Da esuli a francesi
DOI: 10.1401/9788815413031/c4
Ad esempio, quel Francesco Gambini
di cui Hus riferiva polemicamente il rifiuto di presenziare all’incoronazione
napoleonica, a Parigi giungeva pur sempre nelle prestigiose vesti di deputato del Corpo
legislativo per il dipartimento del Tanaro. Ciò nonostante, tale incarico non impediva
alla filo-napoleonica spia piemontese di farne un ritratto quanto mai inquietante, ossia
di presentarlo come un uomo «à figure particulière, vrai thaumaturge en politique» che
non faceva altro che «di[re] du mal des Français»
[33]
. Discorso simile anche per un altro patriota appena eletto al Corpo
legislativo quale Ferdinando Dal Pozzo, considerato negativamente per aver «manifesté
dès l’aurore de la première révolution piémontaise une haine sourde, mais active et très
dangereuse, contre le système de la réunion du Piémont»
[34]
. Non a caso, proprio Dal Pozzo e Gambini sarebbero stati a Parigi fra i più
fieri avversari di Bossi, tra l’altro provando a ostacolarne la nomina a prefetto.
Insomma, tanto i contrasti fra gli stessi deputati piemontesi, quanto i toni polemici
espressi sul conto di alcuni di essi dal filo-annessionista
¶{p. 138}Hus
molto dicono di come quell’adesione fosse vissuta dai suoi artefici in maniera alquanto
conflittuale.
E ancora, da sorvegliare per il
loro «italianisme» erano l’ex capitano di cavalleria Angiolino Rossetti, in passato
segnalatosi perché «avait de la fougue dans ses idées républicaines et beaucoup de
méfiance envers la France», e un altro ex militare quale Aspetti, «grand italianiste et
exalté», che tra l’altro si diceva aver provato ad «engager beaucoup de patriotes à se
ressembler dans une compagnie et à lui donner leur signature pour faire valoir leurs
intérêts à Paris»
[35]
. Ma per quanto fisicamente non presente a Parigi, restava comunque Cavalli,
ossia il leader del partito patriottico, a essere considerato il manovratore della
fazione indipendentista rifugiatasi in Francia
[36]
. Infatti, nonostante questi fosse rimasto a Torino (dove nel frattempo era
stato nominato alla presidenza della corte d’Appello), continuava a segnalarsi per i
suoi discorsi demagogici, giudicati un vero «chef-d’œuvre non d’éloquence, mais de machiavélisme»
[37]
.
L’importanza attribuita a un uomo
concretamente operante in Piemonte non fa che ribadire la continuazione del nesso fra la
lotta politica italiana e quella francese
[38]
. Da questo punto di vista, non è un caso che Hus segnalasse con grande
preoccupazione il passaggio a Torino del provenzale Pierre-Antoine Antonelle, uno degli
uomini simbolo del ricostruito partito neo-giacobino nella stagione direttoriale
[39]
. Infatti, nel consegnare alla polizia un elenco di
«correspon¶{p. 139}dants entre le parti turbulent de Turin avec celui de
Paris», invitava i suoi interlocutori ad attivarsi per «savoir quels sont les Piémontais
qui ont le plus fêtés Antonelle à Turin», avvertendo come quest’ultimo, «qui peut-être
ne vient pas à Paris en ce moment sans projets», fosse «un grand ennemi de la réunion» e
in costante contatto con i più accesi democratici italiani
[40]
. Fra questi, segnalava soprattutto l’avvocato Felice Bongioanni,
recentemente trasferitosi a Parigi
[41]
:
président du Canton, a toujours Rome République dans son cœur, il a été un des plus fougueux unitaires. Il est profondément anti-français. Doué de beaucoup d’esprit, il ne serait pas impossible qu’il ait toujours des correspondances en Italie contraires aux intérêts du gouvernement. Il est bien important de suivre ses mouvements à Paris. Il pourrait avoir des relations avec des hommes à couleur antonelliene, c’est-à-dire anarchique, ou avec des hommes partisans du roi de Sardaigne, car les extrêmes se touchent, pour se venger de ce que le Piémont est réuni à la France au lieu de l’être au reste de l’Italie. Il demeure hôtel de Galles, rue de Grenelle Germain [42] .
