Tutela e valorizzazione del paesaggio nella transizione
DOI: 10.1401/9788815413352/c15
Queste due iscrizioni, tuttavia,
sono state solo la base iniziale dopo la quale i consorzi di tutela dei vini che le
¶{p. 282}hanno promosse hanno ottenuto ulteriori designazioni, forse più
note presso l’opinione pubblica.
Nel 2019, dopo 10 anni di iter, è
arrivata infatti l’iscrizione delle Colline del Prosecco alla Lista del patrimonio
dell’umanità dell’UNESCO come paesaggio culturale. Nel 2018, i Vigneti collinari del
Soave sono stati invece iscritti anche alla Lista del patrimonio dell’umanità
dell’agricoltura secondo il programma GIAHS della FAO, che tratteremo più avanti, quindi
non specificatamente come paesaggio ma come sistema agricolo tradizionale.
Nel 2021 è arrivata poi l’iscrizione
anche del paesaggio vitivinicolo dei Versanti terrazzati della
Valpolicella (fig. 1); a quanto pare, nel Veneto come in tutta Italia, i
siti collinari, morfologicamente meno vulnerabili alle trasformazioni territoriali e
urbanistiche, sembrano aver conservato maggiormente i caratteri storici del paesaggio
agrario.
Nondimeno, in tema di viticoltura,
va segnalato che, già nel 2014, era avvenuto un importante singolare riconoscimento: il
Vigneto del Borgo di Baver vicino a Treviso – raro esempio di vigneti tradizionali
condotti con la tecnica dell’antica piantata trevigiana, con viti «maritate» a gelsi ed
aceri campestri – è stato decretato dalla Sovrintendenza come bene culturale ai sensi
del Codice Urbani, anche per salvarlo dalle pressioni urbanistiche in atto.
Sulla scia di questo riconoscimento,
nel 2018, la Piantata veneta è stata iscritta al Registro nazionale
del MiPAAF come «pratica agricola tradizionale», ovvero come un antico ordinamento
colturale promiscuo in cui gli appezzamenti coltivati sono delimitati da filari di viti
maritate a tutori vivi. In passato erano presenti vari tipi di specie arboree (l’olmo,
l’acero, il salice, alberi da frutto, ecc.), ma, a seguito della diffusione della
bachicoltura, nel caso veneto, si è successivamente affermata la presenza del gelso le
cui foglie venivano appunto impiegate per alimentare i bachi. Non a caso, la piantata ha
assunto la massima diffusione nell’alta pianura a ridosso della fascia pedemontana, dove
storicamente iniziarono a diffondersi le filande che potevano sfruttare la forza motrice
generata dai vari corsi d’acqua che scendevano dai colli e dalle
Prealpi.¶{p. 283}
Non da ultimo, va ricordato anche
l’altro paesaggio che, nel 2020, è stato iscritto al Registro nazionale, quello degli
Alti pascoli della Lessinia (fig. 2); un paesaggio
agro-silvo-pastorale forse più marginale, ma senza dubbio caratterizzato da un forte
valore naturalistico, evocativo e identitario.
3. Siti UNESCO
Si deve ora considerare il ruolo del
paesaggio rurale nell’ambito di ambiti territoriali di singolare valore culturale,
¶{p. 284}quali i siti iscritti alla Lista del patrimonio dell’UNESCO;
emerge con chiarezza quale dimensione e significatività caratterizzino il patrimonio
culturale dell’agricoltura, quale insieme complesso rappresenti, contraddistinto da
componenti sia materiali che immateriali.
Il patrimonio culturale
dell’agricoltura spazia, infatti, dall’insediamento di borghi, corti e colmelli di
antica origine agli spazi, edifici e manufatti tipici dell’architettura rurale con
valore storico-testimoniale; include paesaggi rurali di interesse storico con le loro
sistemazioni idraulico-agrarie e ordinamenti colturali tradizionali; interessa
produzioni agroalimentari tipiche e di qualità, ma anche tecniche, pratiche agricole e
forme tradizionali di coltivazione, nonché conoscenze, usi e saperi della tradizione
locale.
Troviamo evidenza dei valori del
patrimonio culturale dell’agricoltura, ad esempio, in particolari siti del patrimonio
UNESCO nazionale, assai noti presso l’opinione pubblica e divenuti già importanti mete
culturali del turismo sia nazionale che internazionale.
