Avanzare insieme nella società anziana
DOI: 10.1401/9788815413086/c3
Un ulteriore approfondimento,
essenziale ai fini di questo volume, riguarda le famiglie in cui almeno un componente ha
almeno una limitazione nello svolgimento delle attività abituali
¶{p. 77}di vita quotidiana. Nel 2016, oltre 5,5 milioni di famiglie
hanno dichiarato di avere almeno un componente affetto da limitazioni funzionali, si
tratta di oltre un quinto delle famiglie. In questi casi emerge chiaramente come gli
aiuti ricevuti siano un sostegno effettivo e necessario per le famiglie: un terzo di
tutte le famiglie con un membro affetto da limitazioni, e un quarto di quelle con un
componente gravemente limitato, ricevono infatti aiuto. Il tipo di aiuto che queste
famiglie ricevono è indicativo dei bisogni che esprimono: oltre la metà delle famiglie
riceve aiuti per assistenza (aiuto nel vestirsi, mangiare ecc.), mentre poco meno della
metà è stata assistita per esigenze di compagnia e accompagnamento. Il 45% ha ricevuto
aiuti per le attività domestiche (preparazione dei pasti, pulizie ecc.), il 41,2% per
l’espletamento di pratiche burocratiche e il 38,1% per assistenza di tipo sanitario
(somministrazione di farmaci ecc.). Studiare il tipo di aiuto ricevuto permette quindi
di fare anche luce sui particolari bisogni di assistenza di queste famiglie e sulle
lacune dell’offerta pubblica/privata di servizi.
Tema affine al precedente è quello
dei bisogni espressi dalle famiglie composte da anziani soli. Si tratta di una delle
tipologie familiari che ha maggior probabilità di ricevere aiuto (23,2%): nel 56,2% dei
casi, queste famiglie sono state destinatarie di aiuti per l’espletamento di pratiche
burocratiche; nel 55,4% l’aiuto ha riguardato le attività domestiche e nel 54,5% la
compagnia e l’accompagnamento [Castagnaro e Meli 2022]. Infine, nel 28,1% dei casi
l’aiuto si è concretizzato in forma di prestazioni sanitarie e nel 37,7% in altre forme
di assistenza. Passando a un confronto temporale, le famiglie con anziani soli hanno
visto aumentare gli aiuti ricevuti sia in termini di compagnia e accompagnamento (dal
44,4% del 1998 al 54,6% del 2016), sia per quanto riguarda l’espletamento delle pratiche
burocratiche (dal 37,7% al 56,4%).
Allargando il campo d’indagine a
tutte le possibili fonti di aiuto, includendo quindi sia aiuti
formali che informali, sia
privati che pubblici, emerge un quadro di
progressivo incremento dell’aiuto ricevuto da ogni fonte. Nel 2016 quasi 3 famiglie su
10 hanno ricevuto aiuto (29%, fig. 3.2), cioè oltre 6,5 milioni di famiglie. Nel 1998
erano poco più di un quinto (21%), circa 4,5 milioni. La figura 3.2 mostra come l’aiuto
ricevuto aumenti per ogni tipologia di fonte di supporto. Come già visto,
aumen¶{p. 78}tano le famiglie che ricevono sostegno da altre persone non
coabitanti a titolo gratuito (dal 15% al 17%), ma aumentano anche quelle che ricorrono a
un aiuto formale privato (assistenti
familiari, dall’8% al 9%). I costi del ricorso a
personale privato ricadono però spesso quasi esclusivamente sulle risorse proprie delle
famiglie, rappresentando quindi una spesa economica notevole che solo le famiglie più
abbienti possono permettersi (cfr. infra, cap. 5). Allo stesso
tempo, nel periodo considerato, si nota una maggiore presenza di aiuti forniti dai
comuni o dalle ASL (aiuti formali pubblici, dal 2% al 5%), sebbene nel 2016 vedano
coinvolte appena 1,2 milioni di famiglie, una quota assai inferiore a quella dei nuclei
che hanno al proprio interno almeno una persona con limitazioni nello svolgimento di
attività di vita quotidiana. Inoltre, c’è da evidenziare che l’aiuto pubblico è presente
spesso insieme all’aiuto informale mostrando come in Italia il supporto ricevuto dai
comuni o dalle ASL sia complementare e non sostitutivo dell’aiuto familiare.
