Elena dell'Agnese, Daniel Delatin Rodrigues (a cura di)
Re(l)-azioni
DOI: 10.1401/9788815410795/c10
Infine, una criticità riguarda tutte e tre le dimensioni di smartness rurale, e consiste nella «novità» del paradigma che, a parte casi sporadici, non è stato oggetto di studi estensivi e consolidati e, dunque, risulta privo di quell’apparato
{p. 259}critico che invece ha scandito l’evoluzione più recente del paradigma in ambito urbano. La stessa locuzione, infatti, emerge prima di tutto nell’ambito delle politiche, è amplificata dalle narrazioni mainstream e soltanto in una seconda fase approda nell’analisi scientifica, dove in generale sconta un eccesso di tecnoentusiasmo.
Come ricordano Cowie, Townsend e Salemink [2020, 174], se da un lato è necessario problematizzare ulteriormente il dibattito su aree rurali e nuove tecnologie, andando oltre la dialettica urbano-rurale e la connessione a banda larga come argomento principale, dall’altro è innegabile che «le aree rurali sono rimaste indietro in termini di banda larga e il resto di connettività digitale, per non parlare di adozione e competenze digitali [...] l’impatto potenziale potrebbe essere importante alla stessa maniera sia nello sviluppo urbano che in quello rurale». Eppure, gli autori sottolineano come le tecnologie di smartness territoriale sono ancor oggi concepite con un forte bias urbanocentrico, che non si adatta alle principali questioni che contraddistinguono le aree rurali, ovvero perifericità e connessione.
Note