Cecilia Tomassini, Marco Albertini, Carlo Lallo (a cura di)
Avanzare insieme nella società anziana
DOI: 10.1401/9788815413086/c7
L’effettiva attuazione degli sportelli di prossimità può sopperire in parte alle carenze che si registrano nell’accesso alla giustizia da parte dei soggetti fragili, tuttavia sarebbe opportuno un potenziamento degli organici delle cancellerie, con sezioni specifiche che si occupino delle procedure di sostegno ai soggetti fragili. A tal proposito, potrebbe certamente valutarsi l’ingresso nelle procedure di soggetti specializzati, ad esempio appartenenti ai servizi sociali, in modo che possa essere garantita una facilità di accesso e di gestione delle procedure di amministrazione di sostegno da parte non solo dell’anziano fragile, ma anche dei familiari o soggetti designati alla prestazione delle cure. Questi ultimi infatti devono sovente fare ricorso all’assistenza di professionisti legali per interfacciarsi con la struttura burocratica della giustizia. Sul punto, va evidenziato ad esempio che l’introduzione delle sezioni specializzate d’impresa, a cui sono stati assegnati giudici con una comprovata esperienza nel settore, ha portato sicuramente a un efficientamento delle proce
{p. 146}dure giurisdizionali gestite dalle sezioni medesime. In tale prospettiva, deve essere garantita anche la formazione specializzata degli operatori di cancelleria, i quali dovrebbero essere istruiti per assicurare una piena e concreta collaborazione con il relativo giudice tutelare. In relazione ai magistrati, la realizzazione di un progetto di sostegno effettivo e personalizzato richiede una forte attenzione nella fase dell’ascolto dell’anziano, adempimento che si scontra con la frequente carenza di organico dei tribunali italiani e con una non sempre adeguata formazione dei magistrati che se ne occupano.
Sin da quando fu introdotta, l’amministrazione di sostegno, grazie alla sua flessibilità, ha conosciuto un successo applicativo senza precedenti. Sono invero moltissime le domande. Nei primi anni di applicazione questo ha sicuramente rappresentato un indice del successo dell’istituto, ma ora i numeri sono talmente elevati che si profila l’urgenza di rimeditare gli equilibri dell’intero sistema di protezione degli incapaci [Girolami 2023].
Non si può fare una colpa al magistrato gravato da un migliaio di procedimenti di questo tipo, come mediamente accade, se i decreti tendono a uniformarsi a formule standard riconducibili a situazioni e modelli astratti di fragilità. Difetta il tempo materiale per conoscere davvero la condizione della persona a cui è destinato l’amministratore di sostegno, segnando nei fatti una crisi non voluta dell’istituto, approdato ben lontano dalle intenzioni del legislatore [Roma 2021; Carlesso et al. 2021].
Analizzando la prassi dei tribunali presi in considerazione si evidenzia, peraltro, una forte contraddizione: da un lato si ritiene che nelle procedure di amministrazione di sostegno il ruolo di giudice tutelare debba essere ricoperto esclusivamente da magistrati togati; dall’altro, ancorché il singolo giudizio sia effettivamente affidato a un magistrato togato, spesso si delegano fasi della procedura a magistrati onorari.
Questa prassi provoca un’ulteriore inefficienza, perché si assiste a un’alternanza di differenti giudici all’interno del medesimo procedimento di amministrazione di sostegno.
In relazione al ruolo di giudice tutelare, è stato autorevolmente osservato:
è indispensabile che venga anche normativamente prevista un’adeguata specializzazione a questa funzione; e che la relativa professiona{p. 147}lità venga adeguatamente valorizzata anche nell’ambito delle valutazioni nella carriera del magistrato, escludendosi ogni sottovalutazione del suo delicatissimo operato. Al contempo non può certo ritenersi che la professionalità e la sensibilità relativa sia acquisibile solo dai magistrati togati; invece possono e debbono, senza fariseismi normativi, essere utilizzabili senza timori o ubbie esclusivistiche le acquisizioni di formazione e sensibilità rintracciabili in molti magistrati onorari, senza che essi vengano organizzativamente o nei fatti addetti a ruoli vicari o subordinati e nascosti [Trentanovi 2023a; 2023b].
