Ludovico Albert, Daniele Marini (a cura di)
La valutazione dell'esperienza duale nell'istruzione e formazione professionale
DOI: 10.1401/9788815371225/c3
Quando tra il 2015 e il 2016 sono state scritte le norme che regolano il sistema duale di formazione e avviata la sperimentazione, non ci si è resi conto (ed è un mio cruccio)
{p. 138}che il nuovo apprendistato appariva come un innominato o al massimo aveva una definizione tecnico-residuale, conosciuto solo come di primo o di terzo livello. In effetti quello indicato dalla normativa come di secondo livello aveva un nome proprio («professionalizzante») e di fatto così era generalmente chiamato e individuato. L’assenza di un nome proprio agli apprendistati che corrispondono alla definizione europea della VET, ha contribuito non poco alla loro irrilevanza o comunque alla loro scarsa conoscenza. Quando una cosa non è nominata con un nome proprio, finisce per essere dimenticata. E così è stato. Anche lo stesso PNRR, che pur assegna 600 milioni al rafforzamento del sistema duale, non nomina mai l’apprendistato con la sua qualificazione specifica, come «formativo». Di qui la scelta nella nuova normativa di chiamare l’apprendistato con il suo nome proprio, in quanto la finalità specifica di questa singolare forma contrattuale è quella di far conseguire un titolo di studio secondario e terziario con un percorso formativo in aula e on the job. Ma non basta una revisione normativa. Serve un’adeguata e accattivante campagna di comunicazione che faccia entrare nel linguaggio del quotidiano questa accezione dell’apprendistato e consenta a tutti di coglierne l’originale finalità. Qualcosa che consenta di far capire alle famiglie, ai giovani, agli imprenditori e ai consulenti del lavoro, agli insegnanti e ai formatori di utilizzare un termine semplice, comprensibile e dal significato univoco.

6. Conclusioni: «Next Generation Italia»

Dello sviluppo del sistema duale nei percorsi di IeFP si è detto in modo analitico nel paragrafo 5, indicando le proposte necessarie per uscire dalla nicchia. Ma con uno sguardo al complesso dei percorsi e delle esperienze duali presenti in Italia, val la pena concludere questa breve narrazione relativa alla sperimentazione realizzata negli anni 2016-2018 anche con alcune indicazioni prospettiche che tengano conto appunto della diversificazione avvenuta dei percorsi duali. Ciò anche in ragione della necessità di {p. 139}definire le modalità di assegnazione delle ingenti risorse della Next Generation EU al fine di riorganizzare i nostri sistemi formativi.
In primo luogo, va ripristinato un monte ore adeguato di apprendimento in contesto di impresa attraverso l’alternanza scuola-lavoro nell’intero sistema di secondo ciclo. Una scelta che andrebbe accompagnata con una diversa articolazione dell’alternanza, introducendo – al terzo e quarto anno della scuola secondaria e della formazione professionale – anche la possibilità di effettuare un’alternanza scuola-servizio civile. Un mese di impegno volontario e civico – magari durante l’estate e a cui assegnare adeguati crediti formativi – presso un ente del Terzo settore. Un’esperienza di formazione alla cittadinanza, di radicamento nell’appartenenza alla propria comunità e anche di acquisizione di quelle soft skills sempre più richieste dal mercato del lavoro.
In secondo luogo, le risorse del PNRR, oltre che allo sviluppo dei percorsi duali in IeFP con l’apprendistato formativo e l’alternanza rafforzata, vanno indirizzate anche alla crescita degli ITS e della IFTS. La versione del PNRR che sarà inviata alla Commissione UE prevede un investimento di circa 1,5 miliardi che consente non solo di accrescere l’offerta, ma anche di completare, mediante gli IFTS, la verticalizzazione della filiera della IeFP con un quinto anno integrativo e offrendo nuove opportunità di inserimento lavorativo ai Neet.
La presa in carico da parte del PNRR di queste proposte rappresenta, insieme a un efficace sostegno al rilancio del paese, anche l’occasione per dare un nuovo assetto all’insieme dei sistemi formativi, superando storici ritardi e avviando la costruzione di interazioni positive tra politiche attive del lavoro, servizi di collocamento e percorsi di istruzione. Non dimentichiamo che i due terzi delle risorse del PNRR dovranno essere restituite entro il 2058. Rappresentano dunque un investimento per gli adulti e un debito che i giovani saranno chiamati a restituire. Solo con questa consapevolezza il PNRR sarà veramente un piano per Next Generation Italia.
Note