Da esuli a francesi
DOI: 10.1401/9788815413031/c11
Cosicché, sottoponeva al Ministero
tre progetti che a suo avviso avrebbero avuto il merito d’intensificare le relazioni fra
i due paesi. Il primo riguardava il teatro, in quanto l’opera francese «exerce de
l’influence en Europe et surtout en Italie, dont le goût est formé, comme en France, par
l’étude, les principes et les règles des littératures anciennes»: pertanto, occorreva da
un lato promuovere l’arte teatrale francese nei palcoscenici della penisola e dall’altro
curare maggiormente le rappresentazioni messe in scena in Francia dai teatri minori, di
solito meno ligi alle regole classiche. Il secondo consisteva nell’istituzione di un
«école française de musique à Naples», la quale, sul modello di un’analoga scuola di
pittura esistente a Roma, avrebbe rappresentato un’istituzione «utile aux progrès de
l’art» e al tempo stesso in grado di concorrere ad «acquérir des grands moyens
d’influence sur l’Italie». La terza proposta riguardava l’avvio di un giornale
letterario italiano in Francia ed era quella a cui Buttura dedicava le maggiori
attenzioni, memore dei suoi trascorsi in qualità di redattore del settimanale «La
Domenica» attivo a cavallo fra Consolato e Impero. Non a caso, ricordava come a Parigi i
rifugiati peninsulari avessero
¶{p. 380}«essayé plusieurs fois
d’imprimer un journal italien à Paris» e come egli stesso avesse, su esplicito impulso
dell’allora ministro degli esteri italiano Marescalchi, «dirigé et rédigé le seul qui
ait eu quelque succès et qui a duré une année entière, de 1803 à 1804». Proprio a
quell’esperienza egli molto si ispirava anche per quanto riguarda la cadenza non
quotidiana delle sue pubblicazioni, sostenendo che «un journal en feuille volante serait
peu utile et se soutiendrait avec peine, mais une petite brochure qui paraîtrait tous
les 15 ou 20 jours, sous le titre p. a. de Biblioteca italiana e
francese, aurait un succès utile et durable». Ma soprattutto, quasi
rivelando ex post le intenzioni che avevano animato la sua
iniziativa giornalistica della stagione napoleonica, affermava che un simile strumento
dovesse sì servire a far conoscere in Francia il meglio di prosa e poesia italiane, ma
al contempo potesse altresì proporsi più espliciti obiettivi politici nella penisola:
Par la lecture des journaux italiens, j’ai pu voir que le gouvernement français ne cherche pas à y faire insérer des articles. Je ne crois pas cependant que ce moyen d’influence soit à mépriser. Si la sévérité des censeurs italiens rend difficile l’insertion d’articles politiques, des articles littéraires rédigés avec adresse pourraient remplir le même but. De l’autre côté, je voudrais que les journaux français négligeassent un peu moins la littérature italienne, l’on resserra les liens des nations comme des individus [36] .
In quelle stesse settimane, poi,
sempre ispirandosi alle iniziative del passato, proponeva al dicastero francese altri
tre disegni, nella sostanza piuttosto simili sia nelle modalità che nei propositi.
