La valutazione dell'esperienza duale nell'istruzione e formazione professionale
DOI: 10.1401/9788815371225/c3
Quando tra il 2015 e il 2016
sono state scritte le norme che regolano il sistema duale di formazione e avviata la
sperimentazione, non ci si è resi conto (ed è un mio cruccio)
¶{p. 138}che il nuovo apprendistato appariva come un innominato o al
massimo aveva una definizione tecnico-residuale, conosciuto solo come di primo o di
terzo livello. In effetti quello indicato dalla normativa come di secondo livello
aveva un nome proprio («professionalizzante») e di fatto così era generalmente
chiamato e individuato. L’assenza di un nome proprio agli apprendistati che
corrispondono alla definizione europea della VET, ha contribuito non poco alla loro
irrilevanza o comunque alla loro scarsa conoscenza. Quando una cosa non è nominata
con un nome proprio, finisce per essere dimenticata. E così è stato. Anche lo stesso
PNRR, che pur assegna 600 milioni al rafforzamento del sistema duale, non nomina mai
l’apprendistato con la sua qualificazione specifica, come «formativo». Di qui la
scelta nella nuova normativa di chiamare l’apprendistato con il suo nome proprio, in
quanto la finalità specifica di questa singolare forma contrattuale è quella di far
conseguire un titolo di studio secondario e terziario con un percorso formativo in
aula e on the job. Ma non basta una revisione normativa. Serve
un’adeguata e accattivante campagna di comunicazione che faccia entrare nel
linguaggio del quotidiano questa accezione dell’apprendistato e consenta a tutti di
coglierne l’originale finalità. Qualcosa che consenta di far capire alle famiglie,
ai giovani, agli imprenditori e ai consulenti del lavoro, agli insegnanti e ai
formatori di utilizzare un termine semplice, comprensibile e dal significato
univoco.
6. Conclusioni: «Next Generation Italia»
Dello sviluppo del sistema duale nei
percorsi di IeFP si è detto in modo analitico nel paragrafo 5, indicando le proposte
necessarie per uscire dalla nicchia. Ma con uno sguardo al complesso dei percorsi e
delle esperienze duali presenti in Italia, val la pena concludere questa breve
narrazione relativa alla sperimentazione realizzata negli anni 2016-2018 anche con
alcune indicazioni prospettiche che tengano conto appunto della diversificazione
avvenuta dei percorsi duali. Ciò anche in ragione della necessità di
¶{p. 139}definire le modalità di assegnazione delle ingenti risorse
della Next Generation EU al fine di riorganizzare i nostri sistemi
formativi.
In primo luogo, va ripristinato un
monte ore adeguato di apprendimento in contesto di impresa attraverso l’alternanza
scuola-lavoro nell’intero sistema di secondo ciclo. Una scelta che andrebbe accompagnata
con una diversa articolazione dell’alternanza, introducendo – al terzo e quarto anno
della scuola secondaria e della formazione professionale – anche la possibilità di
effettuare un’alternanza scuola-servizio civile. Un mese di impegno volontario e civico
– magari durante l’estate e a cui assegnare adeguati crediti formativi – presso un ente
del Terzo settore. Un’esperienza di formazione alla cittadinanza, di radicamento
nell’appartenenza alla propria comunità e anche di acquisizione di quelle soft
skills sempre più richieste dal mercato del lavoro.
In secondo luogo, le risorse del
PNRR, oltre che allo sviluppo dei percorsi duali in IeFP con l’apprendistato formativo e
l’alternanza rafforzata, vanno indirizzate anche alla crescita degli ITS e della IFTS.
La versione del PNRR che sarà inviata alla Commissione UE prevede un investimento di
circa 1,5 miliardi che consente non solo di accrescere l’offerta, ma anche di
completare, mediante gli IFTS, la verticalizzazione della filiera della IeFP con un
quinto anno integrativo e offrendo nuove opportunità di inserimento lavorativo ai Neet.
La presa in carico da parte del PNRR
di queste proposte rappresenta, insieme a un efficace sostegno al rilancio del paese,
anche l’occasione per dare un nuovo assetto all’insieme dei sistemi formativi, superando
storici ritardi e avviando la costruzione di interazioni positive tra politiche attive
del lavoro, servizi di collocamento e percorsi di istruzione. Non dimentichiamo che i
due terzi delle risorse del PNRR dovranno essere restituite entro il 2058. Rappresentano
dunque un investimento per gli adulti e un debito che i giovani saranno chiamati a
restituire. Solo con questa consapevolezza il PNRR sarà veramente un piano per
Next Generation Italia.
Note