Da esuli a francesi
DOI: 10.1401/9788815413031/c10
Ad ogni modo, è innegabile che,
anche oltre il seppur consistente caso dei militari in congedo al 20 marzo 1815,
l’eventuale adesione all’esperienza dei «Cento giorni» fosse considerata l’elemento
discriminante nel valutare l’attivismo politico dei petizionari, addirittura più della
lontana militanza repubblicana. Infatti, anche per i militari ancora in attività la
partecipazione alle vicende di quei mesi fu fonte di non pochi rifiuti. Pertanto, se
dell’ufficiale piemontese Giuseppe Camerano si diceva che «ayant servi contre le roi
depuis le 20 mars» non era «susceptible d’être naturalisé», il giudizio era lo stesso
per il collega Domenico Serra, che
¶{p. 362}aveva continuato a servire
Napoleone anche «après le 20 mars» e addirittura aveva «fait la campagne de Waterloo»
[46]
.
Certo, alla base delle pratiche non
conclusesi positivamente c’erano anche altre motivazioni, quali sporadiche rinunce dei
diretti interessati e più diffusi impedimenti burocratici. Fu quanto avvenne per il
napoletano Luca Caffieri, che dopo aver fatto avviare la procedura avrebbe fatto un
passo indietro comunicando la sua «renonce à la demande qu’il a faite précédemment de
devenir citoyen français», oppure per le evocate sorelle genovesi Lautier, la cui età
minore non permise al Ministero della giustizia di dar seguito alla richiesta di
naturalizzazione avanzata per loro dal nonno
[47]
. Il caso di Federico Degrilli, poi, mostra quanto sentita fosse anche la
necessità di evitare la continuazione della residenza oltralpe di personaggi dal
comportamento moralmente discutibile, dato che il suo dossier si chiudeva con un rifiuto
motivato dal fatto che questi fosse un «aventurier fort suspect et même un escroc»
[48]
. Diversa, ma comunque legata a questioni relative al profilo personale del
petizionario, era la causa del rifiuto impartito a Guglielmo Cerise, giacobino della
prima ora nel Piemonte degli anni Novanta poi arruolatosi anch’egli nell’esercito
napoleonico: a sconsigliare il riconoscimento della sua naturalizzazione era il
preoccupante stato di salute mentale in cui questi versava, in quanto il rapporto
ministeriale comunicava che «il a été atteint d’une maladie mentale qui le met dans la
position la plus fâcheuse et pour laquelle il subit un traitement dans une maison de
santé de Paris»
[49]
.
Ad ogni modo, sta di fatto che, ben
oltre i militari che si erano schierati a sostegno di Napoleone nella primavera del
1815, le valutazioni di natura politica sottesero anche ad altre tipologie di rifiuti.
Era il caso dell’ormai qui noto Augusto Hus, che, a lungo al servizio di Fouché in
qualità di spia, era ormai fin troppo conosciuto per la sua ambiguità politica,
¶{p. 363}al punto tale da essere definito come un «zélé partisan de tous
les gouvernements que la France a vu naître depuis la révolution»
[50]
. Infine, la vicenda del genovese Giorgio Vaccarezza conferma – seppur in
maniera inversa rispetto agli esempi fatti sin qui – sia l’incidenza della (assenza di)
protezione politica, sia l’utilizzo strumentale dei dossier di naturalizzazione, perché
il rifiuto impartito alla sua domanda era dovuto non a informazioni negative sulla sua
condotta, bensì a valutazioni legate all’eccesso di uomini impiegati in determinati
corpi armati:
Il n’existe sur son compte aucun rapport désavantageux quant à sa conduite et il parait même qu’il n’a point servi pendant l’Usurpation, mais l’acte de naturalisation ne pourra lui donner droit à être remis en activité de service dans le même corps, attendu le grand nombre d’officiers nationaux qui s’y trouvent surnuméraires. Je pense donc qu’il lui serait préférable de retourner dans son pays [51] .
Insomma, anche lo studio dei
rifiuti conferma come la legge dell’ottobre 1814 fosse gestita con grande elasticità e
come, dunque, se da un lato straordinariamente politica fu la scelta alla sua base
(perché nasceva dall’esigenza di non disperdere un personale straniero dimostratosi
utile e integrato), dall’altro ugualmente politiche furono le ragioni dei dinieghi.
Infatti, ben lungi dall’essere determinati da soli fattori burocratici, quei rifiuti si
rivelarono anch’essi il risultato di valutazioni di natura strategica, sia perché
tornavano utili per scoraggiare aspirazioni giudicate poco gradite, sia perché servivano
in gran parte a punire un attivismo napoleonico che le vicende della primavera 1815
avevano dimostrato essere, soprattutto nelle file dell’esercito, ancora non
completamente estinto.