Innanzitutto, insisteva sulla necessità di promuovere nella stampa francese dei
«rapports sur les ouvrages d’arts et de sciences qui sont publiés en Italie», offrendo
la propria disponibilità a redigere mensilmente una recensione
[37]
. A ciò si aggiungeva il progetto della pubblicazione di una «Revue des
meilleurs économistes Italiens», ¶{p. 381}esplicitamente ispirata a
quella collana di Scrittori classici italiani di economia politica
curata negli anni napoleonici dall’ex giacobino Pietro Custodi
[38]
. Un’iniziativa, quest’ultima, che egli, pur molto apprezzando, sosteneva
necessitare di una versione ridotta e più attenta alla spiegazione del contenuto ai
lettori francesi: per questo, consapevole che «l’inconvénient de cette collection, de 48
volumes in octavo, est qu’elle est trop volumineuse», suggeriva di
prendere «dans cette collection tout ce qui s’y trouve de plus important et surtout de
plus applicable à la France» e di farne quindi un «ouvrage de deux ou trois volumes
[...] avec des notes concernant l’application de leurs principes»
[39]
. Infine, con la proposta di un Abrégé de l’histoire de
Venise ribadiva sia la necessità di prestare attenzione all’analisi della
terra natale (in quanto a suo avviso «l’utilité d’une histoire de Venise, même sous des
vues politiques, ne serait être contestée»), sia la volontà di autopromuovere il proprio
profilo professionale. Da questo punto di vista, prima faceva notare di aver già due
anni prima fatto stampare a Milano un testo del genere che «obtient en Italie le plus
grand succès», poi, dicendosi disponibile a «traduire ce premier livre et continuer
l’ouvrage en français», sollecitava la possibilità di usufruire di un sostegno
finanziario e di «consulter quelques pièces des archives du Ministère»
[40]
.
Nonostante i numerosi suggerimenti,
nessun contributo economico sarebbe arrivato a Buttura dal Ministero francese,
costringendolo pertanto a rivedere non poco i propri disegni. Di lì a breve, infatti,
egli avrebbe sì avviato la realizzazione di una «Biblioteca italiana», ma non
declinandola in un foglio bisettimanale come esposto al governo transalpino, bensì
sviluppandola in una raccolta antologica che avrebbe preso corpo lungo la prima metà del
decennio successivo e i cui primi tre volumi, tutti editi nel 1820, sarebbero stati
¶{p. 382}dedicati alla Divina Commedia di Dante,
ossia a quel padre della lingua italiana in difesa del quale, anni addietro, aveva
avviato una dura polemica contro alcuni giornali parigini
[41]
. Ed in questa straordinaria continuità di un impegno cominciato nell’Italia
del Triennio e poi sviluppatosi nella Francia napoleonica non sembra irrilevante far
notare come, nel marzo 1819, questi, che nel frattempo era tornato a ricoprire
l’incarico di professore di letteratura italiana con il quale aveva mosso i suoi primi
passi nella società francese, proferisse all’Athénée Royal un discorso dedicato alla
descrizione di un «tableau rapide de la littérature italienne»
[42]
. Tale circostanza mostra sia il prestigio della reputazione che egli seppe
costruirsi finanche nei circuiti della Restaurazione, sia la costanza del suo proposito
di contribuire a far conoscere oltralpe la letteratura del proprio paese. Così, nella
prolusione, dopo aver effettuato una lunga ricognizione della letteratura italiana che
partiva dalla triade trecentesca, ribadiva la volontà di legare le letterature dei due
paesi, ossia quella stessa risoluzione che già anni prima lo aveva portato a motivare la
traduzione dell’Arte poetica di Boileau con il proposito di
«rendere un sincero omaggio alla letteratura francese faticando per la nostra, e così
nutrire la giusta reciproca stima fra due nazioni da tanti vincoli unite»
[43]
.
Del resto, l’intento di valorizzare
la letteratura nazionale animò in quegli anni anche altri esponenti della generazione
rivoluzionaria italiana presenti in Francia. Fra questi spiccava il calabrese Francesco
Saverio Salfi, giunto a Parigi nel 1815 dopo esser stato prima, nella Milano del
Triennio, fra i principali animatori dei giornali democratici del tempo, poi, nella
Napoli del 1799, segretario del governo repubblicano, e infine, nella stagione
napoleonica, professore di storia sia al Liceo di Brera fra 1806 e 1814, sia
all’Università di Napoli durante la breve parentesi del suo ritorno in patria
¶{p. 383}seguita al crollo del Regno d’Italia e conclusasi con il
trasferimento in Francia
[44]
. A Parigi, d’altronde, egli aveva già soggiornato come esule a cavallo fra i
due secoli, salvo poi optare per il rientro nella penisola già nell’estate del 1800 a
seguito della vittoria repubblicana di Marengo
[45]
. Ma se quel primo soggiorno in terra di Francia si era concluso nel giro di
un anno, ben diversamente andarono le cose durante la Restaurazione, dato che la sua
seconda presenza nell’Esagono durò oltre tre lustri per poi concludersi, non senza il
coinvolgimento in nuove trame settarie avvenuto in corrispondenza della svolta
orleanista, solo con la morte nel settembre 1832
[46]
.
