Alessandro Sicora, Silvia Fargion (a cura di)
Costruzioni di genitorialità su terreni incerti
DOI: 10.1401/9788815411365/c5
Tale modello ha come pietra fondante l’attenzione all’unicità delle persone e considera la relazione triadica tra l’assistente sociale, la persona utente e l’interazione tra questi come il risultato dell’influenza reciproca di una molteplicità di esperienze e sistemi. L’unicità denota una differenza nelle caratteristiche e nelle esperienze di ciascuno. Nel servizio sociale questa unicità potrebbe essere tradotta nell’intersezionalità delle identità e soprattutto nella «diversità all’interno della diversità».
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I principi chiave possono essere così riassunti:
  1. disponibilità e apertura al continuo apprendimento;
  2. decostruzione degli schemi mentali personali;
  3. validazione e rispetto dell’unicità della persona utente;
  4. valutazioni delle situazioni-problema e interventi personalizzati;
  5. riconoscimento del potere implicito nelle relazioni.
Ogni processo di riflessività che voglia cogliere le specificità delle situazioni e dei soggetti viene attivato e alimentato da domande capaci di condurre il professionista all’essenza delle realtà sotto esame. A partire dai punti sopra riassunti, Alvarez-Hernandez e Choi [ibidem, 395] propongono una serie di domande riflessive suddivise in due gruppi: un primo gruppo finalizzato all’acquisizione di una maggiore consapevolezza di sé stessi e un secondo gruppo di domande da porsi mentre ci si trova in interazione con il sistema utente. All’interno di questi due gruppi le domande, di seguito riportate nella traduzione e adattamento degli autori di questo capitolo, sono suddivise nei cinque principi chiave sopra elencati.
Gruppo 1: Esplorazione della consapevolezza di sé
  1. Apertura all’apprendimento: perché gli altri dovrebbero aprirsi per imparare da te chi sei? In che modo la loro apertura può giovare alla tua relazione con gli altri?
  2. Decostruzione di schemi personali: quali credenze stereotipate potrebbero avere gli altri su di te? Quali stereotipi nei tuoi confronti hai sperimentato in passato?
  3. Validazione e rispetto dell’unicità della persona utente: cosa vorresti invece che gli altri riconoscessero/capissero di te? Considera la tua identificazione con eventi storici, il tuo senso di appartenenza, le tue esperienze significative, i traumi individuali o collettivi, le intersezionalità identitarie.
  4. Valutazione e intervento personalizzati: se ricevessi prestazioni di servizio sociale, come vorresti che fosse presa in considerazione la tua unicità?
  5. Riconoscimento del potere implicito nelle relazioni: potresti fornire un esempio di come hai sperimentato il potere in una relazione con uno dei professionisti che hai incontrato nel passato come utente, paziente o studente?
Gruppo 2: Esplorazione quando si lavora con il sistema utente
  1. Apertura all’apprendimento: come ti senti e cosa pensi relativamente a questo sistema? Perché dovresti aprirti per imparare da questo sistema? In che modo la tua apertura può giovare al tuo rapporto con questo sistema?
  2. Decostruzione di schemi mentali personali: quali convinzioni stereotipate hai su questo sistema? In che modo i tuoi schemi sono diversi dalla {p. 157}singolarità di questo sistema? In che modo i tuoi schemi sono diversi dagli schemi di questo sistema?
  3. Validazione e rispetto dell’unicità del cliente: come assistente sociale, cosa pensi che il sistema vorrebbe che tu riconoscessi/comprendessi di lui o di lei? Prendi in considerazione: esperienze di immigrazione, barriere linguistiche, senso di appartenenza, esperienze significative individuali o collettive, traumi, intersezionalità delle identità e ogni altro elemento di peculiarità possibile.
  4. Valutazione e intervento personalizzati: quali caratteristiche uniche di questo sistema dovrebbero essere prese in considerazione mentre incontri il sistema utente? In qualità di assistente sociale, quali misure adotteresti per garantire una valutazione e un intervento personalizzati? Cosa dovrebbe essere affrontato nella pianificazione dell’intervento?
  5. Riconoscimento del potere implicito nelle relazioni: come assistente sociale, quali poteri hai sul sistema?
L’esplorazione suggerita dagli autori sopra citati appare di grande utilità per cogliere in maniera efficace l’unicità delle situazioni incontrate dall’assistente sociale, ma sarebbe incompleta se non prendesse in considerazione l’impatto dell’organizzazione all’interno della quale l’assistente sociale lavora. Il diffondersi di modalità operative dominate dalle procedure, spesso adottate dai professionisti per difendersi dalla «cultura della colpa» (che spesso si sostanzia nell’individuare un capro espiatorio per giustificare fragilità che sono di sistema molto più che dei singoli individui), porta ad appiattire le risposte rendendole procedurali e legalistiche [Ruch 2005; Sicora 2020].
Il riconoscere il peso dei vincoli cognitivi, amministrativi/organizzativi (standardizzazione neoliberista, ecc.) e di altro genere che portano a etichettamenti e ipersemplificazioni che disconoscono l’unicità della persona richiede lo svilupparsi dell’abitudine a riflettere con continuità e in maniera strutturata sulle situazioni professionali incontrate. Ciò al fine di incorporare gli apprendimenti sviluppati a partire dalle esperienze del passato nelle azioni da effettuare nel futuro, individuando le modalità per fronteggiare i vincoli di cui sopra per offrire così un supporto più efficace anche ai genitori che, muovendosi su terreni incerti, si rivolgono ai servizi in cerca d’aiuto.

