Luigi Mengoni
Diritto e valori
DOI: 10.1401/9788815413499/c3
L’assoggettamento del diritto positivo a istanze assiologiche di controllo rende urgente un chiarimento del rapporto concettuale tra la legge e i giudizi di valore socialmente riconosciuti [63]
. Il problema investe il metodo giuridico sia nel campo dell’ermeneutica, sia nel campo della dogmatica. Nel primo occorre acquisire una metodologia che garantisca le condizioni formali di razionalità delle scelte dell’interprete secondo i canoni delle moderne teorie della decisione, tenuto conto dei limiti che alla loro utilizzazione derivano dal vincolo specifico dell’ermeneutica giuridica ai valori materiali sanciti dalla costituzione. Di essi occorre misurare le pretese di realizzazione con riferimento alle varie tipologie sociali, risolvere le antinomie determinando il rispettivo grado gerarchico e, in caso
{p. 99}di conflitto tra valori equiordinati, definendo la proporzione in cui ciascuno subisce il concorso dell’altro.
Nel campo della dogmatica occorre adeguare le strutture concettuali del sistema ai valori ancorati nella legge fondamentale, e ciò postula un sistema aperto all’integrazione di nuove premesse di decisione. Non per questo si può aderire al progetto di rifondazione della dogmatica giuridica come «dottrina scientifica dei giudizi di valore positivizzati nel diritto vigente o che attendono di essere positivizzati nel diritto futuro» [64]
. Non i valori per sé considerati, bensì i concetti giuridici strumentali alla loro realizzazione possono essere ridotti a sistema [65]
. Non sono in questione i modi e le strutture del pensiero dogmatico, che rimane essenzialmente caratterizzato dallo stile del pensiero astratto o concettualizzante [66]
e dalla avalutatività {p. 100}dei propri contenuti teoretici. L’abbandono della pretesa di chiusura del sistema giuridico a tutto ciò che è altro da sé si riflette piuttosto sulle funzioni della dogmatica. In un sistema chiuso non solo il contenuto, ma pure la funzione dei concetti sistematici è indifferente ai valori. La loro funzione è puramente logica, si esaurisce nello svolgimento delle connessioni formali-deduttive del sistema, secondo il modello dei sistemi assiomatici. In un sistema aperto, oltre ai concetti ordinatori aventi una funzione classificatoria-sussuntiva (la quale non deve essere sottovalutata), la dogmatica viene indirizzata dal pensiero problematico alla costruzione di concetti funzionalmente determinati da valutazioni extrasistematiche, e in questo senso definibili come concetti assiologicamente orientati [67]
. Pur non assumendo tali valutazioni nel proprio contenuto, essi sono specificamente ordinati alla loro realizzazione nel diritto positivo. Si pensi ai concetti di diritto della personalità, di presupposizione del contratto, di inesigibilità della prestazione, di rischio d’impresa, ecc. Sotto questo aspetto la nuova dogmatica è caratterizzata da maggiore flessibilità, da gradi meno elevati di astrazione, da valutazioni sovente modulate su parametri tipologici, anziché legate a concetti rigidamente definiti.
Il rapporto funzionale della dogmatica con i valori determina la dipendenza della logica del sistema giuridico da un «principio di razionalità al di qua del pensiero dogmatico» [68]
, cioè da una razionalità non meramente formale. Ma, in quanto fondato sulla riflessione ermeneutica, che è il criterio di oggettività delle scienze dello spirito, il detto principio deve essere inteso in un senso ben di{p. 101}stinto dal modello weberiano della «razionalità rispetto al valore» (Wertrationalität) [69]
. Ogni valore sta a sé con una propria logica [70]
, e tende a far valere un punto di vista dal quale nessun costo per la sua realizzazione appare troppo elevato. Ogni valore, non nella sua sfera ideale, ma nella sua forza di determinazione dei sentimenti umani, ha la tendenza a erigersi a tiranno e a rimuovere gli altri valori: nel senso di Weber, agisce in maniera razionale rispetto al valore chi assolutizza un valore e lo persegue a qualunque costo. Una dogmatica guidata da una simile razionalità, della quale l’«uso alternativo del diritto» ha prodotto non pochi esempi rovinosi nell’ultimo decennio, è una dogmatica le cui linee di concettualizzazione non sono preparate dalla riflessione ermeneutica, ma sono mosse dagli impulsi della precipitosi tà ideologica. E l’ideologizzazione della dogmatica nel suo pratico operare «è sempre un segno sicuro della sua degenerazione» [71]
. La tirannia dei valori [72]
è la tirannia di un uomo o di un partito politico o di una classe sociale o di una casta burocratica, mentre la dogmatica giuridica ha il compito di garantire ugualmente per tutti la prerogativa della legge e, con essa, il senso originario dello Stato costituzionale, che nasce dalla volontà dei consociati di vivere non sub homine, sed sub lege [73]
.
