Paolo Conte
Da esuli a francesi
DOI: 10.1401/9788815413031/c4
Così, dell’ex militare Vivalda, «officier qui s’était fait cafetier dans la rue de la Calandre», si comunicava che, dopo una «jeunesse orageuse», aveva subito «plusieurs fois la sévérité militaire» tanto da ritrovarsi appunto a fare il «cafetier à Paris». Tuttavia, la sua attività, avviatasi nei primi mesi del secolo proprio come un altro luogo di ritrovo piemontese quale il «café Egyptien» di Ciavassa (sito al Palais Royal), non era mai decollata a causa degli atteggiamenti del proprietario, noto per essere un «espèce d’aventurier». Pertanto, se di lui la spia annunciava un’imminente partenza da Parigi, della locanda comunicava che proprio in quei mesi era passata sotto la proprietà di un altro emigrato quale l’ex monaco Cavigioli. Ma nemmeno con la nuova gestione le cose erano cambiate, dato che di quest’ultimo si diceva aver «de la peine à vivre» ed esser ridotto a un tale «état d’abjection» da dover fare ricorso alle sue doti artistiche per sopravvivere: Hus, infatti, comunicava che durante le ore di chiusura del locale questi girava come musicista per il centro cittadino e che era proprio lui che «on entend le
{p. 143}soir jouer de la mandoline avec un talent peu commun à la Porte des Tuileries» [47]
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La professione di musicista era comunque fra le più diffuse, essendo diversi i piemontesi che si erano rifugiati a Parigi per cercare fortuna nella carriera artistica. Se per Cavigioli la musica era più che altro un ripiego imposto dalle difficoltà economiche, maggiore successo ottennero sia il compositore Felice Blangini, descritto come il «maître de musique à la mode», sia l’insegnante di canto Giacomelli, sul quale tuttavia Hus aggiungeva che occorreva diffidare da un punto di vista politico. Profilo più rasserenante, invece, era quello di Balochi, «amateur de musique» che si mostrava desideroso di «consacrer sa vie aux plaisirs et non à la politique» [48]
. Non pochi, poi, erano gli uomini appartenenti al mondo delle lettere, fra i quali spiccavano il giornalista Badini, in passato a Londra e poi giunto a Parigi come «attaché à la rédaction du journal anglais l’Argus», e il celebre storico Carlo Denina, descritto come «vieillard couvert de palmes littéraires». Quest’ultimo fu senza dubbio la personalità culturalmente più autorevole fra i piemontesi giunti a Parigi in quegli anni, tanto da ottenere la funzione di bibliotecario privato di Napoleone (carica che poi tenne fino alla morte, sopraggiunta nel dicembre 1813). Proprio in tali ambienti, inoltre, si strutturava anche un altro importante luogo di ritrovo quale la libreria del fiorentino Giuseppe Molini, «italien qui ne vend que des livres italiens» [49]
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In generale, per Hus la preferenza attribuita dai singoli emigranti alla situazione professionale era un fattore positivo, in quanto, in coerenza con la costruzione di un «extrême centre» che passava anche per l’incentivazione al disimpegno pubblico, egli riteneva che la scarsa attenzione {p. 144}alle vicende politiche dovesse essere reputata un’implicita accettazione del nuovo ordine. Pertanto, del commerciante di moda Griseri comunicava che, pur essendo stato in passato un «très chaud patriote», nella Parigi napoleonica «ne se mêle que de son commerce», dato che «les hommes occupés de spéculations commerciales évitent ordinairement de se compromettre». Del valdostano Robin, in passato a Rouen come impiegato nel corpo di Ponti e Strade, informava che, per quanto ancora «un peu exalté en patriotisme», poteva in fondo essere ritenuto tranquillo, perché, «occupant une place de gouvernement de 4 à 3 mille francs, [...] il ne la sacrifiera pas à des abstractions» [50]
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Al contrario, proprio come gli esponenti dell’opposizione politica, erano giudicati meritevoli di sorveglianza gli autori di comportamenti ai limiti della legalità. Fra questi, spiccavano l’ex militare Fusa, «bavard de profession et oisif de métier», e Camillo Taffin, descritto come «jouer effrainé» per il quale «tous les moyens de faire de l’argent sont bons» [51]
. Ma l’uomo considerato più pericoloso da questo punto di vista era l’avventuriero Roatis che, dopo essersi fatto conoscere in tutt’Europa per truffe di vario genere, si faceva notare anche in Francia per una «espèce de banqueroute». Di lui a preoccupare era non tanto la possibile influenza nella comunità piemontese, dato che la sua reputazione era oramai «si mauvaise parmi ses compatriotes qu’un homme délicat ne vaudrait pas se faire voir un public avec lui», quanto i raggiri volti a ottenere cariche pubbliche: pertanto, è probabile che proprio i rapporti di Hus, sempre convinto che «la nomination de cet homme serait un scandale public», contribuirono alla sua mancata designazione [52]