In sintesi

  1. L’unicità della persona è un principio cardine del servizio sociale e implica il riconoscere che ogni persona è caratterizzata da una combinazione complessa e irripetibile di caratteristiche e qualità.
  2. Il valore dell’unicità della persona, insieme al rispetto per tutte le diversità, si sostanzia nei principi della personalizzazione, individualizzazione e particolarizzazione degli interventi di servizio sociale.{p. 158}
  3. La teoria intersezionale sostiene che le concettualizzazioni classiche dell’intolleranza nella società – come il razzismo, il sessismo, l’omo-bifobia, la transfobia, la xenofobia e tutte le altre forme di pregiudizio – non agiscano in modo indipendente. Al contrario, le diverse forme di esclusione sono interconnesse tra loro, creando un sistema di oppressione che rispecchia l’intersezione di forme di discriminazione multiple.
  4. Una lettura intersezionale del vissuto dei genitori in rapporto con i servizi sociali può rivelare l’influenza delle complesse interazioni di disuguaglianze sociali e strutturali, andando oltre teorizzazioni prescrittive.
  5. Il concetto di superdiversità nasce dalla presa d’atto dell’attuale differenziazione sociale a seguito dell’arrivo di un numero crescente di migranti che, provenienti da paesi tra loro molto diversi, portano alla convivenza di una gamma senza precedenti di lingue, culture, religioni e identità tra loro eterogenee.
  6. Nei servizi sociali è ricorrente il rischio di ipersemplificazioni che si sostanziano in dicotomizzazioni («noi» vs «loro») o in omologazioni (nessuna differenza tra persone inserite in uno stesso gruppo), con conseguente mancato pieno riconoscimento delle diversità presenti all’interno delle categorie concettuali utilizzate per comprendere e ridurre la complessità delle situazioni incontrate.
  7. Distorsioni cognitive e scorciatoie mentali, nonché procedure amministrativi volte alla standardizzazione sono ostacoli a un pieno riconoscimento dell’unicità delle persone e alla realizzazione di interventi efficaci ed eticamente adeguati. Il loro effetto può essere contenuto dall’esercizio costante e strutturato di una pratica riflessiva alimentata da domande capaci di esplorare in profondità le situazioni e gli assunti conoscitivi ad esse applicate.
  8. Il riconoscimento delle unicità coinvolte nei processi di aiuto consente di conseguire un’analisi più inclusiva dei processi familiari, analizzando i modi in cui le identità intersecanti sono conflittuali o armoniose tra e all’interno dei gruppi, e la loro collocazione nei contesti sociali e istituzionali.

Domande riflessive

  1. Quali sono le condizioni che facilitano un concreto riconoscimento dell’unicità della persona nella tua esperienza professionale? Quali sono invece gli ostacoli che lo impediscono?
  2. Quale tua esperienza con dei genitori potresti portare ad esempio dell’inefficacia di interventi professionali che non riconoscono pienamente l’unicità della persona? Quale esempio ti viene invece in mente del suo contrario?
  3. In che modo la configurazione di genere, collocazione territoriale e appartenenza etnica di genitori in rapporto con i servizi evidenzia la necessità di una lettura intersezionale del vissuto di tali persone?
  4. Quali sono le categorizzazioni delle persone utenti più ricorrenti nei servizi sociali?{p. 159}
  5. Quali sono le domande riflessive che appaiono più promettenti nel portare alla luce gli assunti che più frequentemente conducono all’etichettamento delle persone utenti e al conseguente disconoscimento della loro unicità?