Note
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Con la definizione di «aree interne» si individuano quei territori caratterizzati da una significativa distanza dai principali centri di offerta di servizi essenziali (salute, istruzione, mobilità collettiva); una disponibilità elevata d’importanti risorse ambientali (risorse idriche, sistemi agricoli, foreste, paesaggi naturali e umani) e culturali (beni archeologici, insediamenti storici, abbazie, piccoli musei, centri di mestiere); territori complessi, esito delle dinamiche dei sistemi naturali e dei processi di antropizzazione e spopolamento che li hanno caratterizzati. In Italia le «aree interne» rappresentano il 52% circa dei comuni italiani (4.261), ospitano il 22% della popolazione italiana, pari a oltre 13,54 milioni di abitanti, e occupano una porzione del territorio che supera il 60% della superficie nazionale (https://www.agenziacoesione.gov.it/strategia-nazionale-aree-interne/).
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La Strategia nazionale per le aree interne (SNAI) rappresenta una politica nazionale innovativa di sviluppo e coesione territoriale che mira a contrastare la marginalizzazione e i fenomeni di declino demografico propri delle aree interne del nostro Paese. Territori fragili, distanti dai centri principali di offerta dei servizi essenziali e troppo spesso abbandonati a loro stessi, che però coprono complessivamente il 60% dell’intera superficie del territorio nazionale, il 52% dei comuni e il 22% della popolazione. L’Italia più «vera» e anche più autentica, la cui esigenza primaria è quella di potervi ancora risiedere, oppure tornare. Su tali luoghi la Strategia nazionale punta a intervenire, investendo sulla promozione e sulla tutela della ricchezza del territorio e delle comunità locali, valorizzandone le risorse naturali e culturali, creando nuovi circuiti occupazionali e nuove opportunità; in definitiva contrastandone l’«emorragia demografica». Le aree selezionate dalla SNAI sono settantadue; ne fanno parte complessivamente 1.077 comuni per circa 2.072.718 abitanti (https://www.agenziacoesione.gov.it/strategia-nazionale-aree-interne/).
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Heimat è un vocabolo tedesco che non ha un corrispettivo nella lingua italiana. Viene spesso tradotto con «casa», «piccola patria» o «luogo natio» e indica il territorio in cui ci si sente a casa propria perché vi si è nati, vi si è trascorsa l’infanzia o vi si parla la lingua degli affetti (https://it.wikipedia.org/wiki/Heimat).
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La Convenzione per il patrimonio mondiale dell’umanità dell’Unesco definisce il paesaggio culturale come: «opere congiunte della natura e dell’uomo, che illustrano l’evoluzione della società e degli insediamenti umani nel corso dei secoli, sotto l’influsso di sollecitazioni e/o di vantaggi, originati nel loro ambiente naturale dalle forze sociali, economiche e culturali, interne ed esterne» (https://www.unesco.beniculturali.it/la-convenzione-sul-patrimonio-mondiale/).
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Infatti, come afferma ancora Viazzo [1990, 53], «l’immagine di comunità socialmente chiuse ed economicamente autarchiche dovrebbe essere abbandonata, al pari di altri miti storiografici».
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Al fine di preservare anche solo parzialmente l’anonimato degli informatori della ricerca, si è scelto di utilizzare nomi inventati.
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Tale esperienza di volontariato rurale rientra interamente nell’esperienza permessa dalla piattaforma internazionale WWOOF (World Wide Opportunities in Organic Farms): «Il movimento WWOOF è nato nel Regno Unito negli anni Settanta dall’idea di Sue Coppard che ha dato il via ai primi soggiorni nelle fattorie biologiche in cambio di aiuto. Ancor oggi lo scopo principale del WWOOF è sostenere, divulgare e condividere la quotidianità in campagna secondo i principi dell’agricoltura biologica. Mette in primo piano i rapporti di armonia tra le persone e l’ambiente, per un’agricoltura a misura d’uomo che sia rispettosa della natura» (https://www.wwoof.it).
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Il patrimonio edilizio alpino piemontese, seppur modulato su diverse varianti, segue un efficace schema su tre piani che consentiva una semplice soluzione alle rigide condizioni invernali, prevedendo il ricovero per gli animali e le granaglie nella sezione inferiore allo scopo di scaldare l’ambiente, la stanza centrale dove si svolgevano tutte le quotidiane azioni familiari e il fienile al piano superiore, per sfruttarne l’effetto coibentante.
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In serbatoi e vasche di grande capienza, apertura che impedisce al liquido di superare un livello limite.
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Autonomia e libertà da non intendersi qui nell’accezione che conduce a quello stato d’animo in cui non ci si senta condizionati da nessuno, avulsi rispetto a un territorio, finendo per incorrere in quel «minimismo morale» [Merlo 2006] riconosciuto come possibile esito patologico del fenomeno neo-montanaro. Al contrario, ci si riferisce qui all’autonomia relativa, allo spazio di manovra concretizzato a partire da un senso di responsabilità nei confronti di un territorio e un ambiente nel quale si vive e uno spirito d’iniziativa e progettualità auto-diretta [Long 1985] che, in ultima analisi, pongono al centro la capacità di agency del soggetto.