Quale welfare dopo la pandemia?
DOI: 10.1401/9788815412003/c2
Inoltre, anche quando ben
funzionanti, i mercati forniscono singole prestazioni. Gli svantaggi sociali sono,
però, spesso connessi: contrastarli richiede interventi coordinati e integrati.
Cruciale, poi, è il ruolo dei determinanti sociali: vale a dire, molti svantaggi
dipendono dalla struttura socioeconomica. È nota, ad esempio, la dipendenza delle
attese di vita dalle condizioni di povertà e dalla qualità del lavoro
¶{p. 44}effettuato. La fornitura di prestazioni è evidentemente
impotente anche di fronte alle esigenze di modificazione di tale struttura. Persino
rispetto alle singole prestazioni, potrebbe essere insufficiente. In presenza di
barriere all’accesso (assenza di informazione, assenza di possibilità di muoversi…),
servono anche politiche attive capaci di «andare verso»/ricercare le persone in
maggiore difficoltà.
Infine, la scelta pro-mercato
implica l’adesione a una concezione tutta economica del valore. Le remunerazioni
incentivanti premiano con più denaro chi risponde agli incentivi. Le
esternalizzazioni premiano chi più riesce ad abbassare i costi e accaparrarsi
maggiori quote di mercato. Le finalità interamente intrinseche, quali curare per il
valore della cura o educare per il valore dell’istruzione, sono a repentaglio. La
questione del potere di scelta è altresì trascurata. Esternalizzare significa,
infatti, attribuire ad attori privati la discrezionalità su scelte che, riguardando
i diritti, dovrebbero coinvolgere tutti e tutte [Cordelli 2020].
Modelli nuovi di
governance democratica dei servizi
vanno, dunque, individuati. Una proposta è quella di muovere verso una
governance caratterizzata da tre gambe: una regia pubblica
volta a garantire l’universalità dei diritti; una partecipazione delle
organizzazioni della cittadinanza attiva nella programmazione e nella progettazione
degli interventi e una valorizzazione del lavoro sociale, in tutte le
organizzazioni. Un’implicazione è che vadano contrastati i rischi, verificatisi in
passato, di attribuire alle organizzazioni della cittadinanza attiva una funzione
puramente esecutrice e di «stampella». Un’altra è che, oltre a retribuzioni coerenti
con il valore delle mansioni attribuite, autonomia e tempo siano assicurati ai
lavoratori e alle lavoratrici del sociale sia per relazionarsi coi beneficiari dei
servizi, sentendone le esigenze e definendo insieme i percorsi da attivare, sia per
valutare con il complesso dei colleghi le azioni compiute e individuare insieme
possibili correttivi/miglioramenti
[11]
. Cornice indispensabile è un intervento statale che definisca i
¶{p. 45}livelli essenziali, assicuri un finanziamento adeguato e
integri l’autovalutazione dal basso con un apparato di monitoraggio e promozione
nazionale della qualità.
4. Conclusioni
L’Italia presenta disuguaglianze
socioeconomiche elevate che non sono colte dalla sostanziale stabilità, nel dopo-Covid,
dell’indice di Gini delle disuguaglianze nel reddito disponibile. Peraltro, seppure
sostanzialmente stabili, le disuguaglianze stesse nel reddito disponibile restano tra le
più alte nel panorama europeo.
Contrastarle richiede interventi che
vanno ben oltre la politica sociale, in primis, interventi di
politica economica e tributaria. Ciò riconosciuto, lo Stato sociale ha un ruolo
indispensabile da giocare. In questa prospettiva, tre mosse appaiono particolarmente
desiderabili. Si tratta di rafforzare l’universalismo; di contrastare la
delegittimazione diffusa nei confronti dei trasferimenti monetari per le persone in età
da lavoro e sperimentare nuove forme di governance democratica dei
servizi.
Non è facile. Non solo
l’indebolimento del welfare verificatosi in questi ultimi decenni
ha innescato una spirale di progressiva disaffezione da parte dei cittadini nei
confronti dell’azione pubblica, mentre le disuguaglianze stesse frenano la costruzione
di coalizioni a sostegno del cambiamento. Basti pensare alle fratture fra i ceti
medio-bassi e i poveri, aggravate dall’immigrazione, e fra coloro che si trovano nel top
della distribuzione e gli altri. Neppure le indicazioni di cambiamento auspicate sono di
facile realizzazione. La molteplicità delle barriere è una minaccia costante
all’universalismo. Come ben documentano Cantillon, Parolin e Collado [2020], la bassezza
delle remunerazioni è un freno alla possibilità di trasferimenti monetari adeguati al
contrasto alla povertà e sono note le difficoltà di fare funzionare la partecipazione
democratica nella governance dei servizi.
Le difficoltà, tuttavia, non
impediscono di individuare la direzione di marcia. I capitoli che seguono, entrando
¶{p. 46}nei diversi comparti del welfare, offriranno indicazioni più
specifiche.
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Note
[11] Per interessanti indicazioni ed esemplificazioni, cfr. anche Cottam [2018].