Paolo Conte
Da esuli a francesi
DOI: 10.1401/9788815413031/c6
Che queste non fossero semplici parole di circostanza sarebbe stato confermato dal seguito della breve vita del giornale, dato che in quelle stesse settimane Napoleone interveniva nuovamente allo scopo di estendere la distribuzione del foglio anche nei territori del nord-est. Se a fine settembre comandava di acquistare «1.000 exemplaires du journal intitulé “Corriere d’Italia” et de l’envoyer dans les départements du Royaume, particulièrement du côté du Frioul et de la Romagne», in novembre approvava il decreto che prevedeva di attingere dal fondo di riserva del governo del Regno d’Italia la «somme de 60.000 fr. nécessaire pour le payement de l’abonnement à 1.000 exemplaires» [12]
. E va fatto notare che il finanziamento in questione era stabilito nelle stesse settimane in cui, a seguito della Convenzione di Fontainebleau del 10 ottobre, il fiume Isonzo veniva individuato quale nuova linea di confine tra Regno d’Italia e Austria, con la conseguenza che i territori friulani posti sulla sua riva sinistra entravano a far parte del dipartimento italiano del Passariano. Anche per questo l’editore Guitard, che sin da subito aveva provato ad aprire un punto di stampa in Italia intavolando senza successo trattative a Milano, sfruttò le direttive napoleoniche per avviare, questa volta con esiti positivi, una collaborazione con una tipografia veneziana. Così, se il luogo della stesura del «Corriere» era fissato a Parigi, la distribuzione delle copie si articolò non tanto in Francia, né nella Milano centro politico del Regno, ma soprattutto nelle zone orientali della penisola. Insomma, la redazione parigina di un giornale italiano tornava utile per il proposito napoleonico di favorire la formazione di
{p. 192}un’opinione pubblica filo-imperiale anche nei territori più periferici.
Tutto ciò spiega perché il sostegno dell’Imperatore non si attenuasse nemmeno di fronte all’opposizione di importanti personalità della politica napoleonica in Italia quali il viceré Eugenio di Beauharnais e il ministro degli esteri Marescalchi. Il primo, da Milano, infastidito dall’ipotesi di veder circolare nei territori sotto il suo controllo un giornale redatto sulle rive della Senna, non esitava a dichiararsi contrario alla «possibilité qu’un journal fait par des particuliers se trouve en concurrence avec le “Journal Officiel” suivi par le gouvernement» [13]
. Il «parigino» Marescalchi, invece, si concentrava più che altro sulla critica alla qualità della redazione, definendo gli articoli «si incorrects, si peu soignés, si faibles de rédaction, que tout le monde avait trouvé qu’il était impossible qu’il eût la moindre influence en Italie» [14]
. Tuttavia, qui sembra che l’opposizione del ministro italiano non fosse meramente legata a valutazioni stilistiche, bensì fosse causata anche da ragioni politiche connesse al conflitto istituzionale che lo vedeva coinvolto a Parigi sin da quando, a seguito della formazione del Regno d’Italia nel 1805, nelle sale francesi del governo italiano era giunto, con la funzione di segretario di Stato, il bolognese Antonio Aldini, uno dei principali sostenitori dell’iniziativa avviata da Guitard.
Se il quadro dei protettori (e degli oppositori) del «Corriere» appare piuttosto chiaro, meno delineato, purtroppo, risulta quello dei suoi redattori, in quanto la forma anonima con cui erano pubblicati gli articoli impedisce una ricostruzione più approfondita dei suoi diretti protagonisti. Ad ogni modo, sembra plausibile ipotizzare che il direttore del foglio fosse proprio quel Saverio Scrofani che, dopo esser giunto a Parigi come esule nel 1799, si era fino a quel momento messo in evidenza per le sue attività spionistiche al servizio dell’ambasciatore napoletano Del Gallo. A supportare questa {p. 193}ipotesi è una lettera con cui, nel febbraio del 1808, questi scriveva all’amico Melchiorre Cesarotti, ai tempi a Padova, per chiedergli di contribuire alla redazione del giornale, per i cui articoli, dunque, non si ometteva di far ricorso anche al contributo proveniente dai confini peninsulari:
Piacque a S.M. l’Imperatore di stabilire in Parigi un giornale Italiano, che camminando su le traccie di quelli di Francia, nel comunicare le nuove utili, possa anche istruire giornalmente i lettori; e le piacque pure ch’io ne sia oggi il Compilatore: le do questa nuova, acciocché, se avesse ella qualche articolo da voler fare inserire, non avrà che a farmelo giungere [15]
.
