Cecilia Tomassini, Marco Albertini, Carlo Lallo (a cura di)
Avanzare insieme nella società anziana
DOI: 10.1401/9788815413086/c8

8. La protezione legale nelle relazioni di cura agli anziani
di Stefania Giova, Valerio Rotondo e Maria Epifania
La ricerca, svolta sotto la supervisione di S. Giova, è frutto di una riflessione comune. Ai fini della valutazione i paragrafi da 1 a 5 sono da attribuirsi a V. Rotondo e i paragrafi da 5.1 a 6 a M. Epifania

Notizie Autori
Stefania Giova professoressa ordinaria di Diritto privato, Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli.
Notizie Autori
Valerio Rotondo professore associato di Diritto privato, Università degli Studi del Molise.
Notizie Autori
Maria Epifania ricercatrice a tempo determinato, Università degli Studi del Molise.
Abstract
Anche in questo capitolo si affronta il tema della domanda di supporto attraverso gli istituti legali volti alla protezione di soggetti fragili. L’invecchiamento della popolazione ha contribuito alla creazione di una tensione dialettica tra realtà sociale e ordinamento giuridico. È quindi necessario che le istituzioni si adoperino per combinare l’universalità delle misure giuridiche con la dimensione individuale e sociale della popolazione anziana.

1. Premessa: l’interesse del civilista per il fenomeno dell’invecchiamento della popolazione

Nell’ambito delle trasformazioni demografiche che investono la composizione della società contemporanea, l’invecchiamento della popolazione impone di polarizzare l’attenzione sulla tutela fornita dall’ordinamento alla «condizione giuridica» della persona anziana. Una società che sempre più invecchia, contraddistinta sul piano sociale dalla disgregazione dei nuclei familiari causata non soltanto dalle crisi ma, più di recente, anche da ragioni di tipo economico – si pensi, in proposito, allo spopolamento delle aree interne del paese e alla mobilità dei giovani per motivi lavorativi – impone all’operatore giuridico, nel rispetto della propria funzione sociale, di vigilare sulla tutela e sulla protezione dell’anziano che, sempre più spesso, viene a ritrovarsi solo e, in quanto tale, potenzialmente bisognoso di un soggetto che se ne prenda cura. In tale prospettiva, appare necessaria l’esigenza di pensare in termini giuridici alla realtà di un fenomeno che, sul piano dell’ordinamento interno, non sempre ha un preciso riscontro normativo. Non si tratta di discutere se debba darsi tutela a un possibile stato di vulnerabilità esistenziale, determinato nel nostro caso dal raggiungimento di una determinata età, quanto di stabilire e indagare quali siano gli strumenti più adeguati a garantire questa tutela e a verificare se l’attuale legislazione assicuri detta protezione, tanto sul piano personale, quanto su quello patrimoniale. L’invecchiamento {p. 166}della popolazione quindi, nella costante tensione dialettica involgente il rapporto tra realtà sociale e ordinamento giuridico, si pone come il paradigma più attuale di quella vicenda di radicale capovolgimento del processo applicativo del diritto, che da procedimento discendente si è modificato in un procedimento ascendente che ricava, dai casi concreti proposti dall’esperienza quotidiana, nuove esigenze e bisogni da tutelare [1]
. In questa prospettiva le problematiche connesse alla tutela della persona anziana assumono al contempo una dimensione individuale e sociale [Perlingieri 1990].
Sul piano pratico, a fronte della staticità dei testi normativi, emerge l’esigenza di fornire una ragionevole risposta alle problematiche riferibili a una condizione umana che, contraddistinta per sua natura dalla fluidità del suo divenire, impone un approccio metodologico che, nel rispetto delle singole e irripetibili situazioni fattuali, tenga in considerazione l’individuazione di bisogni specifici mai uguali a sé stessi. Tale modo di procedere è imposto dalla consapevolezza che «non esiste l’uomo generico [bensì] esistono situazioni diverse da uomo a uomo» [Bobbio 1988; 1990, 68] che impongono, come rilevato dalla più attenta dottrina, di rifuggire da «quel dogmatismo che s’incentra sul soggetto astratto [...] là dove la realtà concreta, ivi compresa quella normativa, conosce l’uomo con le sue peculiarità, le sue malattie, i suoi limiti, i suoi bisogni, [...] la sua età» [Perlingieri 1990].
La complessità della condizione umana suscita attenzione da molteplici punti di vista. Sotto il profilo della tutela personale, s’impone la riflessione sulla possibilità di enucleare uno status e/o una categoria connessi alla condizione senile e, conseguentemente, a meditare sul concetto di vulnerabilità quale condizione che conforma, potenzialmente, la condizione della persona anziana. In secondo luogo invita a verificare «la tenuta» e l’attualità degli istituti giuridici preposti in generale alla protezione delle persone vulnerabili, e dunque dell’anziano in particolare (vedi amministrazione di sostegno, interdizione, inabilitazione).{p. 167}