Per il patrimonio materiale, si
richiamano i paesaggi rurali con valore culturale delle Langhe-Roero e Monferrato in
Piemonte, della Val d’Orcia in Toscana e delle Colline del Prosecco di Conegliano e
Valdobbiadene in Veneto.
Per il patrimonio immateriale, si
segnala il riconoscimento di alcune eccezionali pratiche e tecniche agricole, come la
vite ad alberello di Pantelleria, l’arte dei muretti a secco e la transumanza. Va
osservato che quest’ultime due pratiche e saperi tradizionali interessano anche il
Veneto, nelle sue zone collinari e montane.
Più in dettaglio, per quanto
riguarda la rilevanza del patrimonio culturale dell’agricoltura nei siti UNESCO del
Veneto, emerge anzitutto il sito di Venezia e la sua laguna,
significativo anche per le componenti e gli elementi agricoli del suo paesaggio
culturale: spazi agrari delle isole lagunari o perilagunari, anche dei comuni di gronda,
orti storici, produzioni agricole tipiche e di qualità, prodotti agroalimentari
tradizionali, rappresentative tipologie di architettura rurale, quali i casoni vallivi o
lagunari.¶{p. 285}
Poi, il sito delle Ville
di Andrea Palladio nel Vicentino, per i contesti figurativi con usi
agricoli del suolo che proteggono questi illustri beni culturali, oppure come
testimonianza di antichi ordinamenti colturali, quali l’arativo arborato vitato, la
cosiddetta «piantata veneta», che ha caratterizzato storicamente il «paesaggio
palladiano» della pianura.
Infine, si segnala il recente
riconoscimento del paesaggio delle Colline del Prosecco di Conegliano e
Valdobbiadene (fig. 3), in quanto paesaggio culturale di natura
vitivinicola, caratterizzato da sistemazioni idraulico-agrarie (girapoggi, ciglioni) e
tecniche di coltivazione della vite con valore tradizionale (il doppio capovolto, il
sylvoz, qualche relitto di bellussera), nonché da un diffuso patrimonio di architettura
rurale con valore storico-testimoniale.
4. Siti GIAHS
Il Programma internazionale
dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO),
¶{p. 286}cosiddetto GIAHS (Globally Important Agricultural Heritage
Systems), rappresenta una sorta di Lista del patrimonio dell’umanità dell’agricoltura,
dove vengono riconosciuti siti specifici in tutto il mondo (al 2022, sono 62 in 22
nazioni diverse, con altre 15 proposte in corso di valutazione), che forniscono in modo
sostenibile molteplici beni e servizi, sicurezza alimentare e sostentamento per milioni
di piccoli agricoltori.
Si tratta di sistemi agricoli unici
e di paesaggi rurali straordinari, che combinano la biodiversità agricola con ecosistemi
resilienti e con un prezioso patrimonio culturale. Sfortunatamente questi sistemi
agricoli (con produzioni che spaziano dalla frutta alla verdura, dalla carne al riso,
fino al sale, tè, seta e wasabi) sono minacciati da molti fattori, tra i quali i
cambiamenti climatici; una maggiore concorrenza per lo sfruttamento delle risorse
naturali; i fenomeni migratori che comportano l’abbandono di pratiche agricole
tradizionali, di razze e specie endemiche.
Nel 2018, in Italia, abbiamo visto
riconoscere per la prima volta in questo paese due siti: uno in Umbria, ovvero gli
Oliveti dei versanti tra Assisi e Spoleto, e l’altro, come
abbiamo già visto, nel Veneto, ovvero i Vigneti tradizionali delle colline del
Soave (fig. 4).
5. Vigneti eroici e storici
Immergendosi ancora nelle
suggestioni dei paesaggi vitivinicoli, sia storici iscritti al Registro nazionale del
Ministero, sia inclusi nella Lista dei siti GIAHS o UNESCO, si porta a conoscenza che è
in corso di elaborazione un provvedimento per l’attuazione, in sede regionale, dell’art.
5 del DM 6899/2020, inerente il riconoscimento e la salvaguardia dei vigneti eroici e
storici (art. 7 della l. 238/2016), nonché la promozione di interventi per il loro
ripristino, manutenzione e salvaguardia.
Si tratta di aree vocate alla
coltivazione della vite nelle quali le particolari condizioni ambientali e climatiche
conferiscono al prodotto caratteristiche uniche, in quan
¶{p. 287}to
strettamente connesse alle peculiarità del territorio di origine.