La valutazione dell'esperienza duale nell'istruzione e formazione professionale
DOI: 10.1401/9788815371225/c3
Certo non si poteva chiedere a un
modesto strumento, come quello delineato nel d.lgs. n. 150/2015, di superare in un sol
colpo tutte queste barriere. C’era però un’opportunità, forse residuale, che non andava
gettata alle ortiche: ovvero che, innestandosi in quel clima culturale di cambiamento,
anche un limitato arnese potesse servire ad avviare una trasformazione. Così si
avviarono una serie di incontri con le parti sociali, con i principali enti di
formazione riconosciuti e con le regioni. Senza il consenso e il protagonismo di questi
tre soggetti, difficilmente il sistema duale avrebbe trovato cittadinanza nel nostro
paese. Nel gennaio del 2016 vennero così sottoscritti venti protocolli d’intesa tra il
Ministero del Lavoro e le singole regioni. Ogni protocollo conteneva elementi distintivi
e specifici, ma tutti avevano tre linee di indirizzo comuni nell’utilizzo delle risorse
stanziate per la sperimentazione: l’avvio di percorsi triennali di qualifica con
¶{p. 118}il sistema duale; il potenziamento delle attività formative del
quarto anno con il conseguimento del diploma professionale; la messa in opera di
percorsi modulari per i Neet finalizzati alla qualificazione e riqualificazione di
giovani disoccupati o comunque non frequentanti alcun percorso formativo. Con mia
sorpresa, tutte le regioni aderirono alla proposta e venne costituito un Comitato di
indirizzo della sperimentazione per una verifica periodica dell’andamento delle
attività.
Di lì a pochi mesi – nel marzo del
2016 – con risorse comunitarie da parte di Italia Lavoro venne altresì varato un bando
di selezione di 300 CFP interessati e disponibili a dar vita alla sperimentazione. Il
bando era finalizzato a rispondere a due esigenze: sostenere i CFP nello sviluppare una
funzione di orientamento per i giovani nello scegliere percorsi duali; riconoscere una
premialità per la nuova funzione che doveva essere implementata per favorire un raccordo
stabile e duraturo con le imprese dove i giovani avrebbero dovuto essere inseriti.
Ricordo che le modalità fissate sul piano normativo e regolamentare per sviluppare
percorsi duali nella IeFP sono tre: l’impresa formativa simulata, il contratto di
apprendistato di primo livello e l’alternanza rafforzata, con l’inserimento in azienda
per almeno 400 ore annue a partire dal secondo anno formativo. È evidente che in
particolare le ultime due strade richiedevano ai CFP lo sviluppo di una funzione di
placement che solo in parte avevano già sperimentato con la
pratica consolidata degli stage aziendali. Le risorse del bando erano appunto
finalizzate a questo duplice obiettivo: incentivare le azioni di orientamento verso i
nuovi percorsi formativi duali e sostenere i servizi di placement,
in particolare per l’apprendistato di primo livello. La risposta fu superiore alle
attese anche se alquanto diversificata sul territorio nazionale e con non pochi casi
dove la struttura formativa locale non possedeva i requisiti minimi per accedere
all’avvio della sperimentazione.
Nel maggio del 2016 andava al suo
posto un altro tassello importante del mosaico: veniva siglata l’intesa tra
Confindustria e Cgil, Cisl e Uil sugli aspetti retributivi e di
¶{p. 119}inquadramento dell’apprendistato di primo e terzo livello.
Passaggio essenziale senza il quale i nuovi contratti non avrebbero potuto avere luogo,
ma anche primo cambiamento culturale nell’approccio alla formazione duale che troverà
poi, in particolare, in Confartigianato un convinto assertore dei percorsi duali e del
nuovo apprendistato formativo.
Quasi contestualmente sempre Italia
Lavoro, avvalendosi ancora di risorse comunitarie, lanciava un bando rivolto alle
imprese che destinava contributi ai datori di lavoro che avessero effettuato attività di
tutoraggio aziendale nell’ambito dei rapporti di lavoro di apprendistato di primo
livello e di alternanza rafforzata in collaborazione con le Agenzie formative abilitate
a sviluppare la sperimentazione del sistema duale di apprendimento.