2. Esclusione di un’aprioristica categorizzazione della persona in ragione dell’età

Quella degli anziani può prospettarsi come categoria giuridica? Ogni riflessione che si prefigga come obiettivo di indagare sul contenuto, sulla natura e sull’ampiezza delle situazioni giuridiche connesse ai modi di essere e agli attributi della persona umana, non può che partire dalla Carta costituzionale. Essa nel sancire la prevalenza dei valori personali su quelli patrimoniali, assume «la protezione e lo sviluppo della personalità dei singoli non soltanto [...] in un’ottica di prevenzione, bensì in senso positivo quale esigenza di incoraggiare e predisporre le migliori condizioni favorevoli che assicurino il suo pieno svolgimento» [Mortati 1972]. Sul piano metodologico tale scelta è imposta non soltanto dal rispetto della gerarchia delle fonti, e dunque dal primato e dalla precettività della norma costituzionale [Perlingieri 2010], ma soprattutto dalla centralità assunta dal valore della persona umana che nel nostro ordinamento giuridico risulta essere tutelata in via primaria e posta a suo fondamento [2]
.
Nella Costituzione repubblicana non compaiono riferimenti specifici alla condizione dell’anziano. La tutela dei profili inerenti alla senescenza della persona è presa in considerazione dall’art. 38, comma 2, Cost., sotto il profilo del pensionamento del lavoratore, ricollegandosi alla vecchiaia un fatto naturale produttivo di effetti giuridici [Mengoni 1982; Casillo 2016]. Di qui il binomio – probabilmente arbitrario – età pensionabile/età anziana. Viceversa, sono invece i principi di cui agli artt. 2 e 3 Cost. ad assicurare una tutela piena e incondizionata alla persona umana in quanto tale, di là da qualsivoglia ottica congiunturale [Perlingieri 2001, 6-12]. Guardando al codice civile, anche qui, differentemente da quanto avviene in relazione al minore di età [3]
, si presenta la difficoltà per lo studioso di trovare norme che contribuiscano a definire giuridicamente la persona anziana e a delineare, in termini qualitativi e quantitativi, la condizione senile. Nel codice del 1942, infatti, di là da talune {p. 168}norme che potrebbero apparire dedicate agli anziani [4]
, come ad esempio l’art. 1435 c.c. in materia di invalidità contrattuale per quanto attiene ai caratteri della violenza [5]
, l’età è perlopiù concepita, in una logica patrimonialistica [6]
, come mero spartiacque tra la maggiore e la minore età. In tale prospettiva sono delineati, esclusivamente, gli effetti che il raggiungimento di una determinata soglia anagrafica produce sull’incapacità o sulle capacità della persona fisica [7]
. Parimenti, anche guardando alle fonti sovranazionali e in particolare alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, pare potersi giungere alla medesima conclusione. Tuttavia, in questo caso potrebbe intravedersi un riconoscimento situazionale riferibile alla persona [8]
nell’art. 25, rubricato Diritti degli anziani. Esso – ritenuto dalla Cassazione «norma precettiva e non solo programmatica e orientativa per i giudici nazionali» [9]
– sulla scorta dell’art. 23 della Carta sociale europea, rubricato Diritto delle persone anziane ad una protezione sociale, prevede che «l’Unione riconosce e rispetta il diritto degli anziani di condurre una vita dignitosa e indipendente e di partecipare alla vita sociale e culturale» [Stanzione 2022]. In realtà quello che potrebbe apparire uno sforzo classificatorio altro non è che un rafforzamento della previsione di cui all’art. 21, che sancisce il principio di non discriminazione (anche) in ragione dell’età. Favoriscono una lettura della norma in tal senso, tanto la collocazione sistematica delle previsioni di cui agli artt. 21 e 25 nel medesimo capo III dedicato all’«Uguaglianza», quanto, più in generale, il quadro di valori «indivisibili e universali di dignità umana, di libertà, di uguaglianza e di solidarietà» accolti dalla Carta medesima e specificati nel suo Preambolo.{p. 169}