Così, in quella stessa primavera del
1819 in cui Buttura pronunciava il suo discorso all’Athénée Royal, Salfi si occupava, in
collaborazione con l’ex diplomatico Pierre Daunou, della continuazione di
quell’Histoire littéraire d’Italie avviata da Ginguené durante
l’Impero e poi rimasta in sospeso a causa della morte dell’autore nel 1816. Infatti,
proprio in quelle settimane curava la pubblicazione postuma dei volumi 7, 8 e 9 che
Ginguené non era riuscito a far editare e al tempo stesso, allo scopo di portare a
termine il discorso lasciato in sospeso dal suo omologo francese, avviava la sua
personale continuazione di quella fatica, ponendo le basi per la stampa, avvenuta nel
corso degli anni Venti, dei successivi cinque volumi inerenti la produzione letteraria
degli ultimi tre secoli. Per questo, ci sembra possibile sostenere che,
¶{p. 384}nel complesso, l’Histoire littéraire
d’Italie merita di essere considerata un lavoro redatto a quattro mani e
che, più in generale, essa rappresenta una straordinaria testimonianza di come il
soggiorno oltralpe degli esuli italiani si fosse rivelato una vera vicenda europea, cioè
in grado di incidere anche su storia e produzione culturale di altri paesi, ovviamente
Francia in primis
[47]
.
Sempre in quelle settimane, inoltre,
egli iniziava anche una duratura collaborazione con la «Revue encyclopédique», periodico
letterario parigino diretto da un altro storico rivoluzionario quale Marc-Antoine
Jullien, in passato vicino a Robespierre ai tempi della Convenzione e poi operante nella
Napoli repubblicanizzata del 1799, allorquando era stato precursore proprio di Salfi nel
ruolo di segretario del governo
[48]
. Dalle colonne della rivista, che ai tempi costituiva una delle poche voci
dell’opposizione liberale, l’intellettuale calabrese si sarebbe dedicato proprio
all’analisi della letteratura italiana, recensendo per tutto il corso del decennio
successivo le più importanti produzioni culturali edite nella penisola
[49]
. Un lavoro, questo, che non a caso egli inaugurava con una lunga
ricostruzione dell’«état actuel de la littérature en Italie», nella quale aveva modo di
sottolineare come proprio gli italiani avessero dato prova del legame fra cultura e
politica, in quanto «à peine commencèrent-ils à se réveiller de leur long sommeil, ils
voulurent se dédommager de leur servitude politique par une espèce d’indépendance philosophique»
[50]
.
Dunque, anche per un altro italiano
avviatosi alla politica
¶{p. 385}negli anni della Rivoluzione e poi
attivo in Francia durante la Restaurazione il lavoro culturale era da intendersi come la
continuazione del precedente operato e non certo come il disimpegno dalla vita pubblica.
