La lettura ad alta voce condivisa
DOI: 10.1401/9788815410238/c8
Capitolo ottavo La lettura come abitudine tra educazione e
promozionedi Ermelinda De Carlo e Giusi Marchetta
Notizie Autori
Ermelinda De Carlo è ricercatrice in Pedagogia sperimentale
nell’Università degli Studi di Perugia dove insegna Metodologia della
ricerca educativa, dell’osservazione e della valutazione. È esperta Indire
per la letteratura per l’infanzia e per la lettura ad alta voce. Si occupa
di approcci narrativi nei contesti educativi per la prevenzione,
l’empowerment e lo sviluppo della sostenibilità. È nel comitato
editoriale della rivista internazionale «Effetti di Lettura» (Cepell).
Notizie Autori
Giusi Marchetta è insegnante e autrice di romanzi e saggi. Ha ideato il
progetto Tavolo delle ragazze legato al saggio Tutte le ragazze
avanti (ADD, 2018). Con Lettori si cresce (Einaudi, 2015) ha
affrontato il tema dell’educazione alla lettura in ambito scolastico.
Collabora come assegnista di ricerca
con la cattedra di Pedagogia sperimentale dell’Università degli Studi di
Perugia, in particolare ai progetti di lettura ad alta voce condotti sotto
la responsabilità scientifica di Federico Batini.
Abstract
Nonostante la lettura sia sempre più centrale nella recente documentazione
scolastica, nella pratica si riscontrano ancora molte criticità nel modo in cui i
ragazzi entrano in contatto con i libri durante il loro percorso di istruzione.
Manca, di fatto, nella vita scolastica, uno spazio specifico dedicato al libro e
alla lettura, a parte i libri di testo, considerati «fonte e utensili» per lo studio
individuale e un indirizzo verso una «cultura della documentazione». Per favorire
un’azione di democrazia cognitiva occorre, dunque, puntare su due azioni strategiche
tra loro interdipendenti: l’educazione e la promozione alla lettura. La scuola è
chiamata, insieme alla famiglia e alle altre realtà educative, a dare il suo
contributo a promuovere il piacere della lettura, favorendo l’incontro con i libri,
così che questi ultimi siano compagni di viaggio familiari e fidati per tutta la
vita. Il processo di educazione alla lettura a scuola è un processo che attraversa
una rete di obiettivi multilivello che ne definiscono a seconda delle esperienze il
senso stesso. Numerose ricerche dimostrano che gli insegnanti che leggono ad alta
voce motivano gli studenti a leggere, con un’incidenza positiva sul rendimento
scolastico, dalla lingua italiana, alla matematica fino all’autoregolazione del
comportamento. La lettura costituisce un veicolo strategico per l’innovazione e il
cambiamento di una società a partire dal singolo che sperimentando e facendo proprio
questo strumento costruisce nel tempo la propria capacità di realizzare un
cambiamento consapevole di pratiche, di visioni, di idee, di geografie, di letture
di contesto; l’acquisizione della lettura come abitudine porta inevitabilmente con
sé trasformazioni, consente di vedere seconde possibilità per sé, per gli altri e
per il pianeta.
1. Introduzione
1. Presentare il libro come un’alternativa alla TV. 2. Presentare il libro come un’alternativa al fumetto. 3. Dire ai bambini di oggi che i bambini di una volta leggevano di più. 4. Ritenere che i bambini abbiano troppe distrazioni. 5. Dare la colpa ai bambini se non amano la lettura. 6. Trasformare il libro in uno strumento di tortura. 7. Rifiutarsi di leggere al bambino. 8. Non offrire una scelta sufficiente. 9. Ordinare di leggere per insegnare ai ragazzi a odiare la lettura.
A distanza di quasi sessant’anni
dalla pubblicazione dei Nove modi per insegnare ai bambini ad odiare la
lettura di Gianni Rodari [1964] è significativo constatare quanto questo
contro-regolamento venga ancora applicato.
1.1. Dalla teoria alla pratica: i dati Istat sulla lettura
Nonostante la lettura sia sempre
più centrale nella recente documentazione scolastica, nella pratica si riscontrano
ancora molte criticità nel modo in cui i ragazzi entrano in contatto con i libri
durante il loro percorso di istruzione.