Infine, sempre nell’estate del 2016,
si definiva con Unioncamere un’intesa affinché, nel Registro delle imprese interessate a
ospitare in alternanza studenti della scuola secondaria, trovassero posto anche le
aziende disponibili a inserire gli studenti della IeFP con contratti di apprendistato o
alternanza rafforzata. Il Registro si proponeva come utile strumento per facilitare
l’incontro tra imprese e istituzioni scolastiche e formative, sia per programmare i
percorsi di alternanza scuola-lavoro, sia per avviare contratti di apprendistato di
primo livello.
Definiti così gli strumenti
regolativi, promozionali e di sostegno, la sperimentazione, già partita in Lombardia
nella primavera del 2016 grazie al sistema della «dote formativa», poteva essere
pienamente attuata negli anni formativi 2016-2017 e 2017-2018.
3. Sul campo: risultati e criticità
Un primo bilancio della
sperimentazione non può non tener conto di quali fossero le attese iniziali e
soprattutto quali obiettivi si volevano centrare.
Innanzitutto, vi era la volontà
esplicita di abbattere il muro che separava nettamente scuola e impresa. Si voleva
affermare anche un principio pedagogico, ovvero che
¶{p. 120}l’apprendimento non avviene esclusivamente mediante
l’acquisizione di conoscenze astratte, ma con una continua interazione tra riflessione e
pratica, studio e lavoro; cambiamento, questo, particolarmente urgente nella scuola
italiana che ha visto progressivamente crescere la separazione di queste dimensioni. Lo
sviluppo del duale nella IeFP, la diffusione dell’alternanza scuola-lavoro, la nascita
degli ITS hanno segnato un cambio di stagione. Ma il percorso non è comunque affatto
compiuto.
In secondo luogo, si mirava ad avere
percorsi di IeFP che comprendessero ordinariamente l’opzione del duale nelle diverse
forme definite dal decreto interministeriale del gennaio 2016. Il fatto che più di 300
CFP abbiano sviluppato l’apprendimento duale per circa 25.000 allievi ci dice che il
sistema, compatibilmente con le risorse messe a disposizione, seppur in forme alquanto
differenziate ha risposto positivamente. Oggi i ragazzi che frequentano corsi in forma
duale sono più del 15% del totale di quelli coinvolti nell’offerta della IeFP.
Prima della stabilizzazione delle
risorse (avvenuta come vedremo solo con la legge di Bilancio 2018), le regioni hanno
puntato a realizzare prioritariamente, in forma duale, il quarto anno, ovvero il
percorso post-qualifica che consente il conseguimento del diploma professionale. Una
scelta motivata dal fatto che le aziende preferiscono assumere in contratto di
apprendistato giovani che possibilmente abbiano compiuto o stiano per compiere i 18
anni. D’altra parte, questa era anche una delle tre priorità indicate nei protocolli
d’intesa sottoscritti dalle regioni con il Ministero del Lavoro. A tal proposito occorre
evidenziare che la messa in campo di attività formative modulari in grado di rimettere
nel circuito formativo giovani Neet, è stata invece poco praticata dalle regioni; segno
evidente che il recupero di giovani che hanno lasciato precocemente la scuola, magari
anche senza conseguire il diploma dell’obbligo, richiede di avere a disposizione risorse
appropriate al fine di ottenere risultati significativi.
Circa la scelta delle tre vie
diverse con cui realizzare l’apprendimento duale, i CFP hanno privilegiato
l’alternan¶{p. 121}za rafforzata, a discapito dell’impresa formativa
simulata e soprattutto dell’apprendistato. Questa via presentava sicuramente una
maggiore continuità con l’esperienza pregressa degli stage aziendali, che a partire dal
secondo anno erano da tempo parte integrante dei percorsi formativi di IeFP.
L’alternanza rafforzata richiedeva certo un tempo di formazione in azienda alquanto
aumentato, ma il modello già sperimentato degli stage rendeva più agevole questo
percorso. L’impresa formativa simulata – scelta da molte regioni – corrispondeva a una
pratica diffusa in non pochi CFP, quella della didattica laboratoriale, sulla quale
veniva incardinato il nuovo percorso duale. Certamente se, anziché limitarsi a
un’impresa formativa simulata, i CFP – come in parte è avvenuto – avessero dato luogo a
un’impresa formativa vera e propria, si sarebbe determinato un ulteriore salto di
qualità nel modo di apprendere per i ragazzi. Ma le diverse regolamentazioni regionali e
l’assenza di una chiara normativa nazionale hanno scoraggiato e ostacolato anche coloro
che avrebbero voluto creare un ambiente formativo caratterizzato da un’impresa realmente
funzionante.
