Matelda Reho, Filippo Magni (a cura di)
Tutela e valorizzazione del paesaggio nella transizione
DOI: 10.1401/9788815413352/c14

Silvia Majer e Isabella Pasutto La gestione del bosco in Veneto

Notizie Autori
Isabella Pasutto è forestale, lavora dal 1998 presso la Direzione regionale competente in materia di foreste, dopo una breve esperienza come libera professionista e come dipendente dell’Agenzia veneta per l’innovazione nel settore primario (Veneto Agricoltura). Rappresenta la Regione del Veneto a tavoli istituzionali del MASAF, quali il Tavolo di concertazione permanente del settore forestale, il Tavolo filiera del legno e l’Osservatorio nazionale del pioppo.
Abstract
Nel Veneto, quindi, prima che in altre parti, nasce la cosiddetta "selvicoltura naturalistica" ovvero quella selvicoltura che, ponendosi come principio imprescindibile la stabilità bioecologica del bosco, permette al contempo l’erogazione da parte delle foreste di molteplici benefici e servigi a favore dell’ambiente e dell’umanità. Dall’analisi delle elaborazioni cartografiche sviluppate nel corso degli anni si osserva sul territorio regionale, che conferma anche il trend nazionale, una progressiva e consistente espansione del bosco. La legge Maiorana-Calatabiano del 1877, oggi abrogata, introduce per la prima volta il concetto di "vincolo forestale", vincolo apposto alle superfici coperte da boschi, riconosciuti dalla legge quale bene giuridico di rilevante interesse pubblico e sottoposti a specifiche tutele, ossia gravati da obblighi e divieti derivanti dall’esistenza del vincolo stesso. Il d.lgs. 42/2004, Codice dei beni culturali e del paesaggio (c.d. Codice Urbani), individua tra le aree vincolate ope legis i territori coperti da foreste e da boschi (art. 142, c. 1, lett. g), facendo salvo il principio di tutela ambientale generale, introdotto per questa determinata categoria di beni dalla legge Galasso (l. 431/1985). Quella che viene generalmente omessa, volutamente o per ignoranza, è la cultura forestale: è necessario portare avanti, insieme all’educazione ambientale, anche un’educazione forestale, che faccia capire come questa sia strettamente connessa – e non in contrasto – alla conservazione stessa della natura e dell’ecosistema foresta.

1. Introduzione

Nel suo Saggio storico della legislazione veneta forestale dal sec. VII al XIX (1862), Adolfo di Bérenger scrive:
In tempi in cui negli altri stati e paesi dell’Europa […] non vi erano peranco leggi boschive […] le leggi venete modellate sui migliori principi della scienza forestale collimavano allo scopo di giovare direttamente alla polizia, all’economia ed all’igiene del pubblico […].
I primi provvedimenti legislativi della Repubblica di Venezia a tutela dei boschi per le esigenze del suo arsenale e per la difesa idrogeologica dei territori montani risalgono, infatti, al 1400 e già nella prima metà del 1500 la Serenissima provvedeva annualmente al censimento di tutti i boschi del dominio, sia pubblici che privati. L’inventario periodico delle risorse forestali permetteva di definire le modalità per un corretto utilizzo del bosco nel tempo, al fine di garantire continuità di resa produttiva, ma anche la conservazione degli equilibri biologici necessari alla perpetuità dei boschi medesimi, ritenuti di fondamentale importanza per mantenere il delicato assetto territoriale e scongiurare l’interrimento della laguna.
Nel Veneto, quindi, prima che in altre parti, nasce la cosiddetta «selvicoltura naturalistica» ovvero quella selvicoltura che, ponendosi come principio imprescindibile la stabilità bioecologica del bosco, permette al contempo l’erogazione da parte delle foreste di molteplici benefici e servigi a favore dell’ambiente e dell’umanità.
La selvicoltura naturalistica è dunque la madre di quella che oggi viene definita, nell’ambito di un processo {p. 260}pan europeo avviato negli anni ’90, la Gestione forestale sostenibile (GFS), ovvero l’uso delle foreste in modo e misura tali che queste mantengano la loro biodiversità, produttività, capacità di rigenerazione e vitalità, oggi e per le generazioni future, secondo il principio proprio della sostenibilità ambientale.
La GFS persegue anche il concetto di multifunzionalità, ovvero la capacità del bosco di erogare diversi servizi ecosistemici, distinti, secondo la formulazione del Millennium Ecosystem Assessment (2005), in servizi di approvvigionamento (produzione legnosa, prodotti secondari del bosco, acqua, ecc.), di regolazione (la regolazione del clima, delle precipitazioni, dell’inquinamento, ecc.), culturali (valore estetico, religioso, culturale, paesaggistico, ecc.), di supporto (servizi necessari per la produzione di tutti gli altri servizi ecosistemici come la formazione del suolo, il ciclo dei nutrienti, ecc.).