Il rapporto Istat [2021] su
Produzione e lettura di libri in Italia 2019 rileva come il
livello di istruzione si confermi elemento determinante: legge libri il 71,9 dei
laureati (75,0% nel 2015), il 46,1% dei diplomati e solo il 25,9% di chi possiede al
più la licenza elementare. In generale, a partire dall’anno 2000, quando la quota di
lettori era al 38,6%, l’andamento è stato crescente fino a toccare il massimo nel
2010 con il 46,8% per poi diminuire di nuovo fino a
¶{p. 190}tornare, nel 2016, al livello del 2001 (40,6%), stabile
fino al 2019. Cos’è che non sta funzionando?
Manca, di fatto, nella vita
scolastica, uno spazio specifico dedicato al libro e alla lettura, a parte i libri
di testo, considerati «fonte e utensili» per lo studio individuale e un indirizzo
verso una «cultura della documentazione».
Anche per quanto riguarda il
«piacere della lettura» si evidenziano contraddizioni. Molti insegnanti pur
dichiarando di impegnarsi attivamente nella promozione della lettura, non
raggiungono il risultato sperato. Le motivazioni del fallimento sono diverse.
Probabilmente nel proporre il libro come strumento di edificazione e di formazione,
non riescono a collegare le pratiche della lettura agli interessi e ai valori cui i
ragazzi sono sensibili, rischiando di incorrere nell’errore di imporre le proprie
scelte editoriali, senza possibilità di condivisione da parte dei destinatari. In
altri casi, i testi proposti dai docenti o non incontrano il mondo dei destinatari,
restando troppo distanti dalle loro esperienze, oppure non sono adatti al loro
livello di esperienza di lettura: questa assenza di bibliovarietà e progressività
provoca negli studenti un’inevitabile frustrazione e l’allontanamento
dall’oggetto-libro.
Un altro elemento su cui
riflettere è l’assenza di sistematicità. Nell’attività di insegnamento, infatti, non
sempre la lettura costituisce una pratica quotidiana e intensiva, ma il più delle
volte, all’interno della classe, viene proposta come un momento isolato legato
all’ora di antologia o di letteratura, mentre si rimanda a casa, sotto forma di
«compito», la lettura autonoma di testi altri, quasi sempre selezionati dal docente.
Gli studi di Solimine [2011]
pongono l’annosa questione di come possano i ragazzi considerare la lettura una
scelta autonoma e un piacere, se da anni si ripete loro che «devono» andare a scuola
e «devono» leggere, e se vengono continuamente giudicati in relazione a ciò che
hanno letto e hanno appreso. Questo approccio tra l’altro non solo rende
difficoltoso sia costruire una solida competenza sia creare l’abitudine a leggere
durante tutto l’arco della vita, ma favorisce i divari tra gli studenti, ovvero il
gap tra chi già possiede le competenze di lettura e chi no. Senza il
do¶{p. 191}cente nel ruolo di mediatore delle storie, le
disuguaglianze all’interno delle classi non fanno altro che aumentare con evidenti
ripercussioni sul fenomeno della dispersione scolastica [Scierri, Bartolucci e
Batini 2018].
2. Educare o promuovere alla lettura?
Per favorire un’azione di democrazia
cognitiva occorre, dunque, puntare su due azioni strategiche tra loro interdipendenti:
l’educazione e la promozione alla lettura.
L’educazione alla lettura comporta
un uso intenzionale della lettura non solo come decodifica dei testi ma come sviluppo di
uno stile di vita che la contempli come strumento di conoscenza del mondo e di
orientamento rispetto alle molteplici possibilità offerte dal contesto. L’angolazione
educativa dunque pone l’accento sulla proposta della lettura come pratica didattica
continuativa, non episodica e frammentaria, in quanto comporta uno spostamento del focus
dall’oggetto-libro al soggetto-lettore. In questo senso sarebbe importante considerarla
una priorità educativa e che entrasse nella scuola come azione intenzionale e
consapevole [Chambers 1993].
L’espressione «promozione della
lettura», invece, si colloca in origine all’interno dell’ambito economico e fa
riferimento alle iniziative o anche a eventi sporadici che trovano risoluzione in un
breve lasso di tempo e che non sono strutturati in un’ottica di lungo termine. Lo scopo
è di creare comunità di lettori, di agire sulle motivazioni alla lettura e su una
mission di engagement focalizzata
sull’oggetto-libro.
