La valutazione dell'esperienza duale nell'istruzione e formazione professionale
DOI: 10.1401/9788815371225/c4
Capitolo quarto Costruire una solida alleanza con il territoriodi Cristiana Poggio e Marco Muzzarelli
Notizie Autori
Cristiana Poggio è vicepresidente di Piazza dei Mestieri.
Notizie Autori
Marco Muzzarelli è direttore nazionale della Fondazione Engim.
Abstract
Gli enti IeFP risultano essere oggi decisivi nel contrasto agli effetti
negativi nell’ambito dell’istruzione e del lavoro di cui è stata responsabile la
crisi pandemica da Covid-19, e questo perché sono potenzialmente in grado di offrire
nuove prospettive ottimistiche special modo per ciò che riguarda la
marginalizzazione sociale, la dispersione scolastica e la disoccupazione. Mediante
un approfondimento dedicato alle varie configurazioni che il sistema duale può
assumere, in questo capitolo si pone particolare attenzione alle nuove metodologie e
alle nuove offerte formative in grado di fornire competenze professionali richieste
dalle aziende e, in tal modo, di creare legami solidi con le imprese.
Nello scenario attuale in cui le
competenze diventano presto obsolete, i mestieri cambiano per la necessità di rimanere al
passo con le transizioni green e digitali in corso, quale compito può
assolvere il sistema della formazione professionale per garantire nel nostro paese la
massima occupabilità di giovani e adulti?
La formazione necessita di una nuova
lettura e interpretazione che le riconosca il valore di strumento di welfare per tutto
l’arco della vita degli individui, anche perché diventi possibile l’offerta di azioni di
inclusione sociale che garantiscano a chiunque di essere sempre nel mondo del lavoro, al di
là dell’età anagrafica.
L’esperienza maturata negli ultimi anni
da molti enti di formazione professionale porta ad affermare con certezza che l’acquisizione
delle competenze richieste dalle imprese ai lavoratori per transitare agevolmente dalla
formazione al lavoro, e da un’occupazione all’altra, può essere favorita da un approccio
work based learning, ossia di apprendimento in contesto lavorativo.
1. Alleanza formazione imprese
In questi ultimi mesi di grandi
cambiamenti a seguito della pandemia, il sistema di Istruzione e Formazione
Professionale si è confermato come decisivo anche per la sua capacità di contenere (in
molti casi di evitare) la dispersione e la marginalizzazione sociale di un’ampia platea
di ragazzi. Innanzitutto, perché nei centri di formazione professionale è sempre stato
molto chiaro che la formazione e l’istruzione ¶{p. 142}non possono che
essere un fatto di educazione e che questa non può che svilupparsi dentro un’esperienza
di concretezza, che passa soprattutto attraverso il lavoro. Configurandosi, quindi, come
un’«educazione al lavoro» attraverso un’esperienza resa possibile da un rapporto: con i
giovani che si intercettano, ma anche con chi opera in tutto il sistema sociale e
produttivo di un territorio. Solo dentro un rapporto, infatti, si incontrano bisogni
emergenti (e non) e si possono affinare modelli efficaci, si rompe l’autoreferenzialità
e si colgono gli elementi della realtà, per leggerla, individuarne le tendenze e gli
spunti di cambiamento.
In linea con tutto ciò, il sistema
duale introdotto nel nostro sistema educativo da qualche anno ha permesso lo sviluppo di
alcune buone prassi e nello stesso tempo sta facendo intravvedere nuove prospettive
evolutive per la formazione professionale che, rispondendo in questo anche alle
raccomandazioni poste dalla Commissione europea, si configura sempre più come una forma
di welfare in grado di accompagnare le persone lungo tutto l’arco della vita, nel
contesto di variazioni rapide e continue del mercato del lavoro. L’esperienza del duale,
unitamente alla pandemia che ha travolto un paese già in difficoltà e senza la
percezione diffusa del valore della formazione, ha condotto così gli enti di formazione
professionale a riconsiderare complessivamente contenuto e metodi della propria offerta,
soprattutto le modalità attraverso cui può declinarsi un’attenzione e una presa in
carico educativa della persona.
È emersa con chiarezza innanzitutto
la necessità di costruire ampie alleanze per accompagnare e sostenere i giovani nella
sfida dell’inserimento lavorativo. Per formare «mani intelligenti» e cittadini del
futuro occorre infatti non essere soli e autoreferenziali; occorre intessere stabili
legami proprio con le imprese in cui i giovani saranno accompagnati e che dovranno
essere considerate in modo esplicito beneficiarie dell’azione formativa. Le forme di
queste alleanze sono in parte già acquisite e in parte in via di definizione. Ci preme
evidenziarne qui alcuni tratti e alcune caratteristiche
imprescindibili.¶{p. 143}
1. Il primo aspetto qualificante
riguarda il nesso con il lavoro.
• Scuola e lavoro non devono essere
vissuti come due momenti sequenziali – prima l’aula e dopo lo stage, prima il corso e
dopo l’inserimento lavorativo – devono coesistere e integrarsi completandosi
vicendevolmente, dando vita a una continua, feconda alternanza di contesti e modalità di
apprendimento.
• L’impegno lavorativo deve essere
il più possibile reale e non simulato: solo se effettivo e «invasivo», l’apprendimento
in contesto lavorativo può aiutare il giovane a scoprire la bellezza di una costruzione
del proprio percorso di crescita sia sul piano umano che professionale.
• Le modalità attraverso cui si
realizza il nesso con il lavoro e si valorizza la sua valenza formativa sono molteplici.