2. Il patrimonio boschivo regionale

Dall’analisi delle elaborazioni cartografiche sviluppate nel corso degli anni (Carta forestale del Regno d’Italia redatta nel 1936, inventario dei boschi pubblici e privati pubblicato nel 1985, Carta forestale regionale del 2005 elaborata sulla base dei fotogrammi del volo aereo IT2000, dati dell’Inventario forestale nazionale 2015) si osserva sul territorio regionale, che conferma anche il trend nazionale, una progressiva e consistente espansione del bosco. Questa trova giustificazione in diversi fattori, sintetizzabili, dapprima, nell’estesa azione di rimboschimento artificiale nelle aree compromesse dagli eventi bellici ed in seconda battuta nel mutamento delle condizioni socio-economiche, che ha determinato l’abbandono dell’agricoltura e dell’allevamento delle aree pedemontane e montane, lasciando spazio all’espansione spontanea delle cenosi forestali. Fonti più recenti, quali l’Inventario forestale nazionale dei serbatoi di carbonio del 2015 e i dati Eurostat, che tuttavia sommano ai boschi veri e propri aree coperte da vegetazione arborea di varia {p. 261}natura, portano a stimare una superficie forestale regionale, in senso lato, pari a circa 480.000 ha.
Fig. 1. Faggeta autunnale.
Le analisi di seguito evidenziate fanno riferimento esclusivamente alla Carta forestale regionale, secondo la quale la superficie a bosco nella Regione del Veneto assomma a poco più di 412.000 ha.
Secondo alcune recenti proiezioni, benché si possa ritenere che, soprattutto nelle aree montane, si sia giunti ad una progressiva saturazione dei possibili ambiti di espansione, è possibile che nei prossimi anni si possa assistere, comunque, ad un ulteriore potenziale aumento della superficie boscata, soprattutto nelle fasce altimetriche più basse (pianura, collina).
Più in dettaglio, la superficie boscata nella Regione del Veneto si estende per il 28% nella fascia altimetrica inferiore ai 600 metri, per il 22% nella fascia altimetrica compresa tra i 600 e 1.000 metri, per il 30% nella fascia altimetrica compresa tra i 1.000 metri e 1.500 ed il rimanente 20% al di sopra dei 1.500 metri. L’estensione delle varie categorie {p. 262}forestali è direttamente correlata alla distribuzione altimetrica dei popolamenti forestali; nella fascia montana e altimontana predominano le conifere che complessivamente, escluse le mughete e le formazioni antropogene, ricoprono il 29% dell’intera superficie boscata regionale, con una netta prevalenza delle formazioni di abete rosso. Nelle formazioni ascrivibili alle latifoglie si rileva l’ampia diffusione delle faggete e dei piceo-faggeti, che rappresentano il 21% della superficie boscata. Nella fascia collinare, nelle aree caratterizzate da una scarsa fertilità trovano ampia diffusione gli orno-ostrieti (20%), dove invece la fertilità è maggiore sono presenti castagneti e querceti (6%) e dove le disponibilità idriche sono maggiori gli aceri-frassineti (2%).
Fig. 2. Evoluzione della superficie forestale veneta (1936, 1985, 2000, 2015).
La tab. 1 riporta la superficie forestale distinta per forma di governo (ceduo, fustaia e forme transitorie).
In Veneto la fustaia è, dunque, la forma di governo prevalente, interessando il 52% della superficie boscata, valore che risulta essere molto diverso rispetto alla media nazionale, in cui prevale invece la forma di governo a ceduo. Questa differenza è giustificata dalla prevalenza {p. 263}nell’ambito montano veneto – dove le superfici boscate hanno maggiore estensione – delle formazioni di conifere, in particolare nelle province di Belluno e Vicenza. Nelle fasce altimetriche più basse, invece, prevalgono le latifoglie governate a ceduo.
Tab. 1. Superficie forestale distinta per forma di governo e per provincia (dati elaborati al 2019, sulla base della Carta forestale regionale e dei dati derivanti dalla pianificazione forestale)
Provincia
Ceduo
(ha)
Fustaia
(ha)
Soprassuoli transitori
(ha)
Totale
(ha)
Belluno
54.718
161.922
5.797
222.437
Padova
5.322
154
977
6.453
Rovigo
756
234
0
990
Treviso
26.783
9.991
167
36.941
Venezia
853
735
0
1.588
Verona
34.086
8.509
3.446
46.041
Vicenza
63.461
33.000
1.969
98.430
Totale
185.979
214.545
12.356
412.880
 
 
 
 
 
La presenza di soprassuoli transitori, riconducibili alle fustaie transitorie, rispecchia un indirizzo di politica forestale volto a favorire, dove le caratteristiche stazionali lo consentono, la conversione dei cedui in fustaia. Tale gestione è infatti ritenuta più consona ai principi propri della Gestione forestale sostenibile.

3. La normativa forestale nazionale

La legge Maiorana-Calatabiano del 1877, oggi abrogata, introduce per la prima volta il concetto di «vincolo forestale», vincolo apposto alle superfici coperte da boschi, riconosciuti dalla legge quale bene giuridico di rilevante interesse pubblico e sottoposti a specifiche tutele, ossia gravati da obblighi e divieti derivanti dall’esistenza del vincolo stesso.
{p. 264}
Note