Avanzare insieme nella società anziana
DOI: 10.1401/9788815413086/c3
3. Gli scambi di aiuto in Italia di Eleonora Meli e Cecilia Tomassini
Notizie Autori
Eleonora Meli sociologa e ricercatrice ISTAT, Roma.
Notizie Autori
Cecilia Tomassini professoressa ordinaria di Demografia, Università
degli Studi del Molise.
Abstract
Questo capitolo riprende i risultati delle ricerche ISTAT sulle principali
caratteristiche dellʼaiuto di cura offerto e ricevuto in Italia. Lʼindagine
Famiglie, soggetti sociali e ciclo di vita è la fonte
utilizzata per fornire un quadro degli aiuti e del supporto scambiati informalmente
tra famiglie e individui. In conclusione, dalla breve rassegna statistica emerge un
quadro positivo della solidarietà familiare e sociale nel nostro paese.
1. Dare e ricevere aiuto
Famiglie e individui sono inseriti
in un contesto di scambi di risorse, materiali e immateriali, che si generano anche a
prescindere dagli effettivi bisogni espressi, ma che diventano fondamentali in
particolari fasi del ciclo di vita o nel caso di difficoltà effettive nello svolgere
alcune attività. Il quadro teorico spesso usato per spiegare come flussi di aiuto di
qualsiasi tipo si scambiano fra diversi membri della famiglia fa riferimento al modello
di solidarietà familiare proposto dal sociologo americano Bengtson
dagli anni Settanta [vedi ad es. Bengtson e Roberts 1991] e sviluppato nei decenni
successivi [vedi ad es. Lowenstein 2007]. In questo modello vengono individuate diverse
dimensioni per misurare operativamente la solidarietà familiare fra cui, ad esempio, i
contatti intergenerazionali e gli scambi di aiuto.
L’indagine Famiglie,
soggetti sociali e ciclo di vita è la fonte che l’Istituto nazionale di
statistica (ISTAT) ha individuato per fornire un quadro degli aiuti che famiglie e
individui si scambiano informalmente. Dal 1998 e per le successive edizioni (2003, 2009
e 2016) questa indagine ha rilevato: i) gli aiuti dati e ricevuti a
titolo gratuito tra persone non coabitanti (aiuti informali);
ii) i servizi a pagamento di cui le famiglie usufruiscono, come
ad esempio colf e badanti (assistenza formale privata);
iii) gli aiuti ricevuti da istituzioni pubbliche, come comune e
ASL (assistenza formale pubblica).
Nell’ambito degli aiuti informali,
il contesto in cui queste forme di scambio si attuano dipende da diversi fattori quali
ad esempio l’età, lo stato di salute, la situazione familiare e lavorativa sia dei
caregivers che dei carereceivers. In
questa sede ¶{p. 68}interessa sottolineare l’impatto che
l’invecchiamento della popolazione ha sull’equilibrio negli scambi di aiuto tra
caregivers e anziani non-autosufficienti:
da un lato si osserva infatti un aumento della platea di persone che hanno bisogno di
assistenza, soprattutto i grandi anziani (80 anni e più),
dall’altro si registra un incremento delle richieste nei confronti dei giovani
anziani (65-79 anni), a cui sempre più di frequente si chiede di fornire
aiuti, spesso anche in modo simultaneo agli aiuti che essi prestano alle generazioni più giovani
[1]
.
La crescita dei grandi anziani è un
fattore determinante per l’aumento della domanda di assistenza: la perdita delle
funzionalità fisiche è infatti strettamente associata all’avanzare dell’età. Secondo le stime
[2]
provenienti dall’indagine Famiglie e soggetti sociali
del 2016, le famiglie con almeno una persona con qualche limitazione nelle attività di
vita quotidiana sono oltre 5,5 milioni, più di un quinto di tutte le famiglie. Quelle
con almeno una persona soggetta a limitazioni gravi sono circa 2 milioni, poco meno di
una famiglia su dieci. Limitando la misura esclusivamente alle famiglie in cui almeno un
membro abbia 65 anni di età e sia affetto da limitazioni nelle attività abituali, il
numero si aggira sui 4 milioni. Se si considerano invece le sole limitazioni gravi, la
stima è di oltre 1,6 milioni di famiglie. Questi dati confermano quindi una sostanziale
sovrapposizione tra famiglie con persone non-autosufficienti e famiglie con persone di
65 anni e più.