Sarebbe, dunque, opportuno un potenziamento dell’organico, anche attingendo a giudici onorari, che tenga nell’adeguata considerazione la formazione e l’esperienza degli stessi nella specifica materia del sostegno e delle cure ai soggetti fragili e non solo le competenze giuridiche degli stessi. Come osservato da Trentanovi [ibidem]:
si deve superare (anche attraverso previsioni in tal senso a livello normativo-organizzativo) la cosiddetta logica delle competenze, della diagnosi e della prognosi settoriale attraverso la logica della condivisione multidisciplinare e multidimensionale nel progetto personale di sostegno a favore della persona non autonoma. Necessità di comprensione (e, se ritenuto necessario per superare divergenze applicative, specificazione normativa) del carattere sussidiario dell’intervento del GT (art. 405 c.c.) che può e non deve essere assistita (art. 404 c.c.). Attraverso percorsi comuni di formazione deve esser compreso, parallelamente, il carattere sussidiario dello stesso intervento dei «responsabili dei servizi sanitari e sociali impegnati nella cura e assistenza della persona», ex art. 406, terzo comma, c.c. (dicotomia tra sono tenuti e ove opportuna).

2.3. Il problema della necessaria formazione continua e specializzata dei soggetti coinvolti nel progetto di sostegno e del costo delle procedure di amministrazione di sostegno

È necessario garantire una formazione adeguata e continua di tutti i soggetti che fanno parte del «progetto di sostegno» e che sono coinvolti nella prestazione delle cure di sostegno agli anziani fragili, ossia: giudici tutelari, avvocati e altri soggetti che assumono la qualifica di amministratori di sostegno, operatori {p. 148}dei servizi sociali, familiari che partecipano alle cure e al sostegno dell’anziano.
Allo stato, infatti, non sono rintracciabili previsioni normative che fissano un obbligo di formazione specifica per i soggetti (al di fuori degli operatori dei servizi sociali). Peraltro, si evidenzia che tale formazione continua dovrebbe essere multidisciplinare e, dunque, riguardare non solo gli aspetti giuridici, ma anche quelli medico-psicologici e tale formazione dovrebbe tenere in debita considerazione l’esperienza dei soggetti che effettivamente hanno prestato cure ad anziani fragili. Sul punto, si è evidenziata la necessaria collaborazione e condivisione che deve intercorrere tra i soggetti chiamati al progetto di sostegno del beneficiario, affermandosi che
tali professionalità e sensibilità vanno normativamente richieste e formate anche nei responsabili e negli operatori dei servizi socio-sanitari; essi devono saper operare, anche assieme ai magistrati incaricati del ruolo di GT, superando ogni logica di competenze esclusive e nell’ottica della multidimensionalità e della multidisciplinarietà; nella condivisione, ai livelli organizzativi e a quelli (caso per caso, persona per persona) applicativi, di un servizio essenziale per persone tra le più fragili della comunità [Trentanovi 2023a; 2023b].
Ulteriore riflessione dev’essere svolta sui costi delle procedure di amministrazione di sostegno. Allo stato, la procedura di amministrazione di sostegno non è gratuita per il beneficiario, essendo ad esempio previsto un compenso, sotto forma di indennità, che grava sul patrimonio del beneficiario. La determinazione di tale indennità avviene sulla base di protocolli adottati dai vari tribunali, «tenendo in considerazione l’entità del patrimonio amministrato ma anche le difficoltà incontrate nella cura della persona e dei suoi interessi patrimoniali» (si è presa quale esempio l’indicazione adottata dal Tribunale di Padova).
Si ritiene necessario valutare l’opportunità di tale scelta e le possibili alternative: ad esempio è stata avanzata l’ipotesi di far rientrare le spese relative ai progetti di sostegno dei soggetti fragili all’interno dei livelli essenziali di assistenza, ossia «le prestazioni e i servizi che il Servizio sanitario nazionale (SSN) è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione (ticket), con le risorse {p. 149}pubbliche raccolte attraverso la fiscalità generale (tasse)» (definizione tratta dal sito del Ministero della Salute) [2]
.