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Piuttosto interessante è anche il quadro religioso, in quanto se certo la gran parte dei piemontesi era di fede {p. 145}cattolica (con punte piuttosto alte soprattutto nella fazione monarchica), significativa era altresì la presenza di valdesi ed ebrei. Si trattava di due comunità che, sin dal 1796, si erano schierate per la causa francese, da cui avevano tratto non pochi vantaggi sul terreno delle libertà religiose e delle possibilità commerciali, come del resto affiorava anche dalle considerazioni – non certo prive di luoghi comuni – di Hus. Quanto ai valdesi, storicamente presenti in particolare nelle zone centro-occidentali del Piemonte, dopo aver segnalato l’arrivo del negoziante Gonin e del sottoprefetto Giovan Battista Bressy, aggiungeva che «Vaudais est synonyme de bon Français et d’homme moral» e che un uomo proveniente da tale comunità era «par conséquence attaché à la France» [53]
. Sugli ebrei, invece, sottolineava come i guadagni economici ricavati con la rivoluzione ne avessero rafforzato il sostegno alla presenza francese. Così, di Guastalla segnalava che, «autant que l’on peut juger un homme pour qui tout est subordonné au calcul arithmétique», fosse nel complesso innocuo perché «il apprécie ce que les juifs ont gagné à la révolution», mentre di Vita diceva che «il est juif dans toute l’étendue du terme: pourvu qu’il gagne de l’argent il est content» [54]
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Ma Hus non si limitava alla sola descrizione dei connazionali a Parigi, bensì forniva informazioni anche in merito ai fermenti politici sviluppatisi in Piemonte. Ad esempio, sin dai primi giorni della sua carriera di spia, rendeva conto del tentativo di tumulto avvenuto a Torino nel teatro Carignano ad opera di alcuni esponenti filo-monarchici, avendo tuttavia cura di segnalare le relative responsabilità della fazione indipendentista, dato che era sua convinzione che «si le parti italien n’a pas été le principal corps d’armée dans cette affaire, il y a eu sûrement quelque part comme auxiliaire». Ma soprattutto, della vicenda criticava la gestione che, anche in termini di rapporti con le diplomazie internazionali, era stata effettuata da quel Menou che in Piemonte aveva {p. 146}preso il posto di Jourdan come amministratore generale (e che tra l’altro egli giudicava responsabile del suo mancato impiego). Cosicché, constatava polemicamente quanto fosse «malheureux que l’administrateur Menou ait cru devoir donner une si grande publicité à cette affaire, ce qui peut faire croire à l’Europe entière que le Piémont est prêt à s’insurger, opinion qui ne peut qu’être utile qu’aux amis du Roi de Sardaigne» [55]
. Del resto, sulla politica del generale francese più volte egli avrebbe avuto da ridire, tant’è che solo pochi giorni più tardi ne denunciava le ambigue relazioni con alcuni sostenitori dei Savoia considerati fra i protagonisti del recente tumulto. A tal riguardo, forniva i dettagli di un «singulier déjeuner» che Menou aveva tenuto nella sua abitazione con tre «enragés ennemis des Français», essi stessi descritti come «fort étonnés d’être invités à déjeuner chez l’homme qui représente S.M.I. à Turin» [56]
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I resoconti sulla situazione piemontese si intensificarono in particolare nella primavera del 1805, quando nei Ministeri parigini si avviarono i lavori per garantire la sicurezza dell’Imperatore in vista del suo imminente viaggio verso Milano, dove in maggio fu poi incoronato re d’Italia. Approfittando dell’occasione per migliorare la propria condizione, Hus indicava le strade piemontesi e i caffè torinesi che a suo avviso meritavano particolare sorveglianza, oltre a suggerire le precauzioni da prendere per evitare attentati. Al riguardo, consigliava di «retirer tous les ports d’armes en Piémont, où on les a accordés à beaucoup de gens suspects» e invitava Napoleone a «rien manger qui ne soit fait par des hommes à lui dont il est sûr, et surtout point d’ostie italienne à l’époque de son sacre à Milan, car on empoissonne divinement en Italie» [57]
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Ma era ancora una volta sul piano politico che l’informatore concentrava le sue attenzioni, descrivendo con cura le {p. 147}caratteristiche degli ambienti da cui a suo avviso potevano giungere i maggiori pericoli per la vita dell’Imperatore. E si trattava di ambienti che, a Torino come a Parigi, continuavano a essere caratterizzati da una profonda insoddisfazione nei confronti della presenza francese:
La précieuse vie de S.M.I. pourrait être en danger si l’on ne suivait pas attentivement tous les mouvements de certains hommes pour qui le crime ne coûte rien, lorsqu’il présente une grande fortune pécuniaire ou un grand succès politique. Le Piémont est surtout le point plus dangereux de ce voyage parce que se liant à la résurrection d’une maison souveraine qui y a encore beaucoup de partisans, les uns ayant l’argent et les autres l’audace et le poignard, a été en même temps le théâtre de plusieurs partis, soit italique en grand, soit Cisalpin, soit Ligurien ou Piémontais, dit parti de Cavalli. Examinons quels sont les hommes et les moyens de ces différents partis [...].