2. Chi dà aiuto...
Dagli ultimi dati disponibili,
emerge che nel 2016 gli individui di 18 anni e più che hanno fornito almeno un aiuto a
persone non conviventi sono poco meno di 18 milioni, pari al
¶{p. 69}35,7%, con un numero medio di aiuti erogati nelle quattro
settimane precedenti pari al 2,2 (tab. 3.4)
[3]
. La quota di caregivers informali è aumentata negli
ultimi decenni di oltre 10 punti percentuali: passando dal 22,8% del 1998 al 33,1% del
2016 (fig. 3.1). Dal 1998 la quota di persone che si sono attivate per fornire aiuti, al
netto degli aiuti per cibo, vestiario e di altro tipo (che nel 1998 non venivano
rilevati), è andata crescendo, così come è aumentato il numero medio di aiuti; inoltre,
rispetto al passato, oggi le persone attive sono coinvolte su più fronti, aumentando lo
spettro degli aiuti forniti (tab. 3.1).
Sussistono importanti differenze
di genere nel profilo dei caregivers: dal 1998 al 2016 la quota di
donne adulte che fornisce aiuti è cresciuta dal 24,8% al 35,4%, tuttavia si registra un
aumento notevole anche nella quota dei caregivers uomini, che passa
dal 20,7% al 30,7% (tab. 3.1). Parimenti è aumentato il numero medio di aiuti fornito da
entrambi i sessi e si è ridotto lo scarto tra uomini e donne: nel 1998 ogni uomo forniva
mediamente 1,5 aiuti e ogni donna 1,8; nel 2016 il numero è aumentato raggiungendo quota
1,9 per gli uomini e 2,1 per le donne.
Questi dati indicano che gli
individui hanno aumentato la loro propensione ad aiutare gratuitamente altre persone,
segno di un forte coinvolgimento nella rete familiare e sociale anche in presenza di più
ruoli simultanei. Questo è soprattutto il caso delle donne che, pur partecipando in
quote sempre maggiori al mercato del lavoro, non hanno ridotto, ma anzi aumentato, il
contributo volontario a supporto dei soggetti più deboli.
Un altro aspetto interessante da
evidenziare è lo spostamento in avanti nelle età dei caregivers: se
nel 1998 erano soprattutto i 35-64enni a costituire il nucleo più consistente, nel
¶{p. 70}2016 le quote più elevate sono tra i 45-74enni. Si consolida
così un sempre maggiore coinvolgimento dei giovani anziani nelle attività di cura a
persone non coabitanti (tab. 3.4). Questo fenomeno potrebbe essere dovuto sia a un
effetto «generazione» (le persone nate in un certo decennio sono state più
propense a dare aiuto rispetto alle successive), che alla
maggiore presenza di individui molto anziani con problemi di salute che attiva
nell’aiuto la generazione dei loro figli che sono adulti o giovani anziani.
L’analisi per età dei
caregivers e tipologia di aiuto fornito nel 2016 rivela come i
principali fornitori di aiuto economico siano gli anziani di 75 anni e più (33,6%, tab.