Non a caso, sin dai primi mesi del suo soggiorno a Parigi Salfi suscitò la
preoccupazione della polizia locale, la quale, anche su impulso di una nota risalente al
1804 che lo descriveva come «écrivain révolutionnaire» e «partisan du système de la
grande ligue italique»
[51]
, lo metteva sotto sorveglianza: cosicché, già nel novembre 1816 gli
informatori riferivano trattarsi di un «ardente repubblicano» in grado di esercitare in
patria un’«influenza rivoluzionaria»
[52]
. Né tantomeno appare casuale la circostanza per cui fra i suoi primi
contatti parigini vi fossero uomini, quali Carlo Lauberg e Nicola Basti, conosciuti
nella lontana stagione delle trame repubblicane della Napoli degli anni Novanta e poi
pronti ad aiutarlo in quel nuovo contesto. Insomma, da un lato gli esuli del 1799
ponevano le basi per la concreta integrazione nella capitale transalpina dei loro
storici compagni giunti solo di recente, dall’altro quest’ultimi davano ulteriore
impulso a quei progetti inerenti la valorizzazione della cultura nazionale già avviati,
ma non conclusi, nella stagione napoleonica.
Note
[36] Ibidem. Il corsivo è mio.
[37] AMAE, Md, Italie, cart. 14, f. 44, Rapports sur les ouvrages d’arts et de sciences qui sont publiés en Italie.
[38] Sul profilo di Custodi vedi V. Criscuolo, Il giacobino Pietro Custodi, Roma, Istituto storico italiano per l’età moderna e contemporanea, 1987.
[39] AMAE, Md, Italie, cart. 14, f. 42, Revue des meilleurs économistes Italiens, avec des notes concernant l’application de leurs principes à la France.
[40] AMAE, Md, Italie, cart. 14, f. 43, Abrégé de l’histoire de Venise.
[41] Vedi infra, pp. 231-234.
[42] Discours prononcé à l’Athénée royal de Paris par A. Buttura le 6 mars 1819, Paris, F. Didot, 1819.
[43] L’arte poetica di Boileau Despreaux recata in versi italiani da A. Buttura, Parigi, P. Didot, 1806.
[44] Per una bibliografia recente su Salfi si veda: E. Leone, Francesco Saverio Salfi (1759-1832), essayiste, dramaturge et traducteur: un itinéraire intellectuel et politique dans le sillage des Lumières, tesi di dottorato sostenuta all’Università di Montpellier 3 Paul Valéry, 2021; L. Addante, Salfi, Francesco, in DBI, Roma, Treccani, 2017, vol. 89. Sul percorso di Salfi utili sono anche: C. Nardi, La vita e le opere di Francesco Saverio Salfi (1759-1832), Genova, Editrice moderna, 1925; M.A. Renzi, Vie politique et littéraire de F. Salfi, Paris, Fayolle, 1834.
[45] A.M. Rao, Esuli. L’emigrazione politica italiana in Francia (1792-1802), Napoli, Guida, 1992, p. 525.
[46] Sul soggiorno di Salfi negli anni parigini è fondamentale R. Froio (a cura di), Salfi tra Napoli e Parigi. Carteggio 1792-1832, Napoli, Macchiaroli, 1997. Sui suoi scritti in quella stagione: N. Galizia (a cura di), F.S. Salfi e la cultura europea: inediti (1815-1832), Cosenza, Periferia, 1990.
[47] G. Goggi, Francesco Saverio Salfi e la continuazione dell’Histoire Littéraire d’Italie del Ginguené, in «Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa», vol. 2, 1972, pp. 351-407; vol. 3, 1973, pp. 641-702.
[48] E. Di Rienzo, Marc-Antoine Jullien de Paris (1789-1848). Una biografia politica, Napoli, Guida, 1999.
[49] B. Revelli, Presse périodique, intellectuels et opinion publique sous la Restauration: la Revue encyclopédique (1819-1831), in W. Berelowitch e M. Porret (a cura di), Réseaux de l’esprit en Europe des Lumières au XIXe siècle, Genève, Droz, 2009, pp. 217-226.
[50] F.S. Salfi, Du génie des Italiens et de l’état actuel de leur littérature, in «Revue encyclopédique», Paris, Baudouin, 1819, vol. 1, pp. 151-158, 515-524.
[51] ANF, F/7, cart. 2255.
[52] Carbone, I rifugiati italiani in Francia, cit., p. 2.