Da esuli a francesi
DOI: 10.1401/9788815413031/c9
Del resto, anche il carteggio
ufficiale che certifica tale onorificenza risulta non poco criptico, perché al suo
interno, a fronte di due documenti relativi al giuramento ufficiale firmati dal diretto
interessato il 16 maggio 1821 (figg. 9.1a e 9.1b), se ne aggiunge un terzo che serviva a
mostrare come Grassi avesse ricevuto tale onorificenza «à dater du 17 mars 1815» (fig.
9.1c).
¶{p. 316}
¶
Questione, questa, di una certa
rilevanza e su cui occorre qui soffermarsi, innanzitutto perché quest’ultima data,
indicando un giorno leggermente precedente l’avvio dei «Cento giorni», risulta ancor più
sospetta se si considera che, come detto, in quei frangenti Grassi era stato fra i
militari operativi nel favorire il ritorno a Parigi di Napoleone. Poi perché in
quest’ultimo documento si registrano alcuni aspetti filologici alquanto particolari: il
primo consiste nel fatto che il prestampato in questione presenta un’indicazione di data
da completare («182...») che fa pensare trattarsi di un attestato emesso negli anni
Venti, mentre il secondo riguarda la circostanza per cui sul margine laterale del foglio
la data relativa alla primavera del 1821 in cui sarebbe stato emesso per la prima volta
l’atto è cancellata a penna e al suo posto compare invece quella del 17 marzo 1815.
Insomma, qui si ha ragione di ritenere che gli uffici ministeriali avessero retrodatato
di sei anni un documento formalmente emesso nel 1821, in modo tale da attestare come,
ancor prima dei «Cento giorni», Grassi fosse stato in un certo senso premiato dalle
istituzioni borboniche e in tal modo mettere a tacere le voci relative alla sua
militanza napoleonica della primavera del 1815. E da questo punto di vista, non passi
inosservata nemmeno la circostanza per cui finanche nel dossier di naturalizzazione del
1818 nessun riferimento fosse fatto a un titolo, quello della Legion d’onore, che pur
sarebbe dovuto essere indicato quale elemento di merito in un carteggio poi conclusosi
con l’approvazione.
Ma soprattutto, occorre aggiungere
che anche un altro documento presente nel dossier della Legion d’onore risulta piuttosto
contraddittorio. Si tratta del suo stato dei servizi (fig. 9.2), nel quale venivano sì
ricostruite le numerose campagne militari compiute in età napoleonica, ma poi si
fornivano dati inerenti la fase finale della sua carriera nel reggimento siciliano (nel
quale si era arruolato sin dal lontano 1788) che appaiono discutibili. Per analizzare
tali dati – e quindi per approfondire sia le eventuali protezioni di cui Grassi godette
durante la Restaurazione, sia le più generali tappe del suo percorso politico – occorre
qui tornare agli anni di quella sua partecipazione alle vicende rivoluzionarie
¶{p. 318}poi conclusasi proprio con la fuga in Francia, in quanto
secondo tale documento egli sarebbe stato promosso nel reggimento siciliano prima a
luogotenente-colonnello nel dicembre 1798, poi a colonnello nel febbraio 1800.
Tuttavia, una simile ascesa – e con
una simile tempistica – contrasta non poco con quanto emerge da altri e più numerosi
documenti, i quali, invece, oltre a essere maggiormente coerenti fra loro, permettono
anche di meglio spiegare cause e cronologia dell’avvio del suo esilio in Francia. Nel
febbraio 1798, infatti, Grassi, di ritorno da un viaggio nell’Italia settentrionale, era
stato arrestato a Messina insieme a un altro siciliano, Giuseppe Timpanaro, con cui
aveva effettuato il tragitto in barca da Livorno e che era stato segnalato perché si
spacciava come «commissario della Repubblica francese»
[45]
. Nel giro di poche settimane, però, il militare di Acireale era riuscito a
dimostrare l’insussistenza dei suoi rapporti con il compagno di viaggio, tant’è che,
mentre a quest’ultimo veniva prolungata la detenzione, egli era posto in libertà e
riusciva a partire nuovamente ¶{p. 319}per Milano
[46]
, dove il 28 maggio otteneva con altri rifugiati forestieri la cittadinanza
cisalpina a conferma del suo pieno inserimento nel mondo patriottico del tempo
[47]
.
