Re(l)-azioni
DOI: 10.1401/9788815410795/c10
Capitolo decimo
Reti digitali, flussi di innovazione e nuove geografie dell’abitare: come (e se) la campagna diventa smart
di Teresa Graziano
Notizie Autori
Teresa Graziano è professoressa associata di Geografia
economico-politica nel dipartimento di Agricoltura, Alimentazione e Ambiente
dell’Università di Catania. I suoi interessi di ricerca vertono sulla
rigenerazione urbana/gentrification, la geografia del turismo e gli
effetti territoriali delle nuove tecnologie, in particolare nelle aree
marginali.
1. Introduzione
Per anni sono state le città, milieux innovateurs per antonomasia, a fungere da «contenitori» ideali di processi di infrastrutturazione tecnologica e innovazione digitale ascrivibili al paradigma teorico-operativo della smartness [Kitchin 2014]. La stessa etichetta di Smart City – assurta a marchio mediatico ubiquitario mobilitato nelle politiche e nelle strategie di branding territoriali alle latitudini più disparate – incorpora il concetto di «urbanità» come assunto imprescindibile. Ne consegue che la maggior parte della letteratura scientifica sulla smartness riveli un evidente bias urbano-centrico, focalizzandosi sulle interrelazioni tra processi di organizzazione territoriali e relazioni osmotiche tra utenti/cittadini, spazi urbani, reti digitali informazionali che avvengono nelle e per le città, sia in un’ottica intrisa di tecno-entusiasmo, sia, più recentemente, da una prospettiva critica che ne illumina le contraddizioni e le implicazioni controverse.
I territori rurali sono stati per anni esclusi o relegati ai margini delle strategie, delle pratiche e delle narrazioni tecno-mediate che compongono la galassia variegata della smartness, sebbene i processi di innovazione – anche tecnologica – siano ben lungi dall’essere totalmente assenti: basti pensare alle innovazioni di prodotto e processo che riguardano ampi settori del comparto agricolo, anche nell’ottica della digitalizzazione, come nell’ambito dello Smart Agri-Food [Graziano 2020]. Seppur presenti, però, certamente questi processi di innovazione tecnologica non hanno finora dominato le narrazioni attraverso cui il mondo rurale ¶{p. 240}tradizionalmente si (auto)rappresenta, spesso identificato come inevitabilmente agganciato a condizioni premoderne di adesione idilliaca alla natura, di ritmi faticosi modellati dall’alternanza delle stagioni, di rituali atavici sconnessi da flussi e reti globali.
A partire dall’ultimo decennio, però, sul piano delle politiche prima, e delle narrazioni poi, si è registrato un significativo slittamento semantico del paradigma della smartness, segnando la comparsa del termine in documenti di policy, programmi e azioni – soprattutto alla scala europea – con riferimento a contesti territoriali apparentemente sganciati dai flussi globali, quali appunto le aree rurali, e sdoganandosi dalle esclusive narrazioni urbano-centriche. Con un ribaltamento significativo di prospettiva, dunque, la smartness non è più concepita come approdo di strategie di innovazione digitale incorporate nella dimensione urbana, ma come strumento potenziale di azioni finalizzate ad arginare la marginalità socioeconomica e culturale, colmando certi determinismi geografici ancorati all’accessibilità. Anzi, un’enfasi crescente è posta sulla necessità di promuovere strategie di innovazione tecnologico-digitale proprio nelle campagne, tradizionalmente meno interessate da programmi di infrastrutturazione tecnologica, nelle quali il margine potenziale dei benefici si amplia molto di più [Zavratnik, Kos e Stojmenova Duh 2018]. Se, dunque, un inedito interesse tecno-mediato investe le aree rurali e marginali in generale, anche le narrazioni istituzionali riflettono una diversa postura nei confronti della smartness, alimentando uno storytelling dell’innovazione, dell’interconnessione, della partecipazione tecnologica come panacea per il superamento dei divari.
Ancor più recentemente, l’etichetta della smartness nelle aree rurali è stata mobilitata non soltanto in relazione alle potenzialità intrinseche di sviluppo locale, ma anche come catalizzatrice di nuovi flussi di mobilità e inedite forme dell’abitare post-pandemici. All’indomani della crisi epidemiologica da Covid-19, infatti, è emersa una galassia discorsiva che identifica nelle nuove tecnologie uno strumento salvifico di attivazione di nuovi flussi, legati alla transizione allo smart working e alle nuove geografie del lavoro incen¶{p. 241}trate sul work from anywhere [Ross e Ressia 2015] e sulle figure dei nomadi digitali o knowmads (knowledge nomads) [Müller 2016; Orel 2019] che hanno stili di vita e lavoro location-independent [Richards 2015]. La retorica dello smart village, dello zoom town o, in Italia, del borgo smart, scandisce diverse visioni sulla ripartenza che si soffermano su forme e modelli dell’abitare non più esclusivamente urbano-centrici, in virtù delle esigenze di distanziamento sociale e di ampi spazi dell’abitare emerse con la pandemia [Graziano 2021a; 2021b].