L’alveo principale è quello dell’alternanza (d.lgs. n. 77/2005), in cui si collocano le
diverse forme di tirocinio e stage. Nell’ambito dei percorsi di IeFP si documentano
comunque già anche numerose esperienze più avanzate, come quelle legate all’impresa
formativa (non simulata). Esse si costituiscono come un contesto di formazione dove la
pressione tipica del lavoro viene «alleggerita», ma non annullata, per lasciare spazio
allo sviluppo «a tutto tondo» delle diverse dimensioni di competenza della persona. Le
soluzioni di IF sono e possono essere diverse, con attivazione di un processo interno
all’ente o in un’azienda esterna, con produzione su commessa o altro; si tratta in ogni
caso di individuarne gli elementi caratterizzanti e innovativi (di «modello»), di
valorizzarle e supportarle affinché diventino una stabile opportunità di apprendimento.
• L’altra corsia preferenziale è
quella dell’apprendistato formativo. Si deve sicuramente percorrere la strada di un suo
potenziamento. L’apprendistato formativo contribuisce a ridurre i lunghissimi tempi di
transizione tra sistema educativo e lavorativo e può diventare un modello di formazione
aperto a tutte le età, estendibile cioè anche a percorsi per adulti che prevedono una
qualifica o un titolo di formazione superiore.
2. Il secondo – non in ordine di
importanza, ma con¶{p. 144}testuale al primo – riguarda le dimensioni di
contenuto e «temporali» della formazione.
• Il processo formativo non può più
essere limitato e strettamente ricondotto a una fascia di età anagrafica, ma si sviluppa
lungo tutto l’arco della vita. Pur rivolgendosi a un target ben preciso come quello del
Diritto e Dovere di Istruzione e Formazione (DDIF) fino ai 18 anni di età, i percorsi di
IeFP non possono che rimanere aperti, per così dire in modo osmotico, senza barriere
rigide, anche a un target di popolazione adulta, sia per permettere il completamento di
quanto avviato nel periodo precedente, sia per arricchire e aggiornare il bagaglio di
competenze acquisito. I confini con la formazione continua, da questo punto di vista,
diventano più fluidi. Al centro sta infatti il percorso (originale) della persona, non
più le forme predefinite in cui deve via via collocarsi.
• In quest’ottica risulta
determinante anche la possibilità di prevedere l’allungamento della filiera formativa e
di poter accompagnare i giovani fino all’inserimento nei percorsi ITS. I percorsi di
istruzione tecnica superiore sono oggi tra i percorsi formativi attualmente «sotto i
riflettori», poiché, grazie alle straordinarie performance di inserimento lavorativo e
di risposta sollecita ai bisogni delle imprese, rappresentano una priorità per il
Recovery Plan.
• Rispondere alle esigenze delle
imprese deve contestualmente favorire l’estendersi della formazione duale anche al
sistema della formazione continua, sviluppando una rete per il
reskilling e l’upskilling di competenze
per gli adulti che a causa delle rapide variazioni del mercato del lavoro possono
trovarsi frequentemente nella condizione di cercare lavoro e di doversi riqualificare
molto rapidamente.
• Appare inoltre ormai ineludibile
che gli enti assumano la fisionomia di «luoghi» formativi in cui i giovani siano
accompagnati sì al lavoro, ma contestualmente alla scoperta dei propri talenti e allo
sviluppo e potenziamento di quelle dimensioni personali (le cosiddette
soft o social emotional skills) che
risultano sempre più decisive per orientarsi in un mondo lavorativo in rapidissima
evoluzione e per adeguarsi ai cambiamenti.¶{p. 145}
3. Il terzo: un nuovo modello
organizzativo, più flessibile e ripensato nei servizi.
• In ogni caso, o perché diventa
anche un luogo di lavoro e di produzione, o perché vi si connette strutturalmente
l’attività formativa, gli enti devono avere la possibilità di svincolarsi dagli orari
standard di lezione e di articolare i periodi e i gruppi di apprendimento in funzione
delle esigenze di lavoro/formazione (con rotazioni, per fasi ecc.); il gruppo classe o
il laboratorio non sono più l’unico riferimento e luogo della formazione; anche l’orario
non deve essere rigidamente predefinito.
• Va inoltre valorizzata nelle
regolamentazioni regionali la flessibilità di presidiare filiere diverse, per consentire
agli enti di spostarsi su settori diversi, per seguire le necessità lavorative e per
adeguare velocemente l’offerta formativa e uscire dal rigido paradigma del «catalogo
corsi».
• Parimenti decisivo risulta il tema
dei «servizi non-formativi», quali ad esempio il servizio dei Job
Center che accompagna i giovani nell’inserimento lavorativo a fine corso,
evitando così una dispersione in uscita e non vanificando le risorse impegnate nella
formazione; oppure servizi di consulenza alle aziende, relativamente alla
contrattualistica del lavoro, in particolare sul versante del contratto di apprendistato
e dei tirocini, troppo spesso sconosciuti ai consulenti del lavoro.
• Nella prospettiva di formazione di
tutte le dimensioni della persona, i docenti e i tutor dovranno porsi accanto ai giovani
quasi come «consulenti di apprendimento e cambiamento», affascinandoli sempre con la
loro professionalità e sete di sapere. Ne risulta quindi riconfigurata la loro
fisionomia, con competenze adeguate anche dal punto di vista educativo, oltre che sul
piano tecnico.
4. Il quarto: un modello più leggero
di certificazione.
• Un sistema di offerta più
flessibile, come sopra tratteggiato, non può che adottare un’ottica e soluzioni di
certificazione di micro-competenze in grado di costruire percorsi formativi
tailor made sulla base delle caratteristiche del discente e del
mercato del lavoro.
¶{p. 146}