Il quadro normativo tratteggiato contribuisce a fornire una risposta negativa all’interrogativo che ci si è posti all’inizio di questo paragrafo e che da tempo occupa l’attenzione della dottrina [Stanzione 1991; Rossi Carleo, Saulle e Siniscalchi 1997; Tamponi 2021; D’Ascola 2022]. Alla domanda se sia possibile prospettare una specifica categoria giuridica riferibile agli anziani – con conseguente e inevitabile attribuzione del relativo status alla persona fisica – deve darsi risposta negativa. Parimenti deve respingersi l’applicazione di un’ipotetica normativa ad hoc per l’anziano astrattamente considerato.
È la Carta fondamentale dello Stato, luogo nel quale si realizza il transito dalla progettazione politica della società alla sua traduzione in regole giuridiche [10]
, a escludere tale opzione. L’unitarietà del valore della persona impone che la sua tutela non possa essere frazionata in isolate (e autonome) fattispecie concrete, ma deve essere prospettata come problema unitario, sì rifuggendo da ogni distinzione fondata in base all’età, né in termini positivi né in termini negativi [prospettiva tracciata da Perlingieri 1972; 1994; 2020b]. Diversamente, ogni categorizzazione porta con sé il rischio potenziale di favorire forme diversificate di ghettizzazione e/o di emarginazione [Bianca 1999; Dogliotti 1987] [11]
. Si pensi in proposito alla gestione dei pazienti durante la diffusione dell’epidemia da Coronavirus quando, a fronte della carenza di posti letto e di dispositivi medici, ci si è interrogati sull’opportunità di limitare l’accesso ai trattamenti sanitari adottando quale criterio quello dell’età [12]
.
Sul piano pratico le considerazioni sin qui svolte conducono a ritenere che: a) quella di anziano è nozione elastica che non si presta a essere ingabbiata in categorie normative mediante la determinazione di un’età aprioristicamente considerata, in quanto «il confine dell’età senile è un confine mobile» [Dalbrenta 2022] segnato da opzioni politico-culturali [Perlingieri
{p. 170}2020b]; b) la semplice senescenza, quale «espressione di un aspetto fisiologico della vita umana» [Stanzione 1999, 119], non può giustificare in alcun modo – in assenza di una condizione patologica – arbitrarie limitazioni all’esercizio dei diritti.
Note
[1] In tale prospettiva, con riferimento ai rapporti familiari, si vedano le riflessioni di Lipari [2019, 95].
[2] Per la scelta ermeneutica che pone la tutela della persona all’apice della gerarchia dei valori dell’ordinamento giuridico vedi già Perlingieri [1972, 12 ss., 131 ss.], e più di recente Perlingieri [2020a, 160 ss.].
[3] Nei confronti del quale è, viceversa, dettata un’articolata normativa.
[4] Vedi la riflessione già di Stanzione [1989, 439 ss.].
[5] In quanto la debolezza psico-fisica legata all’età può divenire vizio del consenso, vedi Minervini [1989, 319].
[6] Per tutti vedi Perlingieri [1972, 140 ss.] e più di recente Perlingieri [2019, 493].
[7] Si veda in proposito, sulle problematiche giuridiche connesse tout court all’età, lo studio di Tafaro [2003], al quale si rimanda anche per la bibliografia ivi contenuta e più di recente Rossi [2018].
[8] Si vedano le riflessioni e la bibliografia citata in Stanzione [2022, 41 ss.]. Vedi anche Bacciardi [2015, 293 ss.].
[9] Cass., 7 febbraio 2011, n. 2945.
[10] In tal senso Falzea [1998, 264].
[11] In riferimento agli anziani si vedano, diversamente, le riflessioni di Bessone e Ferrando [1983, 214].
[12] Cfr. le «Raccomandazioni di Etica Clinica per l’ammissione a trattamenti intensivi e per la loro sospensione, in condizioni eccezionali di squilibrio tra necessità e risorse disponibili», formulate dalla Società italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia intensiva. Vedi in argomento le considerazioni di Rotondo [2020, 150 ss.].