3.4), in particolar modo uomini (36,3%, tab. 3.2). Anche l’assistenza ai bambini
raggiunge il picco tra i 65-74enni (45,3%): in questo caso, sono più le donne (49,2%,
tab. 3.3) a essere coinvolte nell’accudimento di quelli che presumibilmente sono i
nipoti. Occorre quindi sottolineare che anche in età avanzata, gli anziani
conti¶{p. 71}nuano a essere un supporto per altre persone, se non nella
cura (più impegnativa in presenza di limitazioni funzionali), almeno nell’aiuto
economico e nell’accudimento dei nipoti, indicatori importanti della forte solidarietà
intergenerazionale italiana.
Anni |
Persone
che hanno dato almeno un aiuto |
Tipo di
aiutob |
Numero
medio di aiuti dati |
||||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
Aiuto
economico |
Prestazioni
sanitarie |
Assistenza di
adulti |
Accudimento di
bambini |
Attività
domestiche |
Compagnia, accompagnamento,
ospitalità |
Espletamento di pratiche
burocratiche |
Lavoro extra-
domestico |
Aiuto nello
studio |
|||
Uomini |
|||||||||||
1998 |
20,7 |
18,0 |
11,8 |
17,1 |
13,1 |
12,4 |
25,6 |
28,2 |
20,2 |
8,3 |
1,5 |
2003 |
21,6 |
22,0 |
9,9 |
15,0 |
19,1 |
14,4 |
26,0 |
28,7 |
17,0 |
7,8 |
1,6 |
2009 |
26,0 |
24,0 |
10,0 |
14,0 |
22,8 |
14,4 |
27,9 |
27,8 |
20,6 |
9,3 |
1,7 |
2016 |
30,7 |
25,8 |
11,6 |
18,4 |
20,4 |
22,8 |
33,7 |
33,9 |
19,0 |
9,1 |
1,9 |
Donne |
|||||||||||
1998 |
24,8 |
13,3 |
17,8 |
26,6 |
24,3 |
30,0 |
29,2 |
18,4 |
8,3 |
8,6 |
1,8 |
2003 |
26,5 |
15,3 |
14,6 |
22,1 |
29,4 |
29,3 |
28,7 |
19,1 |
6,4 |
9,1 |
1,7 |
2009 |
30,3 |
17,4 |
13,7 |
21,1 |
32,8 |
29,0 |
30,9 |
23,6 |
7,5 |
10,5 |
1,9 |
2016 |
35,4 |
18,2 |
14,8 |
26,5 |
28,6 |
33,6 |
37,7 |
27,6 |
8,1 |
11,9 |
2,1 |
Uomini e donne |
|||||||||||
1998 |
22,8 |
15,3 |
15,2 |
22,4 |
19,4 |
22,4 |
27,7 |
22,7 |
13,5 |
8,4 |
1,7 |
2003 |
24,1 |
18,2 |
12,6 |
19,1 |
25,0 |
22,9 |
27,6 |
23,2 |
10,9 |
8,5 |
1,7 |
2009 |
28,2 |
20,3 |
12,1 |
18,0 |
28,4 |
22,5 |
29,6 |
25,4 |
13,3 |
10,0 |
1,8 |
2016 |
33,1 |
21,6 |
13,4 |
22,9 |
25,0 |
28,8 |
35,9 |
30,4 |
13,0 |
10,7 |
2,0 |
a Percentuali
calcolate ogni 100 uomini di una classe di età. L’intervistato poteva
scegliere più tipologie di aiuto dato. Ad esempio, 709 uomini di età
compresa tra 18-24 anni (il 32,9% degli uomini) hanno dato in totale 1.353
aiuti gratuiti, cioè circa 1,9 aiuti in media ognuno. Di questi 709 uomini,
89 (il 12,5%) hanno dato aiuto economico, 37 (il 5,2%) hanno dato
prestazioni sanitarie, e così via. | |||||||||||
Fonte: ISTAT,
Famiglie e soggetti sociali. |
Età |
Uomini
che hanno dato almeno un aiuto |
Tipo di
aiutoa |
Numero
medio di aiuti dati |
|||||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
Aiuto
economico |
Prestazioni
sanitarie |
Assistenza di