Note
[63] Così Ballerstedt, Über ziwilrechtsdogmatik, in Festschrift f. Flume, vol. I, Köln, 1978, p. 259.
[64] Ibidem, p. 258. Intesa in questo senso, cioè come dottrina della legittimazione delle norme di diritto positivo in base alla rispondenza del loro contenuto a una tavola di valori, la dogmatica perderebbe la funzione di strumento di ricerca del diritto (v. infatti Ballerstedt, Probleme einer Dogmatik des Arbeitsrechts, in «Recht der Arbeit», 1976, p. 8, nota 15).
[65] Nel nostro linguaggio la parola «dogma» ha perduto il significato originario, analogo a quello che le è proprio nella teologia e nelle dottrine ideologiche dei partiti politici. Tuttavia i dogmi giuridici possono non del tutto impropriamente continuare a chiamarsi con questa parola perché assolvono un compito di (relativa) stabilizzazione di giudizi di valore (le valutazioni assunte dall’ordinamento giuridico in un dato momento storico) mediante la loro trasformazione in concetti conoscitivi, che forniscono punti fermi di riferimento per la comprensione del caso da decidere.
[66] Il pensiero dogmatico, dal quale la materia giuridica riceve la forma del sistema, opera con l’astrazione in entrambi i suoi aspetti, sia con l’astrazione generalizzante (e questo è l’uso più frequente), che procede dai concetti normativi raggruppandoli in concetti via via più generali, sia con l’astrazione nel senso della scomposizione dei concetti legali nei loro contenuti parziali astratti o, secondo un’altra terminologia, nelle loro parti non-indipendenti (cfr. Husserl, Ricerche logiche, cit., vol. I, pp. 486 ss.). Un esempio di astrazione del secondo tipo è il concetto di atto di disposizione, che è un contenuto parziale astratto dei concetti legali di vendita, donazione, permuta, contratto di rendita vitalizia, ecc. È possibile che due o più contenuti parziali astratti, combinandosi tra di loro, diano vita a un contenuto concreto, cioè indipendente, conducendo per tal via alla formazione di nuovi concetti sistematici. Riprendendo l’esempio, il concetto di atto di disposizione (che di per sé rappresenta un contenuto non-indipendente), combinandosi col concetto di causa dell’attribuzione patrimoniale, forma un contenuto (complesso) indipendente rappresentato dal concetto di «negozio traslativo con causa esterna», sotto il quale si classificano per es. gli atti di trasferimento previsti dagli artt. 651, comma 1°, e 1706, comma 2°, c.c.
[67] Cfr. Larenz, Methodenlehre der Rechtswissenschaft3, Berlin-Heidelberg-New York, 1975, pp. 204 ss., 466 ss.
[68] Esser, Vorverständnis und Methodenwahl in der Rechtsfindung, Frankfurt a.M., 1970, p. 159.
[69] Weber, Economia e società, cit., vol. I, pp. 22 s. Si tratta di un modello sociologico, cioè descrittivo, mentre Febbraio, nell’Introduzione alla traduzione italiana del saggio di Luhmann sulla dogmatica giuridica (Bologna, 1978), sembra evocarlo come modello prescrittivo.
[70] Forsthoff, Die Umbildung der Verfassungsgesetzes, in Rechtsstaat im Wandel, Stuttgart, 1964, p. 153.
[71] Wieacker, Zur praktischen Leistung, cit., p. 321.
[72] Hartmann, Etica, II, Assiologia dei costumi, Napoli, 1970, p. 408; C. Schmitt, Die Tyrannei der Werte, in Säkularisation und Utopie, Stuttgart, 1967, pp. 37 ss.
[73] Bracton, De legibus et consuetudinibus Angliae, ed. Woodbine, vol. II, New Haven, 1922, p. 33.