Tutela e valorizzazione del paesaggio nella transizione
DOI: 10.1401/9788815413352/c14
- promuovere lo sviluppo della ricerca nel settore forestale, al fine di ampliare la base conoscitiva su cui fondare le riforme e l’aggiornamento del settore forestale;
- promuovere la pianificazione forestale, articolandola su due livelli: uno di area vasta, a prevalente funzione conoscitiva, mediante la predisposizione dei piani forestali di indirizzo territoriale (PFIT), ed uno di livello aziendale, con funzione operativa/gestionale, mediante la predisposizione dei piani di riassetto forestali;
- mantenere la maggiore funzionalità dei popolamenti forestali come presupposto per l’erogazione di beni e servizi multifunzionali (funzione protettiva, produttiva, turistico-ricreativa e ambientale);
- garantire, tramite interventi selvicolturali appropriati, la naturale affermazione dei tipi forestali ecologicamente coerenti con le caratteristiche proprie della stazione;
- favorire la formazione di popolamenti forestali disetanei e multispecifici, rispetto a popolamenti coetaniformi e monospecifici, meno resilienti e più suscettibili a danni di natura biotica (attacchi parassitari) e abiotica (schianti da neve, vento, incendi, ecc.);
- garantire la perpetuità delle cenosi forestali favorendo la rinnovazione naturale del bosco. Al riguardo, interventi di rimboschimento o di sottopiantagione sono da attuarsi in via straordinaria essenzialmente in presenza di condizio¶{p. 269}ni di disturbo per patologie (attacchi parassitari) o eventi calamitosi avversi (ad es. il ciclone Vaia), in riferimento a difficoltà nell’instaurarsi della rinnovazione naturale, senza rappresentare un elemento di ordinarietà nella gestione boschiva;
- garantire il mantenimento o il raggiungimento di livelli di massa legnosa ottimali, anche al fine di dare un contributo positivo nei confronti del ciclo globale del carbonio, attuando tagli che comportino un prelievo di massa legnosa non superiore all’accrescimento naturale del bosco;
- considerare non solo il soprassuolo forestale, ma l’intera biocenosi con riferimento agli aspetti legati alla fauna, anche mediante il rilascio di determinati soggetti arborei e legname deperiente o la sospensione delle utilizzazioni in particolari periodi dell’anno, ed alla flora protetta o quella di particolare pregio floristico, cercando di non compromettere le aree di naturale diffusione di determinate specie e comunque mirando ad un aumento complessivo della biodiversità;
- riconoscere e valorizzare non solo l’importanza delle foreste naturali, ma anche delle piantagioni legnose e degli ¶{p. 270}imboschimenti in ambiti rurali e periurbani per il miglioramento dell’ambiente e della qualità dell’aria;
- riconoscere l’importanza della formazione degli operatori forestali, al fine di promuovere la crescita e la capacità operativa delle imprese che operano nel settore forestale ed ambientale, della selvicoltura e delle utilizzazioni forestali, nonché nel settore della prima trasformazione e commercializzazione dei prodotti legnosi, per garantire la loro sicurezza, la tutela dell’ambiente e la salvaguardia del territorio;
- promuovere l’associazionismo fondiario, favorendo la nascita di consorzi forestali per prevenire l’abbandono e il degrado del territorio;
- promuovere lo sviluppo di reti di imprese, gruppi di cooperazione e filiere forestali al fine di tutelare l’economia forestale, favorendo in particolare l’economia circolare e l’utilizzo a cascata del legname.
6. Il bosco nel Codice del paesaggio
Il d.lgs. 42/2004,
Codice dei beni culturali e del paesaggio (c.d. Codice Urbani),
individua tra le aree vincolate ope legis i territori coperti da
foreste e da boschi (art. 142, c. 1, lett. g), facendo salvo il principio di tutela
ambientale generale, introdotto per questa determinata categoria di beni dalla legge
Galasso (l. 431/1985). Il Codice prevede, inoltre, all’art. 136, la tutela di
determinate e specifiche aree, dichiarate di notevole interesse pubblico da appositi
decreti ministeriali («complessi di cose immobili», «bellezze panoramiche», «punti di
belvedere», ecc.), che non di rado comprendono estese superfici o interi versanti
boscati. Questo vincolo riprende la tutela rivolta a beni e località di particolare
pregio estetico, introdotta a suo tempo con la l. 1497/1939, Protezione delle
bellezze naturali.
Dal punto di vista paesaggistico,
ci si trova di fronte, quindi, a due diverse fonti di tutela dei boschi, la prima
relativa ad una protezione di carattere generale, riferita ai boschi in quanto tali
(art. 142), l’altra ad un determinato e ¶{p. 271}circoscritto
territorio, nel quale può ricadere una superficie boscata (art. 136).
Mentre per la prima categoria di
vincolo, ovvero per i beni tutelati ai sensi dell’art. 142, il Codice Urbani deroga
dall’obbligo di autorizzazione paesaggistica i tagli colturali, autorizzati in base alla
normativa forestale (art. 149, c. 1, lett. c), questo non avviene per la seconda
categoria di vincolo, ovvero per i beni tutelati ai sensi dell’art. 136: in queste aree
la norma prevede l’obbligo di una valutazione paesaggistica, che deve accompagnare
l’autorizzazione forestale.
