Matelda Reho, Filippo Magni (a cura di)
Tutela e valorizzazione del paesaggio nella transizione
DOI: 10.1401/9788815413352/c4

Clemente Pio Santacroce L’autorizzazione paesaggistica: il regime ordinario

Notizie Autori
Clemente Pio Santacroce è professore associato di Diritto amministrativo nel Dipartimento di Diritto pubblico, internazionale e comunitario dell’Università di Padova. Le sue pubblicazioni spaziano su una pluralità di temi del diritto amministrativo generale, dagli accordi tra PA, all’annullamento d’ufficio, alla trasparenza dell’amministrazione, cui si accompagnano lavori in tema di diritto urbanistico e del patrimonio culturale. Di recente pubblicazione Territorio e comunità nella teoria giuridica della partecipazione (Giappichelli, 2023).
Abstract
Il legislatore del Codice dei beni culturali e del paesaggio, rispetto al regime compendiato nel previgente Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, ha confermato, pur non senza modifiche di interesse, il tipico e duplice effetto giuridico prodotto dalla sussistenza di un vincolo paesaggistico a tutela di un singolo immobile, di un complesso di immobili o di una determinata, più o meno estesa, area territoriale: da un lato, il divieto di distruzione dei beni paesaggistici e dei valori da essi espressi ed oggetto di protezione del Codice; dall’altro, l’obbligo di autorizzazione, di regola preventiva, per gli interventi di alterazione dello stato dei luoghi assoggettati a tutela. Quel nesso, naturale e da ultimo evidenziato, tra funzione autorizzatoria e funzione sanzionatoria non è però l’unico che può scorgersi nel Codice. L’art. 146, del Codice, interamente dedicato all’autorizzazione paesaggistica, contiene diverse disposizioni di natura sia sostanziale che procedimentale. Non mancano, inoltre, anche peculiari disposizioni processuali. Il procedimento ordinario di rilascio/diniego dell’autorizzazione paesaggistica prende naturalmente avvio a seguito della presentazione di un’istanza da parte di quel soggetto, privato o anche pubblico, interessato alla realizzazione di un intervento su di un bene paesaggistico, la quale dev’essere accompagnata dalla prescritta documentazione a corredo del progetto. Nel procedimento di rilascio/diniego dell’autorizzazione paesaggistica potrebbe darsi il caso in cui le amministrazioni competenti restino "silenziose".

1. L’autorizzazione paesaggistica come strumento di gestione dei beni soggetti a tutela

Il legislatore del Codice dei beni culturali e del paesaggio [1]
, rispetto al regime compendiato nel previgente Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali (d.lgs. 490 del 29 ottobre 1999), ha confermato, pur non senza modifiche di interesse, il tipico e (da tale prospettiva di analisi, almeno) duplice effetto giuridico prodotto dalla sussistenza di un vincolo paesaggistico a tutela di un singolo immobile, di un complesso di immobili o di una determinata, più o meno estesa, area territoriale: da un lato, il divieto di distruzione (o comunque di modificazione pregiudizievole) dei beni paesaggistici e dei valori da essi espressi ed oggetto di protezione, previsto dall’art. 146, c. 1, del Codice; dall’altro, l’obbligo di autorizzazione, di regola preventiva (salvo quanto previsto dall’art. 167, c. 4, in ordine ai casi e alle condizioni di possibile accertamento postumo della compatibilità paesaggistica), per gli interventi di alterazione dello stato dei luoghi assoggettati a tutela (art. 146, c. 2).
Su detti obblighi di fare e di non fare siano qui consentite solo tre considerazioni preliminari, volte anche a delimitare i confini delle (inevitabilmente sintetiche e quindi parziali) riflessioni proposte in questa sede, che – anzitutto per ragioni di spazio – consentiranno di mettere in luce soltanto alcuni dei principali profili sostanziali e procedimentali dell’istituto dell’autorizzazione paesaggistica e della sua applicazione in concreto.{p. 80}
La prima è la seguente. Il duplice effetto giuridico di cui poco sopra si è detto viene a prodursi, in via generale, indipendentemente dal tipo di vincolo paesaggistico. Esso, cioè, prescinde dal fatto che il vincolo trovi la propria fonte in una dichiarazione di notevole interesse pubblico (ex artt. 140, 138, c. 3, e 157, del Codice), nella legge (ex art. 142) o nel piano paesaggistico (ex art. 143, c. 1, lett. d).
La seconda considerazione preliminare, invece, è volta a sottolineare come l’obbligo di preventiva autorizzazione paesaggistica, pur costituendo la regola, trovi nello (o in virtù dello) stesso Codice talune, non trascurabili, eccezioni. Da un lato, infatti, il suo art. 149 elenca gli «interventi non soggetti ad autorizzazione». Dall’altro, l’attuazione di quel meccanismo di delegificazione previsto dall’art. 146, c. 9, del Codice, ha condotto il legislatore all’individuazione di un insieme di «interventi di lieve entità», in quanto tali assoggettati ad un regime amministrativo semplificato oggi disciplinato dal DPR 31 del 13 febbraio 2017, che è stato più di recente oggetto di rinnovata attenzione in sede legislativa, ove si è tornati sul tema attraverso una disposizione che tuttavia non ha poi avuto alcun seguito [2]
. Dagli uni (interventi esonerati) e dagli altri (interventi di lieve entità), però, in questa sede potrà prescindersi in toto, perché già oggetto di un autonomo e specifico contributo pubblicato in questo stesso volume [3]
.
La terza ed ultima considerazione preliminare è sempre volta ad una delimitazione del campo di riflessione. Con {p. 81}essa si intende qui solo mettere in luce come la funzione di autorizzazione paesaggistica costituisca senz’altro lo strumento centrale della gestione dei beni soggetti a tutela. Allo stesso tempo, però, si ritiene doveroso sottolineare come essa sia soltanto una delle diverse funzioni in cui si articola, nell’ordinamento giuridico italiano, la tutela paesaggistica, in quanto tale preceduta, accompagnata e seguita da altre ed altrettanto rilevanti funzioni amministrative. Tra queste, naturalmente, v’è quella prevista a chiusura del sistema, ossia la funzione ripristinatoria-sanzionatoria. E così, a quelle disposizioni legislative sopra ricordate, costitutive di divieti ed obblighi, debbono comunque ritenersi intimamente collegate quelle ulteriori norme – sulle quali pure, però, non ci si potrà soffermare in questa sede – dettate dal legislatore per forgiare l’ultimo «anello» della serie degli istituti giuridici a presidio dei beni paesaggistici, che si compone, in particolare, delle misure amministrative ripristinatorie e delle sanzioni penali contemplate, rispettivamente, dagli artt. 167 e 181, del Codice.

