Cecilia Tomassini, Marco Albertini, Carlo Lallo (a cura di)
Avanzare insieme nella società anziana
DOI: 10.1401/9788815413086/c7
La giurisprudenza adotta dunque una diversa soluzione: si tratterebbe di un contratto nullo per contrarietà a una norma (imperativa) che ha per scopo la «tutela dell’autonomia privata e della libera esplicazione dell’attività negoziale delle persone in stato di menomazione psichica» [10]
. Ciò produce un effetto paradossale: in sede civile il contratto viene giudicato non annullabile perché manca il presupposto dell’art. 428, ma quando sia individuata la fattispecie di reato, il contratto è addirittura nullo
{p. 161}per contrarietà a una norma imperativa. Il problema è determinato dalla difficoltà di ammettere che forme di abuso, condizionamento o manipolazione del volere possano aver rilievo anche al fine di accertare l’incapacità di intendere e di volere. Finché si assume che l’incapacità vada accertata rispetto a un modello astratto, allora persino l’abuso dell’altrui stato di vulnerabilità accertato in sede penale rimane del tutto estraneo alla regola civilistica. Emerge, in ultima analisi, la necessità di ammettere interpretazioni più elastiche e storicamente più attuali di talune categorie giuridiche, come quella di dolo, captazione, raggiro e, in primis, di incapacità di intendere e di volere [Fusaro 2023]. Interpretazioni in cui si tenga conto delle sfumature dell’individualità umana e di ciò che è mutato nel modo di guardare alla persona e alle sue fragilità.
Note
[10] Cass., 27 gennaio 2004, n. 1427, in «Contratti», 2004, pp. 997 ss. In senso analogo Cass., 20 marzo 2017, n. 7081, in «Contratti», 2017, p. 655; Cass., 29 ottobre 1994, n. 8948, in «Massimario del Foro italiano», 1994.