Infine, la via della stipula di
contratti di apprendistato di primo livello. Si è già osservato che nel 2015 erano
ridotti al lumicino. La sperimentazione li ha riportati in vita con una crescita
percentuale significativa, ma con numeri assoluti modesti pari, a seconda degli anni, a
circa 10/12.000. Pesano nella scelta di questa opzione, certamente più impegnativa,
almeno tre fattori: la necessità di aver rapporti solidi con le aziende del territorio e
di avere la capacità e le professionalità per seguire un inserimento – quello del
giovane apprendista – che sposta il baricentro del luogo di apprendimento dall’aula
scolastica all’impresa produttiva; vi è poi una consolidata resistenza delle imprese a
farsi carico dell’accompagnamento in azienda di giovani ancora minorenni; per le
aziende, infine, l’utilizzo dell’apprendistato professionalizzante, anziché di quello
formativo, appare non solo meno oneroso, ma anche di più facile gestione.
Un bilancio sintetico della
sperimentazione può essere tracciato anche partendo da alcuni dati elaborati nei tre
¶{p. 122}Rapporti di monitoraggio sulla
sperimentazione del sistema duale di Forma nonché dalle rilevazioni annuali di Inapp.
Innanzitutto, la stabilizzazione del
numero dei giovani impegnati nei percorsi duali, circa 22.000. In secondo luogo, il
crescente interesse delle aziende medio-piccole nell’attivare percorsi di alternanza
rafforzata o apprendistato di primo livello. Nel terzo Rapporto di
monitoraggio di Forma si evidenzia che la quota di aziende contattate dai
CFP e che hanno poi effettivamente attuato percorsi duali è passata dal 66% del 2016,
all’83% del 2018. Questi due dati, numero degli allievi e aziende coinvolte, ci dicono
che gli obiettivi indicati nella Linea 1 e Linea 2 dell’accordo tra Ministero del Lavoro
e regioni del 2016 sono stati sostanzialmente raggiunti: inserimento ordinario dei
percorsi duali nell’offerta annuale di IeFP e progressiva strutturazione e sviluppo
della funzione di placement da parte dei CFP. Sempre dal terzo
Rapporto di monitoraggio emergono anche alcuni dati
interessanti: la quasi totalità degli operatori coinvolti nei percorsi duali ritiene che
gli stessi siano un’opportunità di crescita per il CFP e che circa l’80% dei giovani
contattati per eventualmente scegliere il percorso duale ha dimostrato interesse alla
proposta.
L’elemento di maggiore criticità è
il forte squilibrio territoriale: mentre al Nord i risultati prima indicati possono
dirsi raggiunti, nelle regioni del Centro – escluso il Lazio – i numeri restano invece
molto modesti. Nel Sud l’offerta di IeFP è alquanto limitata, se non del tutto
inesistente e ciò ha ovviamente impedito un radicamento dei percorsi duali. Va tuttavia
sottolineato che due regioni – Campania e Calabria – hanno ricominciato a fare
formazione professionale proprio con piccole esperienze di corsi in forma duale.
In conclusione, tra la fine del 2017
e i primi mesi del 2018 si sono determinate tre scelte di carattere istituzionale,
mediante le quali si incardinano definitivamente i percorsi duali nell’offerta di
istruzione e formazione professionale e altresì si mettono in condizione le aziende di
superare le resistenze all’utilizzo dell’apprendistato di primo livello come modalità di
formazione e inserimento di giovani in azienda. Il riferimento alle norme contenute
nella legge di
¶{p. 123}Bilancio del 2018, che rende permanenti le
risorse destinate specificamente al duale (75 milioni ogni anno), con una quota
aggiuntiva tra i 45 e i 55 milioni, determinata invece anno per anno e proveniente dal
Fondo sociale europeo, permettono ora alle regioni, a cui sono destinate per riparto
annuale tali risorse, di programmare con certezza sia i corsi triennali, sia di
incrementare l’investimento sul quarto anno per il diploma professionale.
Note