Si è più sopra spiegato come la
norma forestale sia già attenta di per sé alla tutela e alla conservazione del
patrimonio boschivo e come le autorizzazioni rilasciate ai fini forestali (cfr.
infra, par. 7) siano già volte a garantire in ogni caso la
perpetuità del bosco, sia che esso ricada o meno in aree vincolate ex art. 136.
A tutt’oggi la vigenza della
necessità di autorizzazione paesaggistica, seppur semplificata, per tagli colturali
ordinari nelle aree decretate ex art. 136, tagli che in ogni caso
¶{p. 272}non comportano, per loro natura e disciplina, alterazione
permanente dello stato dei luoghi, appare ridondante e non scevra di inconvenienti.
Innanzitutto per le Soprintendenze non è agevole esprimersi sul tema specifico e tecnico
delle autorizzazioni forestali. Inoltre, l’allungamento dei tempi di rilascio delle
autorizzazioni al taglio e i costi connessi alla procedura autorizzativa comportano
impatti negativi di tipo sia economico sia amministrativo: da un lato, i proprietari
boschivi devono sostenere una spesa per presentare la relazione paesaggistica redatta da
un tecnico qualificato, spesa che in molti casi potrebbe addirittura superare l’introito
della vendita del legname aumentando l’abbandono colturale e il decadimento delle aree
boschive; dall’altro, la PA viene gravata da una doppia istruttoria, a carico delle
Autorità forestali e delle Soprintendenze, per lo stesso intervento colturale già di per
sé soggetto dalla normativa forestale a prescrizioni volte ad assicurare la
sostenibilità ambientale e la perpetuità del bosco.
Le criticità connesse a quanto
sopra richiamato hanno portato di recente alla redazione, concordata a livello tecnico
tra le regioni e il MASAF nell’ambito del Tavolo di concertazione permanente per il
settore forestale e condivisa con le strutture regionali competenti in materia di
paesaggio, di una proposta di modifica del DPR 31/2017 (Regolamento recante
individuazione degli interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica o
sottoposti a procedura semplificata), volta alla soluzione di tale
problematica estendendo le casistiche di deroga alla necessità di autorizzazione
paesaggistica, pur garantendo il medesimo livello di tutela delle aree boscate.
7. I tagli colturali e i procedimenti autorizzativi
A seguito dell’entrata in vigore
del d.lgs. 42/2004 e nello specifico di quanto dettato all’art. 149, c. 1, lett. c, le
PMPF hanno definito che cosa si debba intendere per «taglio colturale», elencando
all’art. 3 una serie di interventi forestali propri della gestione dei boschi, non
assoggettati ¶{p. 273}quindi ad autorizzazione paesaggistica (fatta
eccezione per le aree di cui all’art. 136), ovvero:
a) i tagli di coltivazione dei boschi, che ne garantiscono la perpetuazione, compresi:1. le conversioni;2. i tagli a raso, normalmente vietati se non nei limiti delle deroghe di cui all’art. 7, comma 5, lett. a e b, del d.lgs. 34 del 3 aprile 2018, «Testo unico in materia di foreste e filiere forestali»;3. i tagli fitosanitari;4. i tagli marginali localizzati in corrispondenza del bordo del bosco;5. i tagli connessi al ripristino dei soprassuoli danneggiati dal fuoco o da altri eventi calamitosi, compresi gli schianti, nonché alla riduzione del rischio di incendio boschivo e di dissesto idrogeologico;6. gli interventi da effettuarsi allo scopo di rinnovare un bosco per mutarne la specie;7. le ripuliture, gli sfolli e i diradamenti;b) i tagli atti ad assicurare l’efficienza e la sicurezza delle infrastrutture e dei manufatti, la funzionalità idraulica e l’eliminazione di rischi per la pubblica incolumità.
Al comma 2 del medesimo articolo,
il legislatore ha poi voluto sottolineare come, ferme restando le sanzioni
amministrative applicabili, i «tagli colturali» restano tali anche se eseguiti in modo
difforme dalle modalità tecniche previste nelle PMPF o nel progetto di taglio
autorizzato, purché non sia compromessa l’autoperpetuazione del bosco. Questo concetto
risulta di estrema importanza, poiché asserisce che un taglio boschivo, seppur non
effettuato a regola d’arte o secondo le disposizioni di cui all’art. 9 delle PMPF, se
non compromette la stabilità bioecologica del bosco, rimane comunque un taglio
colturale, sanzionabile dalla normativa forestale, ma non perseguibile penalmente se
permane la funzionalità del soprassuolo.
All’art. 149, c. 1, lett. c, del
Codice, oltre al riferimento dunque ai «tagli colturali», viene ribadita la necessità
che questi siano «autorizzati» in base alla normativa in materia.
Secondo quanto dettato dalla legge
forestale regionale, all’art. 23, cc. 4 e 5, la gestione forestale si articola in
Ve
¶{p. 274}neto in diversi procedimenti autorizzativi, la cui
complessità dipende dalla quantità di massa legnosa da prelevare, ripresi e dettagliati
all’art. 6 delle vigenti PMPF, di seguito sinteticamente richiamati:
Note