Cosicché, se durante il Consolato i dubbi sulla condotta di Scrofani furono alquanto diffusi, col passare del tempo questi seppe conquistarsi la fiducia delle più prestigiose istituzioni del tempo fino ad arrivare, appunto, a ottenere la direzione di un giornale finanziato per volontà dell’Imperatore. Nel mezzo, c’erano stati, prima, nel 1804, la nomina a corrispondente della classe di storia e lettere antiche del prestigioso Institut National [16]
, poi, nel 1806, la pubblicazione per i tipi dell’editore Jean Gratiot di una ricostruzione storica densa di contenuti politici intitolata Guerre servili in Sicilia sotto i Romani [17]
. Un testo, questo, che si inseriva pienamente negli indirizzi dell’Institut e che non solo ottenne un finanziamento da parte del Regno d’Italia [18]
, ma fu poi tradotto in versione francese già nel 1807 [19]
.{p. 194}
Quegli anni, dunque, erano stati cruciali per le fortune parigine di questo ambiguo abate siciliano, sempre abile a muoversi su un duplice binario che se da un lato gli causò duri contrasti con i connazionali, dall’altro gli valse convinti apprezzamenti da parte delle più importanti personalità del tempo. Apprezzamenti che, tra l’altro, egli non mancò di sfruttare per avviare ulteriori collaborazioni in patria, come testimoniato dal fatto che, in quello stesso 1807, faceva leva sulla conoscenza del celebre botanico André Thouin (ai tempi direttore del Muséum national d’Histoire naturelle) per favorire l’invio a Napoli di piante destinate all’orto botanico che si stava allestendo su impulso del nuovo re Giuseppe Bonaparte [20]
. Certo, nel 1809 egli ritornò definitivamente in patria, ma quel decennio trascorso sulle rive della Senna ebbe comunque conseguenze durature sulla sua vita (poi definitivamente interrottasi a Palermo nel 1835), dato che, ancora nel 1824, proprio a Parigi ottenne il sostegno editoriale per la pubblicazione di un’opera, Della dominazione degli stranieri in Sicilia, che riprendeva il lontano lavoro sulle Guerre servili e che vedeva la luce grazie al contributo economico di un altro esule del 1799 rimasto oltralpe quale Nicola Basti [21]
.
Se «Il Corriere d’Italia» esaurì nel giro di qualche mese le sue pubblicazioni, vita più lunga ebbe un altro centro della sociabilità italiana in Francia nato nell’estate del 1807, ossia la Société d’émulation de langue et littérature italienne, istituita a Lione su impulso del piemontese Filippo Rusca. Più che favorire la circolazione di informazioni fra Italia e Francia, la Società, che a parte il suo fondatore era composta essenzialmente da cittadini lionesi, si proponeva di «propagare il gusto e lo studio della lingua e della letteratura italiana». A tal fine, si prevedeva non solo la formazione di una biblioteca nei locali adibiti alle riunioni dell’istituto, siti in rue de l’Arbre-sec, ma anche la realizzazione di una {p. 195}vera e propria attività editoriale volta alla ristampa di una «raccolta di Autori Classici Italiani» [22]
.