In tale rapporto emerge chiaramente
la linea politica alla base delle valutazioni di Hus, il cui asse centrale era
l’omologazione dei due partiti critici nei confronti dell’annessione alla Francia per
poi distinguere una terza fazione (quella nella quale egli stesso militava) che invece
era sostenitrice della collaborazione con le istituzioni napoleoniche. A suo avviso,
esistevano da un lato un partito filo-monarchico, apertamente schieratosi contro la
rivoluzione sin dal 1796, e dall’altro quello accesamente repubblicano, postosi su
posizioni critiche nei confronti dell’invadenza francese a far data dal 1799. Si
trattava, cioè, di due partiti che, per cultura politica e riferimenti strategici, erano
agli antipodi l’uno dell’altro, ma che proprio la comune opposizione
¶{p. 140}all’annessione aveva, seppur per ragioni opposte, fatto
avvicinare. Nel mezzo, invece, era la fazione dei sostenitori della fedeltà a Napoleone,
ossia la maggioranza filo-francese che costituiva la riproposizione, all’interno della
classe dirigente piemontese, di quell’«extrême centre» oggetto di studio di un
magistrale lavoro di Pierre Serna
[43]
. Per Hus, dunque, la lotta politica in corso era animata non più da due, ma
da tre partiti, perché rispetto alla stagione rivoluzionaria la sfida era ormai non
tanto fra una destra monarchica e una sinistra repubblicana, bensì opponeva queste due
fazioni al comune nemico rappresentato da un centro in gran parte composto dai
sostenitori moderati della causa del 1789, ma nel quale erano poi confluiti anche ex
partitanti dell’ancien régime.
Tutto ciò spiega la sua avversione
verso quei patrioti che erano stati suoi compagni nel Triennio, ma che dopo l’annessione
del 1802 avevano iniziato a collaborare con il partito nobiliare in nome di una comune
critica alla presenza francese. Così, nel descrivere la situazione del «Piémont après la
réunion», egli ribadiva la grande affinità instauratasi fra le due fazioni
all’opposizione:
Bientôt les prêtres et les nobles incorrigibles ne font qu’une masse avec les indépendants. Le grand point est de faire haïr les Français et de conserver un esprit piémontais et italien dans la 27ème Division [...]. La réunion, surtout du Piémont à la France, n’est dans l’opinion et l’imagination des anti-français sous le rapport italique comme sous le rapport royaliste [44] .
Se non stupisce che nella Parigi
divenuta centro dell’emigrazione patriottica di tutt’Europa fossero presenti numerosi
sostenitori della causa repubblicana, desta maggiore meraviglia l’esistenza di un nucleo
di piemontesi vicini alla corona sarda. Stando alle segnalazioni di Hus, infatti, i
luoghi di ¶{p. 141}ritrovo parigini erano animati anche da emigranti
che, per lo più nobili ed esautorati in patria dall’amministrazione francese, avevano
preferito sfruttare la libertà di movimento innescata dall’annessione per recarsi
proprio nella capitale transalpina. Dunque, se il grande esilio della stagione 1799-1800
aveva interessato soprattutto i patrioti schieratisi per la causa repubblicana, con
l’evolvere del tempo la politica di pacificazione promossa dal primo Console stimolò
l’arrivo anche di uomini appartenenti ad altre famiglie politiche.
Fatto sta che fra i suoi
connazionali in Francia Hus segnalava anche gli ex nobili Gislenga, «qui a montré
jusqu’à ces derniers temps un attachement et un dévouement au roi de Sardaigne qu’il
poussa jusqu’au fanatisme», e Luserna, «ennemi déclaré et acharné du nouveau régime».
Altro nobile piemontese era il conte Benso di Cavour, descritto come «être dangereux par
son astuce et sa méchanceté»
[45]
. Ma l’uomo di punta del partito monarchico era il marchese La Turbie, giunto
a Parigi nella primavera 1804 e poi rimastovi per circa un anno: di lui egli sosteneva
essere «l’homme sur qui le parti du roi de Sardaigne fonde tout son espoir», perché
«d’autant plus dangereux qu’il joint au fanatisme royal pour la Maison de Savoie une
perversité de cœur qui lui ouvre toutes les routes du crime». Per questo, prima
segnalava allarmato che occorreva impedirne possibili incarichi in patria, e poi, dopo
aver preso atto con rammarico della sua nomina a ciambellano, provava a dimostrarne
l’inadeguatezza informando la polizia delle trame ordite contro i più sinceri
collaboratori napoleonici, oltre che delle violenze private commesse sulla moglie,
«frappé[e] presque dans la rue»
[46]
.
Insomma, anche nella Parigi ormai
diventata capitale dell’Impero e anche all’interno di una comunità, quella piemontese,
che pur fu la più fedele alle istituzioni napoleoniche, la lotta politica era ben
lontana dal concludersi. Essa agiva non più tramite pubblici pamphlet e aperte prese di
¶{p. 142}posizione, ma attraverso segrete denunce e oscure querele. Si
manifestava non più alla luce di articoli di giornale e di discorsi parlamentari, ma
nell’ombra di nascosti giochi di potere. E forse proprio per questo anche una spia come
Hus si rivelò di grande utilità, svolgendo a suo modo un ruolo certo marginale, ma non
per questo del tutto ininfluente.