Le parti du roi de Sardaigne a la fortune territoriale et capitaliste du Piémont entre les mains. Les millionnaires sont rarement les assassins mais ils le font faire. Ce parti connaissant l’écume du Piémont, le reste de ces brigands formant la Massa cristiana en l’an VII, pourrait soudoyer quelques-uns de ces scélérats, qui à force de donner la mort se sont familiarisés avec elle et ne la craignent plus.
[...] Le parti anarchiste, qui dans sa haine contre le régime français se lie si souvent avec le parti de la Maison de Savoie et qui a la nuance italique avec toutes ses subdivisions, offre beaucoup d’hommes profondément misérables sous toutes les acceptions de ce mot. Brutus en guérillas allant au gibet en croyant voler à l’immortalité, ce parti professe une doctrine qui lui ferait placer le plus grands de tous les assassinats au rang de la plus grande de toutes les vertus.
On ne saurait trop surveiller les hommes que je vais signaler dans ces deux partis, anarchique royal et anarchique démagogique anti-français [58]
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Di qui, seguivano ulteriori informazioni sulle zone geografiche giudicate politicamente connotate, fra le quali se sul fronte monarchico si segnalava la città di Moncalieri, dove
{p. 148}«l’on prétend qu’il y a un club royal chez un apothicaire», nello schieramento indipendentista veniva annoverata gran parte della zona meridionale, nella quale la fazione filo-francese «ne compte pas un grand nombre d’amis sous la latitude d’Alexandrie, quoique Marengo soit à côté pour rappeler ce qu’on doit aux héros français» [59]
. Circa i singoli uomini, a suo avviso il più importante esponente del partito indipendentista era, a parte il leader Cavalli, l’avvocato di Alba Maurizio Pellissieri, descritto come «fameux italianiste». Del resto, nemmeno la sua recente accettazione di una carica nella magistratura poteva rassicurare, in quanto «cet homme est des plus dangereux, il a refusé une préfecture en Piémont, il n’a voulu être placé que dans la magistrature attendu que c’est le corps le plus indépendant du gouvernement». [60]
Note
[47] ANF, F/7, cart. 6359, dr. 788, Rapports du 12 fructidor an XII (30/08/1804); 17 fructidor an XII (04/09/1804).
[48] ANF, F/7, cart. 6359, dr. 788, Rapports du 24 fructidor an XII (11/09/1804); 28 fructidor an XII (15/09/1804).
[49] ANF, F/7, cart. 6359, dr. 788, Rapports du 17 fructidor an XII (4/09/1804); 21 vendémiaire an XIII (13/10/1804); 10 floréal an XIII (30/04/1805).
[50] ANF, F/7, cart. 6359, dr. 788, Rapport du 26 vendémiaire an XIII (18/10/1804).
[51] ANF, F/7, cart. 6359, dr. 788, Rapports de 8 pluviôse an XIII (28/01/1805); 9 pluviôse an XIII (29/01/1805).
[52] ANF, F/7, cart. 6359, dr. 788, Rapports du 9 fructidor an XII (27/08/1804); 16 pluviôse an XIII (5/02/1805).
[53] ANF, F/7, cart. 6359, dr. 788, Rapports du 12 fructidor an XII (30/08/1804); 21 prairial an XIII (10/06/1805).
[54] ANF, F/7, cart. 6359, dr. 788, Rapports du 21 fructidor an XII (8/09/1804); 7 brumaire an XIII (29/10/1804).
[55] ANF, F/7, cart. 6359, dr. 788, Quelques réflexions sur le tumulte qui a eu lieu dernièrement au Théâtre Carignan.
[56] ANF, F/7, cart. 6359, dr. 788, Rapport du 13 vendémiaire an XIII (5/10/1804).
[57] ANF, F/7, cart. 6359, dr. 788, Rapport du 7 germinal an XIII (28/03/1805).
[58] ANF, F/7, cart. 6359, dr. 788, Voyage de S.M. Empereur et Roi (5 germinale XIII: 26/03/1805).
[59] Ibidem.
[60] ANF, F/7, cart. 6359, dr. 788, Rapport du 24 germinal an XIII (15/04/1805).