2. Individuazione, pianificazione ed autorizzazione: le interrelazioni tra le diverse funzioni amministrative di tutela paesaggistica

Quel nesso, naturale e da ultimo evidenziato, tra funzione autorizzatoria e funzione sanzionatoria non è però l’unico che può scorgersi nel Codice.
A ben vedere, infatti, il legislatore italiano, sin dal 2004, e poi – seppur con approcci non poco diversificati – nelle successive versioni «2006» (d.lgs. 157/2006) e «2008» (d.lgs. 63/2008) del Codice, ha ritenuto utile instaurare, per evidenti e condivisibili finalità di semplificazione, talune significative interrelazioni anche con riguardo alle altre funzioni in cui si articola il complessivo (e complesso) sistema amministrativo di «cura» del paesaggio [4]
.{p. 82}
Una prima interessante interrelazione è senza dubbio quella rinvenibile nel nesso instaurato dal legislatore tra funzione autorizzatoria e funzione di pianificazione paesaggistica.
L’art. 143, c. 4 (lett. a e b), del Codice prevede, infatti, che il piano paesaggistico possa introdurre una modulazione «verso il basso» [5]
del regime autorizzatorio, sino ad un suo possibile, sostanziale azzeramento.
Da un lato, infatti, ivi si prevede che, in sede di pianificazione paesaggistica, possano essere individuate delle «aree tutelate per legge» (ai sensi dell’art. 142), contestualmente non interessate da vincoli di fonte provvedimentale (ex artt. 138, c. 3, 140 e 157), nelle quali è dato sostituire all’ordinario procedimento di rilascio/diniego dell’autorizzazione paesaggistica un accertamento della compatibilità paesaggistica dell’intervento di trasformazione dello stato dei luoghi da effettuarsi, in modo «unificato», nell’ambito del procedimento volto alla formazione del relativo titolo abilitativo edilizio (art. 143, c. 4, lett. a).
Dall’altro, poi, si riconosce al piano paesaggistico anche la possibilità di individuare, tra i beni paesaggistici presenti sul territorio regionale, tutte quelle «aree gravemente compromesse o degradate», nelle quali – a prescindere dal tipo di vincolo – «liberare» gli «interventi effettivamente volti al recupero ed alla riqualificazione» da un controllo amministrativo di tipo preventivo (art. 143, c. 4, lett. b).
Gli effetti di detta (eventuale) modulazione riduttiva del regime autorizzatorio ordinario attraverso il piano non sono da considerarsi, tuttavia, né automatici né definitivi.
Anzitutto, l’operatività in concreto di eventuali disposizioni pianificatorie di tale tenore contenutistico è stata espressamente subordinata, dal legislatore del Codice, {p. 83}all’approvazione di strumenti urbanistici comunali adeguati al piano paesaggistico (art. 143, c. 5).
Ma, sempre a tal riguardo, v’è da aggiungere che potrebbe essere lo stesso piano ad introdurre condizioni ulteriori di operatività delle semplificazioni amministrative in discorso.
L’art. 143, c. 6, del Codice, infatti, rimette al pianificatore la possibilità di subordinare l’entrata in vigore delle norme di piano dirette a consentire interventi senza autorizzazione paesaggistica (ai sensi dell’art. 143, c. 4), all’esito positivo di un periodo di monitoraggio ex ante circa la verifica della conformità alla disciplina vigente delle trasformazioni realizzate nel territorio comunale interessato.
Inoltre, merita senz’altro d’essere ricordato come detto effetto di semplificazione potrebbe anche essere neutralizzato ex post, nel caso in cui, all’esito di controlli a campione, si dovesse accertare un significativo grado di violazioni delle prescrizioni vigenti nell’area, con il consequenziale ripristino del regime autorizzatorio ordinario di cui all’art. 146, del Codice, relativamente a quei territori comunali nei quali siano state rilevate dette violazioni (art. 143, c. 7).
Una seconda interrelazione tra le diverse funzioni amministrative di tutela paesaggistica la si ritrova, poi, nell’art. 146, c. 5, del Codice.