4. Le persone di 65 anni e più senza figli
In questo capitolo si è
evidenziata l’importanza degli scambi informali di aiuto e supporto tra le famiglie,
direttamente con¶{p. 79}nessi all’ampiezza e solidità della rete di
solidarietà parentale. Per tale motivo è interessante comprendere come la sostenibilità
del welfare italiano possa continuare nel nostro paese date le dinamiche demografiche in
atto e cogliendo i punti di forza e di debolezza del sistema di supporto in cui gli
anziani sono inseriti.
In un sistema di welfare in cui
alla famiglia viene delegata la quota maggiore delle attività di cura degli anziani, i
coniugi e i figli sono gli attori principalmente coinvolti nelle attività di cura e
supporto. Tuttavia, la quota di popolazione che non ha avuto figli è in rapido aumento a
partire dalle generazioni nate dagli anni Settanta in poi. In molti paesi il network di
supporto degli anziani childless e l’impatto sul benessere di
queste persone è stato ampiamente studiato [vedi tra gli altri Albertini e Mencarini
2014]. Nella figura 3.3, analizzando sempre i dati dell’indagine Famiglie e
soggetti sociali, si delinea il tipo di aiuto ricevuto (se informale,
pubblico o privato) confrontando le persone di 65 anni e più con e senza figli.
Circa il 15% delle persone di 65
anni e oltre è senza figli, questa quota è stabile a partire dal 1998, anche se aumenta
in valori assoluti. Nel 2016 le persone senza figli di età superiore
¶{p. 80}ai 65 anni sono circa 1,8 milioni, nel 1998 erano 1,6 milioni.
La percentuale di anziani che vivono da soli è in aumento: oltre la metà degli ultra
65enni vive da sola, mentre circa il 40% vive in coppia [cfr. ISTAT 2023].
Le famiglie con anziani senza
figli ricevono mediamente più aiuto di tutte le altre tipologie di famiglia (fig. 3.3).
La ricerca di supporto esterno è sicuramente il segnale che le persone senza figli
esprimono dei bisogni che non sono, o non possono essere, soddisfatti da parenti
coabitanti. In generale le famiglie in Italia tendono a risolvere le esigenze di cura o
con un’attivazione diretta di alcuni membri della famiglia o demandandole a servizi
privati a spese della famiglia. Ciò rimane valido anche per le famiglie con almeno un
componente di 65 anni e più senza figli: solo in piccola parte ottengono infatti anche
assistenza formale pubblica. Inoltre, la dinamica degli aiuti ricevuti dagli anziani
senza figli mostra un leggero calo nell’aiuto informale ricevuto e un aumento di quello
pubblico e privato.
5. Conclusioni
La breve rassegna statistica
sull’assistenza agli anziani qui presentata porta a una serie di considerazioni. In
primo luogo, l’analisi temporale consegna un quadro stabile e persino in miglioramento
della solidarietà familiare e sociale italiana, con un progressivo incremento del
coinvolgimento anche dei giovani anziani come caregivers. In
secondo luogo, i familiari rimangono di gran lunga la principale fonte di aiuto per gli
anziani: il 17% delle famiglie riceve aiuto informale da non coabitanti (fig. 3.2).
Questa quota è anzi probabilmente sottostimata dal momento che non include anche l’aiuto
fornito da familiari coabitanti (circa il 20% degli ultra-settantacinquenni in Italia
vive con i figli). Terzo, quando le famiglie hanno le risorse economiche per farlo si
affidano a personale privato, con un conseguente impoverimento delle famiglie in cui c’è
un anziano bisognoso di cure. In quarto luogo, nonostante segni di crescita del supporto
formale pubblico, questo rimane marginale, evidenziando il ritardo del welfare italiano
nel garantire agli anziani con limitazioni un adeguato supporto.
Un ulteriore elemento di
riflessione riguarda infine il terri¶{p. 81}torio in cui si trovano a
vivere queste persone, cioè la distanza dai familiari e dalle strutture di assistenza
pubbliche e private più vicine. Gli anziani che si trovano a vivere in territori isolati
o lontani dalle residenze dei figli o dei parenti più prossimi, potrebbero incontrare
maggiori difficoltà ad accedere al supporto necessario. I processi emigratori e di
spopolamento, che coinvolgono le realtà più povere e meno sviluppate del paese,
potrebbero rappresentare in futuro un problema per la sostenibilità dell’attuale
conformazione della rete di supporto. Queste ultime riflessioni saranno al centro del
prossimo capitolo, dove sarà costruito un indicatore di criticità comunale potenziale:
un primo passo per tenere conto dell’eterogeneità geografica nello studio della domanda
di assistenza agli anziani.
Note