Non a caso, in quegli stessi giorni
del 1798 una nota del residente napoletano nella Repubblica cisalpina Antonio Micheroux
comunicava un progetto che, sotto la regia dell’esule napoletano Andrea Vitaliani,
diversi patrioti meridionali stavano tramando allo scopo di favorire uno sbarco
repubblicano in Sicilia
[48]
. Al piano – che prevedeva la partenza dai porti di Marsiglia, Tolone e Nizza
di navi di piccolo cabotaggio che poi avrebbero dovuto unirsi ad Aiaccio con altre
imbarcazioni salpate da Genova e Livorno e insieme dirigersi sulle coste siciliane –
avrebbe dovuto fornire supporto in loco anche Giovanni Grassi, di
cui si diceva essere fra i siciliani «venduti ai francesi» e avere «sette fratelli,
tutti nella congiura»
[49]
. Cosicché, ancora qualche settimana più tardi la Giunta di Stato ordinava al
governatore di Messina di sorvegliare tutta la corrispondenza indirizzata alla famiglia
Grassi: da tale vigilanza presto emerse una lettera ad Alfio in cui questi era definito
«fiero repubblicano» e che, congiuntamente agli interrogatori dell’arrestato Timpanaro,
attestava come questi avesse un profilo politico decisamente più connotato di quanto non
si fosse creduto qualche mese prima
[50]
. Così, sul finire di agosto da Palermo si ordinava al regio fiscale Giuseppe
Bonanno, preposto al controllo della costa catanese, di «proseguire sempre più a
invigilare diligentemente intorno alla famiglia Grassi di Acireale [...] e di fare, in
nome del Governo e della Giunta di Stato, arrestare Alfio Grassi, uno di essi fratelli,
qualora sarà egli per ritornare»
[51]
.¶{p. 320}
Dunque, al dicembre del 1798 – ossia
alla prima delle due date in questione presenti nel suo stato dei servizi – Grassi
risultava fuggito nei territori della Repubblica cisalpina e sul suo capo pendeva un
mandato d’arresto per la partecipazione a possibili progetti di sbarco francese
nell’isola: circostanza, questa, davvero in contraddizione con una promozione
nell’esercito borbonico di stanza in Sicilia. Ed una simile contraddizione appare ancor
più per l’altra data inerente le sue promozioni indicata nello stato dei servizi, perché
nel febbraio 1800, quando cioè egli sarebbe stato nominato colonnello nel reggimento
siciliano, Grassi risultava fra gli esuli repubblicani approdati ormai da diversi mesi
in Francia. Infatti, un attestato datato 1° piovoso anno VIII (21 gennaio 1800) e
firmato dai responsabili della Commissione per il soccorso ai rifugiati italiani
certificava che «Alfius Grassi, Anne Flores sa femme, François et Antoine ses deux
enfants et Pierre Grassi son frère sont tous des patriotes napolitaines qui demeurent à
Paris dans la rue du Pont»
[52]
. Del resto, la sua presenza oltralpe in quelle settimane è confermata anche
dagli elenchi inerenti gli sbarchi di esuli italiani
[53]
.
Per tutte queste ragioni, qui si
suggerisce l’ipotesi per cui Grassi fosse per la prima volta entrato in contatto con le
flotte francesi a seguito del più volte evocato episodio di Siracusa, databile con
grande probabilità intorno al 1793 (quando cioè gli interessi francesi per possibili
sbarchi in Sicilia si erano non poco intensificati). In seguito a tale avvenimento le
sue relazioni con la marina repubblicana si sarebbero accentuate al punto tale che poi,
nel Triennio, egli sarebbe stato fra i più attivi nel favorire la ripresa dei mai
accantonati propositi di invasione francese della sua terra natale.
Insomma, qui sembra che in quello
stato dei servizi si tendesse a occultare un legame, quello di Grassi con la Francia,
che in realtà era cominciato anni prima, ossia nella stagione repubblicana, e che era
stato per lui fonte certo di diversi problemi, ma anche di strane protezioni, alle quali
¶{p. 321}probabilmente vanno attribuite sia la sua rapida scarcerazione
nel febbraio 1798, sia la presenza della famiglia al suo fianco già al momento
dell’arrivo in Francia. Pertanto, proprio quel suo impegno filo-francese nella Sicilia
degli anni Novanta gli avrebbe permesso di porre le basi per la coltivazione dei
rapporti a lungo conservati a Parigi con le istituzioni del nuovo paese di residenza. Di
qui, la ragione per cui, pur risultando arruolato nell’esercito francese solo dal maggio
1809, egli fosse residente in Francia già nelle primissime settimane del secolo, tanto
che anni dopo, nel novembre 1820, avrebbe dichiarato al fratello di aver «combattuto
nelle fila dell’Armata francese sin dall’epoca dell’allontanamento dal [suo] paese»
[54]
. Di qui, ancora, il motivo per cui, durante la Restaurazione, egli fosse
riuscito a far dimenticare la propria esposizione pubblica a sostegno del governo dei
«Cento giorni» e avesse – forte di rapporti con lo «Stato profondo» francese nati
durante la Rivoluzione, intensificati sotto Napoleone e ritornati utili anche nel nuovo
regime – addirittura ottenuto tanto la naturalizzazione, quanto la Legion d’onore.
Note
[45] ASP, Real Segreteria, Incartamenti, cart. 5314, f. 647.
[46] F. Scandone, Il giacobinismo in Sicilia (1792-1802), in «Archivio Storico Siciliano», 44, 1922, pp. 296-297.
[47] R. Soriga, Le società segrete, l’emigrazione politica e i primi moti per l’indipendenza, Modena, Tip. Modenese, 1942, pp. 229-231.
[48] A.M. Rao, Conspiration et Constitution: Andrea Vitaliani et la République napolitaine de 1799, in «AHRF», 313, 1998, pp. 545-573.
[49] A. De Francesco, Rivoluzione e costituzioni. Saggi sul democratismo politico nell’Italia napoleonica, 1796-1821, Napoli, Esi, 1996, pp. 109-110.
[50] ASP, Real Segreteria, Incartamenti, cart. 5314, ff. 734, 746.
[51] Calì, Alfio Grassi, cit., pp. 85-86.
[52] AMG, Shat, XH, cart. 24.
[53] Rao, Esuli, cit., pp. 574-575.
[54] Calì, Alfio Grassi, cit., p. 123.