Ivi, infatti, si prevede che all’attivazione di quei diversi poteri amministrativi volti a «vestire» di contenuto prescrittivo i vincoli paesaggistici – il che potrebbe (rectius: dovrebbe) darsi già in sede di dichiarazione di notevole interesse pubblico, di successiva integrazione (ex art. 141-bis) dei vincoli nati «nudi» [6]
o di pianificazione paesaggistica – faccia seguito un non trascurabile arretramento dell’intervento statale soprintendentizio nel procedimento di rilascio/diniego dell’autorizzazione paesaggistica.
L’approvazione delle prescrizioni d’uso dei beni paesaggistici è stata infatti elevata dal legislatore statale a presupposto (necessario ma – come tra breve pure si ricor
{p. 84}derà – non sufficiente) per un significativo effetto giuridico di degradazione [7]
, da vincolante a meramente obbligatorio, del parere che il soprintendente unico (archeologia, belle arti e paesaggio) [8]
territorialmente competente [9]
è chiamato a rilasciare, ai sensi dello stesso art. 146, cc. 5, 7 e 8, del Codice, in ordine alla proposta di provvedimento ad esso inviata dalla regione o – come pure si dirà [10]
– dal livello amministrativo locale da questa delegata.
Note
[1] Ci si riferisce, naturalmente, al d.lgs. 42 del 22 gennaio 2004 (come successivamente modificato e integrato, in particolare, a mezzo del d.lgs. 157 del 24 marzo 2006, e del d.lgs. 63 del 26 marzo 2008).
[2] Cfr. l’art. 26 della c.d. legge «annuale» per la concorrenza (l. 118 del 5 agosto 2022), il cui comma 13 aveva previsto la possibilità di approvare, «entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore» della legge stessa, disposizioni modificative ed integrative del sopra richiamato DPR 31/2017, al molteplice fine di: a) «ampliare e precisare le categorie di interventi e opere di lieve entità»; b) «operare altre semplificazioni procedimentali, individuando ulteriori tipologie di interventi non soggetti ad autorizzazione paesaggistica oppure sottoposti ad autorizzazione paesaggistica semplificata»; c) «riordinare, introducendo la relativa disciplina nell’ambito del predetto regolamento, le fattispecie di interventi soggetti a regimi semplificati introdotte mediante norme di legge». Come si è anticipato, però, il governo non ha poi dato alcun seguito a detta previsione legislativa.
[3] G. Torelli, L’autorizzazione paesaggistica: interventi esclusi e regime semplificato, infra, pp. 245-258.
[4] P. Marzaro, L’amministrazione del paesaggio. Profili ricostruttivi di un sistema complesso, Torino, Giappichelli, 2011.
[5] C.P. Santacroce, Osservazioni sul tema degli accordi tra Stato e regioni nell’esercizio della funzione di pianificazione paesaggistica, in «Rivista giuridica di urbanistica», 2008, n. 1/2, pp. 233 ss.; Id., La gestione dei vincoli paesaggistici tra ripensamenti centripeti e (ri)formulazioni legislative centrifughe, in «Rivista giuridica di urbanistica», 2009, n. 1/2, pp. 219 ss.; Id., Territorio e comunità nella teoria giuridica della partecipazione, Torino, Giappichelli, 2023.
[6] P. Ungari, Spunti per un intervento su «Quadro conoscitivo critico della legislazione italiana sul paesaggio» nell’ambito del Convegno «Il Paesaggio nelle Politiche Europee» (2003), in www.giustizia-amministrativa.it.
[7] Santacroce, Osservazioni sul tema degli accordi tra Stato e regioni nell’esercizio della funzione di pianificazione paesaggistica, cit. e Id., La gestione dei vincoli paesaggistici tra ripensamenti centripeti e (ri)formulazioni legislative centrifughe, cit.
[8] Quale organo periferico del MiC: cfr. art. 41, DPCM 169/2019 e s.m.i., e art. 146, c. 5, del Codice.
[9] A meno che l’affare amministrativo non rientri nella sfera di competenza della Soprintendenza speciale per il PNRR, operante (almeno) sino al 31 dicembre 2026: cfr. art. 29, DL 77/2021, e art. 26-ter, DPCM 169/2019 e s.m.i.
[10] Cfr. infra, par. 3.