Paolo Conte
Da esuli a francesi
DOI: 10.1401/9788815413031/c2
In ogni caso, se la Austen veniva tenuta fuori dalle indagini e fatta allontanare dall’Esagono, più complesso sarebbe stato il destino degli altri inquisiti, sulla cui colpevolezza il rapporto di Thibaudeau lasciava pochi dubbi. I tre napoletani, infatti, sarebbero stati tenuti in carcere ancora per diverso tempo, questa volta tutti in isolamento (Moliterno e Fiore sempre al Temple e Belpulsi in un’altra celebre prigione parigina quale il Sainte-Pélagie). Per quest’ultimo, che nel frattempo non aveva mancato di scrivere diverse petizioni di protesta, la svolta sarebbe arrivata nell’aprile 1804, allorquando venne liberato insieme ad altri due detenuti italiani (Lorenzo Bay e un tal Fantinato) e condotto sotto scorta a San Remo con l’obbligo di abbandonare «le territoire des républiques française, italienne et ligurienne» [42]
. A Moliterno e Fiore, invece, spettava un futuro ancora in Francia,
{p. 85}seppur non più da reclusi nelle carceri della capitale, bensì da sorvegliati nelle città di provincia. In quegli stessi mesi, infatti, per entrambi la detenzione fu commutata in confino: cosicché, se già nell’autunno 1803 il principe veniva condotto a Charolles (nel dipartimento della Saône-et-Loire), nel luglio successivo l’avvocato fu trasferito nel piccolo comune di Chablis (nella Yonne).
A nulla, dunque, erano servite le reiterate raccomandazioni di diverse autorità diplomatiche che, da Parigi come da Napoli, avevano insistito sulla pericolosità degli arrestati e sulla necessità di un’attenta sorveglianza nei loro confronti. Ad esempio, dalla capitale francese Del Gallo aveva più volte richiesto che essi fossero «soigneusement gardées dans les lieux de leur relégation», mentre ancor più allarmate erano state le sollecitazioni del suo omologo francese a Napoli Charles Alquier, il quale aveva sottolineato come Moliterno continuasse a essere «plus dangereux qu’on ne pense» per via delle sue «relations en Angleterre» e perché capace di «tout tenter, même une entreprise contre la personne du Premier Consul» [43]
. In particolare, riguardo al leader della congiura a prevalere fu il timore delle minacce di suicidio che questi aveva avanzato durante la detenzione e che, anche in considerazione di analoghe dichiarazioni sul suo conto rilasciate da Belpulsi per giustificare il proprio coinvolgimento, erano state ritenute plausibili, tanto da suggerire, finanche per il principale protagonista di un progetto tanto ardito, l’adozione di misure meno restrittive pur di evitare scandali pubblici. [44]
Eppure, i fatti si sarebbero presto incaricati di mostrare quanto fondati fossero gli avvertimenti di Alquier, dato che Moliterno, dopo circa un anno trascorso a Charolles durante il quale chiese più volte di «retourner dans ses foyers ou s’embarquer pour les États Unis» [45]
, nel novembre 1804 si rendeva protagonista di una clamorosa evasione, a {p. 86}cui faceva seguire una rapida fuga dalla Francia. Una fuga che qui sembra utile provare a ricostruire, anche perché caratterizzata da ulteriori propositi cospirativi legati proprio alle trame che, già nel 1802, avevano causato il suo arresto a Calais.
Dopo aver raggiunto la Svizzera, infatti, egli si trasferì nei territori tedeschi con l’obiettivo d’imbarcarsi per l’Inghilterra ma, non riuscendo a ottenere l’autorizzazione per la partenza, decise di far rotta su Amburgo, dove nell’estate 1805 riuscì finalmente a ricongiungersi con la compagna Dorinda. I due riavviavano così non solo la loro storia d’amore, ma anche le vecchie trame cospirative anti-napoleoniche e, per meglio mascherare la propria identità, decisero di assumere appellativi legati ai feudi che Girolamo Pignatelli possedeva nella provincia di Basilicata, lui diventando principe di Marsiconuovo e lei prendendo il cognome di Sarconi. L’estate-autunno del 1805 fu per loro un’«époque de grandes espérances», in cui alla gioia per la ritrovata libertà si aggiunse presto, in ottobre, quella suscitata dalla vittoria inglese nella battaglia di Trafalgar. E così, dopo aver raggiunto Berlino, concordavano di separarsi per provare a dare attuazione ai nuovi piani: lui, meno libero di muoversi nell’Europa napoleonica, restava nella città prussiana per coltivare contatti internazionali a sostegno di un nuovo progetto militare nel Mezzogiorno d’Italia, mentre lei partiva in direzione di Napoli per provare a riallacciare, a nome del compagno, i contatti con la regina Carolina.