Al contrario le azioni di educazione
alla lettura hanno ritmi più lenti, sono più sistematiche e prevedono una necessaria
azione progettuale che vede il coinvolgimento di insegnanti e studenti, nella
condivisione del percorso e degli obiettivi. Al centro c’è sempre il lettore [Ferrieri
2016], che nel tempo e a piccoli passi, deve poter sviluppare la passione verso il libro
e la lettura attraverso la conoscenza della letteratura e la condivisione di storie, in
una logica di continuità graduale e progressiva.¶{p. 192}
Con la messa in pratica di progetti
di educazione alla lettura non improvvisati ma metodologicamente strutturati,
l’insegnante può pensare alla ricollocazione del libro nel dispositivo scolastico per
compiere una sorta di descolarizzazione [Bandini 2014] che riconsegni alla lettura la
sua funzione primaria, cioè quella di accompagnare l’individuo nella costruzione della
sua identità [Bartolini e Pontegobbi 2005].
Le ricerche sulle cause
dell’abbandono scolastico evidenziano di frequente nei soggetti che decidono di lasciare
la scuola una difficoltà di vedersi, di decostruire la propria identità, una difficoltà
legata a una crisi di modelli, repertori, di risorse personali e sociali, di reti. Le
conseguenze evidenti si manifestano come un deficit di relazione e di comunicazione con
gli attori scolastici, studenti e docenti compresi: ci si sente estranei alla propria
scuola, dentro fisicamente, ma da sempre fuori. In altri casi invece si mette in atto
«un comportamento non conforme che mette in discussione i valori socialmente condivisi
in modo gestibile dal sistema sociale» [Santambrogio 2003, 121].
Educare alla lettura può dare
risposte in questa direzione. Tra i benefici dell’esposizione alle storie infatti c’è lo
sviluppo delle competenze socio-emotive, in termini di empatia, ma anche di comprensione
e riconoscimento delle emozioni proprie e altrui, con un impatto diretto sulla
dimensione personale, sia cognitiva sia comportamentale.
Fondamentale è sottolineare come
possa avere maggiore efficacia in questa prospettiva non tanto la lettura scolarizzata,
oggetto di valutazione, proposta con la letteratura finalizzata ai programmi scolastici,
quanto la sua, appunto, descolarizzazione, che ne rovescia le finalità e la propone con
la letteratura tout court.
Leggere agli studenti rallenta e
contemporaneamente intensifica l’esperienza in classe: in un mondo di frasi a effetto e
di idee semiformate, espresse rapidamente nei formati elettronici, gli studenti traggono
beneficio dall’ascoltare idee complete, espresse con originalità e attenzione, come
quelle che si trovano nel linguaggio letterario.
La lettura ad alta voce «condivisa»
facilita il trasporto narrativo, ovvero l’immersione in uno stato caratterizzato
¶{p. 193}dall’assorbimento nel flusso narrativo di una storia;
l’ascoltatore può dimenticare l’ambiente circostante e impegnare il suo senso visivo,
uditivo, cinestetico ed emotivo, e può sperimentare un senso di distorsione del tempo.
Questo è uno stato qualitativamente alterato che favorisce un apprendimento attivo e più
profondo. Raccontare storie da diversi punti di vista aiuta inoltre il lettore e lo
studente a cogliere un quadro più ampio e ad anticipare le variabili di una situazione
che potrebbero non essere percepibili se affrontate da una singola prospettiva. La
lettura ad alta voce crea una comunità a partire da un testo conosciuto che può essere
usato come base per costruire abilità di pensiero critico e performante. Le discussioni
generate dalla lettura ad alta voce possono essere utilizzate per incoraggiare gli
ascoltatori a costruire significati, collegare idee, esperienze, territori. Il
progettare in questa ottica, infatti, porta il libro e la lettura non solo al di fuori
della sola dimensione cognitiva, ma anche al di fuori della scuola stessa in un’apertura
verso il territorio in cui tutte le comunità di lavoro scolastiche possono trarre
beneficio.
Le azioni di promozione favoriscono
in questo senso un’apertura all’esterno che permette di operare in un rapporto sia di
continuità verticale/curricolare, possibile a partire dalla costruzione di un percorso
educativo unitario, che di continuità orizzontale, possibile a partire da una
progettazione educativa e didattica capace di utilizzare le risorse culturali e
didattiche presenti nel territorio [Dozza 2006]: biblioteche, centri aggregativi,
librerie, amministrazioni possono essere coinvolte in modo attivo nelle attività di
educazione alla lettura.
In questo modo si assiste
all’attivazione di atteggiamenti collaborativi e cooperativi che rendono la scuola
aperta e pronta alla stipula di un patto formativo con l’ambiente esterno, in grado di
dar vita a esperienze diffuse e continue di reciprocità/interdipendenza culturale e
sociale [Frabboni 2006].
¶{p. 194}