Inserito dal punto di vista teorico all’intersezione tra gli studi geografici sulla smartness territoriale da un lato e, dall’altro, sull’innovazione nelle aree rurali, il capitolo intende passare in rassegna come la smartness è declinata in relazione alla «campagna», identificando tre prospettive teoriche principali a partire dalla letteratura scientifica, dall’analisi dei documenti di policy e delle narrazioni istituzionali: la prima, più consolidata, si sviluppa intorno allo Smart Agri-Food e, dunque, al repertorio variegato di processi e azioni di innovazione che riguardano le aree rurali con specifico riferimento al comparto agricolo, declinata sul piano delle singole imprese; la seconda si focalizza sul paradigma teorico-operativo dello Smart Village così come codificato nelle politiche europee; la terza si sofferma sulle declinazioni della smartness rurale in relazione ai nuovi flussi del lavoro e dell’abitare che si coagulano intorno ai «nomadi digitali» e agli smart workers.
Dopo sintetiche note metodologiche e la definizione del quadro teorico di riferimento, nella seconda parte il capitolo approfondisce le diverse sfumature di smartness rurale in Italia mappando una serie di esperienze valutabili attraverso la triplice griglia analitica e valutandone criticamente gli esiti.
1.1. Note metodologiche
Le tre macroaree di declinazione della smartness rurale (fig. 10.1) sono utilizzate come griglie analitiche per esplorare le modalità attraverso cui le nuove tecnologie sono mobi¶{p. 242}litate in relazione alle aree rurali in Italia. La metodologia di indagine empirica ha previsto le seguenti fasi:
1. analisi desk di dati secondari relativi allo Smart Agri-Food da fonti qualificate (istituti di ricerca, report, reportage giornalistici, progetti di ricerca);
2. analisi desk dei dati relativi alla digitalizzazione in Italia e in particolare nelle aree rurali da fonti qualificate;
3. mappatura critica delle esperienze contemplate dall’azione Smart Village in Italia, categorizzazione sulla base di obiettivi, attori e settori coinvolti, analisi dei contenuti e loro visualizzazione tramite la word cloud content analysis [Cidell 2010];
4. analisi delle narrazioni dominanti sulla ripartenza post-Covid che mobilitano l’idea di «borgo smart» attraverso una ricerca per parole chiave negli archivi giornalistici
[1]
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2. Smart Agri-Food, l’avamposto dell’innovazione nelle aree rurali
Sebbene spesso descritte come avamposti della pre-modernità, passive depositarie di saperi tradizionali e disconnesse dal reticolo di flussi globali, le aree rurali in realtà presentano una complessità di flussi, attori e reti che non si risolve nelle narrazioni romanticizzate [Roberts et al. 2017]. In particolare, le innovazioni di prodotto o processo alla scala micro delle imprese sono tutt’altro che assenti – basti pensare alle biotecnologie e alla sensoristica [Morris, Henley e Dowell 2017] – e si inseriscono in ecosistemi imprenditoriali che, seppur molto diversi per fattori e dinamiche da quelli delle aree urbane, contribuiscono a diffondere le innovazioni [Dias, Rodrigues e Ferreira 2019]. Con la liberalizzazione del commercio agricolo, la trasformazione del settore in una prospettiva market-oriented ancor più enfatizzata dalla PAC [Giannakis e Bruggeman 2015], e la conseguente diffusione della multifunzionalità come paradigma di diversificazione, fattori come conoscenza, innovazione, reti e digitalizzazione hanno assunto una rilevanza crescente per le imprese agricole [Young 2010].
In generale, l’innovazione digitale e tecnologica nell’agri-food, la cosiddetta Smart Agriculture o Agricoltura 4.0, è uno dei comparti in cui si declina la quarta rivoluzione industriale, termine «ombrello» che racchiude una vasta gamma di processi di sviluppo e tecnologie che sfruttano la digitalizzazione e la tecnologia di informazione attraverso l’integrazione di sistemi fisici, tecnologici e biologici come l’Internet of Things, la robotica, l’intelligenza artificiale, la stampa 3D, i veicoli autonomi [Schwab 2017].
Secondo una definizione di massima, lo smart farming è un comparto in cui la digitalizzazione agisce da catalizzatrice di innovazione e incremento della redditività delle
¶{p. 244}imprese, attraverso cui i fornitori di tecnologie agricole e le grandi corporation transnazionali raggiungono posizioni strategiche nel più ampio e variegato mercato economico digitale [Fraser 2022] tramite tecnologie digitali ad alto contenuto informazionale, sistemi automatici e raccolta dati: «l’attività agricola e il cibo saranno trasformati in reti intelligenti di oggetti connessi che sono sensibili al contesto e che possono essere identificati, percepiti e controllati da remoto [...] tali da generare nuovi meccanismi di controllo e modelli di business [Sundmaeker et al. 2016].
Note
[1] L’indagine multimetodo è stata condotta sulle seguenti fonti di dati: Osservatorio Smart Agri-Food del Politecnico di Milano e magazine specializzati; indice DESI, 2022; sezione relativa ai progetti italiani dell’azione Smart Village (https://enrd.ec.europa.eu/projects-practice/_it?f%5B0%5D=sm_enrd_eu_countries%3AItaly); ricerca per parole chiave (borgo smart, borgo digitale, aree rurali AND digitale, campagna digitale, campagna smart) condotta negli archivi digitali dei principali quotidiani nazionali («Corriere della Sera», «la Repubblica», «Il Sole 24 Ore») e magazine specializzati («Wired»).