Si trattava di uno schema molto simile a quello avviato nella Parigi del 1802, dato che da un lato il compito dell’irlandese era quello di assicurare alla regina napoletana la loro disponibilità nel fornire contingenti armati in Italia «pour y opérer des soulèvements» e dall’altro il ruolo di Moliterno era quello di lavorare nell’Europa del Nord per tessere – anche grazie al supporto dello svizzero Carlo Fargetti-Bossi, «son agent à Londres», e del nobile veneziano Alvise Zenobio – nuovi contatti con i ministeri inglesi. A questi, inoltre, egli faceva pervenire dei piani di occupazione del Regno di Napoli che molto si fondavano sul concorso dell’ex compagno Belpulsi, il quale nel frattempo {p. 87}era rientrato nella penisola, dove, nel maggio 1806, veniva nuovamente arrestato con l’accusa di essere un «agente degli inglesi e della passata regina» [46]
. Del resto, la stessa polizia francese riconosceva come il progetto fosse «à peu près semblable» a quello che Moliterno «avait présenté à la reine de Naples il y a trois ans et qu’il portait en Angleterre lorsqu’il fut arrêté». Le autorità napoleoniche, quindi, lungi dal sottovalutare tali piani, sottolineavano come, nel pieno della guerra tra la Francia e la «terza coalizione», fosse possibile che «dans les circonstances changées, la Reine de Naples et l’Angleterre consentent à utiliser Moliterno Pignatelli en lui donnant des fonds pour réaliser ses intrigues» [47]
.
Tuttavia, i propositi del gruppo dovettero ben presto scontrarsi non solo con la loro costante caducità, ma anche con l’evolversi delle vicende militari di quei mesi, durante i quali, come noto, la battaglia di Austerlitz del 2 dicembre 1805 sancì il definitivo trionfo napoleonico in Europa. Del resto, dopo la stipula della pace di Presburgo avvenuta sul finire di quell’anno, tale trionfo aprì la strada alla nuova avanzata francese in quel Regno di Napoli che, invece, Moliterno si proponeva di porre sotto il controllo inglese. Non a caso, proprio nella primavera del 1806, mentre l’esercito imperiale procedeva all’occupazione dell’Italia meridionale, Dorinda Austen-Sarconi veniva arrestata a Roma, città che aveva raggiunto da qualche settimana dopo un breve soggiorno a Vienna. Così, la polizia poteva comunicare che questa «femme galante qui court l’Europe depuis 25 ans» e che da tempo «se fit remarquer par beaucoup d’intrigues» era nuovamente condotta in carcere. E questa volta la sua situazione sarebbe stata ancor più compromessa, perché in suo possesso furono rinvenute diverse lettere inviatele da Moliterno che, seppur scritte con inchiostro simpatico, non lasciavano «aucun doute sur l’espèce de mission dont elle était chargée auprès de la reine de Naples et sur la connaissance qu’elle avait nécessairement de tous ses projets». {p. 88}Cominciava per lei una detenzione conclusasi solo con il crollo napoleonico del 1814 e che nemmeno l’intercessione del papa sarebbe riuscita a far cessare, dato che le reiterate richieste di una sua liberazione avanzate sin dal 1807 dal cardinale Caprara caddero ripetutamente nel vuoto [48]
.
La vittoria francese di Austerlitz, dunque, aveva sconvolto i piani già di per sé avventurosi di Moliterno, tant’è che questi, pur confessando alla sua compagna di sentirsi «abandonné, trahi et voué même à la mort par tout le monde» [49]
, nel gennaio 1806 metteva in atto un estremo tentativo per anticipare le ormai prossime operazioni napoleoniche nella penisola. Il 7 di quel mese, ormai diffusasi la notizia della pace di Presburgo, si indirizzava direttamente al primo ministro inglese William Pitt, tornato a guidare il governo di Saint-James nel 1804 dopo un’interruzione di tre anni, per ribadire la sua convinzione secondo cui solo la protezione inglese avrebbe potuto far emergere l’avversione al sistema napoleonico di tutti i popoli della penisola e quindi costituire il collante per la formazione di una «confédération embrassant l’Italie entière» [50]
. Al tempo stesso, con l’evidente obiettivo di sollecitare Pitt a intervenire nel Mezzogiorno, allargava lo sguardo a tutto il «Vecchio continente», invitando il governo inglese, ritenuto l’ultimo baluardo all’avanzata delle forze rivoluzionario-napoleoniche, a sopperire alle timidezze delle altre grandi monarchie europee:
Nous ne pouvons pas nous cacher que même les efforts généreux qu’ont faits jusqu’à ce jour le Gouvernement et la Nation Britannique pour terrasser, soit jusqu’à l’époque du 18 brumaire l’Hydra de la Révolution française, soit ensuite le forcené que la remplace et qui a décidé la destruction de toutes les Puissances de l’Europe et le plus dur esclavage, ces nobles efforts n’ont servi qu’à donner des nouvelles forces aux premiers et accroître leur arrogance dans le même temps que les Puissances, en se couvrant {p. 89}de honte et en courant à leur perte, ont forcé les nations à gémir sur l’affreuse sorte qui va être bientôt leur partage.