3. Un informatore per tutte le stagioni
Pur avendo un carattere
essenzialmente politico, i resoconti di Hus non mancavano di informazioni di natura
sociale, che permettevano di illustrare alla polizia professioni e abitudini degli
uomini sorvegliati. Anche in questo caso, dunque, valutazioni ideologiche si
intrecciavano a più concrete questioni economiche, mostrando come convinzioni politiche
e problemi di sopravvivenza non fossero affatto disgiunti, ma finissero con il
condizionarsi a vicenda e con il determinare sia le singole scelte dei protagonisti, sia
la composizione dei loro luoghi di ritrovo.
Così, dell’ex militare Vivalda,
«officier qui s’était fait cafetier dans la rue de la Calandre», si comunicava che, dopo
una «jeunesse orageuse», aveva subito «plusieurs fois la sévérité militaire» tanto da
ritrovarsi appunto a fare il «cafetier à Paris». Tuttavia, la sua attività, avviatasi
nei primi mesi del secolo proprio come un altro luogo di ritrovo piemontese quale il
«café Egyptien» di Ciavassa (sito al Palais Royal), non era mai decollata a causa degli
atteggiamenti del proprietario, noto per essere un «espèce d’aventurier». Pertanto, se
di lui la spia annunciava un’imminente partenza da Parigi, della locanda comunicava che
proprio in quei mesi era passata sotto la proprietà di un altro emigrato quale l’ex
monaco Cavigioli. Ma nemmeno con la nuova gestione le cose erano cambiate, dato che di
quest’ultimo si diceva aver «de la peine à vivre» ed esser ridotto a un tale «état
d’abjection» da dover fare ricorso alle sue doti artistiche per sopravvivere: Hus,
infatti, comunicava che durante le ore di chiusura del locale questi girava come
musicista per il centro cittadino e che era proprio lui che «on entend le
Note
[33] ANF, F/7, cart. 6359, dr. 788, Rapport du 6 frimaire an XIII (27/11/1804).
[34] ANF, F/7, cart. 6359, dr. 788, Rapport du 5 frimaire an XIII (26/11/1804).
[35] ANF, F/7, cart. 6359, dr. 788, Rapports du 4 vendémiaire an XIII (26/09/1804); 21 brumaire an XIII (12/11/1804).
[36] Sul suo conto, va precisato che in quegli anni non fu affatto un cieco avversario della politica di Napoleone, di cui, ad esempio, molto apprezzò la presa del potere del 18 brumaio, a conferma del fatto che, nemmeno nel suo caso, la militanza napoleonica fu sempre percepita come inconciliabile con le istanze indipendentiste: al riguardo, si veda AMAE, Md, Italie, cart. 15, ff. 246-247.
[37] ANF, F/7, cart. 6359, dr. 788, Rapport du 23 floréal an XIII (13/05/1805).
[38] A. De Francesco, Democratismo di Francia, democratismo d’Italia, in «Società e Storia», 76, 1997, pp. 313-317.
[39] P. Serna, Antonelle: aristocrate révolutionnaire. 1747-1817, Paris, Éditions du Félin, 1997.
[40] ANF, F/7, cart. 6359, dr. 788, Rapport du 5 brumaire an XIII (27/10/1804).
[41] Su Bongioanni vedi Vaccarino, I giacobini piemontesi, cit., vol. 2, pp. 563-747.
[42] ANF, F/7, cart. 6359, dr. 788, Rapport du 8 nivôse an XIII (29/12/1804).
[43] P. Serna, La République des girouettes: 1789-1815 et au-delà. Une anomalie politique: la France de l’extrême centre, Seyssel, Champ Vallon, 2005. Sul tema l’autore è poi tornato di recente con L’extrême centre ou le poison français: 1789-2019, Ceyzérieu, Champ Vallon, 2019.
[44] ANF, F/7, cart. 6359, dr. 788, Le Piémont après la réunion.
[45] ANF, F/7, cart. 6359, dr. 788, Rapports du 9 fructidor an XII (27/08/1804); 3 complémentaire an XII (20/09/1804).
[46] ANF, F/7, cart. 6359, dr. 788, Rapports du 17 pluviôse an XIII (6/02/1805); 29 ventôse an XIII (20/03/1805).
[47] ANF, F/7, cart. 6359, dr. 788, Rapports du 12 fructidor an XII (30/08/1804); 17 fructidor an XII (04/09/1804).