Re(l)-azioni
DOI: 10.1401/9788815410795/c7
Una territorialità osservata, come si è visto, nei mestieri contadini neo-rurali attraverso le pratiche di recupero di antiche coltivazioni, razze animali, lavorazioni artigianali, porzioni di terreni, nella rivalorizzazione e rifunzionalizzazione di antichi mestieri con occhi nuovi (contadini e pastori che attuano innovazione attraverso i metodi di coltivazione, trasformazione, pluriattività, tecnologie ecc.), ossia una visione culturale composta di saperi e modelli di vita che altrimenti sarebbero andati perduti lungo le direttrici della modernizzazione occidentale urbano-centrica e, come direbbe il territorialista Giorgio Ferraresi [2013], «codici della neo-ruralità che essa porta all’interno di sé e pone oltre a sé, come segni di altre visioni di civiltà» [ibidem, 74].
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In altre parole, ripensare la propria vita in montagna in chiave neo-rurale è, per le persone che ho conosciuto durante la mia permanenza in Val Maira, un impegno a ri-abitare questi territori alpini a lungo spopolati con progettualità di vita e di lavoro auto-determinate. Elemento, questo, espresso pienamente nei mestieri agro-silvo-pastorali (spesso con multifunzionalità in ristorazione e ospitalità) che l’esperienza di studio svolta mi ha permesso di comprendere approfonditamente.
In conclusione, questo ripensamento dello stile di vita, in Val Maira, è agito da «neo-rurali nuovi contadini» consapevoli di una nuova sensibilità ecologica, economica, socioculturale, che conduce a un benefico miglioramento sia del proprio stile di vita in termini di autonomia e «realizzazione dello spirito soggettivo» sia del benessere territoriale locale in termini di apporto proattivo per una sua ri-valorizzazione, facendosi messaggio, nel suo essere prodromico, di un possibile mutamento sociale: «un “controesodo” culturale, prima ancora che socioeconomico, verso una società agro-terziaria avanzata» [Magnaghi 2013, 54].
Per finire, dunque, il neo-ruralismo e i neo-contadini in Val Maira possono essere compresi come espressione di «nuova centralità» per le aree interne. Una nuova centralità supportata da rivendicazioni di agency che dalle singole esperienze di vita dei soggetti diviene agency territoriale ed emancipazione volta a creare maggiori spazi di autonomia a partire dalle progettualità di vita soggettive per rilocalizzare il processo decisionale di sviluppo territoriale generando un rinnovato senso di luogo [Rose 2001].
Un nuovo apporto allo sviluppo territoriale come «nuova centralità» dei «margini», ri-valorizzazione e ri-definizione del sense of place e dell’attaccamento al luogo (topophilia) attraverso un nuovo habitus [Hillier 2005] «di tipo neo-rurale contadino», facendosi messaggio di un possibile mutamento sociale per queste aree che possono dunque ri-conoscersi come «nuove centralità emancipate» [Carrosio 2019].
Si prospetta dunque la possibilità che in Val Maira sia perseguibile la strada verso l’emancipazione della comunità locale e la «nuova vita» di un territorio considerato a lungo ¶{p. 184}«margine» che si fa nuovo «centro», e dunque della possibilità di sviluppo di un’area interna ultra-periferica che possa essere esportabile nelle numerose aree interne italiane presso cui sono osservabili simili possibilità di mutamento e sviluppo.
Una possibilità, una proposta per una rinnovata geografia del potere [Hall 2001] e di nuova interdipendenza tra aree interne, terre alte, margini e poli, i luoghi forti delle pianure, nell’ottica prospettica di un possibile equilibrio metro-montano per il futuro del nostro Paese [Barbera e De Rossi 2021].
Note