adulti |
Accudimento
di bambini |
Attività
domestiche |
Compagnia,
accompagnamento, ospitalità |
Espletamento
di pratiche burocratiche |
Lavoro extra-
domestico |
Aiuto nello
studio |
Cibo,
vestiario, altro |
|||
18-24 |
32,9 |
12,5 |
5,2 |
9,5 |
9,7 |
29,5 |
35,4 |
21,9 |
19,6 |
30,5 |
16,8 |
¶{p. 72} 1,9 |
||||||||||||
25-34 |
31,4 |
25,4 |
10,0 |
13,9 |
12,1 |
22,4 |
30,8 |
27,2 |
23,9 |
12,8 |
24,2 |
2,1 |
35-44 |
30,2 |
25,3 |
10,2 |
16,0 |
11,8 |
22,4 |
28,8 |
31,2 |
19,8 |
5,3 |
25,5 |
2,0 |
45-54 |
35,4 |
24,5 |
13,3 |
22,7 |
8,0 |
21,9 |
33,0 |
36,4 |
18,8 |
5,5 |
24,8 |
2,1 |
55-64 |
38,6 |
21,2 |
14,8 |
22,7 |
21,9 |
23,7 |
36,1 |
39,7 |
15,4 |
4,9 |
29,6 |
2,3 |
65-74 |
38,6 |
24,6 |
9,5 |
13,3 |
41,0 |
16,5 |
28,3 |
30,7 |
14,1 |
4,7 |
23,7 |
2,1 |
75 e più |
21,2 |
36,3 |
5,8 |
11,5 |
40,0 |
7,4 |
21,6 |
18,7 |
8,5 |
6,1 |
20,6 |
1,8 |
Totale |
33,0 |
23,9 |
10,8 |
17,1 |
19,0 |
21,2 |
31,3 |
31,5 |
17,7 |
8,5 |
24,5 |
2,1 |
a Percentuali
calcolate ogni 100 donne di una classe di età. L’intervistata poteva
scegliere più tipologie di aiuto dato. Ad esempio, 816 donne di età compresa
tra 18-24 anni (il 40,3% delle donne) hanno dato in totale 1.699 aiuti
gratuiti, cioè circa 2,1 aiuti in media ognuna. Di queste 816 donne, 53 (il
6,5%) hanno dato aiuto economico, 71 (l’8,7%) hanno dato prestazioni
sanitarie, e così via. | ||||||||||||
Fonte: ISTAT,
Famiglie e soggetti sociali. |
Note
[1] Cfr. infra, capitolo 4. Questa riflessione è alla base del Parent Support Ratio, uno degli indicatori usati nel capitolo 4.
[2] Il 25 novembre 2022 l’Istituto nazionale di statistica ha istituito un gruppo di lavoro per stimare la prevalenza della disabilità sulla base dell’indicatore globale di limitazione dell’attività (GALI) la cui descrizione è presente nel capitolo 1 di questo volume. Uno degli obiettivi del gruppo di lavoro sarà quello di armonizzare le stime, che attualmente differiscono a seconda della fonte utilizzata.
[3] Rispetto alle edizioni precedenti, l’edizione del 2016 dell’indagine Famiglie e soggetti sociali include un maggiore ventaglio di tipologie di aiuto informale che è possibile prestare. Per effettuare i confronti temporali è stato quindi necessario escludere le categorie di aiuto aggiunte nel 2016. La tabella 3.1 riporta quindi i dati del 2016 privati delle tipologie aggiuntive. Le tabelle 3.2, 3.3 e 3.4 invece riportano i risultati completi dell’indagine del 2016. Quando nel testo si fa riferimento a confronti temporali, ci si riferisce quindi ai dati armonizzati delle quattro indagini (tab. 3.1), quando invece si citano i dati più recenti si fa riferimento alle tabelle 3.2, 3.3 e 3.4, che si riferiscono solo all’indagine del 2016.