Anche in questo caso, si trattava di un’iniziativa totalmente inserita nel contesto politico napoleonico, tant’è che nel sottoporre lo statuto fondativo al ministro degli interni Jean-Baptiste Nompère, Rusca sottolineava strumentalmente che «ce sera aussi pour tous les membres de la Société un grand motif d’encouragement si nous pouvons obtenir un regard de bienveillance d’un Ministre protecteur de toutes les idées libérales et qui seconde si bien les vues du Héros qui gouverne la France et l’Italie» [23]
. Nello specifico, l’autorizzazione non sarebbe tardata ad arrivare, dato che il ministro fu convinto dalle favorevoli valutazioni del suo Bureau des sciences, che gli aveva descritto Rusca come «un professeur très distingué par ses connaissances et par la manière dont il enseigne l’italien» [24]
. Tuttavia, Nompère aveva cura di precisare come la Società non dovesse far affidamento su finanziamenti statali e fosse tenuta a evitare «tout ce qui pourrait bien donner l’air d’un établissement public»: cosicché, specificava che non si doveva «ériger cet établissement comme formé par le gouvernement, qui laisse naître les Sociétés de ce genre, mais qui ne les fonde pas» [25]
. Al contrario, maggiore apprezzamento ebbero gli articoli dello statuto che stabilivano che «il membro che si permettesse di parlare contro la religione o contro i costumi o contro il governo sarà ripreso, od anche espulso»: nel rapporto ministeriale, infatti, si lodava in particolare l’articolo che proibiva «expressément toute discussion politique ou religieuse» [26]
.{p. 196}
Quanto alla sua organizzazione interna, la Società, le cui riunioni si tenevano esclusivamente in lingua italiana e le cui spese di gestione erano a carico degli iscritti, si componeva di diverse tipologie di soci, organizzati in maniera gerarchica a seconda degli anni di anzianità nell’affiliazione. A un livello più basso vi erano gli «Emuli», i quali formavano una «classe preparatoria» volta all’ottenimento del «diploma di titolare» ed erano soggetti a obblighi rigorosi in termini di studio e di versamento delle quote: a tale classe si accedeva su domanda scritta e dopo accurato rapporto del rettore sulle «moralità e capacità» del diretto interessato, che poi poteva passare alla superiore classe di «Titolare» solo a condizione di essere «assiduo alle tornate almeno per quattro mesi» e superare un apposito esame. I «Titolari», poi, avevano potere deliberativo, erano tenuti a un «tributo letterario» e non potevano superare le 50 unità: dopo un decennio d’iscrizione, essi accedevano alla classe degli «Emeriti», il cui numero era illimitato e su cui non gravava «alcun tributo». A quest’ultima classe, infine, si aggiungeva quella dei «membri onorari», che potevano essere al massimo 10 ed erano per lo più corrispondenti stranieri. Al vertice, infine, vi era la figura del rettore, ossia una persona preposta alla direzione della Società, alla redazione dei rapporti sui suoi componenti e alla gestione delle principali iniziative culturali. Tale funzione, che tra l’altro aveva un peso triplo nelle elezioni, doveva essere affidata a un «uomo istrutto nel Francese e nell’Italiano, che conosca perfettamente la letteratura delle due lingue» [27]
.