Secondo questa ipotesi, l’applicazione di una procedura di amministrazione di sostegno verrebbe considerata livello essenziale di tutela alla persona, che non sopporterebbe più alcun costo, nemmeno quello per l’indennità dell’amministratore di sostegno. Potrebbe dunque valutarsi la possibilità di attingere altrove le risorse necessarie al progetto di sostegno, tra cui anche i costi per gli enti pubblici e privati che potrebbero essere coinvolti nel sostegno all’anziano.

3. Dalle criticità dell’amministrazione di sostegno a ipotesi alternative

Il forte aumento dei procedimenti di amministrazione di sostegno ha pregiudicato l’efficienza dell’istituto, sia a causa delle scarse risorse allocate (tempo e personale), insufficienti a garantire il corretto funzionamento, sia a causa di una certa inerzia legislativa nel riconoscimento delle competenze necessarie al procedimento stesso: e certamente questa tendenza può solo peggiorare proporzionalmente al progressivo aumento della popolazione anziana in Italia.
I giudici tutelari non riescono a esercitare un ruolo effettivo e attivo nelle procedure e sovente si assiste a un’eccessiva burocratizzazione delle procedure: ad esempio, gli amministratori di sostegno sono tenuti a periodiche e dettagliate relazioni di aggiornamento e ad altre forme di rendicontazione che in realtà si risolvono in adempimenti burocratici verificati solo nella forma e non nel merito. Occorre ribadire, peraltro, che le difficoltà di gestione dell’elevato numero dei ricorsi portano spesso i giudici ad applicare formule ricorrenti e standardizzate, con ciò frustrando del tutto le finalità di sostegno e cura del soggetto amministrato. Si assiste, infine, a una disomogeneità applicativa dell’istituto a livello territoriale, che determina forti disuguaglianze sul territorio.{p. 150}
Per fronteggiare le problematiche evidenziate, una prima via è quella di prospettare alcune ipotesi di riforma dell’attuale disciplina degli istituti di protezione dei soggetti fragili, anche e soprattutto sul piano delle risorse e dello sviluppo di una più adeguata rete organizzativa di gestione. Sul punto, l’introduzione a opera della legge n. 6/2004 della possibilità di modulare il decreto di nomina dell’ADS alle reali necessità del beneficiario «aveva illuso sull’imminente abrogazione degli istituti tradizionali che apparivano ormai figli di una logica superata» [Girolami 2023]. È stato perfino osservato che la piena attuazione dei principi ispiratori della legge n. 6/2004 può essere raggiunta solo con la totale abrogazione degli istituti dell’interdizione e dell’inabilitazione, mentre il compito di tutelare e supportare i soggetti fragili in generale deve essere demandato all’amministrazione di sostegno, unico istituto capace di conformarsi alle reali esigenze del soggetto infermo/fragile. Come evidenziato ancora da Trentanovi [2023a; 2023b], alla cancellazione normativa dell’interdizione/tutela, potrebbe conseguire la
trasformazione provvisoria di tutte le tutele in amministrazioni di sostegno; disponendo/prevedendo contestualmente tempi tecnici ridotti per il successivo intervento individualizzante del GT ex art. 405 c.c., tenendo presente l’esigenza-base dell’ascolto personale (il sentire personalmente di cui all’art. 407 c.c.) del beneficiario nel suo contesto esistenziale (immedesimazione).
Il superamento dell’interdizione e dell’inabilitazione porterebbe, peraltro, ad abbandonare la dicotomia capacità/incapacità di agire.
L’eventuale abolizione degli istituti più risalenti comporterebbe, di conseguenza, la necessità di adattare ulteriormente l’amministrazione di sostegno, modificandola sotto più aspetti. Da questo punto di vista, dovrebbe parimenti essere valutata l’introduzione all’interno del codice civile di una disposizione che rechi i principi ispiratori della legge n. 6/2004, la cui finalità, espressa all’art. 1, è quella «di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente».
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