Lavinia Bifulco, Maria Dodaro (a cura di)
Quale welfare dopo la pandemia?
DOI: 10.1401/9788815412003/c2
Inoltre, anche quando ben funzionanti, i mercati forniscono singole prestazioni. Gli svantaggi sociali sono, però, spesso connessi: contrastarli richiede interventi coordinati e integrati. Cruciale, poi, è il ruolo dei determinanti sociali: vale a dire, molti svantaggi dipendono dalla struttura socioeconomica. È nota, ad esempio, la dipendenza delle attese di vita dalle condizioni di povertà e dalla qualità del lavoro
{p. 44}effettuato. La fornitura di prestazioni è evidentemente impotente anche di fronte alle esigenze di modificazione di tale struttura. Persino rispetto alle singole prestazioni, potrebbe essere insufficiente. In presenza di barriere all’accesso (assenza di informazione, assenza di possibilità di muoversi…), servono anche politiche attive capaci di «andare verso»/ricercare le persone in maggiore difficoltà.
Infine, la scelta pro-mercato implica l’adesione a una concezione tutta economica del valore. Le remunerazioni incentivanti premiano con più denaro chi risponde agli incentivi. Le esternalizzazioni premiano chi più riesce ad abbassare i costi e accaparrarsi maggiori quote di mercato. Le finalità interamente intrinseche, quali curare per il valore della cura o educare per il valore dell’istruzione, sono a repentaglio. La questione del potere di scelta è altresì trascurata. Esternalizzare significa, infatti, attribuire ad attori privati la discrezionalità su scelte che, riguardando i diritti, dovrebbero coinvolgere tutti e tutte [Cordelli 2020].
Modelli nuovi di governance democratica dei servizi vanno, dunque, individuati. Una proposta è quella di muovere verso una governance caratterizzata da tre gambe: una regia pubblica volta a garantire l’universalità dei diritti; una partecipazione delle organizzazioni della cittadinanza attiva nella programmazione e nella progettazione degli interventi e una valorizzazione del lavoro sociale, in tutte le organizzazioni. Un’implicazione è che vadano contrastati i rischi, verificatisi in passato, di attribuire alle organizzazioni della cittadinanza attiva una funzione puramente esecutrice e di «stampella». Un’altra è che, oltre a retribuzioni coerenti con il valore delle mansioni attribuite, autonomia e tempo siano assicurati ai lavoratori e alle lavoratrici del sociale sia per relazionarsi coi beneficiari dei servizi, sentendone le esigenze e definendo insieme i percorsi da attivare, sia per valutare con il complesso dei colleghi le azioni compiute e individuare insieme possibili correttivi/miglioramenti [11]
. Cornice indispensabile è un intervento statale che definisca i {p. 45}livelli essenziali, assicuri un finanziamento adeguato e integri l’autovalutazione dal basso con un apparato di monitoraggio e promozione nazionale della qualità.

4. Conclusioni

L’Italia presenta disuguaglianze socioeconomiche elevate che non sono colte dalla sostanziale stabilità, nel dopo-Covid, dell’indice di Gini delle disuguaglianze nel reddito disponibile. Peraltro, seppure sostanzialmente stabili, le disuguaglianze stesse nel reddito disponibile restano tra le più alte nel panorama europeo.
Contrastarle richiede interventi che vanno ben oltre la politica sociale, in primis, interventi di politica economica e tributaria. Ciò riconosciuto, lo Stato sociale ha un ruolo indispensabile da giocare. In questa prospettiva, tre mosse appaiono particolarmente desiderabili. Si tratta di rafforzare l’universalismo; di contrastare la delegittimazione diffusa nei confronti dei trasferimenti monetari per le persone in età da lavoro e sperimentare nuove forme di governance democratica dei servizi.
Non è facile. Non solo l’indebolimento del welfare verificatosi in questi ultimi decenni ha innescato una spirale di progressiva disaffezione da parte dei cittadini nei confronti dell’azione pubblica, mentre le disuguaglianze stesse frenano la costruzione di coalizioni a sostegno del cambiamento. Basti pensare alle fratture fra i ceti medio-bassi e i poveri, aggravate dall’immigrazione, e fra coloro che si trovano nel top della distribuzione e gli altri. Neppure le indicazioni di cambiamento auspicate sono di facile realizzazione. La molteplicità delle barriere è una minaccia costante all’universalismo. Come ben documentano Cantillon, Parolin e Collado [2020], la bassezza delle remunerazioni è un freno alla possibilità di trasferimenti monetari adeguati al contrasto alla povertà e sono note le difficoltà di fare funzionare la partecipazione democratica nella governance dei servizi.
Le difficoltà, tuttavia, non impediscono di individuare la direzione di marcia. I capitoli che seguono, entrando {p. 46}nei diversi comparti del welfare, offriranno indicazioni più specifiche.

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Note
[11] Per interessanti indicazioni ed esemplificazioni, cfr. anche Cottam [2018].