Anche per questo, sin dal primo statuto, il titolo di «rettore a vita» fu conferito a Filippo Rusca, fondatore della Società e poi sua anima indiscussa esattamente per un decennio, ossia fino alla morte avvenuta a Parigi nel dicembre 1817 [28]
. Nativo di Briga Marittima (oggi La Brigue, in Francia), questi era il fratello del più noto Giambattista, generale repubblicano che negli anni della rivoluzione si era
{p. 197}arruolato nell’esercito francese e aveva partecipato alle più importanti operazioni militari durante il Triennio [29]
. A differenza del fratello, che negli anni napoleonici fu emarginato a causa del suo profilo politico, Filippo, che già negli anni del Direttorio aveva ottenuto l’incarico di «conservateur du dépôt littéraire de Nice, [...] chargé de former la bibliothèque de l’école centrale» [30]
, seppe integrarsi maggiormente negli indirizzi napoleonici, riuscendo appunto a trarre profitto dalle sue competenze linguistiche. Proprio il successo della Société d’émulation ne fu una conferma, non solo perché essa continuò per anni le sue riunioni tenutesi tre volte a settimana, ma anche perché dalle sue lezioni Rusca trasse ulteriore impulso per dare alle stampe, nel 1810, dei brevi appunti d’italiano intitolati Tableaux élémentaires des déclinaisons et conjugaisons de la langue italienne. Come egli stesso precisava in prefazione, essi dovevano servire, nell’attesa di un’auspicata Grammaire complète che però mai vide la luce, da «introduction à [s]a méthode analytique, ayant été demandés par un très grand nombre de [s]es eleves» [31]
. Quello stesso anno, inoltre, esplicitava i principi della Società in un discorso inaugurale che, tenutosi in novembre e presto pubblicato da quegli stampatori Ballanche ormai divenuti i referenti editoriali dell’associazione, era volto a esaltare l’eleganza del dialetto della Toscana, area descritta come «sorgente d’ogni civiltà, [...] prima coltivatrice di scienze ed arti in Europa» [32]
. Dedicato al nuovo prefetto del Rhône (il conte Pierre-Marie de Bondy), l’intervento si concludeva con un convinto ringraziamento al «savissimo Imperadore», il cui merito era l’aver accordato allo studio della lingua italiana «privilegi tanto più preziosi, quanto che tendono tutti a conservarla e renderla ogni vieppiù ricca, pulita e gentile» [33]
.{p. 198}
Note
[12] ANF, AF/IV, cart. 1710/B.
[13] ANF, AF/IV, cart. 1710/B, Lettera di Eugenio di Beauharnais a Marescalchi (Milano, 29/09/1807).
[14] ANF, AF/IV, cart. 1710/B, Lettera di Marescalchi a Eugenio di Beauharnais (Parigi, 23/09/1807).
[15] BSVP, cod. 773, t. II. Si ringrazia Claudio Chiancone per la gentile segnalazione del documento.
[16] Liste des membres et correspondants de l’Institut, Paris, Baudouin, 1810, p. 42.
[17] S. Scrofani, De le Guerre servili in Sicilia sotto i Romani, Parigi, Gratiot, 1806. Sulle finalità politiche del lavoro si veda A. De Francesco, Ancora qualche nota sulle Guerre servili in Sicilia sotto i Romani di Saverio Scrofani (Parigi, Gratiot, 1806), in M. Albana e C. Soraci (a cura di), Amicitia res plurimas continet: omaggio a Febronia Elia, Acireale, Bonanno, 2018, pp. 181-196.
[18] ANF, AB/XIX, cart. 3373.
[19] S. Scrofani, Histoire de la guerre des esclaves, en Sicile, sous les Romains, traduite par J. Naudet, Paris, Collin, 1807.
[20] BMHN, MS, 1983, f. 267.
[21] B. Croce, La Rivoluzione napoletana del 1799. Biografie, racconti e ricerche, Bari, Laterza, 1912, pp. 393-394.
[22] ANF, F/17, cart. 3036, Statuto della Società d’emulazione.
[23] ANF, F/17, cart. 3036, Lettera di Rusca a Nompère (Lione, 12/06/1807).
[24] ANF, F/17, cart. 3036, Rapport du Bureau des sciences (Paris, 8/08/1807).
[25] ANF, F/17, cart. 3036, Approvazione della Société d’émulation (Parigi, s.d.).
[26] ANF, F/17, cart. 3036, Rapport du Bureau des sciences (Paris, 8/08/1807).
[27] ANF, F/17, cart. 3036, Statuto della Società d’emulazione.
[28] ANF, MC/ET/XV, cart. 1636, Inventaire après décès de Philippe Rusca (12/12/1817).
[29] A. De Francesco, Rusca Giambattista, in DBI, Roma, Treccani, 2017, vol. 89.
[30] ADAM, L, cart. 120.
[31] F. Rusca, Tableaux élémentaires des déclinaisons et conjugaisons de la langue italienne, Lyon, Ballanche, 1810.
[32] F. Rusca, Discorso letto alla Società d’emulazione per la lingua e letteratura italiana di Lione il dì 4 novembre 1810, Lyon, Ballanche, 1810, p. 9.
[33] Ibidem, p. 18.