazione, bonifiche antiche e recenti, ecc.), l’orditura viabilistica (strade vicinali, interpoderali, capezzagne, ecc.), la rete idraulica maggiore e minore (fossi, scoline) e relativi manufatti (idrovore, chiaviche, porte vinciane, ecc.), gli insediamenti rurali (borghi, corti, colmelli, contrade, ecc.), le architetture rurali (ville e barchesse, casoni, corti, boarie, case coloniche, tabià, baite, malghe, casere, ecc.) con i relativi manufatti complementari e accessori (aie, muri di recinzione e cancelli, fontane, pozzi, abbeveratoi, torri colombaie, barchi, pergole, forni, capitelli religiosi, ecc.).
Tra gli elementi si possono invece annoverare: le trame di appoderamento (campi chiusi, campi aperti, colture promiscue, ecc.), le sistemazioni idraulico agrarie tipiche della pianura (cavini, sistemazioni a gombine, larga alla ferrarese, mazzuolatura, ecc.), della collina (girapoggio, cavalcapoggio, rittochino, terrazzamenti, ecc.) e di montagna (lunettamenti, ecc.), gli ordinamenti colturali tradizionali (seminativo arborato vitato, vigneti, uliveti, orti, risaie con comprovata permanenza storica, ecc.), nonché gli elementi puntuali residui (filari di vite maritata con tutori vivi, filari di gelsi, fossi con capitozze alte e basse, siepi e alberi confinari, filari alberati lungo strade poderali e confini di proprietà, alberi sacri, ecc.).

2. Paesaggi rurali storici

Nella Regione del Veneto, le prime proposte che vanno nella direzione di riconoscere al paesaggio agrario il suo valore storico si rintracciano già nel PTRC del 1992 (agrocenturiato), poi in quello adottato nel 2009 fino al piano approvato nel 2020 (paesaggi agrari storici, paesaggi terrazzati).
Ad ogni buon conto, nel 2010, è sorta a livello nazionale un’importante iniziativa dedicata alla ricognizione dei paesaggi rurali storici ancora rinvenibili nelle varie regioni italiane, ovvero la pubblicazione dell’Atlante nazionale {p. 281}dei paesaggi rurali storici curato Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali (MiPAAF), nel quale sono stati individuati a titolo meramente ricognitivo, per la Regione del Veneto, 7 paesaggi agricoli di pregio: Tenuta agricola Ca’ Tron, Feudo dei Conti di Collato, Bosco da remi del Cansiglio, Colline tra Tarzo e Valdobbiadene, Palù del Quartiere del Piave, Altopiano del Tretto, Vigneti di Fonzaso.
Va rilevato che comunque il PTRC 2009, oltre a questi 7, ne aveva individuati ulteriori 3: Prati del Borso del Grappa, Prati del Comelico, Altopiano di Livinallongo.
Nel 2012, nasce presso il MiPAAF l’Osservatorio nazionale del paesaggio rurale, delle pratiche agricole e conoscenze tradizionali (art. 1 del DM 17070/2012). Tale osservatorio persegue principalmente lo scopo di catalogare i paesaggi rurali tradizionali e di interesse storico, per promuoverne una conservazione attiva, in quanto «porzioni di territorio rurale che pur continuando il loro percorso evolutivo conservano evidenti testimonianze della loro origine e della loro storia, mantenendo un ruolo nella società e nell’economia» (art. 2, lett. a del DM).
Al 2022, i paesaggi rurali riconosciuti storici, formalmente iscritti al Registro nazionale dei paesaggi rurali storici (art. 4 del DM 17070/2012), ammontano a 27, assieme a tre pratiche agricole tradizionali, e vengono interessate almeno 12 regioni d’Italia.
Per quanto riguarda il Veneto, risultano ad oggi iscritti 4 paesaggi rurali con interesse d’interesse storico-tradizionale: tre vitivinicoli ed uno agro-silvo-pastorale, più una pratica agricola tradizionale con indubbio valore paesaggistico.
Più in dettaglio, nel 2016, le prime iscrizioni in assoluto al Registro nazionale hanno riguardato proprio due paesaggi vitivinicoli veneti, già famosi per i vini tipici e di qualità che producono, ma anche per la promozione dei territori che li supportano: uno è il paesaggio delle Colline di Conegliano e Valdobbiadene: paesaggio del Prosecco superiore e l’altro è il paesaggio delle Colline vitate del Soave.
Queste due iscrizioni, tuttavia, sono state solo la base iniziale dopo la quale i consorzi di tutela dei vini che le
{p. 282}hanno promosse hanno ottenuto ulteriori designazioni, forse più note presso l’opinione pubblica.