[...] Jusqu’à ce moment le Gouvernement Britannique, que l’on doit justement regarder comme l’âme et le magnanime défenseur des trônes et de la liberté de l’Europe, a cru pouvoir faire coopérer à une si noble autant qu’intéressante action les souverains eux-mêmes. [...] Mais le Gouvernement Britannique ne peut plus se dissimuler qu’il a été trompé dans sa juste attente. [...] Le sage Gouvernement Britannique et son respectable Ministère sauveront l’Europe et eux-mêmes, oui, j’ose encore l’espérer. Le juste et puissant Gouvernement Britannique ralliera et protégera les généreux nations qui ont juré de se soustraire à ces honteuses tyrannies d’un vil Corse [51]
.
Non pago della lettera a Pitt, la settimana successiva Moliterno reiterava i propri tentativi rivolgendosi ad altri interlocutori di prestigio con la speranza di estendere i propri sostegni anche all’interno di quella famiglia Borbone che la rivoluzione aveva spodestato dal trono di Francia. Così, sempre a Berlino, consegnava a una spia della polizia, che egli credeva essere un «important agent bourbonniste», due lettere da recapitare l’una al duca d’Orléans (ai tempi erede trentatreenne del celebre Philippe Égalité e in seguito sovrano di Francia dal 1830 con il nome di Luigi Filippo) e l’altra al duca di Berry (ventottenne secondogenito del futuro Carlo X e poi ucciso nel febbraio 1820 dalle pugnalate dell’operaio Louis Louvel). Nelle missive, egli invitava i due destinatari non solo a mettersi alla testa di un esercito che diceva di aver formato in Italia grazie al sostegno della nobiltà locale, ma anche a «faire quelques démarches auprès du cabinet de St. James» per far cessare la «situation humiliante où Bonaparte retient l’Italie» [52]
.
Si trattava, dunque, dei disperati tentativi di un uomo che, di fronte all’incalzante evolvere di eventi che prendevano sempre più la direzione opposta a quella auspicata, provava accanitamente a giocare tutte le carte possibili. La loro
{p. 90}importanza, pertanto, più che nelle concrete conseguenze sullo scenario del tempo, sta nel permettere di delineare il pensiero politico e le ambizioni militari del suo autore e nel mostrare come progetti e contatti che questi aveva avviato nella Francia consolare ebbero echi e ripercussioni anche nell’Europa imperiale.
Note
[42] ANF, F/7, cart. 6319/B, dr. Bay. Sulle sue petizioni dal carcere e sul seguito dei suoi spostamenti si veda P. Di Cicco, Contributo documentario per una biografia del molisano Antonio Belpulsi, in «Samnium», 47, 1974, n. 3-4, pp. 143-184.
[43] C. Auriol, La France, l’Angleterre et Naples de 1803 à 1806, Paris, Plon, 1904, vol. 1, pp. 473-474.
[44] ANF, F/7, cart. 6319/B, dr. Interrogatoires Moliterno.
[45] Ibidem.
[46] Altre informazioni sul suo nuovo arresto sono in ASF, Intendenza, Governo e Prefettura di Capitanata, Atti di polizia, serie II, cart. 1.
[47] ANF, F/7, cart. 6319/B, dr. Correspondance Moliterno.
[48] ANF, F/7, cart. 6476, dr. Affaire Dorinda Sarconi.
[49] ANF, F/7, cart. 6319/B, dr. Interrogatoires Moliterno, Lettera di Moliterno a Sarconi (Berlino, 22/01/1806).
[50] ANF, F/7, cart. 6319/B, dr. Interrogatoires Moliterno, Lettera di Moliterno a Pitt (Berlino, 7/01/1806).
[51] Ibidem.
[52] ANF, F/7, cart. 6319/B, dr. Interrogatoires Moliterno, Lettere di Moliterno ai Duchi d’Orléans e di Berry (Berlino, 15/01/1806).